L'ingrandimento in formato 50x70 cm, scansionato in questa occasione, mostra il soldato Bortolotti ritratto a Pechino in uno studio fotografico il 9 ottobre 1918.
In seguito alle ricerche effettuate, possiamo ipotizzare che si tratti di Bortolotti Guglielmo (Cavedine, 1895-1973 - matricola 2632) e ricostruire una possibile sua storia. Partito per la Galizia (Ucraina occidentale) con l'esercito austro-ungarico, è poi finito prigioniero dei russi, che mandavano nel campo di Kirsanov, nella Russia sudoccidentale quelli di lingua italiana, anche se facevano parte delle truppe austro-ungariche. Nel 1917, in Russia scoppia una guerra civile che provoca la caduta dello zar e la presa del potere dei bolscevichi, è un periodo difficile per cui la vita nei campi di prigionia si fa sempre più dura tra feddo (anche -40°) e fame. A cavallo fra il '17 ed il '18 i prigionieri vengono trasferiti dapprima a Vladivostock, porto russo sulla costa del Pacifico, da dove una parte viene rimpatriata passando per gli USA, e poi in Cina, a Tientsin, dove a partire dall'inizio del '900 l'Italia aveva ottenuto un piccolo possedimento coloniale (dopo che gli occidentali avevano domato la rivolta dei boxer contro l'influenza colonialista straniera); anche se nel 1911-1912 era stata proclamata la repubblica e il Paese vedeva come un'intrusione queste concessioni agli occidentali, lì funzionava ancora un consolato italiano. In occidente nel frattempo cresceva la paura che la rivoluzione leninista bolscevica potesse uscire dai confini russi e, pertanto, si decise di inviare una missione militare a sostegno della controrivoluzionaria Armata bianca. L'Italia era piuttosto debole per cui costituì il corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente utilizzando 800 volontari, inquadrati in maniera formale come i “battaglioni neri”, fra cui il nostro Bortolotti, assieme ad alcune centinaia di uomini arrivati dall'Italia; mentre li si inquadrava militarmente, si cercò di farli riprendere dal punto di vista fisico e psicologico: vennero trattati bene e alimentati. Solo nel 1920 gli arruolati nel battaglioni neri poterono far ritorno a casa, via nave passando per il Mar Rosso.
Se sia davvero lui e come sia andata la storia personale del Bortolotti immortalato in questo scatto probabilmente lo sanno i suoi discendenti se ce lo vorranno raccontare.
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Le informazioni di contesto sono tratte da:
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra una foto ricordo di un gruppo di uomini in piazza a Cavedine.
In particolare si può osservare l'uomo seduto al centro del gruppo che sembra indossare un'uniforme da ufficiale del Regio Esercito.
Sul retro è presente una descrizione che identifica gli uomini fotografati.
Nella fila più alta il quarto da sinistra verso destra è "Conti", segue "Doro Chesani" e il settimo è "Eccher da Vigo".
Sotto, in seconda fila c'è "conti molinèr", "Beppino Pedrotti", "Aldo Pasoli" (organista) e "Camillo Comai". Conclude la fila l'ultimo uomo sulla destra "Pederzolli da Stravino" (trasporti).
In prima fila, seduti da sinistra verso destra troviamo "Menton di Stravino" al terzo posto e a seguire "Trabatin Carabiniere".
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra un sacerdote e un taglialegna che per l'occasione si sono messi in posa, simulando l'operazione del taglio manuale del tronco.
Qualcuno riconosce il luogo o i protagonisti o il contesto dello scatto?
La fotografia ritrae una formazione militare austriaca di Cavedine durante la prima guerra mondiale.
Gli uomini indossano la tipica divisa militare dell'Impero austro-ungarico.
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, porta la seguente descrizione: "Formazione militare con Binogegio Saverio Pasolli Riccardo zeriaca Cagol Valentino".
Cercando di interpretare il testo descritto e le informazioni presenti sulla fotografia, l'uomo in piedi a destra è "Cagol", mentre quello a sinistra è "Saverio Pasolli".
Sotto, da destra verso sinistra ci sono "Valentino", "Riccardo" di soprannome "zeriaca" e "Binogegio".
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, raffigura "i ragazzi del '99" di Cavedine, vale a dire i più giovani militari, arruolati nel 1917, che hanno partecipato alla prima guerra mondiale.
Al centro del gruppo si nota lo stemma dell'Impero austriaco e l'anno della loro nascita, il 1899.
La fotografia ritrae la squadra di minatori addetti allo scavo della "Finestra dei Gaggi".
In basso a sinistra troviamo Germano Nicolini; in alto, da sinistra verso destra, Andrea Bixio Prandini e Fernando Tonelli.
In questa fotografia è ritratto Quintino Rigotti (1901-1994), originario di Padergnone, insieme ai commilitoni, durante il servizio prestato al fronte nella Prima Guerra Mondiale.
Quintino, in seconda fila, partendo da sinistra, è il quarto raffigurato.
La datazione è stimata e motivata sulla base della data di nascita di Quintino.
In questa fotografia è ritratto Quintino Rigotti (1901-1994), originario di Padergnone, figlio di Pietro Rigotti e Antonia Marzani.
Indossa i tipici abiti militari perché ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
La datazione è stimata e motivata sulla base della data di nascita di Quintino.
Beniamino Bassetti (1889-1956), originario di Santa Massenza, ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
In questa immagine è il terzo in piedi partendo da destra, raffigurato con i compagni d'armi. Molti di loro sorreggono una targa di legno riportante il loro nome, utile ai familiari per poterli riconoscere; su due targhette compare anche la data "1910", motivo per cui la foto potrebbe risalire al periodo precedente la guerra, durante l'obbligo di leva.
Si tratta di una cartolina non viaggiata, periodo stimato: 1910 - 1918.
Beniamino Bassetti (1889-1956), figlio di Angelo e Aurelia Bassetti, originario di Santa Massenza, oltre ad aver lavorato presso l'omonima cantina produttrice di vino santo e presso la Cassa Rurale di Santa Massenza, di cui il padre è uno dei fondatori, ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
In questa immagine è il primo da sinistra, raffigurato con i commilitoni al fronte in un momento di convivialità.
Riportiamo la trascrizione presente sul retro della cartolina, indirizzata alla famiglia di Bassetti Angelo, in Santa Massenza di Vezzano (Trento):
"In campo, 8 marzo 1918
Dare da bere agli assetati è un'opera di misericordia ma tenersene anche per sè son doveri.
Tanti saluti a tutti voi
Beniamino"
Cartolina viaggiata recante data: 8 marzo 1918.
Vediamo qui il campo da bocce della trattoria di Annibale Garbari nella piazza centrale di Vezzano. Il gioco delle bocce appassionava e radunava gli uomini nei giorni festivi.
Sostantivo e aggettivo.
Oltre che col significato letterale di vecchio, "el mé vècio" sta ad indicare "mio padre" e così "la mé vècia" sta per "mia madre".
"Veciòt" e "veciòta" sono utilizzati non tanto per indicare la bassa statura ma per lo più per parlarne in modo dolce.
Baldassarre Bassetti, quale tuttore della propria moglie Teresina e della cognata Maria Bassetti, denuncia Gio Batta Bassetti per aver leso i diritti di consortalità e servitù delle sorelle apportando modifiche alla proprietà dominante, quindi gli impone di riportare tutto alla situazione originaria.
Apprendiamo che un locale della casa era adibito a bottega di proprietà delle due sorelle.
Nel documento si nomina il secchiaio, ovvero l'acquaio (italianizzazione della voce dialettale seciàr o secèr).
Le misure sono 34 x 42 cm.
Nel secondo documento si fa riferimento a molti toponimi:
- al Gaggio
- località Sorbel
- località alle Giare (alla Barberina)
- Rovecchi
- Croce del Monte
- Barcolo
- Turrino (dov'è?)
- Chiesura
- Dorghelle (dov'è?)
- Caviciani
- Ronchione
- altre Sorte
- al Campo
Dal testo capiamo che i lotti sono stati comprati a seguito di un'asta volontaria nell'ambito delle leggi ottocentesche sull'alienazione ed aggravio fiscale dei beni ecclesiastici.
Si fa riferimento alla località "Penti[, nelle] pertinenze di Lasino".
Il documento misura 34 x 42 cm.
Accordo a seguito di un contenzioso per degli alberi sul confine tra le due proprietà al Dosso dei sassi di Sarche; il pagamento è in corone.
Il documento misura 33.5 x 20.5 cm.
Fra i tanti scatti realizzati a questa processione, sulla salitella dell'antico nucleo abitativo dei "Caschi", ne abbiamo selezionati alcuni che possono mostrare come era costituita la lunga processione.
Davanti vediamo i bambini ed a seguire gli uomini; fra loro vestono una tunica rossa i portatori del gonfalone, della croce e di due diverse coppie di lanterne, una coppia semplice in apertura e una coppia sormontata dalla raffigurazione dell'ostia in chiusura.
Li seguono le bambine e la statua della Madonna della Pace portata dai giovani della confraternita del Santissimo con le tuniche bianche e mantellina azzurra.
Chiudono la processione i parroci e le donne che portano altre due croci e i ceri. Un gruppo di donne porta il velo nero.
In archivio abbiamo la foto anche di un'altra processione, più solenne, mentre sfila ai piedi dei "Crozzòi":
Il 2 maggio 1945 la seconda guerra mondiale terminò ufficialmente in Italia. La paura venne mantenuta viva prima dai reparti tedeschi in ritirata e poi dalla presenza consistente delle loro armi: cannoni, mitraglie, casse piene di munizioni, custodite dai soldati acquartierati a Vezzano, questa volta italiani.
Armi e soldati che le avrebbero portate via erano però anche i simboli della fine dell'orrore, la guerra era davvero finita e con trepidazione si guardava al futuro.
Tra i civili e militari c'era anche euforia e voglia di normalità, condivisione di esperienze passate e sogni futuri; qui alcuni scatti che uniscono appunto civili e militari.
Sono qui riuniti due documenti tra loro collegati che documentano come in un testamento venissero stabilite le modalità del funerale e delle messe in suffragio del deceduto, oltre che la successione dei beni.
È documentata la tradizionale distribuzione del sale alle famiglie partecipanti, riportando la vecchia definizione di famiglia "fumante", ossia famiglia patriarcale convivente sotto lo stesso tetto.
Riguardo la successione ed il diverso trattamento riservato a uomini e donne si rimanda alla lettura dei documenti, trascritti integralmente per una più rapida prima lettura.
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Trascrizione dei documenti:
Copia del testamento di Giabatista Bassetti
Nella Canonica di S. Massenza 24/7/1855
Giovanni Battista Bassetti di S. Massenza in istato di mente sana e d'intelletto alla presenza degli infrascritti chiamati e presenti quai testimoni ebbe a dichiarare la sua ultima volontà pel caso di morte nel modo seguente:
Ordino che il mio corpo venghi accompagnato alla tumulazione da quattro reverendi sacerdoti, dai prossimi miei parenti e da una persona di ciascheduna famiglia di S. Massenza colla distribuzione di libre tre di sale per ciascheduna fumante in S. Massenza.
Ordino che i miei eredi facciano celebrare dal Rev.do Sacerdote locale soliti uffici del se.so(?) ed anniversario e s. messe N 30 sieno celebrate infallantemente entro l'anno della mia morte in suffragio dell'anima mia. Istituisco in miei eredi universali i due miei figlioli cioè Claudio e Vincenzo.
Lascio la porzione legittima della mia facoltà alle due mie figlie che sono Rosa e Margherita. Restando a me superstite mia moglie Teresa ordino i miei due figli Claudio e Vincenzo paghino cadauno fiorini abusivi 10 per ogni anno sino che ella vive cioè in tutti e due annui fiorini abusivi plateali 20 però colla condizione espressa e chiara che essa resti in istato vedovile e non altrimenti.
Lascio inoltre da godere vita sua durante a mia moglie Teresa la camera di mia casa che è sopra gli orti e la cucina in comunione possa goderla cogli anzidetti eredi, e qualora non volesse essa abitare cogli eredi nella mia casa e si determinasse di abbandonargli per recarsi ad abitare altrove non potrà avere nessuna pretesa rapporto a ciò ma perderà il diritto della qui nominata camera e cucina.
Preletto innanzi al testatore Battista Bassetti et ai chiamati testimoni colla dichiarazione del testatore essere questo scritto la precisa volontà ponendo esso testatore la sua firma col segno di croce venne esso scritto come sotto ultimato
X segno di croce di Giovanni Battista testatore.
Chierico Polli Celestino ho viduto Giovanni Battista Bassetti a fare il segno di croce in confirma che lo scritto che segnava comprendeva la ultima sua volontà e dichiaro d'aver sentito a leggere al medesimo questa carta e d'avere rilevato io stesso i singoli vocaboli mentre al testatore venivano letti, desso punto per punto gli dichiarava di sua volontà.
Giovanni Bassetti testimonio come sopra
Prete Bassetti Francesco pregato scrissi e sono testimonio come sopra.
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Codicillo
L' illeterato Giovanni Battista Bassetti di S. Massenza fece alla presenza di noi sottoscritti testimoni il seguente codicillo al suo già fatto testamento dei 24 luglio 1855 e dichiarò quanto segue:
Espose che alla propria figliola Rosa, ora Maestra di Scuola in S. Massenza, lascia a titolo di legato, a godere assieme alla propria Madre, la camera e la cucina come espresso nel suo testamento per la propria moglie sola, sul riflesso che detta camera e cucina sono più che sufficienti per ambedue, e che la figlia potrebbe anche essere di necessità per assistere la vecchia Madre e che la madre non possa opporsi a ricevere in tai locali la detta Rosa restando in stato vedovile sia l'una che l'altra e inoltre che siano decadute da tal diritto tanto la propria moglie come la figlia passando a matrimonio e senza poter pretendere indennizzo.
Tale abitazione, dovranno essere Madre e figlia abbandonata dopo due anni dalla morte del testatore, perché vuole che i propri figli eredi debbano fargliene un'altra con tutte le sue comodità ed almeno di eguale grandezza, e questa verrà fatta sopra il Beneficio a fronte di Vincenzo Bassetti e tal godimento di stanza e cucina continuerà a vita, lasciando anche libertà agli eredi di fare alle stesse separata cucina, se si sentono in caso dopo la morte d'ambedue, o dopo il matrimoni, tai locali sieno dei suoi eredi in eguali porzioni.
Esse avranno libero il passo e l’uso di questi locali dì e notte e diritto di collocarsi la necessaria legna, dove sarà d’incomodo agli eredi.
Dichiarò inoltre che l'alimento che i propri figli eredi debbono pagare ogni anno alla propria moglie, dopo la morte sua del testatore di F.ni 20 in cumulo; debba passare alla figlia Rosa, subito dopo la morte della vedova e tale importo di F.ni 20 la figlia Rosa continuerà a percepirlo ogni anno finché è nubile e dire maritandosi sia decaduta da tale diritto che il suesposto sia la precisa sua dichiarazione e precisa volontà siamo pronti anche a confermarlo col giuramento alla bisogna.
Padergnone ai 16 Settembre 1859 nove.
Pedrotti Francesco testimonio
Pedrotti Pietro testimonio
Prete Giorgio fui pregato scrissi e fui testimonio come sopra
Il rasoio è della marca "R. Torrey razor Co.", modello "The Artist" (v. foto di dettaglio); ha il manico in bachelite, un materiale "antenato" della plastica. La coramella consiste in una correggia di cuoio montata su un supporto in legno, serviva per affilare la lama.
Oggetti appartenuti al Capitano