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centrale
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Bersaglio n. 2
Il Bersaglio n. 2 si trova a 200 metri dal Casino di Bersaglio, sopraelevato di circa 10 metri rispetto alla linea di tiro. È costituito da un bunker con pareti in parte in roccia ed in parte in pietra scolpita. coperto da un avvolto in tufo con foro centrale per l'esposizione della bandiera che segnalava la sospensione dei tiri. Accanto è stato posto un bersaglio mentre il pannello illustrativo, con maggiori dati tecnici, è stato messo a fianco del sentiero Stoppani, nel punto in cui parte la traccia per raggiungerlo pochi metri sopra. --- Bibliografia: -
Monumento ai caduti di Cavedine
Fu eretto nell'anno del giubileo 1933-34 e riporta: "Cavedine in memoria dei suoi figli caduti in guerra e di quelli morti lontano dalla terra dei padri perché tutti qui vivano nell'affetto e nella prece [preghiera] dei fratelli". Come recita il cartello posto sul luogo curato dagli alpini di Cavedine: "Il gruppo statuario, con la croce centrale, la Madonna piangente e l'Angelo consolatore, è opera del roveretano G. Ziglio." -
mòla
Il mulino a pietre usa due grossi dischi di pietra per macinare. La macina inferiore appoggia sul castello, è fissa ed ha la faccia superiore leggermente convessa. A volte presenta un bordo rialzato tutt'intorno a parte una breve tratto da cui fuoriesce la farina. La macina superiore è mobile. Ha la faccia inferiore leggermente concava, così da sovrapporsi esattamente alla macina inferiore, ed incassi a farfalla accanto al foro centrale nei quali è incastrata una sbarra di ferro (nottola), fissata all'albero rotante passante per le due macine, così da provocarne il movimento macinando così i cereali o altri materiali inseriti fra loro. Ambedue le macine sulle facce di contatto presentano scanalature a raggiera e tacche. Le mole del pestino invece, ruotano verticali, sono più piccole, hanno le facce uguali e un foro quadrato. Per approfondire, ricercare sia mola che macina sul -
Registro del mulino Pisoni 1891-92
Nella registrazione della farina macinata come si evince dai titoli di colonna a pagina 15, il numero davanti indica i "Kili" e quello in fondo indica gli "steri" (staio). Non è chiaro se la prima colonna indichi le entrate di cereali e l'ultima le uscite di farina. Nella colonna centrale sono invece indicati i nomi, o cognomi o mestieri dei clienti, ma anche zii o zia Pasqua [moglie di Biagio] o zia Nanele, e talvolta è indicato il prodotto. A capo pagina, o di fianco, trovano posto le date. Tra i prodotti oltre al frumento notiamo "giala" (farina gialla), segala, orzo, "setila" (macinata sottile), "formenton" (grano saraceno). Fra i mestieri compaiono "marcanta" (commerciante femmina), "tessader" (tessitore), maestro, "monec" (sacrestano), "comare" (ostetrica), curato. I nomi si ripetono spesso in quanto il grano si salva più facilmente della farina per cui veniva macinato man mano che serviva. Nella prima pagina troviamo la data di inizio di questa registrazione: 10 novembre 1891; nell'ultima il resoconto: "Soma totale fino ogidì 22/9-92 Kilogrami maicinati K1.350.76 Frateli Pisoni". Sono questi i figli di Antonio Pisoni morto nel 1885, la firma potrebbe essere del maggiore: Lodovico (1863-1944). -
Mulino e segheria Pisoni "Biasi"
Così chiamato dall'ultima famiglia proprietaria indicata con cognome e soprannome, è l’ultimo edificio sulla sinistra della vecchia strada imperiale, poco prima della “Pontàra” (= erta), che scende verso Padergnone. Le ruote idrauliche erano alloggiate sulla facciata ad ovest, lambita in sponda orografica destra dalla Roggia, che dopo un breve tratto si gettava nell’orrido della val dei Canevai, fornendo energia alle ruote idrauliche dei mulini sottostanti. Nello stesso edificio acquistato da Antonio Giovanni Pisoni (1799-1863?) di Lasino, con la moglie Teresa Chistè, nel 1844 da Vincenzo Panicali di Trento c'erano ben "5 ruote idrauliche per macinazione grani, follo e segheria". La famiglia vi si trasferì e li nacque la loro undicesima e ultima figlia nel 1845. Il figlio Antonio (1820-1885) si