La fotografia ritrae una donna con un cesto di vimini e un ramo d'uva appena raccolta.
Nella descrizione dell'ingrandimento in formato 30x40 cm, scansionato in questa occasione, appare la seguente frase: "Festa dell'Uva".
La donna fotografata potrebbe essere Armida Dorigatti.
Cartellone realizzato dai bambini della classe prima primaria di Vezzano in collaborazione con Ecomuseo della Valle dei Laghi nel 2019 per la mostra "Animali e cereali nel progetto memoria". Presenta la lavorazione dell'orzo dal raccolto ai diversi utilizzi.
Cartellone tubolare realizzato dai bambini della classe prima primaria di Vezzano in collaborazione con Ecomuseo della Valle dei Laghi nel 2019 per la mostra "Animali e cereali nel progetto memoria". Presenta la lavorazione del granoturco e i vari utilizzi delle sue parti basandosi sui racconti dei nonni, gli strumenti di lavoro, le uscite sul territorio, la visone di filmati.
Cartellone realizzato dai bambini della classe prima primaria di Vezzano in collaborazione con Ecomuseo della Valle dei Laghi nel 2019 per la mostra "Animali e cereali nel progetto memoria". Classifica i cereali presentandone la pianta, i semi e gli utilizzi.
Cartellone realizzato dai bambini della classe prima primaria di Vezzano in collaborazione con Ecomuseo della Valle dei Laghi nel 2019 per la mostra "Animali e cereali nel progetto memoria".
Roberto Pedrotti ci porta a scoprire quel che rimane dei "brozzadóri" di Cavedine, luoghi in cui il carro a due ruote che scendeva dalla montagna veniva trasformato in carro a quattro ruote per proseguire il viaggio in paese. Sono luoghi abbandonati in cui la natura sta prendendo il sopravvento anche laddove l'uomo non ha già distrutto, ma permettono comunque di capire il loro funzionamento di un tempo.
Antonia Zuccatti, classe 1931, ci racconta la sua esperienza di bambina e giovane donna nell'allevamento dei bachi da seta ("cavaléri") fino alla vendita dei bozzoli ("galéte"), utilizzando anche termini dialettali specifici, citando le località (Ronc, Sorac, Gèra) dove andava a raccogliere le foglie di gelso ("morar") per alimentarli, descrivendo la fatica ed i sacrifici che dovevano affrontare.
Descrive poi le altre fonti di sostentamento e di reddito provenienti dalle coltivazioni di viti, patate, frumento, granoturco, dall'allevamento di mucche, vitelli, capre, galline e conigli, accennando all'attività lavorativa del marito Angelo in malga.
In fondo alla scheda si può accedere ai termini dialettali che Antonia ha utilizzato e che sono inserti nel glossario di questo archivio.
Il lavoro svolto un tempo nei campi e la fienagione vengono qui descritti dai nonni intervenuti in classe prima della scuola primaria di Vezzano all'interno del progetto memoria svolto con Ecomuseo.
Capestro per due buoi con cavicchio in ferro collegato all'anello del capestro da una catena. Tutto il resto è in cuoio. L'anello in corda di cuoio intrecciata è rinforzato da un rivestimento in cuoio.
La fotografia ritrae i coniugi Bruno e Alda Bassetti, originari di Santa Massenza, nel 1953, davanti a un'esposizione di vino santo.
Grazie alla targhetta posta in alto, che riporta il nome: "Salvetta Dario Sarche", sappiamo che si trattava dell'azienda agricola vinicola fondata a Sarche proprio da Dario Salvetta negli anni '30 del 1900 e tutt'ora produttiva.
Arrivati sotto casa col carro carico di fieno, questo ferro, chiamato anche "ranĉ", era lo strumento col quale più rapidamente lo si portava in soffitta.
Esso era collegato, tramite il suo anello, al gancio della corda ("soga") inserita nella carrucola posta sul tetto appena fuori dal "bochér". Un uomo lavorava sul carro ed un altro, o una donna, o un ragazzo, stavano sulla soffitta.
Il ferro, come fossero due braccia, veniva aperto, schiacciato sul mucchio di fieno e chiuso in modo che tenesse fra i due lunghi uncini quanto più fieno il contadino era in grado di sollevare. A quel punto tirava su il fieno con la corda fino all'imbocco dell'apertura sulla soffitta ("bochér"). Chi era sopra lo tirava dentro, apriva il ferro liberando il fieno e faceva ridiscendere il ferro. Mentre chi era sotto preparava un altro carico e lo tirava su, chi era sopra con la forca spostava il fieno all'interno della soffitta per posizionarlo al suo posto.
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Ranĉ può avere anche altro significato:
Questa bigoncia ha una capacità di 50 litri segnata dalla presenza di un "bròca" all'interno.
Per il trasporto a spalla è munita di due corde rivestite di stoffa.
Recipiente stretto in basso e più largo in alto, formato da doghe di legno tenute insieme da lamine di ferro, munito di cinghie per poterlo portare sulle spalle.
Serve per il trasporto di liquidi, in principal modo vino e mosto.