L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, raffigura "i ragazzi del '99" di Cavedine, vale a dire i più giovani militari, arruolati nel 1917, che hanno partecipato alla prima guerra mondiale.
Al centro del gruppo si nota lo stemma dell'Impero austriaco e l'anno della loro nascita, il 1899.
Posto vicino alla vecchia Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in origine, e fino al 1969, era situato a bordo strada; successivamente è stato sposato in un angolo della piazzetta per fare spazio ai materiali di scarto provenienti dalla costruzione della nuova Chiesa della Madonna della Pace.
Questo monumento è stato realizzato dall’artista Mansueto Ceschini di Lasino, su disegno del padergnonese Rebo Rigotti.
Lo scopo dell’opera, oltre a ricordare le vittime della guerra, era quello di ricordare alle nuove generazioni l’orrore del conflitto, con la speranza di non intraprendere altre attività belliche.
Il monumento, costruito nel 1921, alla fine della Prima Guerra Mondiale, si presenta come una colonna in pietra rosa, posta su tre scalini, con in cima una scultura in bronzo della fiamma eterna. Sui lati dell’opera sono riportate le targhe in bronzo decorate, con incisi i nomi dei paesani morti o dispersi nella Prima Guerra Mondiale, aggiornate poi negli anni ’50 con i nomi delle vittime del Secondo Conflitto Mondiale.
Su uno scalino in pietra è presente anche una piccola cassetta in ferro riportante l’incisione “Terra di Nikolajewka - 1989” che vuole rappresentare le vittime trentine che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno perso la vita durante la sanguinosa battaglia a Nikolajewka, sul fronte russo.
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Bibliografia:
Il 14.2.1944, come ogni anno, si festeggiava a Vezzano il Patrono San Valentino, ma in un contesto particolarmente grave: la guerra, coi pericoli, i dolori e le privazioni che essa porta con sé, in assenza dei molti giovani soldati e dei lavoratori impegnati in luoghi lontani e pericolosi.
Nonostante tutto ciò, migliaia di fedeli, accorsi da tutto il circondario, presenziarono alla messa solenne in cui fu emesso il voto a San Valentino, sottofirmato dalle autorità ecclesiastiche e civili e da molti capofamiglia delle otto comunità dell'allora Comune di Vezzano.
I cannoni piazzati a Vezzano non furono usati: la guerra cessò appena in tempo ed in ottemperanza a quel voto, la comunità vezzanese dal 1945 la prima domenica di settembre ricorda e rinnova quel voto con una solenne precessione alla chiesa di San Valentino in agro.
Alla commemorazione religiosa si è poi affiancata dagli anni '90 una manifestazione dedicata alla pace organizzata al tempo dai Comuni di Vezzano e Padergnone, ora Vallelaghi, con la collaborazione di associazioni e scuole, che col passare del tempo si è arricchita di offerte culturali ed ha preso il nome "Tutti i colori della pace".
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In questo Archivio potete consultare articoli a riguardo pubblicati sul notiziario comunale di Vezzano:
60º anniversario del Voto a San Valentino - di Rosetta Margoni - pag. 15-18 sul n. 2 del 2004;
Mostra fotografica a cura del Museo Storico in Trento: “Vezzano, la IIª guerra mondiale e il voto a San Valentino” - di Lorenzo Gardumi - pag. 12-14 sul n. 2 del 2005;
In questa fotografia è ritratto Quintino Rigotti (1901-1994), originario di Padergnone, insieme ai commilitoni, durante il servizio prestato al fronte nella Prima Guerra Mondiale.
Quintino, in seconda fila, partendo da sinistra, è il quarto raffigurato.
La datazione è stimata e motivata sulla base della data di nascita di Quintino.
In questa fotografia è ritratto Quintino Rigotti (1901-1994), originario di Padergnone, figlio di Pietro Rigotti e Antonia Marzani.
Indossa i tipici abiti militari perché ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
La datazione è stimata e motivata sulla base della data di nascita di Quintino.
Beniamino Bassetti (1889-1956), originario di Santa Massenza, ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
In questa immagine è il terzo in piedi partendo da destra, raffigurato con i compagni d'armi. Molti di loro sorreggono una targa di legno riportante il loro nome, utile ai familiari per poterli riconoscere; su due targhette compare anche la data "1910", motivo per cui la foto potrebbe risalire al periodo precedente la guerra, durante l'obbligo di leva.
Si tratta di una cartolina non viaggiata, periodo stimato: 1910 - 1918.
Beniamino Bassetti (1889-1956), figlio di Angelo e Aurelia Bassetti, originario di Santa Massenza, oltre ad aver lavorato presso l'omonima cantina produttrice di vino santo e presso la Cassa Rurale di Santa Massenza, di cui il padre è uno dei fondatori, ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
In questa immagine è il primo da sinistra, raffigurato con i commilitoni al fronte in un momento di convivialità.
Riportiamo la trascrizione presente sul retro della cartolina, indirizzata alla famiglia di Bassetti Angelo, in Santa Massenza di Vezzano (Trento):
"In campo, 8 marzo 1918
Dare da bere agli assetati è un'opera di misericordia ma tenersene anche per sè son doveri.
Tanti saluti a tutti voi
Beniamino"
Cartolina viaggiata recante data: 8 marzo 1918.
Pagelle rilasciata dalla "Scuola di avviamento a tipo commerciale N. e P. Bronzetti" a Tasin Flora frequentante "nell'anno scolastico 1943/44 la classe prima" e "nell'anno scolastico 1944/45 la classe seconda presso il Centro di Assistenza Culturale di Vezzano gestito dall'Opera di Assistenza all'Italia Redenta" il primo anno e dall' Opera naz. per l'educazione della prima infanzia il secondo anno, come da delega del Provveditorato agli Studi di Trento.
Di questa scuola, con sede presso l'attuale municipio, funzionante a Vezzano nei due ultimi anni di guerra, Flora nel parla qui:
Il libro rileva e documenta per la prima volta la linea di difesa della fortezza di Trento avanzata nella Valle del Laghi (dal Monte Gazza, Margone, Vezzano, Padergnone, fino al Monte Rosta sul Bondone) del 1915 e la vecchia linea di cintura interna sul Monte Soprasasso e Castellar delle Grua del 1914.
Lo scopo del genio militare di Trento era quello di mantenere lontano il nemico dalla città di Trento, nel caso dello sfondamento delle difese nel settore Riva.
Flora racconta momenti positivi vissuti a Fraveggio dopo la distruzione della sua casa a Trento il 2 settembre 1943.
Cesarino Bassetti, insegnante di musica di Flora, appare in foto mentre suona la chitarra.
Le foto del rifugio di cui ci racconta Flora sono attuali: la vista sul lago e la valle è ora interrotta dalla vegetazione.
Residenza estiva della famiglia Pedrotti: in inverno vivevano invece in paese a Cavedine, più precisamente a Musté.
La località si chiama così per via delle "fontane" sulle pendici del monte, visibili nelle risorse correlate a questo contenuto.
La famiglia progettava di ampliare la casa con un'altra camera, una cantina ("càneva") e un garage, ma si pose di mezzo l'avvento della prima guerra mondiale, che chiamò alle armi gli uomini di casa, impedendone quindi la costruzione. Un tempo infatti non si avevano i soldi per pagare degli operai edili, e le case venivano costruite dai capifamiglia con l'aiuto di amici e parenti.
Nello spazio risultante sono stati piantati due pruni ("brugnère"), a testimonianza dell'attività di sostentamento della famiglia, ovvero la vendita delle prugne ("brugne").
L'interno attualmente si compone di una cucina e una camera, poi attraverso una scala a pioli si sale al "solèr", ovvero dove si metteva il fieno. Prima della ristrutturazione del primo piano lì venivano ospitati i bachi da seta ("cavaléri"), che prendevano in aprile a Lasino. Il periodo del loro allevamento era molto intenso perchè gli uomini andavano a prendere le foglie di gelso ("morèr") e le donne e i bambini le tagliuzzavano due/tre volte al giorno per darle loro in pasto. Quando i bozzoli erano pronti li portavano a Cavedine. Al piano terra si trova invece il focolare ("fógolàr") e la "stala" per le bestie (2 buoi e 2 capre), con la mangiatoia ("magnadóra").
I tetti sono stati rifatti verso il 2010.
Da notare la rudimentale serratura.
Una giovane donna sorridente elegantemente vestita in bianco, con in mano un cestino di fiori, è accanto ad un militare dell'esercito austroungarico.
In uno scatto sono davanti ad un portale aperto dal quale escono altre ragazze col cesto fiorito vestite di bianco.
Nell'altro scatto si vedono anche altri militari, uno dei quali con fiori in mano. Dietro di loro si vede l'insegna bilingue italiano-tedesco dei Fratelli Corradini mercerie e manifatture.
Sul retro la cartolina riporta la dicitura: "Feldpost Korrespondenzkarte", era cioè una cartolina postale che viaggiava senza affrancatura attraverso la "Feldpost" ossia la "posta militare" , servizio garantito da militari a questo adibiti.
Cerchiamo informazioni utili a contestualizzare l'evento.
Montaggio delle interviste realizzate nel 2005 in vista delle celebrazioni del 60° del Voto a San Valentino, occasione in cui reduci e civili del Comune di Vezzano sono stati invitati a raccontare la loro esperienza di guerra.
Fulvio Garbari, veterinario di Vezzano, impegnato nel suo servizio da ufficiale nel periodo dell'occupazione italiana del Regno di Albania che ebbe luogo tra il 1939 e il 1943. In allegato anche un trafiletto di giornale che testimonia la sua promozione a capitano.
Bones Emilio di Adriano, come indicato dalla scritta e dalla croce da lui stesso fatte a matita, è il primo del terzetto di giovani soldati dell'Impero austro-ungarico pronti per partire per quello che diventerà il primo conflitto mondiale.
Sul retro un accorato saluto ai suo cari, l'ultimo:
"Alla signora Giuseppina Morandi in Vezzano 24/919
Carrissima Sorela ti faccio sapere che oggi parto salutami il Miro [Casimiro] le to pope e che le prega per me tanti saluti al nono (?) ala Carolina alla papà e a te e i zii e dighe al zio carlo che me saluda el Richeto..."
Consultando poi la sua scheda sui caduti della prima guerra mondiale scopriamo che è nato a Vezzano il19/04/1892 e morto il 27/11/1914 a Grödek in Galizia nel reparto AU; 3° TKJ.
I soldati trentini , essendo di madre lingua italiana, erano visti con sospetto dall'esercito austriaco per cui vennero mandati in gran parte in Galizia e molti morirono lì.
Capitano del terzo reggimento in Galizia era
Gruppo di quattro giovani infermiere col lungo camice bianco.
In basso a destra è stampigliato il numero 20.
L'ingrandimento in formato 24x30,5 cm, scansionato in questa occasione, riporta sul retro la dicitura: Vezzano - 1. Martinelli
L'intervista è stata realizzata in vista delle celebrazioni del 60° del Voto a San Valentino, occasione in cui reduci e civili sono stati invitati a raccontare la loro esperienza di guerra.
Nell’agosto del ’44 avevo 18 anni. I tedeschi avevano bisogno di manodopera e quindi mi presero nella Todt, l’organizzazione tedesca del lavoro forzato in Italia. Ma già in uno dei primi lavori, un incidente causato da me e da alcuni compagni di lavoro, mi costrinse a nascondermi. Dopo pochi giorni i tedeschi mi ripresero e mi arruolarono nella Flak, la contraerea. La prima sede fu Vipiteno. Qui, dopo una quindicina di giorni di istruzione sui cannoni e sugli aerei americani (che sorvolavano la zona per bombardare la Germania), fui nominato primo cannoniere, con il compito di indicare la direzione di tiro del cannone antiaereo. Il primo aereo che colpimmo, cadde vicino alla postazione, così potei vedere con disappunto 5 morti americani fra i rottami. Nei due mesi che rimasi a Vipiteno, abbiamo colpito 45 aerei, ma nessuno in pieno come il primo: cercavamo di colpire nella coda, in modo da dare la possibilità agli occupanti di salvarsi. A causa di un colpo di cannone, partito per distrazione e finito vicino a un maso della montagna di fronte a noi, senza peraltro fare vittime, per fortuna, fui trasferito in un paesino vicino a Innsbruck, dove i cannoni erano gestiti direttamente dai soldati tedeschi. Qui rischiai di essere fucilato assieme a un commilitone di Levico, per colpa di un sergente che ci accusò di aver tentato di disertare; mentre era stato lui ad abbandonarci in città senza documenti, dopo una seduta dal dentista. Fortunatamente riuscimmo a salvarci dalla fucilazione, difendendoci dalle accuse. Comunque dovevamo andare a processo. Ma proprio in quei giorni finì la guerra e così potei ritornare sano e salvo a casa.
L'intervista è stata realizzata in vista delle celebrazioni del 60° del Voto a San Valentino, occasione in cui reduci e civili sono stati invitati a raccontare la loro esperienza di guerra.
Mi chiamo Enrico Aldrighetti, classe 1924. Sono partito da Vezzano, alla volta di Trento, il 16 agosto 1943. A Trento mi dissero di essere arruolato nei granatieri a Roma. Essendo primo in ordine alfabetico, mi assegnarono il compito di condurre 9 reclute a destinazione. Ho assolto il compito consegnando in caserma i miei compagni con i documenti di accompagnamento. Gli americani avevano già cominciato i bombardamenti su Roma e noi andavamo a rifugiarci in campagna. Ben presto arrivò l’8 settembre. Il 9 mattina la caserma era deserta; eravamo rimasti solo in 6, tutti gli altri, compresi gli ufficiali, erano spariti. Ho proposto ai miei compagni di buttare i materassi dalle finestre e venderli. Abbiamo guadagnato 20 lire l’uno. Poi siamo andati alla stazione dei treni dove c’erano pochi soldati tedeschi che hanno fatto finta di non vederci. Forse erano ancora in attesa di ordini sul comportamento da tenere con i soldati italiani. Saliti sui vagoni, piano piano siamo arrivati a Trento. Mi ero messo i vestiti borghesi che avevo ancora nello zaino. Con un basco pagato 3 lire in testa per nascondere il taglio militare, sono riuscito a scendere dal treno senza farmi prendere dai tedeschi che controllavano la stazione. E che nel frattempo avevano ricevuto l’ordine di arrestare i soldati italiani e spedirli in Germania. Sono arrivato al ponte di San Lorenzo e l’ho trovato distrutto dai bombardamenti. Poco più a monte avevano improvvisato un traghetto, così son potuto passare sull’altra sponda e raggiungere Vezzano. Era il 12 settembre del 1943.
Documento mandato da Innsbruck al Comune di Santa Massenza per corrispondere 1.400 lire per il mantenimento dei profughi.
La data è del 4 ottobre 1918.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale le autorità militari americane affidarono ad un reparto italiano della Brigata paracadutisti Folgore i compito di custodire gli armamenti tedeschi radunati in piazza Fiera a Vezzano: cannoni, mitraglie, casse piene di munizioni.
Qui alcune immagini di questi militari
Il 2 maggio 1945 la seconda guerra mondiale terminò ufficialmente in Italia. La paura venne mantenuta viva prima dai reparti tedeschi in ritirata e poi dalla presenza consistente delle loro armi: cannoni, mitraglie, casse piene di munizioni, custodite dai soldati acquartierati a Vezzano, questa volta italiani.
Armi e soldati che le avrebbero portate via erano però anche i simboli della fine dell'orrore, la guerra era davvero finita e con trepidazione si guardava al futuro.
Tra i civili e militari c'era anche euforia e voglia di normalità, condivisione di esperienze passate e sogni futuri; qui alcuni scatti che uniscono appunto civili e militari.
Durante il periodo dell'occupazione tedesca seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943, uno dei soldati tedeschi acquartierati a Vezzano è in perlustrazione a cavallo. Sullo sfondo si vede il paese.