occupò del mulino ed il figlio Biagio (1837-1878) della segheria. Sui registri parrocchiali dei nati a Lasino, Antonio Giovanni ed i suoi antenati fin dal 1500 erano soprannominati Nanotti (da Giovanni = Nane), ma Biagio (1911-1996), nipote di Biagio segantino sopra nominato, venne registrato col soprannome di "Biasi". Nei nostri paesi, dove nome e cognome erano spesso ripetuti, il soprannome di famiglia era così importante da venir segnalato nei registri delle nascite. Dopo Antonio continuò l'attività molitoria di famiglia il figlio Quirino fino alla sua morte senza eredi nel 1942. Dopo Biagio continuarono a lavorare alla segheria i figli Stefano ed Emanuele, poi i nipoti Biagio e Valerio, fino al 1968 quando fu demolita. L'ultimo lavoro importante è stato quello di segare i tronchi detti "marcia avanti" per le gallerie della centrale di S. Massenza. Il follo non è mai stato utilizzato dai Pisoni Biasi; oltre al documento, rimane però il segno sul muro della sua posizione. Una quinta ruota è stata invece aggiunta dalla parte opposta dell'edificio, in sostituzione di quella, a favore di una circolare, posta nel cortile, collegata ad un lungo palo di trasmissione che attraversava tutto l'edificio. Negli anni '40, collegata con cinghie allo stesso palo di trasmissione, è stata aggiunta una sega a nastro (bindella) all'interno della segheria. Curioso come sulla mappa storica del 1860 sia indicata sull'edificio una sola ruota nell'illustrazione riferita al paese, due ruote su quella riproducente l'intero territorio; forse sulla prima la ruota indicava la famiglia proprietaria dell'edificio (Antonio Pisoni) mentre sulla seconda le ruote indicavano le due attività che vi si svolgevano: molitoria e segheria. -
Macine del "Molin dela Gioana"
All’esterno di quello che un tempo era il "Molin dela Gioana", adagiate in una splendida aiuola di lavanda, sono visibili due coppie di macine qui utilizzate. In primo piano c'è una macina superiore posizionata in modo da vedere la sua concavità ed il foro centrale, dal quale passava sia il grano sia l'albero rotante che ruotava questa macina grazie ad una sbarra di ferro a farfalla (nottola) incastrata negli appositi incavi. Essa è appoggiata sulla più robusta macina inferiore che rimaneva fissa e serviva da appoggio a quella superiore rotante. Intorno ha ancora l'anello in ferro che permetteva la fuoriuscita della farina in un solo punto. -
Corpo bandistico del Borgo di Vezzano
Uno statuto manoscritto documenta l'esistenza del sodalizio già nel 1892, come Banda sociale del Borgo, dal titolo onorifico che nel 1527 il vescovo Bernardo Clesio donò all'antica villa di Vezzano. Si ha notizia di un concerto tenuto nel 1894 in occasione di San Valentino e degli onori resi all'Imperatore Francesco Giuseppe di passaggio in Valle dei Laghi. Null'altro è documentato fino al 1931, quando Celestino Bressan raduna un gruppo di appassionati al Caffé alla Posta e si apre un libro delle offerte per l'acquisto degli strumenti musicali. A luglio dello stesso anno la banda di Villa Banale dona sedici berretti e sedici strumenti, ai quali si aggiungono poco dopo sei clarinetti e una batteria. Si affittano due locali in via Nanghel, 34, dove Guido Pardi apre una scuola di musica e istruisce gli allievi fino al debutto della prima domenica di ottobre, con il concerto nella piazza centrale di Vezzano. L'avventura continua! La seconda Guerra mondiale rallenta ma non ferma l'attività della banda, che prosegue ininterrotta fino al 1985: la pausa di riflessione di quell'anno sfocia in una ripresa entusiasta, che vedrà fra l'altro la banda accompagnata per svariati anni da un gruppo femminile di twirling. Nel frattempo la presidenza Bassetti ha promosso l'apertura di un corso allievi alla scuola media - in appoggio ai corsi gestiti dalla Federazione – utilizzando gli strumenti donati dalla disciolta banda di Terlago. Il Corpo bandistico festeggia grandiosamente il centenario nel 1992 e nel 1998 approva il nuovo Statuto, tuttora in vigore. La compagine attuale, in media giovanissima, è un gradevole complemento alla storia ultracentenaria dell'associazione: a dimostrazione di come la passione per la musica non abbia età, il suonatore più anziano e quello più giovane hanno circa settant'anni di differenza. Il Corpo Bandistico è stato diretto dal 1987 al 2019 dal Maestro Bruno Gentilini. Attualmente collabora con le realtà bandistiche della Valle dei Laghi in una prospettiva di sviluppo di relazioni positive per il prosieguo dell'attività bandistica. [dalla pagina facebook della banda] I maestri della banda che si sono succeduti sono: Guido Pardi (1931-45), Patelli (1945-56), Carlo Chiusole (1956-86), Armando Ghedini e Carlo Patton (per alcuni mesi), Bruno Gentilini (1987-2019), Gianluigi Favalli. Sono stati presidenti della banda: Ilario Garbari, Mario Chiusole, Angelo Bassetti, Alessandro Chemotti, Silvia Cozzini. -
La roggia di Fraveggio
Fraveggio è attraversato da una roggia che deriva dalla sorgente Canevin Malea all’altezza di Lon, il paese soprastante. Questa viene arricchita dalle acque dei rivi di Garubol e Fossà provenienti dai locali acquedotti potabile e irriguo. La roggia arriva in paese dalla cascata al torrione, leggermente spostata nel 2007, come si vede nella foto pubblicata a pag.17 del notiziario comunale n.3 di quell'anno (sotto riportato). Scorre lungo il Vicolo dei Molini, dietro la chiesa di san Bartolomeo e si divide in due rami intubati nel sottosuolo del centro storico. Una parte scorre a fianco della toresela, attraversa la strada e raggiunge la campagna dove sempre nel 2007 è stata realizzata una vasca di decantazione. L’altra prosegue sotto la piazza biforcandosi nuovamente, alimentando il lavatoio, affianca la canonica e si riunisce per attraversare gli orti e precipitare in una suggestiva cascata assieme all’altro ramo. Raccoglie le acque sgorganti a Paltan, alle Rogiòle e ai Tovi, alimentando nel contempo l’acquedotto irriguo di Santa Massenza. Continua la sua discesa affiancando verso Est la loc. Campagna, fino ad arrivare in località Vai da dove prosegue intubata sotto la zona utilizzata dagli impianti della centrale idroelettrica. Raccoglie le acque di deflusso del depuratore (in media 11 l/s) e sfocia infine nel lago di Santa Massenza a quota 245 mslm, dopo un percorso di 1900 metri. Una roccia costruita dall'acqua Nei pressi delle cascate si verifica un fenomeno molto curioso: la formazione del travertino, chiamato anche “el tof per far i vòlti”. Il travertino è un tufo calcareo poroso e leggero che si forma con le particelle di minerali (carbonato di calcio) portate dall’acqua. L’acqua, nebulizzata intorno alla cascata, evapora ed i minerali in essa contenuti formano la roccia inglobando all’interno resti vegetali, come foglie o ramoscelli, che poi si decompongono, lasciando al suo interno dei buchi e conferendole il caratteristico aspetto spugnoso. Questo tufo leggero, isolante e relativamente resistente, veniva estratto facilmente ed utilizzato nella costruzione di avvolti, intercapedini, pareti non portanti (“strameze”), ma si vede in un vecchio edificio situato fra i due mulini di Fraveggio un esempio di uso anche per la costruzione della parte più alta delle pareti esterne. L’opificio che si occupava della lavorazione del tufo era “la sega per el tof” ed in zona era presente a Padergnone, poco sotto la chiesa di San Valentino in agro, e a Terlago. --- Bibliografia: -
Il Brenz
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra la fontana posta al centro della piazza di Cavedine. Il Brenz, simbolo di Cavedine, è stato costruito nel 1770 quale sbocco del primo acquedotto realizzato con tubazioni in legno. La vasca è un poligono a nove lati attorniata dal un selciato posizionato nel 1841 e con una colonna centrale dalla quale sgorga l'acqua. -
Le macine del mulino Cattoni
Così si presentavano le macine, o palmenti ("préde"), rimaste sul "castello" del mulino Cattoni una novantina di anni dopo la sua chiusura. La macina superiore mobile presenta un foro centrale (bocca) da cui entrava il grano; veniva mossa dall'albero della lanterna fissato ad essa attraverso un apposito ferro chiamato nottola. La macina inferiore, appoggiata sul pavimento del castello, è fissa , concava superiormente e fornita di bordo così da contenere la farina che fuoriesce da un unico foro che qui vediamo collegato ad un cilindro di legno. -
feraròl
In particolare lavoratore del ferro in campo edilizio. -
banda
Si usa in espressioni come "Meter en banda" o "da 'na banda". -
Capitel de Corgnon
Situato a Calavino nel tratto terminale della "svolta de Corgnon". Era stato eretto nel 1798 come ex voto per l'epidemia di peste bovina che aveva colpito la zona. L'affresco raffigurato sulla parete centrale è una Madonna del Rosario con bambino tra i Santi Rocco e Antonio Abate; sulle pareti laterali invece sono affrescati San Valentino e San Floriano. Gli affreschi sono stati attribuiti all'artista Giuseppe Tasca. Bibliografia: -
véta
Supporto in legno, ferro o fune utilizzato per fissare il giogo dei buoi al "timón", la stanga centrale collegata al carro o all'aratro. -
giöf
Trave di legno doppiamente ricurvo che veniva posto sul collo di una coppia di buoi allo scopo di trainare il carro o l'aratro. Nella parte centrale era collegato al timone con la "véta". Davanti aveva due passanti in ferro per le "cornére" che venivano fissate intorno alle corna dei buoi. Ai lati e sotto quattro anelli ai quali si attaccavano le "tavèle" ("canàgole") che passavano sotto il collo dei buoi. -
Giöf
Questo "giöf" era colorato di azzurro; il colore è stato consumato là dove appoggiava sul collo dei buoi e nella parte centrale dove era fissata la "véta" . Attaccati al "giöf" sono rimasti i passanti in ferro per le "cornére" e una "tavèla" in ferro che passava sotto il collo del bue. -
gigna
Traversa di legno ancorata solo nel punto centrale alla parte anteriore del "bròz" così da permettere lo sterzo del carico a strascico che vi veniva fissato sopra. -
Giovani al Lago di Santa Massenza
Le sorelle Lidia, Leopoldina e Gina Tasin in posa per uno scatto durante un bagno nel Lago di Santa Massenza. Da notare la trasparenza dell'acqua. Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della -
Bagnanti nel Lago di Santa Massenza
Gruppo di persone fanno il bagno nel lago di Santa Massenza. La signora Flora, nel riguardare questo scatto, ricorda l'allegra musica di sottofondo che veniva dall'albergo Conti e le spensierate nuotate che facevano più quelli provenienti dalla città che non quelli dei dintorni. Lei, trasferita da Fraveggio a Trento in tenera età, aveva potuto frequentare con le sue sorelle la piscina comunale di Via Madruzzo, denominata "Cock"e così, quando tornava a Fraveggio per le feste, le vacanze, o come profuga dopo il bombardamento di Trento, poteva farsi una passeggiata fino a Santa Massenza e nuotare in compagnia. In genere quelli che vivevano sul lago sapevano nuotare ma quelli dei dintorni si accontentavano dei giri in barca o di stare in compagnia a riva a cantare e suonare. Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della -
Il gioco delle bocce
Vediamo qui il campo da bocce della trattoria di Annibale Garbari nella piazza centrale di Vezzano. Il gioco delle bocce appassionava e radunava gli uomini nei giorni festivi. -
La fontana di piazza Fiera
L'artistica fontana in pietra di piazza Fiera assomigliava a quella nella piazza centrale di Vezzano ed è stata poi spostata accanto alla canonica di Santa Massenza. Vediamo due donne che prendono l'acqua alla fontana con due secchi a testa. Una di loro ha appoggiato alla fontana stessa il suo arcuccio (bazilón), utile strumento per trasportare a spalla i secchi quando la fontana non era vicina a casa. La piazza era alberata ed intorno alla fontana c'era un riquadro di selciato. La data ultima ipotizzata si basa sul fatto che dopo i lavori all'acquedotto del 1954 solo le case periferiche non erano ancora raggiunte dall'acqua in casa. -
Piazza mezzogiorno
Questa foto della pizza di Lasino è databile ad inizio novecento. Sulla destra si vede un palo della luce, servizio che ha raggiunto Lasino nel 1900 con la costruzione della centrale idroelettrica a maso Modriz da parte del Consorzio Cooperativo di Cavedine. Nella parte Sud della piazza si può notare la presenza di un pozzo con tettuccio, poi andato in disuso e demolito.