Era il tempo in cui a malga Covelo si "caselava", cioè si producevano burro e formaggio. Qui vediamo la grande "caldéra" dentro la quale si trasformava il latte in formaggio con l'aggiunta del caglio. Intorno alla caldéra il malgaro con la sua famiglia.
Alle spalle del gruppo la stalla ed il motocoltivatore, mezzo utilizzato al tempo per raggiungere la montagna.
Lo sci è storicamente uno degli sport praticati in valle, qui vediamo uno dei partecipanti alla "Galopèera", gara organizzata sul monte Bondone.
La collocazione geografia si riferisce alla montagna in generale.
Gruppo di persone di Covelo scendono dal Gazza sul "bròz dei Marianèi". Alla guida della coppia di buoi uno dei "Marianei": Angelo Cappelletti.
A seguire si intravede la presenza di un altro bròz; spesso infatti lungo la discesa si incolonnavano.
L'ingrandimento 40x27,5 cm è conservato incorniciato.
Lo scatto è stato fatto lungo la strada selciata che dal Monte Gazza scende verso Ciago. Se con la discesa col bue si usava il broz che frenava, con l'arrivo dei motocoltivatori si usava andare nella "selva a preparar el dasón", cioè si tagliavano lunghi rami di pino mugo, li si legava insieme con una corda e si attaccavano a strascico al motocoltivatore. Era questa la "strozega", sulla quale si metteva un telo e ci si saliva in gruppo per essere trascinati giù dalla montagna e nel contempo frenare l'automezzo. Questa usanza è stata abbandonata dopo qualche anno poiché provocava danni al fondo stradale ed hanno fatto la loro comparsa i fuoristrada.
La fotografia ritrae la piccola montagna rocciosa detta "crozoi" presente a Stravino sul lato sinistro della strada principale, nei pressi del capitello della Pietà, ora poco visibile.
Sullo sfondo si vede il monte Brento.
La fotografia ritrae una giovane donna in abito elegante alla moda degli anni '20-'30 del 1900.
Lo scatto fu fatto sulla strada principale che attraversava Stravino e sullo sfondo è possibile notare la roccia oggigiorno nascosta quasi completamente dalle case.
Non abbiamo nessuna informazione riguardo questa foto conservata in un vecchio album della famiglia Bassetti ma è comunque interessante poiché ci mostra come un tempo si affrontava una scalata.
Francesco, Cosmino, Attilio, Renzo, Valentina sono impeganti nella fienagione in Gazza: chi a rastrellare il fieno, chi ad assicurare il carico al "broz", carro a due ruote trainato da buoi adatto a scendere dalla montagna.
Video realizzato da alcuni volontari di Vigo Cavedine in occasione del Natale 2021. Attraverso alcune fotografie e un racconto in dialetto trentino si è voluto rievocare la storia della Vicinia Dònego di Vigo Cavedine, un’associazione secolare di cui facevano parte (e ne fanno parte tuttora i discendenti) le antiche famiglie di Vigo Cavedine (i cognomi: Bolognani, Comai, Cristofolini, Eccher, Galetti, Lever, Luchetta, Manara, Merlo, Turrina e Zambaldi).
L’origine della Vicinia si perde nella notte dei tempi, tra storia e leggenda, ed è il frutto di un lascito documentato da alcune pergamene a partire dal 1332.
Roberto Pedrotti ci porta a scoprire quel che rimane dei "brozzadóri" di Cavedine, luoghi in cui il carro a due ruote che scendeva dalla montagna veniva trasformato in carro a quattro ruote per proseguire il viaggio in paese. Sono luoghi abbandonati in cui la natura sta prendendo il sopravvento anche laddove l'uomo non ha già distrutto, ma permettono comunque di capire il loro funzionamento di un tempo.
Questo "giöf" era colorato di azzurro; il colore è stato consumato là dove appoggiava sul collo dei buoi e nella parte centrale dove era fissata la "véta" .
Attaccati al "giöf" sono rimasti i passanti in ferro per le "cornére" e una "tavèla" in ferro che passava sotto il collo del bue.
Valeria, Anna, Noemi e Tea pronte per il pranzo davanti alla baita sul monte Gazza. Una coperta per terra, un tovagliolo con la polenta, la pentola col cibo caldo, piatti, forchette, bicchieri e la tavola era imbandita.
In questa foto si vede bene la struttura esterna della tipica baita sul Gazza: realizzata in sassi, con tre facciate interrate e quella davanti con la porta in legno sprovvista di serratura; il tetto ad uno spiovente in lamiera zincata. La catasta della legna era indispensabile per cucinare nel focolare aperto.
Il piccolo Gianni, statunitense era andato a Lon per conoscere la famiglia della madre. Lì ha iniziato a soffrire di mal di denti, quindi è stato portato a farsi curare a Margone da don Plotegher. Qui lo vediamo con mamma Angelina e zia Olga che rientra sulla slitta dal sentiero dello Scal, al tempo l'unica strada di collegamento del paese col fondovalle.
In occasione della benedizione della "Madonnina" posta nel capitello al bivio tra le strade selciate di Covelo e Ciago, un nutrito gruppo di persone raggiunge il luogo a bordo di un motocoltivatore che svolge per l'occasione la funzione di bus. Il frate, che sostituisce il parroco del paese don Silvio Vogt, anziano ed indisposto a salire lassù, sale a piedi come altre persone.
Il "bròz" era un carro a due ruote utilizzato per il trasporto di fieno e legna dalla montagna a valle. Si vedono: la stanga per l'attacco del bue, le due ruote con la struttura alla quale si attaccavano i "palanchi" sui quali si sistemava il prodotto da trasportare e che, appoggiando a terra frenavano lungo la discesa.
Il Gazza al tempo era caratterizzato dalla prateria.
La fotografie ritrae un gruppo di persone presso Malga Campo di Drena, durante la raccolta del latte e la realizzazione di prodotti caseari. Si può osservare l'abbigliamento degli uomini, i quali usavano indossare pantaloni con bretelle, camicia con gilet e cappello.
Il motocoltivatore di Valentino Verones di Covelo, immortalato in questo scatto, è stato il primo a raggiungere le praterie del Monte Gazza sul finire degli anni '50, inizio anni'60, dopodiché molti abitanti del Pedegaza hanno seguito il suo esempio.
Era un motocoltivatore AEBI AM 53 con motore MAG; il serbatoio era diviso in due parti, una piccola conteneva benzina e serviva esclusivamente per accendere il motore tirando una corda, appena acceso si collegava l'altro serbatoio che conteneva petrolio.
Nella foto vediamo che qualcuno era a bordo, altri gli camminavano intorno attaccandosi a volte per aiutarsi nella salita; questo mezzo era infatti abbastanza lento da poter essere seguito a piedi.
Da notare come al tempo la strada, "novicter factam" nel 1447, fosse ancora completamente selciata.
Il toponimo "Presalter" ci riporta alla figura del "saltaro", presente nelle antiche carte di Regola, che aveva il compito di sovrintendere al controllo di una determinata zona. La testimonianza dei più anziani ci riporta che il prato sulle coste del Gazza a "Presalter" era di proprietà pubblica e veniva affidato di anno in anno a persone diverse, evidentemente in cambio di questo servizio per la comunità.