La fotografia ritrae la piccola montagna rocciosa detta "crozoi" presente a Stravino sul lato sinistro della strada principale, nei pressi del capitello della Pietà, ora poco visibile.
Sullo sfondo si vede il monte Brento.
La fotografia ritrae una giovane donna in abito elegante alla moda degli anni '20-'30 del 1900.
Lo scatto fu fatto sulla strada principale che attraversava Stravino e sullo sfondo è possibile notare la roccia oggigiorno nascosta quasi completamente dalle case.
Non abbiamo nessuna informazione riguardo questa foto conservata in un vecchio album della famiglia Bassetti ma è comunque interessante poiché ci mostra come un tempo si affrontava una scalata.
Mentre una donna ed un ragazzo sono impegnati a rastrellare il fieno, tre uomini stanno assicurando il carico al "broz", carro a due ruote trainato da buoi adatto a scendere dalla montagna.
Video realizzato da alcuni volontari di Vigo Cavedine in occasione del Natale 2021. Attraverso alcune fotografie e un racconto in dialetto trentino si è voluto rievocare la storia della Vicinia Dònego di Vigo Cavedine, un’associazione secolare di cui facevano parte (e ne fanno parte tuttora i discendenti) le antiche famiglie di Vigo Cavedine (i cognomi: Bolognani, Comai, Cristofolini, Eccher, Galetti, Lever, Luchetta, Manara, Merlo, Turrina e Zambaldi).
L’origine della Vicinia si perde nella notte dei tempi, tra storia e leggenda, ed è il frutto di un lascito documentato da alcune pergamene a partire dal 1332.
Roberto Pedrotti ci porta a scoprire quel che rimane dei "brozzadóri" di Cavedine, luoghi in cui il carro a due ruote che scendeva dalla montagna veniva trasformato in carro a quattro ruote per proseguire il viaggio in paese. Sono luoghi abbandonati in cui la natura sta prendendo il sopravvento anche laddove l'uomo non ha già distrutto, ma permettono comunque di capire il loro funzionamento di un tempo.
Questo "giöf" era colorato di azzurro; il colore è stato consumato là dove appoggiava sul collo dei buoi e nella parte centrale dove era fissata la "véta" .
Attaccati al "giöf" sono rimasti i passanti in ferro per le "cornére" e una "tavèla" in ferro che passava sotto il collo del bue.
Valeria, Anna, Noemi e Tea pronte per il pranzo davanti alla baita sul monte Gazza. Una coperta per terra, un tovagliolo con la polenta, la pentola col cibo caldo, piatti, forchette, bicchieri e la tavola era imbandita.
In questa foto si vede bene la struttura esterna della tipica baita sul Gazza: realizzata in sassi, con tre facciate interrate e quella davanti con la porta in legno sprovvista di serratura; il tetto ad uno spiovente in lamiera zincata. La catasta della legna era indispensabile per cucinare nel focolare aperto.
Il piccolo Gianni, statunitense era andato a Lon per conoscere la famiglia della madre. Lì ha iniziato a soffrire di mal di denti, quindi è stato portato a farsi curare a Margone da don Plotegher. Qui lo vediamo con mamma Angelina e zia Olga che rientra sulla slitta dal sentiero dello Scal, al tempo l'unica strada di collegamento del paese col fondovalle.
In occasione della benedizione della "Madonnina" posta nel capitello al bivio tra le strade selciate di Covelo e Ciago, un nutrito gruppo di persone raggiunge il luogo a bordo di un motocoltivatore che svolge per l'occasione la funzione di bus. Il frate, che sostituisce il parroco del paese don Silvio Vogt, anziano ed indisposto a salire lassù, sale a piedi come altre persone.
Il "bròz" era un carro a due ruote utilizzato per il trasporto di fieno e legna dalla montagna a valle. Si vedono: la stanga per l'attacco del bue, le due ruote con la struttura alla quale si attaccavano i "palanchi" sui quali si sistemava il prodotto da trasportare e che, appoggiando a terra frenavano lungo la discesa.
Il Gazza al tempo era caratterizzato dalla prateria.
La fotografie ritrae un gruppo di persone presso Malga Campo di Drena, durante la raccolta del latte e la realizzazione di prodotti caseari. Si può osservare l'abbigliamento degli uomini, i quali usavano indossare pantaloni con bretelle, camicia con gilet e cappello.
Il motocoltivatore di Valentino Verones di Covelo, immortalato in questo scatto, è stato il primo a raggiungere le praterie del Monte Gazza sul finire degli anni '50, inizio anni'60, dopodiché molti abitanti del Pedegaza hanno seguito il suo esempio.
Era un motocoltivatore AEBI AM 53 con motore MAG; il serbatoio era diviso in due parti, una piccola conteneva benzina e serviva esclusivamente per accendere il motore tirando una corda, appena acceso si collegava l'altro serbatoio che conteneva petrolio.
Nella foto vediamo che qualcuno era a bordo, altri gli camminavano intorno attaccandosi a volte per aiutarsi nella salita; questo mezzo era infatti abbastanza lento da poter essere seguito a piedi.
Da notare come al tempo la strada, "novicter factam" nel 1447, fosse ancora completamente selciata.
Il toponimo "Presalter" ci riporta alla figura del "saltaro", presente nelle antiche carte di Regola, che aveva il compito di sovrintendere al controllo di una determinata zona. La testimonianza dei più anziani ci riporta che il prato sulle coste del Gazza a "Presalter" era di proprietà pubblica e veniva affidato di anno in anno a persone diverse, evidentemente in cambio di questo servizio per la comunità.
Fotografia scattata in occasione di una gita domenicale in montagna.
La data è stampata sul retro, quindi presumibilemnte è quella dello sviluppo della fotografia.
In primo piano il paese di Cavedine: in alto è possibile notare la Chiesa di Santa Maria Assunta, sullo sfondo il Monte Gazza.
Anche se la cartolina non è viaggiata, dalla divisione in due parti del retro si deduce una datazione della stampa successiva al 1905, anno in cui questa tipologia è stata adottata in Austria.