Il titolo della risorsa è tratto dalla descrizione sul verso della cartolina non viaggiata.
In primo piano un olivo; sullo sfondo Castel Madruzzo.
In riva al lago si nota una zona che sembra coperta da materiali di scavo delle gallerie per la costruenda centrale, non presente prima:
Ingrandimento 20x12,5 cm di una foto appartenente alla famiglia.
Emigrati in visita al paese natio lo trovano stravolto dai lavori per la costruzione della Centrale Idroelettrica di Santa Massenza: il paese è pieno di vita, case e baracche accolgono i numerosi lavoratori, è stata realizzata una una strada camionabile e su ai Gaggi si scava una delle gallerie che entra nella montagna per realizzare la condotta forzata sotterranea che dal Lago di Molveno arriva a Santa Massenza.
Insieme ai familiari sono qui in visita all'entrata di questa galleria: la finestra ai Gaggi.
La chiesetta, dedicata al culto della Madonna di Loreto, è stata costruita nel 1645 dal principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo.
L’interno della chiesa si compone di un’unica navata con una piccola aula a pianta rettangolare, dipinta con un cielo stellato su sfondo bianco ed uno stretto ambulacro voltato, che gira attorno all'aula per tutto il perimetro . All'interno di questo trovano posto due cappelle con altare e pala (aggiunte al principio del XVII secolo).
Sul lato destro è presente una piccola sacrestia, aggiunta in un secondo momento.
Il nucleo centrale, al quale si accede attraverso due porte simmetriche aperte sui fianchi, racchiude la 'Casa di Loreto'. (fedele riproduzione della casa lauretana, riprende le misure, la finestrella con l’inferriata, le decorazioni pittoriche e l'organizzazione degli spazi).
Le pareti dell’aula sono dipinte e da un fondo in finti mattoni emergono in tutta la loro bellezza gli episodi della ,Vita della Madonna'.
L’altare maggiore marmoreo (metà del XVII secolo) custodisce una copia della 'Statua della Madonna di Loreto con Bambin Gesù' nella nicchia centrale.
Le due cappelle sono dedicate a San Thomas Becket (martire anglosassone) ed alla Sacra Famiglia.
Il campanile invece , eretto nel 1749, fu utilizzato da un gruppo di partigiani locali come stazione radio nel corso della Seconda Guerra mondiale.
Queste foto sono state scattate alla cerimonia di commemorazione del voto di San Valentino, che dal 1945 si celebra ogni anno la prima domenica di settembre a Vezzano.
Si vede San Valentino che lascia la chiesa seguito da un grande gonfalone. La confraternita che porta il santo veste una tunica bianca con lunga cintura rossa annodata in vita e mantellina rossa. Bandierine triangolari bianche e rosse ravvivano sia la piazza centrale che piazza Perli. Un copriletto ed un coperta sono stesi ai balconi, usanza molto praticata in passato per abbellire le case in queste occasioni. Alla processione partecipano, oltre i numerosi fedeli, la banda, gli alpini e i carabinieri.
In piazza centrale si notano le insegne dell'albergo Stella d'oro e del bar accanto alla fontana monumentale, lavori in corso sull'edificio al lato opposto della piazza che potrebbero permettere una datazione più precisa delle foto, le insegne della cassa rurale e di una edicola sul lato lungo via Roma, la vecchia illuminazione pubblica, i cavi aerei della corrente con i bracci di sostegno delle linee elettriche muniti di isolatori in ceramica.
Con l’apertura dei Bandi del Gal Trentino centrale nel 2018 si è presentata l’occasione di proporre e condividere l’idea, inizialmente concepita dall’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino della Valle dei Laghi, di poter valorizzare il vecchio appassitoio di Padergnone, da anni in disuso, realizzando una Casa Caveau del Vino Santo. Il Comune di Vallelaghi ha confermato la validità dell’idea anche per la sua valenza sovra comunale. Il fine del progetto è la valorizzazione di una delle tipicità del territorio, unica in Trentino, quella del Vino Santo, ridonando vita a un luogo storico, l'antico appassitoio di Padergnone, attraverso il restauro conservativo, la riconversione, l'allestimento e la messa in rete delle Cantine dei produttori di Vino Santo Trentino attraverso la sentieristica secondaria che percorre le zone dei coltivi.
La frazione di Padergnone, nel Comune di Vallelaghi, oltre ad essere un luogo culturalmente e storicamente importante, è molto famosa specialmente in campo enologico per essere la sede dei Vivai Cooperativi, fondati nel 1910 da Lodovico Pedrini. A Padergnone anche la famiglia Rigotti fa parte di una importante dinastia in campo enologico, da essa sono nati personaggi illustri che hanno lasciato un’impronta in campo enologico, come Rebo Rigotti, genetista e agronomo italiano.
Il progetto: il progetto di fattibilità, redatto dal dott. Marsilli di Albatros S.r.l. , presentato sulla misura 7.6 per l’ottenimento del contributo del Gal Trentino centrale, ha ottenuto un ottimo punteggio, arrivando primo. Il Comune di Vallelaghi si è impegnato a sostenere la spesa non coperta dal contributo, con il sostegno anche della Cassa Rurale. L’affido su appalto del restauro conservativo degli avvolti è andato all’architetto Patton dello studio Faes - Patton.
Il progetto culturale di allestimento per conoscere la storia del Vino Santo Trentino è stato affidato alla dott.ssa Bonomi – Paratolina aRtelier progettuale con la direzione lavori affidata all’arch. Marega dello studio di architettura Matteo Marega.
IL PERCORSO SUL TERRITORIO
La Casa Caveau Vino Santo è un percorso fatto di storia, profumi, sensazioni, immagini e racconti.
Il percorso è esperienziale, lo si può iniziare avendo già visitato le cantine dei Produttori di Vino Santo della Valle dei Laghi, oppure come punto di partenza per la scoperta della storia del Vino Santo Trentino D.O.C. e al termine andando a visitare le cantine dei Produttori. Il percorso parte con una breve e piacevole passeggiata che ti accompagna dal parcheggio del Parco del Lago di Santa Massenza alla Piazzetta del Mercato a Padergnone frazione del Comune di Valle Laghi, dove si trova la Casa Caveau Vino Santo. Lungo il percorso 7 stazioni didattiche, le cui linee moderne rimandano alle vecchie arèle, corredate da pannelli descrittivi, permettono di scoprire le fasi della storia del Vino Santo. Il racconto si conclude dentro la Casa Caveau Vino Santo, con altri pannelli didattici, una linea del tempo, un bellissimo filmato dove il vento, i coltivi di Nosiola e il Vino Santo fanno da protagonisti e un tavolo multimediale con cui interagire per ascoltare i racconti dei Vignaioli Produttori di Vino Santo, ognuno dei quali svelerà qualche aneddoto legato a questo "oro liquido".
La chiesa è posta in zona centrale ed è orientata verso est. La facciata è tripartita con corpo centrale affiancato da salienti laterali. Il portale è architravato. La torre campanaria è posta a sud. L'interno è a tre navate e la zona presbiteriale è rialzata e vi si accede con cinque gradini.
E' presente dal XIII secolo e fu oggetto di arricchimenti nelle decorazioni ad affresco dopo il 1250.
Le pareti della sala furono nuovamente affrescate verso la fine del XV secolo e questo comportò la perdita di parte dei dipinti di epoca anteriore.
Nella seconda metà del XVIII secolo l'edificio venne ristrutturato ed ampliato con un allungamento della sala ottenuto con la trasformazione della navata originale nel nuovo presbiterio. In tale occasione vennero arricchiti gli interni con cornici realizzate in stucco.
Durante il XX secolo all'interno delle cornici a stucco del settecento vennero dipinte opere a tempera e la chiesa venne nuovamente ampliata. Le mura laterali vennero abbattute e ricostruite in modo da ottenere tre navate. Dopo tali lavori venne celebrata la solenne consacrazione, nel 1908.
Venne elevata a dignità parrocchiale nel 1919.
Negli anni ottanta, nel corso di un restauro, fu possibile recuperare parte di superfici affrescate risalenti ai primi tempi dell'edificio su parti murarie originali del XIII secolo.
Gli ultimi interventi di restauro conservativo e di recupero delle antiche decorazioni si sono conclusi nel 2008.
Nel tabernacolo troviamo un affresco raffigurante il 'Padre Eterno,, opera di Valentino Rovisi.
Visuale del Lago di Santa Massenza dell'anno 1958: le due bambine sulla destra guardano alle spalle del fotografo. La visuale prende per intero il Lago di Santa Massenza, dove si vedono vari coltivi e la centrale, oltre all'abitato sulla destra. Si può vedere anche parte della Valle di Cavedine con Castel Madruzzo. Sul retro della fotografia è indicato "piai", località dello scatto da cui passa la vecchia strada che da Fraveggio giunge a Lon.
Il filmato documenta le fasi di realizzazione della linea elettrica costruita per portare energia dalla centrale idroelettrica di S. Massenza in Trentino alla città di Milano. Vengono descritte le fasi di produzione dei tralicci, dei pali e dei cavi d'acciaio che avviene all'interno di officine specializzate, quelle di costruzione e montaggio dei pali elettrici e quelle del collaudo finale delle linee attraverso cui scorre l'energia.
Nella foto è ben visibile la parte del Lago di Santa Massenza interrata a partire dal 1947 in seguito ai lavori di realizzazione della Centrale Idroelettrica. Si vedono le barche nel lago, il molo, la pensione in cui era stato trasformato il palazzo vescovile ad inizio novecento, una parte del paese di Santa Massenza ed in lontananza Fraveggio, Lon e la Paganella.
A cavallo tra gli anni '40 e '50 a servizio della Centrale Idroelettrica di Santa Massenza, in fase di costruzione, è stata scavata la Galleria ai Gaggi, sopra Lon:
Costruito nel 1947 dai minatori impegnati nello scavo delle gallerie sulla strada Lon-Margone, a servizio della Centrale Idroelettrica di Santa Massenza, per venerare la loro Santa protettrice ed averla vicina.
Santa Barbara, secondo il culto, rinchiusa in una torre dal padre è stata martirizzata e poi uccisa dal padre stesso per aver abbracciato la fede cristiana; il suo collegamento ai minatori ed ai vigili del fuoco si deve al fatto che le fiamme accese ai suoi fianchi si spengono subito, mentre il padre, dopo averla uccisa, viene incenerito da un fulmine a ciel sereno.
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Bibliografia:
La Grotta 1100 ai Gaggi venne intercettata casualmente nel 1947 durante i lavori di perforazione dei tunnel che convoglia le acque dei Lago di Molveno alla centrale idroelettrica di S. Massenza. Per accedere alla grotta si deve percorrere per 500 m il traforo dell'Enel, sulla strada per Ranzo in località Gaggi, e quindi si procede per 1100 metri nella condotta forzata. Traversando una porta stagna, si giunge così a questa straordinaria grotta per raggiungere la quale non c'è un accesso naturale. Essa si sviluppa proprio al centro della montagna, sotto il punto di massima elevazione del monte Ranzo (dove l'abbiamo posizionata in mappa), in leggero degrado in direzione del Lago di Molveno. Gli speleologi possono entrarvi, col permesso dell'Enel, solo quando viene svuotato il Lago di Molveno e la condotta forzata è perciò libera dall'acqua; tale occasione si è per ora verificata solo tre volte: nel 1948, 1981, 1992. Quando le occasioni di accesso ad una grotta sono così rare, gli speleologi sfruttano il poco tempo disponibile arrivando a 10/12 ore di permanenza continua in grotta; per ora sono riusciti a perlustrarne circa 2 km, incontrando sale, strettoie, cunicoli, cumuli di frana, torrenti, laghi, cascate, pozzi, sifoni, camini. All'interno della grotta scorre circa un metro cubo di acqua al secondo e non ci è dato di saper dove vada a finire, non si è riscontrata nessuna forma di vita, ma una elevata presenza di sostanza organica.
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Bibliografia:
Questa intervista a Lidia Poli di Santa Massenza, classe 1935, è una di quelle realizzate presso la A.P.S.P. Residenza Valle dei Laghi di Cavedine dai giovani che hanno partecipato al progetto "Videomaker della memoria –“Vot che te la conta o te la diga?”, promosso da Ecomuseo della Valle dei Laghi ed inserito nel Piano Giovani della Comunità della Valle dei Laghi 2023.
Pur essendo un lavoro organizzato e gestito in gruppo, ogni giovane è stato poi artefice principale di una delle interviste della quale risulta perciò autore.
Dopo essersi presentata Lidia parla della sua infanzia a Santa Massenza e dei cambiamenti avvenuti al paese e alla società da allora ad oggi: la vicinanza tra le persone che è andata affievolendosi; il mondo contadino e la produzione delle grappe; il bagno, il pattinaggio e l'albergo sul lago; le case senza acqua; la "festa dei pessati"; la costruzione della centrale idroelettrica.
Dissodamento dei terreni alle Cime per realizzarne vivai per la coltivazione della vite. Le barbatelle prodotte venivano un tempo vendute alle fiere. Esse hanno costituito un volano per l'economia di Padergnone.
Questo terreno verrà poi utilizzato per la costruzione delle case alloggi a servizio della Centrale di Santa Massenza.
L’azione scenica proposta intende rievocare l’episodio primosettecentesco del passaggio delle truppe francesi attraverso il Tirolo storico in direzione della Baviera. In particolare, il tema centrale è rappresentato dalla circostanza storica che vedeva contrapposti, all’interno delle nostre stesse comunità, gli interventisti – che volevano opporsi con le armi al transito delle truppe – e i neutralisti, che invece ritenevano più opportuno astenersi da ogni intervento armato al fine di evitare rappresaglie e vendette da parte dei francesi.
Non vi è più alcuna traccia di questo capitello chiamato di San Vigilio, o di San Valentino, o di San Rocco, situato sul bivio tra l'allora strada imperiale, che univa Vezzano a Santa Massenza e Padergnone, e la via principale che portava alla chiesetta di San Valentino in agro.
Con la costruzione del nuovo tratto della Gardesana 45 bis, che ha tolto il traffico da Vezzano e Padergnone, nel 1970-72 è stato tagliato l'accesso al santuario e abbattuto il capitello, che, nonostante le assicurazione dell'ANAS (Azienda Nazionale Strade), non è più stato ricostruito.
Il maestoso capitello, leggermente sporgente dal muro di un vigneto, era stato realizzato nel 1835 per scongiurare l'epidemia di colera che stava arrivando dal Lombardo-veneto.
Nella nicchia, a destra era raffigurato San Rocco, sulla sinistra un Angelo Custode, sulla pala centrale, a colori vivaci, San Vigilio e san Valentino che venerano la Madonna con Bambino. È stato poi restaurato e consolidato nel 1855 e di nuovo nel 1932.
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Bibliografia:
- pag. 181
Nella registrazione della farina macinata come si evince dai titoli di colonna a pagina 15, il numero davanti indica i "Kili" e quello in fondo indica gli "steri" (staio). Non è chiaro se la prima colonna indichi le entrate di cereali e l'ultima le uscite di farina.
Nella colonna centrale sono invece indicati i nomi, o cognomi o mestieri dei clienti, ma anche zii o zia Pasqua [moglie di Biagio] o zia Nanele, e talvolta è indicato il prodotto.
A capo pagina, o di fianco, trovano posto le date.
Tra i prodotti oltre al frumento notiamo "giala" (farina gialla), segala, orzo, "setila" (macinata sottile), "formenton" (grano saraceno).
Fra i mestieri compaiono "marcanta" (commerciante femmina), "tessader" (tessitore), maestro, "monec" (sacrestano), "comare" (ostetrica), curato.
