Andando alla ricerca di figure femminili del passato, grazie ai ricordi di Elsa Bolognani, abbiamo incontrato Caterina Eccher (nata nel 1893), figura importante per il paese di Vigo Cavedine al tempo in cui la bachicoltura era la principale fonte di sostentamento per molte famiglie. Era lei che portava in paese i seme-bachi e li accudiva fino alla nascita dei bacolini che distribuiva poi alle famiglie interessate alla produzione dei bozzoli.
L'intervista alla signora Amelia è stata fatta su invito di Carlo, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Amelia, classe 1940, ha lavorato alla fabbrica delle noci Bressan di Fraveggio, dal 1955 fino alla chiusura della stessa nel 1965.
Era un lavoro stagionale che occupava fino ad una cinquantina di donne da inizio novembre a fine marzo.
Ci ha raccontato la sua esperienza in lingua italiana ma poi, tornando sull'argomento, siamo passate al dialetto cosicché nell'ultima parte si può sentire la parlata di Vezzano.
La fotografia ritrae una donna con un cesto di vimini e un ramo d'uva appena raccolta.
Nella descrizione dell'ingrandimento in formato 30x40 cm, scansionato in questa occasione, appare la seguente frase: "Festa dell'Uva".
La donna fotografata potrebbe essere Armida Dorigatti.
L'anziana nella foto è Orsola Zambanini, moglie di Albino Zuccatti tessitore, di cui ci ha raccontato qualcosa la nipote Antonia classe 1931 nell'intervista collegata. Antonia è la più piccola in questa foto, l'altra bimba è la sorella Carmen, classe 1927, mentre la loro mamma, Maria Coslop era incinta di Giovanna, ricordo che ha permesso la datazione dello scatto.
Sullo sfondo si vede il dos dei Segrai praticamente spoglio.
Curioso anche il racconto di Antonia rispetto al fotografo: Alviz Zambanini, cugino della nonna, era emigrato in Austria e quando arrivava da Linz in bicicletta per far visita ai parenti portava con sé la sua macchina fotografica, fissando così su carta immagini della famiglia.
In questa fotografia sono raffigurate due donne, la madre Antonia, seduta, e sua figlia, in piedi a fianco a lei.
Sone colte in un importante momento di lavoro domestico, il ricamo, probabilmente di un lenzuolo.
La madre, che guarda dolcemente la figlia, sembra controllare il lavoro da lei svolto.
"pùtela" si usa per indicare una giovane donna non sposata. Le donne che hanno raggiunto un età tale per la quale è presumibile che la loro situazione di non ammogliata sia permanente vengono chiamate "zitèle" o in tono dispregiativo "zitelóna".
L'uso di "cetìna" (bigotta) col significato di "zitella" deriva dal fatto che, spesso, in passato le donne nubili di una certa età non avevano altro che la religione a cui aggrapparsi.
Oltre che col significato utilizzato anche in italiano di donna alla quale si è legati da uno stretto rapporto di amicizia e confidenza, oltre al concetto di pettegola, "comare" in dialetto locale indica colei che segue la donna durante la gravidanza, il parto e il puerperio.
La fotografia ritrae Anna Chemelli con la madre Letizia Pedrini, nella storica piazza del paese di Madruzzo.
Sebbene la zona abbia subito dei miglioramenti (ad esempio: nella foto la strada appare sterrata mentre ora non lo è più), il luogo rimane oggi complessivamente molto simile e immediatamente riconoscibile.
Da destra, Maria Chemelli, Venuti Elisa, e un'anziana signora, appaiono ritratte, probabilmente dal centro storico del paese di Madruzzo, con il maestoso Castello alle spalle, sullo sfondo.
L'attuale scenario rimane oggi pressoché immutato.
Questa fotografia ritrae una giovane ragazza, Alda Coser, in posa davanti all'affascinante Castel Toblino, ora lungo la sponda è presente la famosa passerella che costeggia l'omonimo lago.
La "lessìva" era operazione di ammollo del bucato ("bugàda") indispensabile per la pulizia di panni molto sporchi.
Si posizionavano i panni nella "brènta", vi si posizionava sopra un telo leggero, per fermare le impurità, quindi vi si versava acqua bollente mescolata con la cenere e si lasciava in ammollo per il tempo necessario. L'acqua di scarico dopo questo processo era chiamata "lessivaĉ" e veniva riutilizzata.
Possiamo qui scorrere la storia del ferro da stiro attraverso le immagini
1. Ferro da stiro a braci - Soprès a brase
Antico ferro da stiro col corpo formato da un contenitore in ghisa apribile in cui si inserivano braci ardenti usando "el mòi" o la paletta di ferro. Il fondo si riscaldava a tal punto che si poteva stirare. Il manico era di legno.
Questi verbi hanno anche il significato di comprare e fare, come in italiano, ma quando si dice di una donna che "l'ha comprà." si intende "ha partorito", se però "la compra" si può intendere anche che è incinta, non necessariamente che sta partorendo. Quando invece si parla di un animale si dice che "l'ha fat" se ha partorito, e "l'è piena" se è incinta.
L'artistica fontana in pietra di piazza Fiera assomigliava a quella nella piazza centrale di Vezzano ed è stata poi spostata accanto alla canonica di Santa Massenza.
Vediamo due donne che prendono l'acqua alla fontana con due secchi a testa. Una di loro ha appoggiato alla fontana stessa il suo arcuccio (bazilón), utile strumento per trasportare a spalla i secchi quando la fontana non era vicina a casa.
La piazza era alberata ed intorno alla fontana c'era un riquadro di selciato.
La data ultima ipotizzata si basa sul fatto che dopo i lavori all'acquedotto del 1954 solo le case periferiche non erano ancora raggiunte dall'acqua in casa.
Nella società maschilista di un tempo il fischiare non era considerato adatto a una donna; la donna che fischiava era una che si comportava da maschio, così come la donna che canta da gallo, cioè che ha un atteggiamento di supremazia. Donne di questo tipo non erano considerate una ricchezza per la famiglia, che voleva in casa una donna sottomessa.
L'immagine è tratta da p. 19 del fascicolo
Sostantivo e aggettivo.
Oltre che col significato letterale di vecchio, "el mé vècio" sta ad indicare "mio padre" e così "la mé vècia" sta per "mia madre".
"Veciòt" e "veciòta" sono utilizzati non tanto per indicare la bassa statura ma per lo più per parlarne in modo dolce.
La carta dotale di Giuseppina Bones riporta i beni che "vengono consegnati per conto di padre e di madre nelle mani dello sposo".
Già nell'intestazione questa carta dotale risulta quindi particolare: accanto al padre è nominata la madre, quando solitamente questa è una questione tra uomini dalla quale le donne rimangono fuori.
Altra particolarità sta nelle firme: non appare quella del padre ma quella della figlia, accanto a quella dello sposo e del sarto e perito Desiderio Corradini, che ha stimato i beni in valuta austriaca.
Tutte le firme, come il testo, risultano scritti con la stessa grafia facilmente leggibile.
I termini meno noti sono inseriti nel glossario raggiungibile dalle voci in fondo alla scheda:
9 - piche
11 - manipoli
Due giovani ridono sedute sulla panca in pietra accanto alla fontana secentesca posta sull'angolo della piazza di Vezzano. Sopra la fontana in pietra la testa del leone che la alimenta.
Questa fontana verrà poi monumentalizzata nel 1917 ed in quell'occasione verrà tolta la panca.