Lapide di Pietro Catoni

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Titolo
Lapide di Pietro Catoni
Autore della fotografia
Data della fotografia
14 agosto 2022
Licenza d'uso
CC BY
Nome
Lapide di Pietro Catoni
Descrizione
Si trova sul Monte Gazza.
La sua posizione originaria era in fondo ad una proprietà sulla strada che sale dalla bocca di San Giovanni in direzione Paganella, appena superato il “Doss Padergnon”, al bivio che porta verso le coste e la brozara per Cancanù.
Nell’estate 2022 era ormai quasi completamente nascosta dalla vegetazione e praticamente illeggibile, quando i proprietari hanno deciso di rimuoverla, ripulirla, posizionarla poco più in basso (bivio precedente in direzione passo di San Giovanni) accanto alla baita che usano nella valle di San Giovanni, così da tenerla curata e darle maggiore dignità.
Ora la scritta è perfettamente leggibile: “Pietro Catoni fu colpito li 19 agosto 1836 dal cholera. Sua moglie fece fare per memoria”.
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Chi era Pietro?
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Pietro Cattoni nacque a Ciago nel 1799. Nel 1823 sposò Margherita Santoni di Sarche ed ebbero 6 figli tra il 1824 e il 1835.
Era quindi un giovane papà di soli 37 anni quando il colera se lo portò via.
Per gli abitanti di Ciago può essere curioso scoprire anche chi sono i suoi discendenti, eccoci dunque a fare una ricostruzione genealogica grazie al lavoro certosino fatto da Ettore Parisi. Tra i nipoti diretti di Pietro c’era Luigi (figlio di suo figlio Antonio) che ha sposato sua cugina Margherita (figlia del suo ultimogenito Felice Fortunato) e che sono stati gli ultimi mugnai del mulino in cima al paese. Altra figlia di Felice Fortunato era Natalia, che ha sposato Albino Margoni ed abitavano in via al Belvedere 13, ora dei loro discendenti. Nella casa accanto viveva Isidoro, ricordato per la sua longevità (103 anni), figlio di Baldassare, che era fratello di Pietro e padre di Nicolò, ultimo Cattoni proprietario del terreno in cui era posta la lapide.
Queste le schede collegate:
Famiglia Cattoni
Mulino Cattoni
102° compleanno
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L’epidemia di colera del 1836
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Corre l’obbligo ricordare che nell’estate del 1836 in Trentino il colera causò 5748 vittime e qualche centinaio furono i morti anche in Valle dei Laghi. Il colera è un'infezione acuta dell'intestino, che si manifesta improvvisamente con diarrea e vomito provocando disidratazione e un tempo facilmente anche la morte; come altre malattie può essere anche asintomatica ed essere quindi inconsapevolmente diffusa.
Questa terribile epidemia fu portata qui dai “pelarini”, i lavoratori stagionali che si recavano annualmente nel bresciano e nel veronese a sfrondare gelsi nel periodo della bachicoltura, dai mugnai che andavano al porto di Riva ad acquistare la farina e dai viandanti che venivano dal Lombardo-Veneto.
Per seppellire i numerosi morti vennero costruiti nuovi cimiteri ad almeno “cento passi dal paese” per evitare contagi. A Calavino ne venne costruito uno provvisorio in località “Roma”, presso la ”Fonte del Rifrè” riservato ad inumare i morti di colera (32) e poi abbandonato, così come quello di Cavedine che venne costruito nell’area della demolita chiesa di Santo Stefano presso la piazzetta di Mustè a settentrione della parrocchiale (i morti in quella parrocchia furono 140); Sarche, coi suoi 7 morti, ebbe il suo cimitero; a Stravino 20 morti in meno di un mese vennero sepolti nel campo “alla Crosetta” che diventò più tardi il nuovo cimitero.
Nel frattempo si invocò l’intercessione divina con la costruzione di capitelli e croci votive, sorsero così il capitello di San Rocco a Ciago, il capitello del colera tra Lon e Fraveggio a testimonianza che queste due comunità furono risparmiate dall’epidemia, la croce in pietra a Ranzo all’incrocio tra via del Dossèl e via del Somadòs, il capitello di San Rocco in via Borgo a Vezzano, il capitello dalle 4 facce a Sarche sulla via Longa, proprio di fronte all’attuale cantina sociale, il capitello di San Rocco a Stravino, il capitello di San Lorenzo a Cavedine, la cappella di San Rocco a Brusino. Vennero pure restaurati il Capitello “del Mas” a Calavino e il capitello della pietà a Stravino.
Inseriamo qui il collegamento ai due luoghi citati più vicini geograficamente, vi invitiamo a ricercare gli altri se di vostro interesse.
Capitello di San Rocco a Ciago
Capitello del colera a Lon
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Conclusione
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Quella lapide ci porta a pensare a questo giovane padre Pietro prematuramente scomparso, a sua moglie Margherita che ha voluto ricordarcelo ed ha cresciuto i sui bimbi senza un marito, all’epidemia di colera del 1836, all’emigrazione stagionale e alla bachicoltura, al Monte Gazza.
Pietro potrebbe essere stato uno dei tanti “pelarini”, che rientrato dal suo lavoro stagionale è andato in Gazza ad occuparsi della fienagione dei suoi prati, o ci è andato in quarantena preventiva nel timore di portare in famiglia quel morbo che imperversava dai luoghi che aveva lasciato, o chissà come lui era stato infettato; fatto sta che il suo isolamento dal resto della famiglia ha salvato i sui famigliari, nessuno dei quali è morto quell’anno.
Materiale
pietra
Data di creazione
19 agosto 1836
Livello di precisione della collocazione geografica
Collocazione precisa

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