Si trova in campagna a Sud del paese di Vezzano ed è dedicata a San Valentino. Secondo la tradizione, dove si trova la chiesetta in agro, verso la fine del IX secolo è sorta un’edicola per onorare le reliquie di San Valentino, come testimonierebbe un tegolone iscritto che ricorda, per l’appunto, la presenza delle reliquie di San Valentino e Parentino e data l’evento all’860.
Si tramanda che fin da allora i pellegrini arrivavano da tutte le parti del Trentino.
Nel 1496 il pievano di Calavino, don Paolo Crotti, promosse la costruzione della chiesetta di San Valentino in Agro, con accanto una piccola sacrestia elevata sopra i resti dell’antica cappella.
Attraverso i secoli la Chiesa è stata soggetta al passare del tempo ed ha subito varie ristrutturazioni importanti tra cui quelle del 1800.
Dell'antica chiesetta rimane solo l'affresco in lunette sopra il portone nel quale si vedono la Madonna col Bambino ed ai lati San Valentino e Parentino.
Un tempo la chiesetta custodiva una quantità di ex voto che purtroppo sono stati quasi tutti rubati.
All'interno rimane solamente l'altare maggiore che conserva al suo interno una terracotta dipinta della prima metà del XVII secolo arricchita da statue di gesso di una Madonna con Bambino, tra San Valentino e San Parentino. Ai lati invece troviamo San Vigilio e Santa Massenza e due Ermes angeliche che sorreggono un crocifisso tra due santi vescovi.
Alla prima domenica di settembre dal 1945 San Valentino viene portato dalla chiesa parrocchiale a questa in campagna per commemorare il voto fatto al santo e qui riportato:
Queste foto sono state scattate alla cerimonia di commemorazione del voto di San Valentino, che dal 1945 si celebra ogni anno la prima domenica di settembre a Vezzano.
Si vede San Valentino che lascia la chiesa seguito da un grande gonfalone. La confraternita che porta il santo veste una tunica bianca con lunga cintura rossa annodata in vita e mantellina rossa. Bandierine triangolari bianche e rosse ravvivano sia la piazza centrale che piazza Perli. Un copriletto ed un coperta sono stesi ai balconi, usanza molto praticata in passato per abbellire le case in queste occasioni. Alla processione partecipano, oltre i numerosi fedeli, la banda, gli alpini e i carabinieri.
In piazza centrale si notano le insegne dell'albergo Stella d'oro e del bar accanto alla fontana monumentale, lavori in corso sull'edificio al lato opposto della piazza che potrebbero permettere una datazione più precisa delle foto, le insegne della cassa rurale e di una edicola sul lato lungo via Roma, la vecchia illuminazione pubblica, i cavi aerei della corrente con i bracci di sostegno delle linee elettriche muniti di isolatori in ceramica.
La costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Cavedine iniziò nel 1776, benedetta nel 1783 e consacrata ufficialmente solamente nel 1812. Si tratta di un edificio riccamente decorato ed affrescato.
L’interno (a navata unica) con brevi cappelle laterali è adornato da: marmi carraresi, capitelli corinzi, un coro intarsiato, affreschi e da una struttura architettonica che sovrasta il magnifico altare maggiore. Sono presenti anche quattro altari laterali, posti nelle rispettive cappelle, dedicati ai santi martiri Lorenzo, Stefano, san Giovanni, Madonna del Rosario, san Giuseppe e Madonna Addolorata.
In alto, sulla prima volta, è raffigurata la 'Cacciata dei Profanatori dal Tempio', mentre sulla seconda volta si scorge 'l’Incoronazione di Maria in Cielo', realizzata dal pittore Francesco Rovisi di Moena. Quest'ultimo è anche autore degli affreschi raffiguranti la 'Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci' ed il 'Martirio di Santo Stefano nel Presbiterio' e 'l’Ascesa di Maria Assunta nella lunetta absidale'.
La nicchia marmorea, che ospita il fonte battesimale, è abbellita dall'affresco del 'Battesimo di Gesù' ad opera di Giacomo Antonio Pellegrini.
All'esterno il campanile custodisce sei campane unite al cosiddetto "Campanò" : una sorta di tastiera che, collegata con dei fili di ferro alle cinque campane, riproduce il suono delle cinque note musicali: Do, Re, Mi, Fa e Sol. Invece la sesta campana è chiamata 'l’Agonia' ed è destinata all'annuncio dei lutti paesani.
Bibliografia
L'antica chiesa di Brusino sorge nella parte bassa del paese e la struttura architettonica fa pensare ad un origine medievale.
Non abbiamo notizie certe sulla data di costruzione ma è menzionata per la prima volta negli Atti Visitali del 1537 e la sua consacrazione è registrata in data 18 ottobre 1539. Era allora dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano.
Nel 1575, dopo le numerosi morti per peste fu aggiunto come protettore San Rocco; la devozione particolare a questo santo ha fatto si che sia chiamata semplicemente chiesa di San Rocco.
La facciata principale, a doppio spiovente, è suddivisa da cornici, ha un portale in pietra rossa orato da motivi floreali datato 1629, un frontone ricurvo.
L'interno si presenta con una navata centrale e due piccole navate laterali.
Il campanile, in stile romanico, si trova a fianco del presbiterio sul lato Sud e risale al periodo 1620-1644. Ha una cella campanaria a bifore ed il quadrante dell'orologio con un'unica lancetta. Dello stesso periodo è la costruzione della cappella a settentrione dedicata ai santi Carlo e Romedio. Successivamente vi sono poi stati aggiunti la cappella a Sud, la sacrestia, un ripostiglio, l'abside col coro.
Con la consacrazione della nuova chiesa nel 1954, questa è stata abbandonata divenendo un semplice deposito agricolo. Nel 1977 è stato poi effettuato un primo restauro ed uno più consistente nel 1998/99 che ne ha permesso la riapertura al culto.
Il 16 settembre 2001 è stata posta nella nicchia dietro l'altare maggiore la statua della Madonna Addolorata realizzata da Giuseppe Moroder nel 1903 (copia della scultura presente nel Duomo di Trento) ed in suo onore fu dedicata la chiesa (a tutt'oggi però nessun documento ufficiale identifica questa chiesa con tale nome).
La solenne inaugurazione risale al 26 settembre 2004.
Fonte: pag. 415-417 di
Posta a fianco della testiera del letto conteneva l’acqua santa. Prima di coricarsi e al momento di alzarsi era usanza cristiana farsi il segno della croce utilizzando l’acqua santa contenuta nella piletta. L’acqua era benedetta il Sabato Santo e conservata gelosamente in una bottiglietta. Di volta in volta questa si introduceva nella conchiglia formante la piletta. Le pilette erano di fattura molto aggraziate, sulla parte superiore, piatta, riportavano decori a smalto o in bassorilievo riproducenti immagini sacre. Un forellino permetteva di attaccarle alla parete.
Nelle abitazioni di una volta si potevano trovare diverse immagini sacre:
- l’immagine del Sacro Cuore molto venerato e collocato sopra il desco (prima di sedersi e mangiare rivolti all’immagine c’era un momento di raccoglimento per ringraziare)
– l’immagine di San Gaetano che si pregava per la divina provvidenza
– l’immagine della Madonna o della Sacra Famiglia, quadro che era posto sopra la testiera del letto
- l’immagine di Sant'Antonio abate (patrono del bestiame) inchiodata sulla porta della stalla.
Anche gli artigiani, nelle loro botteghe, possedevano l’immagine del loro santo protettore, come ad esempio San Giuseppe per i falegnami, S. Crispino per i calzolai, ecc…
Con il termine santino si fa riferimento ad un’immaginetta cartacea raffigurante l’icona di un santo o di una santa (in questo caso S. Antonio da Padova). Erano conservati nel messale o nel libretto delle Massime Eterne.
Più che un ricordo dell’anno Santo 1950 era un segno devozionale conservare un po’ di terra proveniente da Roma (la città del papa). Pochi erano coloro che potevano permettersi, anche negli anni ‘ 50 un viaggio a Roma, pertanto la persona che effettuava il viaggio, portava a casa una memoria tangibile quale poteva essere anche un po’ di terra.
Con il termine santino si fa riferimento ad un’immaginetta cartacea raffigurante l’icona di un santo o di una santa. Erano conservati nel messale o nel libretto delle Massime Eterne. Un santino era dato a tutti i partecipanti alle funzioni celebrate dal missionario che eseguiva l’omelia oppure in occasione della comunione pasquale. Il santino era predisposto anche dai sacerdoti per la celebrazione della loro prima S.Messa o anniversari vari. I "santini da mort" erano tutti rigorosamente in nero riportanti alcuni dati del de cuius con rispettiva foto. Il frate “dala cerca” (frate francescano che passava per i paese chiedendo elemosina ma anche prodotti della terra) ogni volta che riceveva una derrata in cambio donava al più piccolo della famiglia un santino.
Quelli che incontriamo lungo il sentiero nel bosco che da Vezzano porta a Padergnone, sono i ruderi di un’antichissima chiesetta.
Dedicata a San Martino di Tours, nota anche come chiesa “de Pramerlo” (denominazione poco chiara, un’ipotesi è che faccia riferimento a “prato Merlo” o “prete merlo”).
Posta a 493 m di altitudine vanta una visuale che domina quasi interamente la Valle dei Laghi e la Valle di Cavedine.
Quello si trova oggi dell’antica chiesa sono sono alcuni resti e muri perimetrali.
Costruita prima del XIII secolo, fu abbandonata, poi ricostruita e riconsacrata nel 1574. Restaurata nel 1653 è poi stata gravemente danneggiata durante la guerra di successione spagnola del 1703 e nel 1819 ne fu decisa la demolizione trasferendo nella chiesetta di San Valentino in agro la Mensa dell’Altare e la Pala del Santo.
Ora non rimangono che i ruderi.
Curioso come nel 1756 chiesa e piazzale adiacente vennero assegnate ai "Borghesani" di Vezzano, pur essendo sul territorio di Padergnone; disputa del passato visto che ora entrambi i paesi fanno parte dello stesso comune di Vallelaghi.
Bibliografia
- D. Mussi, I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
- Maccabelli Silvano, “Lìmes Làcus. Viaggio nei toponimi padergnonesi. Atlante dei nomi di luogo”, Comune di Padergnone, 2008
- Maccabelli Silvano, “Dalle pietre del fulmine alla festa dei caschi: attualità e storia nell'area padergnonese”, Comune di Padergnone, 2010
- Lucia Grazioli, “Padergnone”, Comune di Padergnone, 1994
Risale al 1747, come inciso nel concio dell'entrata posteriore, e fu costruita dalla famiglia di Giuseppe Schreck. Dal 1855 è proprietà del Comune.
Da qui partivano e arrivavano le processioni per la cerimonia delle Quarant'ore che si tenevano dapprima nella Settimana Santa e dalla seconda metà dell'800 negli ultimi 3 giorni di carnevale.
Venne restaurata nel 1997 e nel 2002.
La pala dell'altare maggiore raffigura la Santissima Trinità e i santi capeggiati da San Simonino, santo a cui era particolarmente devota la famiglia Schreck. Alle pareti sono appese tre tele settecentesche che raffigurano San Vincenzo Ferrer, il Beato Vescovo Adalpreto e una Crocifissione con Maria e San Giovanni.
Sul lato a settentrione è possibile notare ancora oggi sul concio di volta dell'arco d'entrata la sigla "IHS 1747", data di costruzione.
Bibliografia:
D. Mussi, “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
Nel paese di Fraveggio, sono presenti dei piccoli segni sacri, affrescati sulle pareti di abitazioni private.
Sull'abitazione davanti alla chiesa si trova l'affresco della Madonna Addolorata. Ormai molto sbiadito e cancellato. Raffigura la Madonna Addolorata con una spada nel cuore vicino alla quale si intravede la sagoma di un santo. Era stato dipinto come ex voto durante l'epidemia di peste che aveva colpito la zona.
Si intravede la scritta sul fondo che permette di datare l'opera: "Anno 1715".
Bibliografia:
Sulla facciata del civico 11 di Via san Rocco, di fronte alla strada che porta alla nuova chiesa, c'è un importante affresco, di circa 180 x 200 cm, realizzato nel 1780 e firmato Valentino Rovisi (1715-1783), nato e cresciuto sotto l’influenza di Giambattista Tiepolo. Nella nicchia è rappresentata la Madonna del Carmine con Gesù Bambino e la colomba simbolo dello Spirito Santo. All'esterno ci sono Dio che sorregge il mondo, Sant'Antonio e San Luigi.
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Bibliografia:
Opera d'arte moderna del "Parco d'Arte Lusan" realizzata da Ionel Alexandrescu (Romania residente a Torino) e così descritta nella relativa tabella illustrativa: "L’opera, alleggerita dal peso della materia, richiama le acque cristalline dei laghi presenti in zona, con la possibilità di rispecchiarsi al loro interno. La scultura, composta da giochi di volume principalmente orizzontali, in un contrasto armonioso tra pieni e vuoti, è fuori dall’anatomia artistica più classica; tutto il corpo della figura umana si sta muovendo nell’energia dell’acqua che rappresenta la vita."
È dedicata ai laghi di Vallelaghi: Santo, Lamar, Terlago, Santa Massenza. Maggiori informazioni sulla tabella illustrativa.
Si trova sul Monte Gazza.
La sua posizione originaria era in fondo ad una proprietà sulla strada che sale dalla bocca di San Giovanni in direzione Paganella, appena superato il “Doss Padergnon”, al bivio che porta verso le coste e la brozara per Cancanù.
Nell’estate 2022 era ormai quasi completamente nascosta dalla vegetazione e praticamente illeggibile, quando i proprietari hanno deciso di rimuoverla, ripulirla, posizionarla poco più in basso (bivio precedente in direzione passo di San Giovanni) accanto alla baita che usano nella valle di San Giovanni, così da tenerla curata e darle maggiore dignità.
Ora la scritta è perfettamente leggibile: “Pietro Catoni fu colpito li 19 agosto 1836 dal cholera. Sua moglie fece fare per memoria”.
Quaderno senza copertina con pagine rovinate dall'acqua, ma contiene molti testi datati che ben descrivono la vita che si svolgeva a Stravino negli anni 50' visti da una bambina di 11-12 anni (classe 1941).
Questi i contenuti delle pagine scansionate:
1.12 - Il mio primo castigo
L'incendio del nostro piccolo paese
S'avvicina il Santo Natale
26.12 - Il giorno del S. Natale
31.12 - È l'ultimo giorno dell'anno
1.1. - L'anno nuovo 1953
8.1 - Il presepio
- Diario [spavento]
3.2 - Diario [letture]
5.2 - Tempo di carnevale e maschere
Diario [venerazione alla Madonna]
Diario [carnevale]
Diario [spettacolo]
6.3 - Diario [cane e gatto]
La pulizia della casa
Come faccio il bucato
Maria nel raccontare alla figlia il freddo che fa e la pazienza che ci vuole nell'attesa che l'inverno passi scrive: "Il proverbio dice che l'inverno non lo hanno mai mangiato i lupi".
Non manca una importante raccomandazione: "Fatevi anche voi un po' di compagnia e vogliatevi bene, che non abbiamo altro noi, che volerci bene tutti."
La sua fede comprende ogni momento della vita; parlando delle nipoti scrive: " Pregherò lo S. Santo che le illumini e che sieno diligenti nei loro compiti, perché mi parevano un po' svogliate nel farli."
Racconta di aver ricevuto soldi dalla figlia e dal nipote emigrati in Svizzera ed avere così la possibilità di pagare "da bere quello che vi piace" sottolineando che "È proprio vero che, mentre noi dormiamo, la Providenza veglia, se in Lei si confida: Intendiamo bene: Non mica per questo stare con le mani in mano, quello che si può fare si deve farlo."
Usa poi un modo di dire per rivolgersi alle bambine nel concludere: "quando verrò peri e pomi gli porterò" e spiritosamente si firma "Nonna brontolona".
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa prima scultura: "Il borgo di Margone viene attraversato dal sentiero di "San Vili", l'itinerario che ripercorre i passi di San Vigilio, terzo vescovo di Trento, martire e Santo della Chiesa Cattolica, che da Trento attraversa il Soprassasso ed il Banale fino a Madonna di Campiglio."
La tradizione vuole che San Vigilio, vescovo di Trento alla fine del quarto secolo, sia passato da qui per andare a svolgere la sua opera di evangelizzazione da Trento in Val Rendena dove venne ucciso. Il sentiero di "San Vili" ricorda questo suo peregrinare.
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 1 e la si può ammirare insieme alle altre:
In cima al colle del paese, dove c'è la piazza, si trova la chiesa curaziale di San Lorenzo.
Ne abbiamo testimonianze a partire dal 1491. Costruita dove probabilmente sorgeva un'antica torre di avvistamento romana, poi trasformata in campanile, viene affiancata nel 1300 dal primo edificio di culto, una chiesetta. Dal 1739 fu eretta a curazia e dedicata a San Lorenzo.
Nel 1866, ormai troppo piccola per la popolazione del tempo, viene abbattuta e ricostruita nella forma attuale. Venne consacrata il 9 settembre 1877.
Costituita da un'ampia navata, al suo interno si trova l'affresco del 1946 di 'Gesù in cielo che consegna le chiavi del Paradiso a san Pietro' ad opera di Vittorio Bertoldi, una pala ottocentesca di 'Santo Stefano Protomartire' di autore sconosciuto, mentre il soffitto è decorato con 4 grandi medaglioni raffiguranti i 4 evangelisti. Ai lati invece i quadri della 'Via Crucis' e una tela del 'Battesimo di Gesù compiuta da San Giovanni Battista' di pittore sconosciuto.
All'esterno è affissa una lapide in marmo che reca incisi i nomi dei caduti nella due guerre mondiali.
Bibliografia:
L'intervista alla signora Amelia è stata fatta su invito di Carlo, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Come si vede dall'indice, molte sono le ricorrenze raccontate con trasporto da Amelia, classe 1940.
A parte riportiamo anche il suo racconto sul lavoro stagionale che faceva alla "fabbrica delle noci":
L'intervista alla signora Gemma è stata fatta su invito di Gaia, una delle bambine coinvolte nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Gemma, classe 1939, nel raccontare le esperienze legate al calendario si è soffermata anche a narrare episodi della sua vita di bambina: qualche marachella, gli interventi educativi del papà e della maestra, ...
Alla visione del video assemblato ha poi voluto aggiungere ancora qualche ricordo.
Come di consueto, in fondo alla scheda trovate i termini dialettali utilizzati da Gemma ed inseriti nel nostro glossario; se non capite qualche altra parola provate ad utilizzare la ricerca libera, se avete richieste o precisazioni da fare non esitate a contattarci.
Detta anche al/di Corgnon/Cornion, dalla località ove è posta o anche di San Mauro. Posta sul colle Frassené sulla via di comunicazione tra Calavino, i monti e il piano del Sarca, è di costruzione antica. Tra il 1528 e il 1540 venne utilizzata al posto della parrocchiale mentre la si ristrutturava. Fu rifabbricata nel 1599 per volontà di Ludovico e Carlo Gaudenzio Madruzzo, principi vescovi di Trento. È dedicata ai Santi Vescovi Grato e Giocondo e al Santo Martire Mauro, principale titolare, protettori delle campagne.
Il campanile risale al 1657. Nel 1814 venne ricostruita un po' spostata per allontanarla da una pozza d'acqua. Negli anni '50 del 900 venne demolito il pronao posticcio sulla facciata principale che serviva anche da riparo per i contadini sorpresi dalla pioggia. L'ultimo restauro è del 1995.
Capitello in nicchia del tardo cinquecento con una elaborata cornice lapidea, il cui arco di volta è sormontato da un'architrave a più lesine.
Dell'affresco della SS Trinità, restaurato nel 1996, rimane leggibile solo la parte alta con la figura del Signore Gesù, del Dio Padre col simbolo dell'occhio nel triangolo e la colomba con raggi di luce, simbolo dello Spirito Santo.
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Bibliografia: