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  • La pietra sacrificale di "Fabian"

    Disegno preparato per illustrare l'articolo che presenta la pietra sacrificale di "Fabian" a pagina 4 del numero 2 di Retrospettive. Da questo articolo si ricava che questa pietra era una «tavola sacra di altare», ritrovata nell'ottobre 1966 lungo la vecchia carreggiabile che congiunge il paese di Cavedine con l'abitato di Lasino, attraverso i dossi delle «Ganudole». Tale manufatto venne asportato e trasportato al Museo Civico di Rovereto dove è stato posto all'esterno presso l'ingresso. Presenta una lavorazione molto regolare ed ha le seguenti misure: larghezza mt. 1,23 — lunghezza mt. 1,08 — spessore mt. 0,28 — lunghezza dell’appendice mt. 0,30 — larghezza finale dell'’appendice mt. 0,40. La scanalatura, praticata lungo tutto il perimetro della pietra dista dal margine esterno uniformemente cm. 9. Essa è larga cm. 9 su tutti i quattro lati e aumenta la sua sezione in corrispondenza dell'appendice fino ad un massimo di cm. 25, per ritornare a cm. 8 all'uscita della stessa. Si parla approfonditamente di questa pietra in questo articolo qui consultabile:
  • Pozzo 9 - "Van 1"

    Nell'immagine possiamo notare la parte visibile del pozzo n.9 - detto anche "Van 1", come si presentava nel 1975. I pozzi n 9 e n 10 (Van 1° e Van 2°) non sono stati svuotati e serviti dal sentiero geologico, anche se ritenuti di notevoli dimensioni. Nel n. 9 sono stati trovati reperti che indicano sia stato abitato o utilizzato come rifugio in epoca preistorica (come il 3 e l'8).
  • Nereo Cesare Garbari

    Nereo Cesare Garbari, vezzanese nato nel 1924 e morto nel 1989, è stato una personalità di grande rilievo: un insegnante competente e preparato, un uomo impegnato nel sociale, nell’ambito culturale, nella ricerca storica e archeologica. Nei suoi 40 anni di professione “il maestro Nereo” ha offerto uno stile di insegnamento ragionato, aperto ad ogni interesse ed in grado di coinvolgere in modo totale i suoi alunni, educandoli e dando agli stessi una cultura basata sulla sperimentazione, sulla conoscenza dal vivo, sull’esperienza quotidiana. Garbari era un grande appassionato di archeologia, molto impegnato nella ricerca o riscoperta di siti preistorici e naturalistici, fu collaboratore del Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento, del quale era rappresentante di valle e del Museo degli Usi e dei Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, consulente della Provincia nei lavori di scavo alla torbiera di Fiavè. Ha effettuato anche numerosi sondaggi: in particolare sul Doss Grum, sul Doss di Camosciara, sul Monte Ozol. Le sue ricerche hanno interessato numerosi settori naturalistici e storici: l’attività forestale, gli scavi preistorici, i rilevamenti del terreno, le osservazioni astronomiche, la storia e la cartografia antica, cultore di numismatica con una raccolta di monete che spaziano dal periodo romano a quello medioevale e moderno. Dopo la scoperta dei Pozzi glaciali di Vezzano da parte di Stoppani nell’800, Garbari negli anni ’60 iniziò, attivando il Museo Tridentino di Scienze Naturali, la ripulitura dei pozzi che svuotò, recuperandoli e valorizzandoli, quindi promosse la creazione di un sentiero geologico che li collegasse, poi realizzato e dedicato allo scopritore Antonio Stoppani. Nello stesso periodo collaborò con il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige (in particolare con il dott. Sebesta) per la realizzazione del museo etnografico, poi aperto con successo, portandovi anche elementi del mulino della sua famiglia e di altri artigiani vezzanesi. Tra i vari luoghi esaminati nel campo archeologico, effettuò ricerche sul Dos Bastia a sud di Vezzano, dove furono trovati numerosi reperti che testimoniano l’importanza strategica del sito, nel corso dei millenni (dai primi insediamenti umani, ai Romani, fino alla Prima Guerra Mondiale). Collaborò con il Museo Tridentino di Scienze Naturali nella scoperta e negli scavi delle palafitte di Fiavè. Numerosi sono stati gli articoli e i testi scritti da Garbari e pubblicati su riviste di carattere storico e archeologico: gli orologi solari del Vezzanese, le incisioni rupestri nella Valle dei Laghi, le notizie storiche e archeologiche di Cavedine, la sella di Vigolo Baselga, gli antichi viari, la preistoria e la storia in Valle dei Laghi, la casa di abitazione in sottoroccia alle Braile. Da mettere in risalto la pubblicazione, scritta in occasione del “60° anniversario Cassa rurale di Vezzano” (1980), che documenta i ritrovamenti archeologici e la storia locale. Nell’ambito sociale Garbari è stato socio rifondatore della sezione Sat di Vezzano, della quale è stato per parecchi anni presidente. Nell’ambito della Cooperazione è stato presidente, dal 1965 al 1988, della Cassa rurale di Vezzano e protagonista della fusione della stessa con la Cassa rurale di Terlago, che ha visto la nascita della Cassa rurale della Valle dei Laghi, di cui è stato fino alla sua dipartita (1989) vicepresidente. Dopo aver contribuito alla fondazione del Gruppo Culturale del Distretto di Vezzano, nel1986, grazie alla sua grande conoscenza del territorio iniziò e portò quasi a termine, la carta geografica della Valle dei Laghi alla scala 1:20.000, dove, unica nel suo genere, sono riportati i siti di interesse archeologico, naturalistico, sentieri numerati e legenda con didascalie. Dopo la sua morte ed un intervallo di circa 8 anni, nei quali la moglie Carla, con l’aiuto di esperti, si prodigò per completarla, venne stampata e presentata ufficialmente nel 1997. Nel frattempo, nel 1991, il nome del gruppo culturale era stato modificato inserendovi anche "Nereo Cesare Garbari", in ricordo di questo socio fondatore appassionato ricercatore di archeologia e storia locale. Del maestro Nereo rimane il ricordo di un uomo retto, capace di amicizia vera e profonda, di un validissimo insegnante, di un uomo di cultura, che troppo presto ci ha lasciati. Sulla Figura del Garbari, nel 2005 fu organizzata dal Gruppo culturale, la conferenza dal titolo “L’uomo, la storia”, relatori furono Gino Tomasi Direttore emerito del Museo di scienze naturali e “amico” dell’Associazione, Enzo Zambaldi, giornalista e insegnante, già collega di Garbari e Giuseppe Morelli, naturalista e uomo di cultura, grande “pasionario” della Valle dei Laghi. ---
  • Quaderno di testi del 1956/57

    Quaderno senza copertina con pagine rovinate dall'acqua, ma contiene molti testi datati che descrivono fra l'altro le numerose escursioni nei dintorni di Stravino fatte dall'autrice coi suoi compagni ed il maestro . Questi i contenuti delle pagine scansionate: 4.10.56 - La mia casa 9.10.56 - Un'escursione in loc. "Uccelliera" 12.10.56 - Esplorazioni e ricerche alla "Casoleta" 15.10.56 - Ricerche in loc. "Uccelliera" 19.10.56 - Ricerche alla "Cosinata" 21.10.56 - La giornata mondiale delle missioni 23.10.56 - Ricerche alla "Fontana Romana" 9.11.56 - Ricerche sul Dos Piovan
  • Rilievi dopo lo scavo del 1879 del "Bus dei Poiéti"

    Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo: "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n. 6 1879/80 p. 70 così descritta dallo stesso ing. Apollonio: "Sotto il labbro della conca si scorge la generatrice quasi circolare di un altro bacino trapanato dall'acqua ed è certo che il pozzo di Projeti si estende ancora [...] Sfortunatamente non s’' è potuto completare gli scavi perchè il materiale gettato giù per quel valloncello fortemente inclinato cominciava già a precipitare sullo stradone rendendo mal sicuro il passaggio e danneggiando le campagne sottostanti; non si dubita però che l'onorevole Municipio di Vezzano compreso ormai dall'interesse anche materiale che possono avere quei pozzi per il villaggio, voglia ultimare un lavoro condotto a buon porto da una piccola Società che deve sobbarcarsi a tante altre spese; e voglia ridurre alcun poco anche le vie d'accesso di maniera che sien comodamente praticabili per qualunque forestiero che volesse visitarli. [...] Nel pozzo glaciale dei Pojeti a 4.00 m. di profondità sotto il piano d’ interrimento si trovò dalla parte del monte varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. [...] Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento."
  • Pozzo 8 - "Bus dei Poiéti"

    Coi suoi circa 15 metri di profondità e 11 di diametro il "Bus dei Poiéti" è fra i maggiori d'Europa. È costituito da due marmitte una accanto all'altra di diversa profondità ed è stato scavato a partire dal 1878 a cura della SAT sotto la direzione dell'ing. Annibale Apollonio ed in seguito a cura del Museo Tridentino di Scienze Naturali sotto la direzione del vezzanese Nereo Cesare Garbari, tra il 1966 e il 1975. Tra i materiali di deposito vennero rinvenuti reperti archeologici riferibili all'età del Bronzo Medio (3.500 anni fa circa): ossa umane e di animali, cocci di vasi, oggetti di selce, residui di cibo. Una scala metallica permette di scendere in fondo al pozzo dove è sempre presente una pozza d'acqua e si possono osservare tra l'altro i rotondi sassi porfirici portati dal ghiacciaio. Accanto al cancello d'entrata è presente una bacheca esplicativa. Approfondimento sui reperti Annibale Apollonio nel 1880 scrisse che vi furono rinvenute "varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. Questo coccio possiede le radici di un ansa con occhiello assai piccolo, e confrontato coi cocci rinvenuti negli avvanzi delle abitazioni lacustri di Mantova, esso mostra la medesima forma e composizione, tuttavia si ritiene che sia di epoca assai più recente ed abbia servito da crogiuolo (vedi la fig. N. 9). Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento. Questo vaso ha la forma di un anfora, è alto 32 centimetri largo 35, ha uno spessore di 5 millimetri e va ingrossando verso il fondo a 9 millimetri. Esso è composto di una pasta simile a quella dei cocci suddescritti, è lavorato a mano, e pare cotto al fuoco. Mancano le due anse solite a questo genere di vasi, e vi sono sostituiti invece sei piccoli becucci sul colmo del ventre ai quali venivano fissate probabilmente le corde per poterlo portare (vedi la fig. N. 7). Gli altri due vasi che non si poterono ricomporre, sembrano simili alle nostre pignatte usuali, sono formati della medesima sostanza degli altri, hanno color mattone, e sono lavorati a mano e cotti al fuoco. Si rinvenne poi una pietra schistosa sagomata precisamente come le anime dei ferri da stirare di vecchio sistema ridotta probabilmente da qualche ciottolo trovato nelle vicinanze (vedi fig. N. 10). Dagli oggetti ritrovati si deve dedurre che quegli scavi hanno dato rifugio o sepoltura ad uomini di un età remota e potrebbe essere che i cocci avessero relazione colle abitazioni lacustri; varrebbe quindi la pena che qualche archeologo si facesse a studiarli ed a ricercare eventualmente le traccie di tali abitazioni nei laghi di Castel Toblino e St. Massenza." Polo Orsi nel 1883 aggiunge: "trovai anche il frammento di un vero manico ad occhiello con tre solchi longitudinali, un coltello di selce cupa, e due sottilissime e belle lame arcuate, lunghe cm. 4 a 5, una delle quali con delicati ritocchi in testa. ... La presenza dell’ uomo nell’ età litica è ivi affermata dai vasi, dagli oggetti di selce, dagli avanzi dei pasti. ... Dei due vasi trovati al pozzo dei Pojeti, o per meglio dire messi insieme da un numero considerevole di cocci, l’ uno è a forma di doppio cono tronco unito alla base, alto m. 0,31, con diametro di m. 0,33 al maggiore rigonfiamento, e di m. 0,13 alla base. Intorno al colmo del ventre s’ inalzano 6 od 8 piccole anse verticali. Il secondo, mancante circa della metà, è alto cm. 20, pare di forma cilindrica od insensibilmente rigonfia, ed è munito di due anse orizzontali; l’ orlo superiore è cinto da un cordone intaccato da impressioni lineari fatte collo stecco. "
  • Pozzo 3 - "Antonio Stoppani" - "Bus dela Maria mata"

    Perfettamente costruito e visibile dal paese è stato il primo pozzo glaciale scoperto in Italia. Lo scopritore fu Antonio Stoppani nel 1875 e per questo a lui è stato dedicato questo pozzo e l'intero parco glaciologico col sentiero che lo attraversa. L'ingegner Annibale Apollonio con la S.A.T. eseguì nel 1878 rilievi e schede grafiche ipotizzandone lo svuotamento che realizzarono nel 1879 scoprendo così che il fondo non era a scodella come ipotizzava. Diversi i reperti che testimoniano l'utilizzo del pozzo da parte dell'uomo preistorico: Annibale Apollonio nel 1879 parla di "due frammenti di un vaso" che "pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco", Paolo Orsi nel 1890 scrive di avervi trovato e conservare "un bel coltello siliceo a sezione triangolare (lungo cent. 4, 25 ), e di una elegantissima cuspide di freccia stretta e lunga (mill. 45), lavorata a fine ritocco" Prima della scoperta di Stoppani il pozzo era chiamato dai locali "Bus dela Maria mata" e una leggenda era ad esso collegata, cosicché ancor oggi è più conosciuto con quel nome. Una versione rivista per i bambini è inserita nella collana della Biblioteca del bosco di Vezzano che per una decina di anni si poteva trovare e leggere direttamente in questo pozzo insieme ad un altro libretto che, senza pretesa scientifica, illustrava ai bambini la formazione dei pozzi. --- Approfondimento: Nel 1880 così lo descrive Apollonio : "Esso è scavato nel macigno calcareo durissimo di formazione liassica, a strati regolari grossi un metro e più ed inclinati di 48 gradi verso l’orizzonte nella direzione da mattina a sera. La superficie della roccia è nuda e la cavità del pozzo vi è incisa netta, ben delineata, colle labbra all'intorno ben arrotondate nella forma rappresentata dagli spaccati qui uniti; solo osservasi una squarciatura nello strato superficiale, la quale partendo dal punto più depresso del labbro inferiore e seguendo la direzione da valle a monte con un’inclinazione di forse 30 gradi (vedi la pianta segnata nell’Annuario dell’anno 1878) costituiva il canale emissario. La sezione orizzontale del pozzo presa sul piano di interrimento misurava 7.50 metri nel senso longitudinale e 6.80 metri nel senso trasversale della valle: il volume del detrito scavato fu calcolato a 50 metri cubi e quello della roccia trapanata dall'acqua e dai massi perforatori di 120 metri cubi. Lo strato superiore dell’ interrimento constava di sabbia, scheggie e massi calcarei franati dal monte e dal ciglio superiore della marmitta dopo la sua formazione, lo strato inferiore invece era composto di un terriccio calcareo assai fino il quale racchiudeva qualche ciottolo e qualche pezzo di pietra calcarea. Sul fondo della marmitta si trovò una ventina di ciottoli di varia grandezza, il maggiore dei quali ha un peso di circa 30 chilogrammi. La maggior parte di questi ciottoli appartiene alle roccie cristalline e fra di esse vi predomina il porfido della valle superiore dell’Adige e della valle Avisana. La superficie interna delle pareti diremo verticali è assai regolare, sagomata a linee curve molto morbide e lavorata come se fosse battuta colla martellina fina. Il fondo della marmitta invece è irregolare ed ha una prominenza nel mezzo precisamente là ove dovrebbe essere più incavato (vedasi la sezione trasversale). Quest’ anomalia dipende in primo luogo dalla maggior durezza e compatezza del terzo strato, poi dalla esistenza di canali e fessure fra i piani di combaciamento del secondo, terzo e quarto strato dai quali l’acqua scappava direttamente dalla marmitta diminuendo la forza motrice rotatoria e con essa l’azione erodente della cascata, scavando invece maggiormente il fondo in prossimità delle fessure. Queste circostanze, la mancanza di massi perforatori di un certo volume, e forse uno spostamento laterale sfavorevole della cascata, furono certamente i motivi per cui il pozzo Stoppani non potè raggiungere quella perfezione o quella profondità che tutti si aspettavano vedendolo prima che si effettuasse lo scavo." e ancora: "Nel pozzo glaciale Stoppani ad 1.50 m. sotto il piano d'interrimento si trovarono due frammenti di un vaso probabilmente della forma d'una catinella del diametro di circa 30 cent. formati di un tritume grossolano di roccie cristalline impastate con poca argilla, di color nerastro. Lo spessore di quei pezzi è di 6 millimetri e desso va ingrossandosi al fondo e sull'orlo superiore. Il vaso pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco (vedi fig. N. 8).
  • Il sentiero geologico Antonio Stoppani

    Il sentiero geologico Antonio Stoppani unisce una serie di pozzi glaciali, noti anche col nome di "marmitte dei giganti", generati lungo le falde inferiori del versante nord-occidentale del Monte Bondone in corrispondenza dell’abitato di Vezzano, La loro origine è dovuta all’azione dell’ultima glaciazione, chiamata “Würmiana”, iniziata circa 110.000 anni fa e terminata circa 12.000 anni fa, quando l'antico ghiacciaio atesino scorreva nella nostra valle. Secondo le più comuni spiegazioni potrebbero essere stati scavati sia dall'acqua che scorreva sotto il ghiacciaio, sia da quella che vi scorreva sopra, infiltrata nel corpo del ghiacciaio con moto vorticoso attraverso alti pozzi naturali verticali, chiamati "inghiottitoi" o "mulini". È intitolato ad Antonio Stoppani, poiché fu lui che per primo comprese l’origine glaciale dei pozzi nel 1875 e li descrisse poi nella sua opera "Il Bel Paese: conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d'Italia" . La S.A.T. eseguì nel 1878 i rilievi sul primo pozzo scoperto e dedicato a Stoppani (n.3) e nel 1879 gli scavi, subito seguiti da quelli del "Bus dei Poieti" (n.8), continuati nel 1906 e tra il 1966 e il 1975. La realizzazione del "Parco glaciologico A. Stoppani", ad opera del del Museo Trentino di Scienze Naturali, risale al 1971. Diversi sono poi stati i lavori successivi di manutenzione, messa in sicurezza, segnaletica e le attività di valorizzazione da parte del Comune, dell'Agenzia del Lavoro, della Pro Loco, dell'A.P.T., del MUSE, della Rete delle Riserve della Sarca, dell'Ecomuseo... Il sentiero, ben segnalato e curato dal Comune di Vallelaghi, permette di raggiungere i primi 8 pozzi; i pozzi n 9 e n 10 (Van 1° e Van 2°) non sono stati svuotati e serviti dal sentiero geologico, anche se ritenuti di notevoli dimensioni e nel n. 9 sono stati trovati reperti che indicano sia stato abitato o utilizzato come rifugio in epoca preistorica, come il 3 e l'8. Per chi ama vivere il territorio si consiglia la visita all'intero sentiero geologico, qui sono proposte due diversi punti di partenza:
  • Fonte romana

    La “Fonte romana” si trova a poca distanza da Cavedine lungo un sentiero sterrato ben segnalato (sentiero archeologico) che conduce anche alla "Cosina" e alla "Carega del diaol". Questa fonte ha una struttura sotterranea in muratura costituita da un breve avvolto, sostenuta da un arco a tutto sesto che accoglie una grande vasca rettangolare in pietra per la raccolta delle acque provenienti da una falda freatica. La presenza di alcuni gradini, permette di accostarsi alla vasca, entrando in uno spazio molto suggestivo. La struttura non può essere assegnata con certezza all’epoca romana, anche se la sua antichità è evidente. Bibliografia:
  • Terlago - La tavola del Consiglio

    Maggiori informazioni sulla BDT
  • Pietra scolpita sul Dòs del Merler

    Il Dòs del Merler, situato di fronte al paese di Ciago, prende il suo nome da questa pietra scolpita non si sa quando, anche gli anziani nati nel XIX secolo dichiaravano che quella tavola da gioco l'avevano sempre vista lì. I bambini e ragazzi che portavano al pascolo i loro animali nella zona si fermavano a fare una partita a tria, "merler" in dialetto, usando come pedine oggetti naturali. Altro gioco presente sulla stessa roccia veniva fatto usando le nocciole che venivano fatte rotolare come bilie per raggiungere una serie di coppelle. Sembrano essere queste le incisioni più antiche, poiché le coppelle erano proprie delle culture preistoriche, anche se il loro significato rimane misterioso. Nel 1943, o 1948, uno di quei ragazzi pastori, di indole solitaria, ha inciso il suo nome e la data accanto alla tavola da tria: Oliviero Perini. È così dunque che sulla stessa roccia troviamo tre incisioni rupestri di epoche e significati diversi. --- Questa pietra è stata riportata su un sito tematico nel quale possiamo ricavare altre informazioni e vedere molte altre trie: