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  • Rappresentazione grafica dei mulini Graziadei "Ferèri"

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Graziadei "Ferèri" quando erano attivi. Si vede inoltre il passaggio della derivazione sotto una casa ed il lavatoio poco oltre.
  • Rappresentazione grafica dei mulini Ricci

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Ricci quando erano attivi. Interessante vedere come, al tempo, quella che ora è strada provinciale, andava a fermarsi sul bordo roggia. Vi era lì una piazzetta con lavatoio e fontana mentre la strada proseguiva per via Graziadei. Questa stessa fontana si vede in una foto con un'altra angolatura sulla piazzetta:
  • Rappresentazione grafica dei mulini al Mas

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Mas quando erano attivi. Da notare come sia la roggia che la derivazione a servizio dei mulini (sulla sinistra idrografica) escono da tunnel sotto casa Chemelli.
  • Rappresentazione grafica dei mulini Pisoni "Fornèri"

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Pisoni "Fornèri" quando erano attivi, prima di trasformarsi in centralina idroelettrica e cementificio. Tra loro il lavatoio dell'attuale "piazzetta delle Regole".
  • Rappresentazione grafica dei mulini al Cleo

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Cleo quando erano attivi. La derivazione si separava dalla roggia oltre il ponte di Cleo, scorrendo quindi più elevato, per poi distribuirsi su tre canalette e alimentare le tre ruote, ognuna delle quali aveva il suo scarico per la restituzione in roggia, così come ve n'era uno, governato da una sarcinesca, che permetteva di far rientrare nella roggia l'acqua della derivazione quando non veniva utilizzata.
  • I mulini al Cleo

    Una concentrazione di attività artigianali, prevalentemente mulini per la macinazione dei cereali, si sviluppava all’imbocco del rione Mas in corrispondenza del ponte del “Cleo” (da clivo = erta, salita). A questo punto si dipartiva una nuova articolazione del corso d’acqua: - il ramo principale che, com’è attualmente, seguiva un profilo rettilineo; - un’ampia derivazione arcuata, che andava a lambire gli edifici in sponda destra con una movimentazione di canalette e ruote dentate, finalizzate all’alacre lavorio delle macchine artigianali. Nel 1860 era documentata qui la presenza delle ruote idrauliche di Pisoni Giuseppe ("Tirares"), Casoni Giovanni Sen. ("Feltrini") e Lunelli Antonio ("Lunèi"):
  • Bót de l'òra Scalfi

    Racchiusa nell'angusto spazio tra le opere di presa e l'argine della roggia questa "bót de l'òra" conserva intatta la sua parte in pietra. Nella copertura superiore si possono notare i due spazi aperti affiancati in cui erano infissi i tubi necessari per l'entrata dell'acqua e per l'uscita dell'aria. Da questa apertura si può osservare sul fondo il palo in legno dove sbatteva l'acqua per produrre l'aria ossigenata, necessaria alla fucina per mantenere il fuoco vivo così da raggiungere le alte temperature indispensabili alla lavorazione del ferro.
  • Rappresentazione grafica del mulino Aldrighetti poi Scalfi

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo. Una derivazione portava l'acqua ad una vasca di carico da cui partivano due canalette, una alimentava la "bót de l'òra", dalla quale usciva poi il tubo dell'aria ossigenata che arrivava alla fucina, l'altra portava alla ruota idraulica. La vasca di carico era usata anche come lavatoio vista la presenza della lastra di pietra inclinata.
  • Rappresentazione grafica dei mulini al Bailo

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Bailo quando erano attivi. L'alveo della Roggia di Calavino, con le sue impetuose cascate, affiancava il mulino Aldrighetti-Scalfi, con la sua ruota idraulica, e scendeva poi a sfiorare l'edificio sottostante. Qui una derivazione, con le sue saracinesche, alimentava la "bót de l'òra", la canaletta che portava al mulino del conte Sizzo Giuseppe e quella più lunga che portava alla ruota del mulino Lutterini Antonio "Galinòta". Ogni utilizzo aveva poi il canale di scarico per il ritorno dell'acqua nella roggia.
  • Rappresentazione grafica del mulino a Venzòn

    Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo. In primo piano l'alveo della Roggia di Calavino, la derivazione coperta con la saracinesca che permetteva l'afflusso di acqua, un'altra saracinesca che permetteva il deflusso dell'acqua in eccesso da un canale di scarico, una terza saracinesca per l'immissione sulla ruota, la ruota idraulica ed il foro per il ritorno dell'acqua nella roggia.
  • Il pestino dei Ricci "Dinòti"

    I pezzi di questo pestino a mole sono stati recuperati dal mulino Ricci Dinòti e montati nel giardino della casa di fronte da Sandro Ricci. A quanto ricorda il pestino è stato acquistato dalla sua famiglia con l'intenzione di affiancarlo alle macine del mulino ma non è mai stato montato nel mulino stesso.
  • pestìn

    Il pestino a mola era una macchina mossa dall'energia impressa dalla ruota idraulica, o più anticamente dagli animali e dagli uomini, allo scopo di brillare l'orzo, cioè decorticarlo, togliere la buccia ai chicchi. Era formato da un contenitore in pietra a forma di scodella, con la parte centrale rialzata e forata; a volte solo la base era in pietra e le pareti erano in legno. Era posizionato sul "castello" del mulino come le macine. Dal foro centrale saliva un palo, solitamente di legno, che arrivava al soffitto e che riceveva il movimento dalla ruota idraulica attraverso l'albero motore e il lubecchio. Questo palo verticale era attraversato da un palo orizzontale regolabile in altezza al quale erano collegate due pietre circolari dette "mòle"; erano folli, cioè non toccavano sul fondo. Fra una mola e l'altra, al palo centrale erano fissati uno o due raschiatoi di ferro che grattavano sul fondo sollevando l'orzo. Nella vasca veniva inserito l'orzo e la si metteva in moto, il movimento lento e regolare continuava per ore smuovendo i chicchi con moto elicoidale senza mai schiacciarli, fino a decorticarli.
  • mòla

    Il mulino a pietre usa due grossi dischi di pietra per macinare. La macina inferiore appoggia sul castello, è fissa ed ha la faccia superiore leggermente convessa. A volte presenta un bordo rialzato tutt'intorno a parte una breve tratto da cui fuoriesce la farina. La macina superiore è mobile. Ha la faccia inferiore leggermente concava, così da sovrapporsi esattamente alla macina inferiore, ed incassi a farfalla accanto al foro centrale nei quali è incastrata una sbarra di ferro (nottola), fissata all'albero rotante passante per le due macine, così da provocarne il movimento macinando così i cereali o altri materiali inseriti fra loro. Ambedue le macine sulle facce di contatto presentano scanalature a raggiera e tacche. Le mole del pestino invece, ruotano verticali, sono più piccole, hanno le facce uguali e un foro quadrato. Per approfondire, ricercare sia mola che macina sul
  • Derivazione del mulino Miori

    Subito sotto il "Molin dela Gioana" parte la derivazione un tempo a servizio del mulino Miori, prima per muovere la ruota idraulica e poi per produrre energia elettrica, funzione utilizzata ancor oggi.
  • Derivazione "Molin del Pero"

    La derivazione del "Molin del Pero" era fornita di un bacino di carico seguito da un'altra paratoia e quindi dallo stretto canale che portava l'acqua alla ruota idraulica. Ormai tutto è in disuso e la paratoia è sgangherata.
  • Pietra con feritoia

    Questo elemento in pietra con feritoia conservato all'interno dell'ex "Molin del Pero" serviva, in coppia con un altro, a sostenere l’albero motore del mulino, il quale trasmetteva il movimento della ruota idraulica esterna alle macine in pietra all'interno del mulino. All'esterno dell'edificio una stampa presenta questi elementi dell’antico opificio.
  • mànghen

    trave sospesa del sistema frenante a ceppi azionato a mano utilizzato sui veicoli a trazione animale (martinicca).
  • mostadór

    Attrezzo in legno fornito di un battente a tronco di cono rovesciato con un lungo manico ad esso perpendicolare utilizzato per pigiare l'uva nel tino così da farne uscire il mosto.
  • crivèl

    Grande setaccio utilizzato per pulire le granaglie.
  • machina da bàter

    La "machina da bàter" era una un grande macchinario che veniva portato nei vari paesi della valle per trebbiare il grano. Era collegato ad un trattore attraverso una cinghia che gli dava la forza motrice. I contadini raggiungevano il macchinario col loro carro trainato per lo più dai buoi e si aiutavano a vicenda nel lavoro: un uomo sul carro buttava le spighe sopra la macchina, dove un altro uomo le inseriva nell'apposita imboccatura. La macchina separava il grano, che andava nei sacchi, dalla paglia, che usciva imballata.
  • molìn

    Antico macchinario munito di una ventola mossa a mano che faceva volar via le impurità (pula) dei chicchi di frumento.
  • "Bót de l'òra" Manzoni

    La botte della tromba idroeolica, "bót de l'òra" in dialetto, dei Manzoni è oggi conservata presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - San Michele all'Adige e la si può vedere ricostruita nel cortile all'entrata. È stata lasciata in parte aperta per poter vedere la pietra su cui batteva l'acqua al suo interno.
  • Bót de l'òra Morandi

    Cinquant'anni dopo l'abbandono, la tromba idroeolica, in dialetto locale "bót de l'òra", dei Morandi permette ancora di capirne la struttura. Vista dal basso possiamo notare la grande botte di pietra, l'alto tubo che formava la cascata, parte del canale che le portava l'acqua ed il tubo più sottile che entrava nella fucina per fornire ossigeno al fuoco. La vista da fuori è quello che possiamo osservare anche percorrendo via Ronch.