Questo stendardo è stato donato alla banda dal comune di Vezzano, concedendole l'uso dello stemma comunale. Come sullo stendardo precedente, arricchisce la decorazione una lira circondata da due fronde di alloro, alla quale è stata aggiunta la data di costituzione della prima banda vezzanese.
È stato benedetto in una solenne cerimonia religiosa ed è stata proclamata sua matrina Cecilia Floriani.
Questa scultura è stata fatta sul posto in un tronco di larice, come tutte quelle del sentiero artistico "il bosco racconta", ad un anno di distanza da quella esperienza collettiva, fuori dal sentiero, all'entrata del paese. Anche questa scultura rappresenta un personaggio, ritornato da qualche anno a frequentare il paese: un orso bruno.
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 7 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa sesta scultura: "Don Eugenio Plotegher visse a Margone per un trentennio tra il 1910 ed il 1944. Oltre a celebrare la messa, svolgere il ruolo di segretario comunale e di maestro, era molto considerato come medico erborista per la sua esperienza in rimedi naturali e la conoscenza delle erbe del Monte Gazza."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 6 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa quinta scultura: "La scultura viene dedicata al mestiere del portalettere, importante collegamento con il mondo esterno, che permetteva lo scambio di notizie coi tanti familiari lontani ed emigrati. il postino saliva a piedi tutti i giorni da Vezzano percorrendo il sentiero "Scal"."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 5 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa quarta scultura: "Questa figura rappresenta l'ostetrica, che giungeva a piedi dalla vicina frazione di Ranzo per aiutare le donne nel dare alla luce i loro bambini. La leggenda narra che li andasse a prendere nella "Val dei Nassi" per poi portarli in paese in un cestino."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 4 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa terza scultura: "Il mestiere del "colomer" è quello del venditore ambulante, spesso proveniente dalla Valle dei Mocheni, che percorreva le valli portando a spalla, in un rigido zaino di legno, mercerie di vario tipo e finitura: bottoni, fili, aghi e altro materiale utilizzato in sartoria domestica."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 3 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa seconda scultura: "Margone sorge in una zona carsica povera di acqua, pertanto bisognava provvedere tutti i giorni a reperire questo bene prezioso per le necessità della famiglia e degli animali. Le poche fonti erano distanti e si andava a prendere l'acqua con la "brentola" ben in equilibrio sulle spalle."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 2 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa prima scultura: "Il borgo di Margone viene attraversato dal sentiero di "San Vili", l'itinerario che ripercorre i passi di San Vigilio, terzo vescovo di Trento, martire e Santo della Chiesa Cattolica, che da Trento attraversa il Soprassasso ed il Banale fino a Madonna di Campiglio."
La tradizione vuole che San Vigilio, vescovo di Trento alla fine del quarto secolo, sia passato da qui per andare a svolgere la sua opera di evangelizzazione da Trento in Val Rendena dove venne ucciso. Il sentiero di "San Vili" ricorda questo suo peregrinare.
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 1 e la si può ammirare insieme alle altre:
L'epigrafe sulla lapide posta all'ibterno della cappella cimiteriale di Vezzano recita:
IN GLORIA
DI
ITALO CONCI
FIERO COMBATTENTE D'ITALIA
ARDENTE LEGIONARIO DI RONCHI
ANIMA LUMINOSA DI FEDE
E DI DEDIZIONE PURISSIMA
QUESTO RICORDO
I VEZZANESI POSERO
N. A VEZZANO L'8 FEBBRAIO 1893
M. A FIUME D'ITALIA IL 26 DICEMBRE 1920
Sopra la porta d'entrata della casa natale di Italo Conci è posta una lapide commemorativa con una epigrafe che recita:
«Questo segno d'amore e di promessa
I legionari di Ronchi
Uomini liberi tra servi smarriti
dedicano all'eroe Italo Conci
che ucciso dai fratelli
nella notte santa e orrenda di Fiume
gli angeli della Redenzione
avvolsero nel sudario di Cesare Battisti
reso in consumabile dal Signore
per accomunare il sacrifizio
di tutti gli eroi trentini
credenti nella Patria futura.
Fiume, XXVI decembre MCMXX
Vezzano, XXVI decembre MCMXXI».
Questa statua, definita volgarmente "la Madòna de Vic", è custodita presso la nicchia di un altare laterale della chiesa di San Biagio di Vigo Cavedine e raffigura l'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
La statua fu realizzata presumibilmente durante i primi anni del 1900.
In basso completano la statua anche due angeli in ginocchio.
Viene portata in processione ogni anno in occasione della Natività della Beata Vergine Maria e per tradizione vengono sempre costruite le caratteristiche "arche" realizzate con i rami di conifere.
Si narra che a Vigo Cavedine il maltempo legato alla stagionalità rendesse impossibile festeggiare l'Immacolata Concezione il giorno 8 dicembre.
Fu allora deciso di spostare la festa in periodo di bella stagione, in particolare il giorno 8 settembre e tutt'oggi la "festa mariana" del paese viene festeggiata in occasione della Natività della Beata Vergine Maria, una festa liturgica che ricorda la nascita di Maria.
Busto bronzeo raffigurante Mons. Evaristo Bolognani situato lungo il lato nord della chiesa di San Biagio di Vigo Cavedine.
Fu fatto costruire dal paese di Vigo Cavedine e dedicato al suo illustre concittadino.
Nella descrizione sono indicate la data di nascita e di morte.
La fotografia è stata realizzata nel 2019.
La lapide posta all'interno del muro di cinta del cimitero di Covelo riporta la sua fotografia, una croce ed una scritta a caratteri in ferro, due dei quali si sono staccati.
Un rosario è stato collocato sulla croce. Ai suoi piedi trova posto un vaso di fiori, su pedana in marmo. e un lumino.
Il testo sulla lapide recita: "A Maria Cappelletti Faiota di anni 75 per il suo esempio di infaticabile carità nell'assistere i malati e la dedizione generosa ad ogni opera di bene gli abitanti di Covelo riconoscenti posero. A.D. 1965".
La Nosiola è un vitigno di uva bianca autoctono della Valle dei Laghi, coltivato soprattutto nelle colline intorno al Lago di Toblino e sui Monti di Calavino. Lo stesso nome è usato anche per l'uva e per il vino che se ne ricava.
Dalla Nosiola si ricava anche il Vino Santo.
Così era chiamata la cinghia elastica in gomma utilizzata dai ragazzi per il trasporto del materiale scolastico da casa a scuola. Questa è stata poco utilizzata poiché scomoda per chi doveva fare ogni giorno un percorso faticoso come la salita Vezzano-Ciago, meglio una borsa a tracolla che poteva essere spostata da una spalla all'altra.
Marchiata "Pirelli - made in Italy", è lunga 50 cm ed ha una chiusura con gancio metallico.
Astuccio in pelle 21x14 cm, con un inserto mobile interno sul quale inserire i colori su un lato; matita, penna, compasso e gomma sull'altro.
È stato utilizzato in terza media alla
Questa cartella misura 43x34x10cm ed era adatta ai ragazzi più grandi. All'interno vi è una divisorie e la parte superiore a cui si salda al maniglia è rinforzata con un lamierino. È dotata di due ganci di chiusura con chiavetta.
È stata acquistata a Stravino nel 1956 al prezzo di 1000 lire ed utilizzata nella
Penna utilizzata un tempo per scrivere formata da un asta cava in cui andava inserito un pennino che poi si intingeva nel calamaio. Accanto all'asticciola alcuni pennini di ricambio di diversa foggia.
Questa penna è stata utilizzata presso la
Raffinato astuccio in legno intagliato e decorato con scomparto laterale chiuso da un righello.
Al suo interno sono conservati l'asticciola con alcuni pennini di diversa foggia e dei piccoli colori a matita con la punta fatta con il coltellino.
L'astuccio veniva generalmente acquistato in prima e durava per tutti il ciclo scolastico.
Questo è stato utilizzato presso la
Foglio di carta assorbente 15x20 cm "La Grande Italia" con stampata "Propaganda Collettiva fra Grandi Industrie" che producono merci diversificate.
Trovata accanto ai quaderni di Turrina Adriana scritti tra il 1932 ed il 1940 da cui si deduce una datazione approssimativa ipotetica dell'oggetto.