Un gruppo di persone si trova nei pressi del portico di Santa Massenza, chi in strada, chi sulla porta o sulla finestra di casa. Un uomo conduce un cavallo che traina un carro, un ragazzo porta una fascina di legna. Tutti gli uomini portano gilet e cappello.
Molti i cambiamenti di questo angolo di paese sui quali vale la pena soffermarsi:
- la strada era costituita da due strisce in pietra per il passaggio dei carri ed il resto era in selciato;
- la scala che sale alla casa alla destra del portico era larga con bassi scalini n pietra e selciato percorribili anche dai carri;
- all'ultimo piano di quella casa c'era un poggiolo di legno;
- sulla sinistra vediamo una casa che è stata poi abbattuta per far posto al piazzale della chiesa.
Giorgio Tozzi, classe 1942, ci parla delle origini della sua macelleria, spaziando fra ricordi e racconti, che vanno dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale, alle attività che una volta si svolgevano lungo la Roggia di Vezzano.
Il primo regolamento del Palio delle sette frazioni, disputato attraverso gare a cavallo in costumi d'epoca con un rappresentante per ogni frazione del comune di Vezzano, prevedeva:
I prova - percorso di regolarità
II prova - gara del saracino
III prova - gioco degli anelli
IV prova - prova a tempo o, in alternativa, gara di velocità
Negli anni successivi le variazioni sono state minime e venivano scelte le prove in base allo spazio disponibile.
Testimonianza di un'avventura capitata a Carla quand'era bambina con la sua pecora Pot Pot raccontata durante un intervento in classe prima della scuola primaria di Vezzano all'interno del progetto memoria svolto con Ecomuseo.
Il carro trainato dal bue è fermo nei pressi della chiesa di Lon, dietro si vedono i dossi di nuda roccia.
Da notare l'abbigliamento dei bambini seduti sul carro, pesante rispetto alla stagione.
Molto interessante questo scorcio con la casa dalla nicchia col crocifisso ligneo e l'epigrafe, che si trova di fronte alla chiesa. Più dietro si vede l'ex canonica e sulla casa in primo piano una bacheca pubblica.
Interessantissimi i mezzi di trasporto qui presenti: i carretto a due ruote trainato dal mulo, poco oltre il carro a quattro ruote con la "bèna" per il trasporto di materiali ed in primo piano una "civéra", specie di carriola con lunghi manici per il trasporto di pietrame ed altro materiale pesante.
Tritacarne Porker 32 in ghisa rivestito di stagno fissato su supporto di legno.
La carne inserita nell'apertura superiore vine mandata avanti da una vite elicoidale mossa ruotando la manovella.
Per fare lucaniche e salami la si usa prima per tritare, e quindi si fissano sull'uscita la lama di acciaio e la piastrina bucherellata dello spessore desiderato, poi per insaccare, e quindi si fissa sull'uscita l'imbuto della grossezza adatta per infilare il budello da salame o da lucaniche.
Contenitore in legno in cui veniva inserito lo zolfo ("solfro") in polvere per poi distribuirlo come antiparassitario sulle coltivazioni e su pollai e conigliere.
Aveva due bretelle, una fissa e l'altra mobile: si metteva sulla schiena con la bretella fissa e poi si agganciava quella mobile. Muovendo con una mano la leva la polvere veniva soffiata attraverso un tubo nel diffusore metallico che veniva orientato con l'altra mano.
Come risulta dall'etichetta metallica è stato prodotto dalla ditta G. Bressan di Trento.
I campanacci vengono messi al collo delle mucche al pascolo per poterle ritrovare più facilmente, anche in caso di nebbia e permettere a loro stesse di ritrovarsi.
Per la ferratura del bue, si usavano ferri diversi a seconda dell'unghia che si ferrava e dell'uso che veniva fatto del bue. Il bue ha due dita che toccano terra e quindi ha bisogno di 8 ferri, anche se talvolta venivano ferrati solo davanti o anche solo le unghie anteriori esterne.
I ferri, modellati su misura dal maniscalco, avevano dei fori per inserirvi i chiodi con cui fermarli all'unghia. Se il bue doveva lavorare su zone montane, si usava un ferro munito di linguetta che veniva piegata sopra l'unghia verso l'esterno così da distribuire meglio l'impatto del ferro rendendo più duratura la ferratura.
Cinghia in cuoio, con cuciture anch'esse in cuoio, collegata ad anello da ambo le parti con una fune di cuoio intrecciato chiusa a formare un anello.
La cinghia veniva messa intorno alle corna del bue e l'anello finale veniva fissato al timone del carro con il cavicchio di legno.
Parte dei finimenti, collegata alle redini, usata per direzionare il cavallo durante il lavoro. Questa imboccatura è del tipo "filetto", snodata, tutta metallica.
I due cerchi sono posti ai lati della bocca e la parte snodata (cannoni) va ad infilarsi nella parte senza denti della bocca, tra gli incisivi e i premolari.
Agisce sui punti d'incontro delle labbra e sulla lingua.
Parte superiore di una vecchia spannatrice. Vi si versava il latte che entrava nel macchinario. Girando una manovella si imprimeva una forza centrifuga che separava la panna dal latte. La panna, essendo più leggera, usciva dall'apertura superiore ed il latte scremato da quella inferiore, andando in due diversi contenitori.
Questo processo accelerava i tempi rispetto all'attesa che la panna affiorasse sopra il latte, produceva più panna e latte più scremato.
Riporta il marchio ALFA LAVAL - COLIBRI III - 150 LITER, grande azienda nata nel 1883.
Contenitore con chiusura ermetica, dalla capacità di 20 litri, per il trasporto a spalla del latte dalla stalla al caseificio. Era munito di cinghie di cuoio.
Misura 53 x 35 x 15 cm.
Vi è inciso il marchio del produttore composto da un arco tra due torri merlate e la scritta Alluminio Bipi - B.P. & F. - AL 99% - RIV.M. - Made in Italy - Modello Depositato.
Questo anello si apre tirando indietro il parallelepipedo cavo centrale, una volta inserito nel naso del toro lo si riposiziona così che l'anello rimanga fissato al naso. Questo strumento che va ad agire su una parte sensibile dell'animale è utile per governare il toro rendendolo più docile.
Le forbici per pecore si impugnano con una mano mentre con l'altra si tiene sollevato il pelo della pecora. Un tempo, nei nostri paesi molte famiglie avevano almeno una pecora per la produzione della lana ad uso privato.
Il rasoio per asini viene impugnato a due mani e permette il taglio del pelo stringendo i due manici in legno in modo che le lame di acciaio del rasoio possano tagliare. Si usa tosare l'asino all'inizio dell'estate in modo che sia più fresco .
La tagliola veniva innescata nei pressi dei pollai per difenderli dalla volpe che spesso li attaccava. Se la volpe vi inseriva inavvertitamente la zampa si richiudeva a scatto imprigionandola, cosicché veniva catturata ed uccisa.
Viene utilizzato per bucherellare a fondo le lucaniche ed i salami appena fatti evitando così la formazione di sacche d'aria all'interno dell'insaccato che ne comprometterebbero la conservazione.
La fotografie ritrae un gruppo di persone presso Malga Campo di Drena, durante la raccolta del latte e la realizzazione di prodotti caseari. Si può osservare l'abbigliamento degli uomini, i quali usavano indossare pantaloni con bretelle, camicia con gilet e cappello.
Il mezzo litro veniva usato nei caseifici e nelle latterie per la vendita del latte. Il latte portato al caseificio dagli allevatori del paese, dopo essere stato pesato veniva versato attraverso un filtro in un bidone. Dopo la raccolta di più allevatori, in modo da rendere il latte più sicuro, iniziava la vendita. Gli acquirenti si recavano al caseificio col loro secchiello (bandin dal lat) ed acquistavano il latte fresco che veniva misurato col "mezzo litro".
La trappola per topi è un dispositivo usato per la cattura e uccisione di piccoli roditori, in particolare topolini che frequentavano l’abitazione o le cantine attirati dai vari prodotti che vi si depositavano.. All’interno della trappola per catturare il topo si collocava un pezzetto di formaggio.