I nomi si ripetono spesso in quanto il grano si salva più facilmente della farina per cui veniva macinato man mano che serviva.
Nella prima pagina troviamo la data di inizio di questa registrazione: 10 novembre 1891; nell'ultima il resoconto: "Soma totale fino ogidì 22/9-92 Kilogrami maicinati K1.350.76 Frateli Pisoni".
Sono questi i figli di Antonio Pisoni morto nel 1885, la firma potrebbe essere del maggiore: Lodovico (1863-1944).
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra la fontana posta al centro della piazza di Cavedine.
Il Brenz, simbolo di Cavedine, è stato costruito nel 1770 quale sbocco del primo acquedotto realizzato con tubazioni in legno. La vasca è un poligono a nove lati attorniata dal un selciato posizionato nel 1841 e con una colonna centrale dalla quale sgorga l'acqua.
Fraveggio è attraversato da una roggia che deriva dalla sorgente Canevin Malea all’altezza di Lon, il paese soprastante. Questa viene arricchita dalle acque dei rivi di Garubol e Fossà provenienti dai locali acquedotti potabile e irriguo. La roggia arriva in paese dalla cascata al torrione, leggermente spostata nel 2007, come si vede nella foto pubblicata a pag.17 del notiziario comunale n.3 di quell'anno (sotto riportato).
Scorre lungo il Vicolo dei Molini, dietro la chiesa di san Bartolomeo e si divide in due rami intubati nel sottosuolo del centro storico. Una parte scorre a fianco della toresela, attraversa la strada e raggiunge la campagna dove sempre nel 2007 è stata realizzata una vasca di decantazione.
L’altra prosegue sotto la piazza biforcandosi nuovamente, alimentando il lavatoio, affianca la canonica e si riunisce per attraversare gli orti e precipitare in una suggestiva cascata assieme all’altro ramo.
Raccoglie le acque sgorganti a Paltan, alle Rogiòle e ai Tovi, alimentando nel contempo l’acquedotto irriguo di Santa Massenza. Continua la sua discesa affiancando verso Est la loc. Campagna, fino ad arrivare in località Vai da dove prosegue intubata sotto la zona utilizzata dagli impianti della centrale idroelettrica. Raccoglie le acque di deflusso del depuratore (in media 11 l/s) e sfocia infine nel lago di Santa Massenza a quota 245 mslm, dopo un percorso di 1900 metri.
Una roccia costruita dall'acqua
Nei pressi delle cascate si verifica un fenomeno molto curioso: la formazione del travertino, chiamato anche “el tof per far i vòlti”.
Il travertino è un tufo calcareo poroso e leggero che si forma con le particelle di minerali (carbonato di calcio) portate dall’acqua. L’acqua, nebulizzata intorno alla cascata, evapora ed i minerali in essa contenuti formano la roccia inglobando all’interno resti vegetali, come foglie o ramoscelli, che poi si decompongono, lasciando al suo interno dei buchi e conferendole il caratteristico aspetto spugnoso. Questo tufo leggero, isolante e relativamente resistente, veniva estratto facilmente ed utilizzato nella costruzione di avvolti, intercapedini, pareti non portanti (“strameze”), ma si vede in un vecchio edificio situato fra i due mulini di Fraveggio un esempio di uso anche per la costruzione della parte più alta delle pareti esterne. L’opificio che si occupava della lavorazione del tufo era “la sega per el tof” ed in zona era presente a Padergnone, poco sotto la chiesa di San Valentino in agro, e a Terlago.
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Bibliografia:
All’esterno di quello che un tempo era il "Molin dela Gioana", adagiate in una splendida aiuola di lavanda, sono visibili due coppie di macine qui utilizzate.
In primo piano c'è una macina superiore posizionata in modo da vedere la sua concavità ed il foro centrale, dal quale passava sia il grano sia l'albero rotante che ruotava questa macina grazie ad una sbarra di ferro a farfalla (nottola) incastrata negli appositi incavi.
Essa è appoggiata sulla più robusta macina inferiore che rimaneva fissa e serviva da appoggio a quella superiore rotante. Intorno ha ancora l'anello in ferro che permetteva la fuoriuscita della farina in un solo punto.
Così chiamato dall'ultima famiglia proprietaria indicata con cognome e soprannome, è l’ultimo edificio sulla sinistra della vecchia strada imperiale, poco prima della “Pontàra” (= erta), che scende verso Padergnone. Le ruote idrauliche erano alloggiate sulla facciata ad ovest, lambita in sponda orografica destra dalla Roggia, che dopo un breve tratto si gettava nell’orrido della val dei Canevai, fornendo energia alle ruote idrauliche dei mulini sottostanti.
Nello stesso edificio acquistato da Antonio Giovanni Pisoni (1799-1863?) di Lasino, con la moglie Teresa Chistè, nel 1844 da Vincenzo Panicali di Trento c'erano ben "5 ruote idrauliche per macinazione grani, follo e segheria".
La famiglia vi si trasferì e li nacque la loro undicesima e ultima figlia nel 1845. Il figlio Antonio (1820-1885) si occupò del mulino ed il figlio Biagio (1837-1878) della segheria.
Sui registri parrocchiali dei nati a Lasino, Antonio Giovanni ed i suoi antenati fin dal 1500 erano soprannominati Nanotti (da Giovanni = Nane), ma Biagio (1911-1996), nipote di Biagio segantino sopra nominato, venne registrato col soprannome di "Biasi". Nei nostri paesi, dove nome e cognome erano spesso ripetuti, il soprannome di famiglia era così importante da venir segnalato nei registri delle nascite.
Dopo Antonio continuò l'attività molitoria di famiglia il figlio Quirino fino alla sua morte senza eredi nel 1942.
Dopo Biagio continuarono a lavorare alla segheria i figli Stefano ed Emanuele, poi i nipoti Biagio e Valerio, fino al 1968 quando fu demolita. L'ultimo lavoro importante è stato quello di segare i tronchi detti "marcia avanti" per le gallerie della centrale di S. Massenza.
Il follo non è mai stato utilizzato dai Pisoni Biasi; oltre al documento, rimane però il segno sul muro della sua posizione. Una quinta ruota è stata invece aggiunta dalla parte opposta dell'edificio, in sostituzione di quella, a favore di una circolare, posta nel cortile, collegata ad un lungo palo di trasmissione che attraversava tutto l'edificio. Negli anni '40, collegata con cinghie allo stesso palo di trasmissione, è stata aggiunta una sega a nastro (bindella) all'interno della segheria.
Curioso come sulla mappa storica del 1860 sia indicata sull'edificio una sola ruota nell'illustrazione riferita al paese, due ruote su quella riproducente l'intero territorio; forse sulla prima la ruota indicava la famiglia proprietaria dell'edificio (Antonio Pisoni) mentre sulla seconda le ruote indicavano le due attività che vi si svolgevano: molitoria e segheria.
Fu eretto nell'anno del giubileo 1933-34 e riporta: "Cavedine in memoria dei suoi figli caduti in guerra e di quelli morti lontano dalla terra dei padri perché tutti qui vivano nell'affetto e nella prece [preghiera] dei fratelli".
Come recita il cartello posto sul luogo curato dagli alpini di Cavedine: "Il gruppo statuario, con la croce centrale, la Madonna piangente e l'Angelo consolatore, è opera del roveretano G. Ziglio."
Il Bersaglio n. 2 si trova a 200 metri dal Casino di Bersaglio, sopraelevato di circa 10 metri rispetto alla linea di tiro. È costituito da un bunker con pareti in parte in roccia ed in parte in pietra scolpita. coperto da un avvolto in tufo con foro centrale per l'esposizione della bandiera che segnalava la sospensione dei tiri.
Accanto è stato posto un bersaglio mentre il pannello illustrativo, con maggiori dati tecnici, è stato messo a fianco del sentiero Stoppani, nel punto in cui parte la traccia per raggiungerlo pochi metri sopra.
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Bibliografia: