Opera d'arte moderna del "Parco d'Arte Lusan" realizzata da Paolo Moro (BL) e così descritta nella relativa tabella illustrativa: "L’opera, stilizzata, rappresenta con eleganza e leggerezza l’altezza delle montagne, la loro verticalità ed il senso si libertà che si prova quando si è sulla vetta. Allo stesso tempo rappresenta l’infinita bellezza che è possibile scorgere quando si è sopra di loro, come sospesi, intenti nel percorrere una via attrezzata o un ponte tibetano, secondo un senso di equilibrio che rimanda al nostro rapporto con il mondo della natura."
È dedicata alla Paganella, la cima più alta di Vallelaghi (2.125 m slm). Maggiori informazioni sulla tabella illustrativa.
Opera d'arte moderna del "Parco d'Arte Lusan" realizzata da Marco Baj (FG) e così descritta nella relativa tabella illustrativa: "L’opera è dedicata ai massi erratici presenti in zona, nello specifico al “Sass Gris”. Le pecore, osservando il masso dinnanzi a loro, ripercorrono il suo percorso. Fantasticando “infinite” storie concentrano tutta l’attenzione su di esso. Si apre in questo modo un dialogo “invisibile” che porta il visitatore ad avere diversi pensieri, finalizzati a porsi delle domande e a riflettere sulla natura e sulla provenienza del masso stesso."
Il “Sass Gris”, a cui l'opera è particolarmente dedicata, si trova di fianco alla strada che da Vallene porta ai Laghi di Lamar. Maggiori informazioni sulla tabella illustrativa.
Opera d'arte moderna del "Parco d'Arte Lusan" realizzata da Matteo Cecchinato (PD) e così descritta nella relativa tabella illustrativa: "L’opera rappresenta una creatura stilizzata le cui forme simboleggiano diversi aspetti del gruppo montuoso da cui prende il nome. Le tre “teste” riproducono le tre cime del Bondone, mentre gli intrecci complessi e la struttura sono state ispirate dai numerosi sentieri presenti, dalle rocce e dalle pareti scoscese. Ogni montagna porta con sé una moltitudine di storie e di leggende, quasi fosse un nume tutelare, un essere che può essere pacifico e svettare guardando verso il cielo o incombere sulla vita degli uomini che gli sono ai piedi."
Il Monte Bondone, a cui l'opera è dedicata, è quello ai cui piedi si trova il Parco d'arte. Maggiori informazioni sulla tabella illustrativa.
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 174.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "Essa non può sfuggire all’attenzione di chicchessia, che dalla via che esce a mezzodì di Vezzano, o da questo stesso paese, guardi la montagna nuda di bianco calcare che si leva a piano inclinato dietro il caseggiato sul lato d’oriente.
A un centinaio di metri, o forse meno, sopra il piano del villaggio si vede come una caverna che accenna a sprofondarsi verticalmente nella roccia. [...] La parte interna ed accessibile della marmitta, a monte dov'è più alta, presenta una profondità di cinque o sei metri, riducendosi a valle a circa mezzo metro soltanto. Termina con un fondo piano formato da un terreno mobile, cioè da un terriccio, certamente d’origine glaciale, che riempie tutta la marmitta fino a quell'altezza, celando sotto di sè la profondità del pozzo.
Perciò il fondo delle marmitte di Vezzano si presenta come un praticello erboso, [...] La figura B, eseguita sopra un semplice schizzo da me preso di passaggio, presenta il pozzo glaciale
di Vezzano, come lo si vede guardandolo un po’ da vicino dietro il paese"
L'affresco, posto sopra il passaggio pedonale (vòlt) che attraversa l'edificio, mostra l'antica posizione della ruota idraulica e della derivazione a servizio del mulino qui attivo.
La traslazione di San Vigilio è raffigurata in marmo sull’altare maggiore della chiesa di Vezzano ed è attribuita al bresciano Domenico Italiani.
Rappresenta il passaggio da Vezzano della salma di San Vigilio trasportata dalla Rendena a Trento, dopo il martirio. Secondo la tradizione, la salma di San Vigilio sarebbe stata depositata per una notte nella chiesa di Vezzano.
Il paese, racchiuso da mura, è visto da sud attraverso la porta clesiana, ormai scomparsa.
In primo piano, assisi in cielo, i Santi Vescovi Vigilio e Valentino.
La data è ricavata dall'incisione sul retro dell'altare, che attesta la sua consacrazione il 31 ottobre 1773.
La tecnica utilizzata è quella della tarsia, che si differenzia dal mosaico per le maggiori dimensioni e la forma varia dei pezzi di cui si compone, che si incastrano tra loro originando superfici più compatte.
Fonti:
Calcografia; 189x265 mm, 221x304 mm. Disegno di Agostino Perini, incisione di Carolina Lose, pubblicata in Agostino Perini, I castelli del Tirolo colla storia delle relative antiche potenti famiglie, Milano, Pirrotta, a spese di Giuseppe Antonio Marietti, 1834-1839
Calcografia; 156x247 mm, su foglio 196x290 mm . Disegno di Agostino Perini, pubblicata probabilmente contemporaneamente all'analoga calcografia presente in Agostino Perini, I castelli del Tirolo colla storia delle relative antiche potenti famiglie, Milano, Pirrotta, a spese di Giuseppe Antonio Marietti, 1834-1839
Calcografia; 186x261 mm, 215x305 mm. Disegno di Agostino Perini, incisione di Francesco Citterio, pubblicata in Agostino Perini, I castelli del Tirolo colla storia delle relative antiche potenti famiglie, Milano, Pirrotta, a spese di Giuseppe Antonio Marietti, 1834-1839
Illustrazione preparata per la quarta di copertina del numero 30 di Retrospettive.
Il proverbio sapientemente illustrato da Teodora Chemotti recita: "A ogni osèl el so gnìo el ghe sa bèl." Ossia: Ad ogni uccello il suo nido sembra bello.
Lo scorcio raffigura una casa contadina tipica del paese, forse illustrata dall'artista perchè la più rappresentativa o particolare. Si notano i caratteristici poggioli di legno e un muretto a secco che delimita la strada.
Calcografia; 156x247 mm, su foglio 196x290 mm. Disegno di Agostino Perini, pubblicata probabilmente contemporaneamente all'analoga calcografia presente in Agostino Perini, I castelli del Tirolo colla storia delle relative antiche potenti famiglie, Milano, Pirrotta, a spese di Giuseppe Antonio Marietti, 1834-1839