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Luogo, edificio, infrastruttura
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La chiesa parrocchiale dei Santi Vigilio e Valentino a VezzanoSi tratta di una chiesa molto ricca di decorazioni sia all'interno che all'esterno. A partire dal 1500 subisce varie ristrutturazioni. Si trova in piazza Mons. Donato Perli che nel 1895 iniziò l'iter che avrebbe ricostruito la chiesa così come la vediamo oggi. Tra il 1904 e il 1907 i lavori vennero svolti da Bonifacio Bassetti di Trento e Rodolfo Gobber delle Sarche. In quell'occasione è stata rinvenuta una pietra datata 1221, appartenente probabilmente all'edificio originario. La facciata esterna è contraddistinta da un portone strombato che porta in rilievo gli stemmi lapidei di Papa Pio X, del vescovo Celestino Endrici e del comune di Vezzano, un mosaico di Cristo Pancreatore ad opera di Marco Bertoldi (1960), un grande rosone ed il campanile abbellito da un quadrante di orologio che reca la data 1814. All’interno gli sono opere di grande pregio, come l'altare maggiore, il mosaico attribuito al bresciano Domenico Italiani raffigurante la 'Traslazione di San Vigilio verso Trento dopo il martirio', le vetrate colorate che rappresentano San Vigilio e San Valentino, statue lignee di vari santi ed i 2 leoni di pietra calcarea ai lati del presbiterio risalenti al XVI secolo ed appartenenti a Castel Madruzzo, presenti nella chiesa dal 1864. Troviamo anche quattro diversi altari lignei, dei quali il secondo contiene le reliquie dei santi protettori di San Valentino e Parentino. Vi sono poi una pala ad olio su tela risalente al XVII secolo rappresentante un miracolo di San Valentino e dei fregi ad opera del pittore Antonio Zeni da Tesero. Importante è ricordare il preziosissimo altare ligneo a portele che oggi è custodito al museo Diocesano ma un tempo si trovava all'interno della chiesa. -- Bibliografia:
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La chiesa di San Lorenzo a CiagoIn cima al colle del paese, dove c'è la piazza, si trova la chiesa curaziale di San Lorenzo. Ne abbiamo testimonianze a partire dal 1491. Costruita dove probabilmente sorgeva un'antica torre di avvistamento romana, poi trasformata in campanile, viene affiancata nel 1300 dal primo edificio di culto, una chiesetta. Dal 1739 fu eretta a curazia e dedicata a San Lorenzo. Nel 1866, ormai troppo piccola per la popolazione del tempo, viene abbattuta e ricostruita nella forma attuale. Venne consacrata il 9 settembre 1877. Costituita da un'ampia navata, al suo interno si trova l'affresco del 1946 di 'Gesù in cielo che consegna le chiavi del Paradiso a san Pietro' ad opera di Vittorio Bertoldi, una pala ottocentesca di 'Santo Stefano Protomartire' di autore sconosciuto, mentre il soffitto è decorato con 4 grandi medaglioni raffiguranti i 4 evangelisti. Ai lati invece i quadri della 'Via Crucis' e una tela del 'Battesimo di Gesù compiuta da San Giovanni Battista' di pittore sconosciuto. All'esterno è affissa una lapide in marmo che reca incisi i nomi dei caduti nella due guerre mondiali. Bibliografia:
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La chiesa di San Giacomo a CoveloQuesta chiesa spicca per la sua maestosità. Dedicata a San Giacomo dal 1882, si trova in via Villa Alta ed è stata costruita sulle rovine di un'antica torre romana, di cui rimane ancora il campanile. E' documentata a partire dal 1307. L'interno è decorato da Alfonso Facchini di Trento. I quadri ad olio di Sant'Antonio Abate e San Giuseppe attribuibili al pittore Giovanni Battista Chiocchi, risalgono al 1898. Il dipinto di San Giacomo Maggiore invece è opera del mantovano Agostino Aldi. All'esterno, sulla facciata, è affissa una lapide con incisi i nomi dei militari di Covelo caduti nella Prima Guerra Mondiale; inoltre è presente un'altra lapide che ricorda l'ex sindaco della chiesa Giacomo Pooli (1792-1850). Bibliografia:
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La chiesa dei Santissimi Angeli a Monte TerlagoSi trova al centro del paese ed è dedicata ai Santissimi Angeli. La sua costruzione risale al 1890. È stata ristrutturata nel 1996 in onore del centenario. All'interno troviamo un quadro raffigurante "l'Angelo Custode" e l'affresco del "Cristo Morente" ad opera di Bruno Degasperi.
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La cappella di Sant'Anna a TerlagoLa cappella risale al tredicesimo secolo. Era utilizzata fino ai primi anni del 1900. Oggi è completamente abbandonata e in rovina.
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La chiesa di San Filippo Neri a TerlagoDi proprietà privata è particolarmente legata alle vicende della famiglia Merlo. All'interno vi è una pala d'altare di un artista anonimo raffigurante la 'Madonna Assunta in cielo fra schiere d'angeli con ai suoi piedi San Filippo Neri'. --- Bibliografia:
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La chiesa di Sant'Andrea a TerlagoDedicata a Sant'Andrea che viene festeggiato il 30 novembre, si trova nella piazza centrale del paese. Ha uno stile rinascimentale ed è documentata sin dal 1183. In passato era conosciuta per la 'Madonna delle Grazie' che attirava pellegrini da tutto il Trentino. La cupola è stata affrescata da Francesco Giustiniani di Roma nel 1909 e da Vittorio Bertoldi di Trento nel 1947. Riformata e modificata nel 1667, anche negli anni successivi subì numerose trasformazioni. Venne ulteriormente ampliata e consacrata il 17 ottobre 1852. L'ultima modifica risale al 1984. L'interno è costituito da tre navate con volte a crociera poggianti su quattro pilastri. Sono presenti tre altari in marmo, diversi affreschi e anche numerose statue. Curiosa è anche la presenza delle lapidi funerarie di alcune famiglie nobili e lo stemma lapideo dei Conti Graziadei. Sulla parete del lato sud esterno della chiesa, c'è anche il monumento ai caduti delle due guerre mondiali. Bibliografia: - D. Mussi, “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012 - Speciale Frazione: Terlago, in "Vallelaghi informa", Vallelaghi, TN, 2019, 1
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La chiesa di San Pantaleone a TerlagoEretta su un piccolo colle a lato della strada che porta verso il paese. È dedicata a San Pantaleone, giovane medico di Nicodemia martirizzato nel 305. La costruzione attuale risale al 1500 ma sorge su un'antica cappella precedente; presenta ancora degli elementi originali: il campanile a vela e l'arco santo affrescato. All'interno si trovano degli affreschi realizzati dal Verla nel 1518, che decorano il presbiterio raffigurando la vita di San Pantaleone, San Sebastiano e altri episodi biblici. Subì molti cambiamenti nel corso dei secoli, soprattutto per quanto riguarda il suo utilizzo, è stata usata, infatti, anche come deposito, alloggio per soldati napoleonici e dormitorio militare nella Prima Guerra Mondiale. L'esterno appare spoglio e privo di decori. Bibliografia:
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La chiesa di San Bartolomeo a FraveggioSituata al centro del paese di Fraveggio, questa chiesa è dedicata a San Bartolomeo. La sua presenza è documentata in un inventario del 1491; anche allora era dedicata a San Bartolomeo. L'antica chiesa venne demolita perchè ormai troppo piccola per le esigenze del paese; è stata ricostruita nel 1832, nello stesso luogo, e consacrata l'11 novembre di quell'anno. La nuova chiesa è costituita da un'unica navata con l'altare maggiore e due altari laterali e diversi affreschi sulle volte. Nella cupola spicca l'affresco della Gloria di San Bartolomeo, opera del 1832 del pittore rivano Giuseppe Craffonara. Sono presenti anche numerose statue lignee. Un fatto increscioso è che la tela del XVIII secolo, di ignoto autore, raffigurante la Madonna del rosario con San Domenico in adorazione del Santissimo Sacramento, è purtroppo stata irreparabilmente danneggiata dal furto avvenuto il 29 aprile 2007: è stato ritagliato dalla tela il viso della Madonna. In relazione al tema della pace al quale è dedicato l'itinerario tra i luoghi del sacro di Vallelaghi poniamo attenzione ai quattro angoli del soffitto della navata dove sono affrescate le virtù, tra loro la Pace. Il "patto della pace" è richiamato anche nella dedica sulla tela di Carlo Pozzi del 1645 raffigurante la consegna dello scapolare a San Simone di Stock presente sulla sinistra del presbiterio. Bibliografia:
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La chiesa di S. Biagio a Vigo CavedineLa chiesa è posta in zona centrale ed è orientata verso est. La facciata è tripartita con corpo centrale affiancato da salienti laterali. Il portale è architravato. La torre campanaria è posta a sud. L'interno è a tre navate e la zona presbiteriale è rialzata e vi si accede con cinque gradini. E' presente dal XIII secolo e fu oggetto di arricchimenti nelle decorazioni ad affresco dopo il 1250. Le pareti della sala furono nuovamente affrescate verso la fine del XV secolo e questo comportò la perdita di parte dei dipinti di epoca anteriore. Nella seconda metà del XVIII secolo l'edificio venne ristrutturato ed ampliato con un allungamento della sala ottenuto con la trasformazione della navata originale nel nuovo presbiterio. In tale occasione vennero arricchiti gli interni con cornici realizzate in stucco. Durante il XX secolo all'interno delle cornici a stucco del settecento vennero dipinte opere a tempera e la chiesa venne nuovamente ampliata. Le mura laterali vennero abbattute e ricostruite in modo da ottenere tre navate. Dopo tali lavori venne celebrata la solenne consacrazione, nel 1908. Venne elevata a dignità parrocchiale nel 1919. Negli anni ottanta, nel corso di un restauro, fu possibile recuperare parte di superfici affrescate risalenti ai primi tempi dell'edificio su parti murarie originali del XIII secolo. Gli ultimi interventi di restauro conservativo e di recupero delle antiche decorazioni si sono conclusi nel 2008. Nel tabernacolo troviamo un affresco raffigurante il 'Padre Eterno,, opera di Valentino Rovisi.
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La piazza di FraveggioLa piazza di Fraveggio risale presumibilmente al 1882 da quanto riportava un'epigrafe posta sulla parete della canonica che dà sulla piazza che, secondo la testimonianza lasciata da Onorino Faes, recitava: "All'Illustre Conte Enrico Sizzo de Noris donatore in parte dell'area di questa piazza. 1882". È intitolata al Brigadiere Giovanni Bressan, nato a Fraveggio nel 1909 e ucciso durante un inseguimento da un malvivente con tre colpi di pistola nel 1956 quando era comandante della Stazione dei Carabinieri di Ponte Nossa (BG). Il grande lavatoio messo in opera nel 1924, ancor oggi sfrutta l'acqua della roggia e dopo il recupero del 1997, decora la piazza. Più vecchia del lavatoio era la fontana per uso potabile posta in mezzo alla piazza; larga due metri e mezzo, veniva usata anche per abbeverare le bestie e tenere in ammollo la verdura che veniva poi venduta al mercato di Trento. Dopo la costruzione dell'acquedotto potabile che portava l'acqua in tutte le case, perse la sua funzione e verso il 1960 fu demolita così che il piccolo cedro che l'affiancava divenne il protagonista della piazza. Interessante ricordare anche una fiorente industria per la lavorazione delle noci che si affacciava sulla piazza. Aperta da Germano Bressan nel 1888 e funzionante poi grazie al figlio Edoardo e al nipote Edi fino al 1965, occupava in modo stagionale una cinquantina di donne provenienti anche dai paesi limitrofi e certo dava molta vitalità anche alla piazza. Nel 1995 l'Amministrazione comunale ha abbattuto il vecchio cedro divenuto imponente e pericoloso, ha recuperato il vecchio lavatoio e pavimentato la piazza in porfido. Trasformata in parcheggio viene chiusa e riprende la funzione sociale animandosi per la tradizionale festa dell'immacolata dell'8 dicembre, per la “sbigolada” di carnevale e per la Sagra dei portoni di inizio giugno.
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Castel ToblinoUna delle particolarità di Castel Toblino è la sua antichità, infatti ne troviamo testimonianza a partire dal 201 d.C. con un tempietto dedicati ai fati e alle fate ad opera di Druino, amministratore dei Tublinati per conto del console Marco Manilo Avio Muciano. Nel 1100 viene affidato dal Principe Vescovo alla famiglia dei Toblino che inizierà la costruzione del fortilizio con annessa dogana. Nel XII secolo viene realizzato il fortilizio quadrangolare con grosse mura medievali e la torre circolare. Nel XIV secolo passa nelle mani dei signori Da Campo. Nel XV secolo vengono rialzati e ampliati gli edifici già esistenti, viene collegata la parte antica con quella più recente e viene costruita la casetta delle guardie. Dal 1459 viene incamerato dalla Chiesa di Trento. Dal XVI secolo assume funzione residenziale e vive il suo periodo più florido. Bernardo Clesio fa addirittura chiamare il Fogolino per affrescare una stanza. Dal 1544 assistiamo all'ascesa della famiglia Madruzzo. Viene ristrutturata la cinta muraria con la caratteristica merlatura ghibellina a coda di rondine. Con la morte di Carlo Emanuele Madruzzo, Principe Vescovo morto senza lasciare eredi legittimi, il maniero passa ad una delle eredi femmine, Giovanna Madruzzo in Wolkenstein. E poi al figlio Gaudenzio Fortunato Wolkenstein. I Wolkenstein ne mantennero il controllo fino al 1960 quando viene venduto all'attuale proprietario.
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Antichi mulini di CalavinoGli antichi mulini di Calavino costituiscono ormai un ricordo legato alla vita passata di cui purtroppo rimangono poche testimonianze. Rispetto agli altri paesi della Valle di Cavedine, Calavino è sempre stato caratterizzato da una ricchezza di sorgenti e corsi d’acqua che hanno contribuito allo sviluppo socio-economico e alla configurazione del paese. Per localizzare e ricostruire quello che una volta formava il cuore della vita artigianale del paese si è voluto creare un percorso che, attraverso sette pannelli, attraversa i principali punti dove si trovavano un tempo gli opifici. L’inizio del percorso è pensato nella zona del Bus Foran, dove la Roggia entra nel paese ed è collocata la bacheca introduttiva. Oggi buona parte della Roggia non è più visibile perché scorre al di sotto della strada, ma ci sono alcuni scorci dove la vediamo costeggiare le abitazioni. Il percorso passa dalla Piazzetta delle Regole, dove si gode di un’ottima visuale, per poi continuare nella parte vecchia del paese, il quartiere del Mas, cuore pulsante dell’artigianato di un tempo. Si stima che lungo la Roggia esistessero più di una trentina di mulini, destinati a diverse attività, che oggi sono purtroppo scomparsi e del quale restano poche testimonianze. I bambini della scuola elementare nella loro pubblicazione del 1981/82 elencano i mulini attivi a ricordo degli anziani e testimoniano che "Seguendo il percorso della Roggia possiamo ancora ammirare segni del passato: alcune grosse macine di pietra e frammenti delle grandi ruote di legno": sorprende come nel 1980 ci fossero ancora frammenti delle ruote di legno. --- Bibliografia: - pag. 47-48 di
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Antichi mulini del Borgo di VezzanoIl percorso "Antichi mulini del Borgo" va dalla località Naran fino a via Ronch, passando per via Borgo. È illustrato da una bacheca e 11 pannelli nei pressi degli 11 ex mulini che sfruttavano l’acqua della Roggia Grande ad inizio ‘900. L’acqua proveniente in parte da Covelo forniva già lì energia ad un mulino di cui si parla già nel 1244-47 e, superato Vezzano, continuava poi il suo corso alimentandone altri ancora a Padergnone fino a placare la sua corsa nel Lago di Santa Massenza. La presenza di mulini a Vezzano è documentata fin dal 1208 e si è fermata completamente nel 1979. Copia dei pannelli è collegata a questa risorsa ed il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
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Fucina AldrighettiLa fucina Aldrighetti era specializzata nella produzione di piccoli attrezzi. È stata fondata da Giobatta Aldrighetti (1831-1907), figlio del fabbro Giovanni Battista Vitale di Glolo nel Banale. Giobatta arrivò a Vezzano a servizio dei Morandi, poi si mise in proprio e sposò Luigia Tonelli di Vezzano con la quale ebbe 14 figli tra il 1855 ed il 1876. Proseguirono poi l'attività i suoi figli: Giacinto Giuseppe (1857-1937) ed Eugenio Gregorio (1862). Guerra, emigrazione ed infine negli anni trenta il sequestro dei metalli per la causa bellica, determinarono la chiusura del laboratorio. Quel che rimane oggi a testimoniare questa attività del passato, nel giardino privato è parte della “bot de l'òra”, accessorio indispensabile in ogni fucina, ed all’interno della casa di abitazione diversi particolari che il proprietario ha tenuto a recuperare alla memoria. Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
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Mulino CattoniSeguendo il corso d’acqua, rimanendo sempre nella parte sopra la chiesa di Ciago, si incontrava il secondo opificio; i coniugi Luigi Fortunato Cattoni (1864 - 1905) e Margherita Cattoni (1872-? figlia di Felice e di Teresa Eccel, altra famiglia di mugnai) furono gli ultimi proprietari che chiusero definitivamente i battenti ad inizio Novecento. L’edificio, che loro avevano acquistato dalle giovani figlie di Giacomo Cappelletti prematuramente scomparso, era suddiviso tra un piano terra dedicato al mulino, che ospitava “el castel” con gli ingranaggi, le macine in pietra, la “tramogia” (cono capovolto munito di fondo adoperato per versare i cereali nel macchinario), ‘l bùrat (macchinario per setacciare la farina e separarla dalla crusca) ed altri strumenti del mugnaio, ed un piano superiore destinato alla cucina ed alla camera da letto. All’esterno, sulla roggia, vi era un lavatoio. Una bella foto presumibilmente di inizio Novecento testimonia la presenza di due ruote e di un canale della doccia. Questo, grazie ad una leva, si poteva spostare dall’interno del mulino. La casa ha poi cambiato proprietari e per lungo tempo la parte del mulino è rimasta inutilizzata, salvo piccoli periodi come quello della seconda guerra quando vi ha soggiornato Vittorio Bertoldi, lo sfollato trentino che in quel periodo ha decorato la chiesa del paese. La grande ruota è andata pian piano decomponendosi fino a scomparire negli anni ‘60. Alcune foto scattate nel 1991 per il notiziario comunale ci mostrano quel che allora era ancora presente all’interno dell’edificio: il castello con i sottostanti ingranaggi, le soprastanti pietre molitorie (palmenti) ed il canale di uscita della farina, un setaccio (crivel). Un’altra foto fatta dalla scuola nel 2000 ci ricorda il lavatoio e una delle macine abbandonate, che ora decora un angolo del giardino riservato della casa. Purtroppo col tempo molto di questo è scomparso. La giovane famiglia che ora abita la casa ha compiuto recentemente lavori di isolazione dell’edificio sul fianco dove scorreva un tempo l’acqua della derivazione: scavando il tufo calcareo in quello che era il letto della derivazione è stata rinvenuta sul fondo una pavimentazione in selciato. Una grossa concrezione calcarea è ancora presente su un angolo dell'edificio dove l'acqua della derivazione iniziava a fiancheggiare la casa.
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Mulino CappellettiSu via di San Rocco, dall'altra parte della strada rispetto alla fontana accanto alla roggia, era attivo il mulino Cappelletti costruito da Antonio Cappelletti e dai suoi fratelli nel 1862 in sostituzione del precedente posto poco più in basso come riportato dalla mappa catastale asburgica. Nella dichiarazione prestata in quel frangente da “Antonio Cappelletti per sé e fratelli” all’Imperial Regia Pretura di Vezzano si legge: “I fratelli Cappelletti posseggono un mulino vecchio, mal composto, in disordine; essi intendono di mettere tale mulino che esistette sempre a ricordo d’uomo, e fu sempre in moto fino avanti pochi mesi…Domanda perciò con rispetto la facoltà di poter progredire nella riattazione del mulino. Osservano inoltre, che nel loro fondo erigono un avvolto da collocarvi carri, ed attrezzi da mulino…”. Il nuovo mulino corrispondeva alla parte giallina di casa Cappelletti di oggi (2019). Appena attraversata la strada una derivazione portava l’acqua alla “doccia” che con un bel salto arrivava alla grande ruota idraulica posta al piano di sotto. Questo mulino occupava due piani dell’edificio, di sotto c’era il castello con gli ingranaggi, le macine (palmenti, prede) e la tramoggia. C’era poi il buratto che col suo movimento meccanico separava la farina raffinata da quella grossolana, la quale passava ad un elevatore a cinghie (“senge”) che portava al piano di sopra la farina per essere reimmessa nella tramoggia e rimacinata. Al piano superiore veniva consegnato il grano da macinare. Altri strumenti posti su questo piano per la preventiva pulizia del grano prima che entrasse nella tramoggia, anch’essi mossi dall’energia idraulica per mezzo di cinghie, erano: il “trabatin”, una sorta di setaccio meccanico mantenuto in costante movimento per separare i chicchi dalle impurità e di seguito la “svegiatrice” (svecciatrice), anch’essa in costante movimento per eliminare anche i piccoli semi di un’erba come la veccia, che avrebbe dato alla farina un cattivo sapore. Grazie a numerose pulegge in legno, di diametro e spessore diversi, collegate alle varie macchine con le cinghie, il moto conferito dalla ruota idraulica poteva essere trasmesso secondo le necessità all’attrezzatura opportuna. Curiose sono le due porte d’entrata del mulino di uguale fattura, quella del piano superiore, ora all’interno dell’edificio sotto una terrazza garage, riporta sulla chiave di volta la data 1690. Si può ipotizzare che i due portali provengano dal vecchio mulino. Il mulino Cappelletti, inizialmente “a prede” (macine), conobbe un’evoluzione tecnologica nel 1942 con l’installazione di un sistema a due cilindri per macinare sia il “zaldo” (farina gialla) sia il “bianco” (farina bianca). I fratelli Augusto ed Ivo Cappelletti ricordano il lungo e lento percorso fatto con i buoi per andare a recuperare i due grandi cilindri di seconda mano fino a Mattarello: partenza alle tre del mattino per ritornare alla sera. In quella occasione fu installata anche una nuova grande ruota idraulica in legno dal diametro di 3-3,5 metri. Sia questi lavori straordinari, sia la costante manutenzione ordinaria richiedevano l’intervento di artigiani qualificati; tra loro quelli che più spesso lavoravano per i Cappelletti erano il fabbro Alfredo Manzoni di Vezzano, i falegnami Giuseppe Cimadom di Cadine e Giacinto Faes di Fraveggio. Nel 1953, in seguito alla ristrutturazione dell’acquedotto irriguo con la predisposizione delle girandole per l’irrigazione a pioggia che richiese lo sfruttamento di una maggiore quantità d’acqua, venne installata nel mulino Cappelletti una moderna turbina per convertire l’energia idraulica in elettrica, con presa d’acqua molto più a monte e racchiusa in una struttura metallica. Questa turbina, acquistata dall’officina Leitner di Vipiteno, poteva contare su un salto utile di 70 metri e una portata di 8 litri al min. sec.; compiva 1000 giri al minuto sviluppando una potenza di circa 6 HP. La roggia al tempo aveva una portata maggiore di oggi, ma era comunque indispensabile il rispetto di un calendario d’uso con orari cadenzati concordato tra consorzio irriguo e i Cappelletti, in particolare nei mesi di magra estiva, per garantire loro un adeguato apporto d’acqua durante la macinazione e ai campi al di sopra del mulino una sufficiente irrigazione. Verso il 1955 l’edificio venne ampliato della parte oggi tinteggiata in rosa e così la turbina finì all’interno dell’edificio. L’aspetto curioso è che da allora la roggia passa sotto questo edificio formando una cascata proprio sotto lo stuoino all’ingresso della nuova abitazione. Nel 1960 anche questo ultimo mulino di Ciago chiuse i battenti ed oggi non conserva nulla della vecchia attività; la turbina è stata venduta ad un collezionista friulano ed il resto è andato distrutto.
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Antichi mulini di CiagoIl fondamentale ruolo ricoperto dai mulini nella storia e nell’economia del paese di Ciago si rintraccia facilmente nelle testimonianze documentarie, orali e toponomastiche presenti ancora oggi. Il paese è infatti attraversato dal rievocativo tracciato della “Val dei Molini” che, trasformatosi in sentiero, un tempo costituiva una via principale che si collegava, mediante una rampa, alla strada sottostante, via di San Rocco. Lì la roggia attraversa la strada ed, in passato, vi era collocato un lavatoio - abbeveratoio posto in posizione parallela alla larghezza del tracciato che lasciava uno stretto passaggio per i carri al suo fianco. Ancora oggi parte di questo sentiero viene utilizzata frequentemente dai pedoni che si spostano fra via San Rocco e la chiesa, sono state abbandonate la ripida parte che raggiungeva il vecchio mulino Cattoni fiancheggiando la roggia e pure la ripida parte in basso alla quale si preferisce il Vicolo della rogia pur se privato. Il toponimo della “Val dei Molini” si lega alle tradizionali arti molitorie che venivano esercitate nel borgo almeno sino dal 1387. A partire da tale data si leggono le prime tracce della presenza d’opifici collocati lungo la roggia del torrente Valachel e di un certo «…Antonius de Veczano…». Le vicende dei mugnai e della macinazione dei cereali a Ciago rimangono celate sino al 1848, anno di richiesta per la costruzione di una chiusa sulla roggia ai fini dell’antincendio “A lato del paese di Ciago scorre una roggia che serve all’uso della macina in quel comune ...”. Successivamente furono resi pubblici la “Relazione Statistica della camera di Commercio e d’Industria in Rovereto per l’anno 1880”, testimoniante la presenza di tre mugnai, e la cartografia del 1860 (prodotta dal Catasto Asburgico) riportante ben cinque mulini. L’analisi della mappa attesta l’esistenza dei mulini Cattoni, Eccel e Zuccatti, il successivo spostamento di sede dell’opificio Cappelletti e la posteriore costruzione della fucina Lucchi. --- Per approfondimenti sono consultabili on-line qui: - Antichi mulini di Ciago - di Caterina Zanin e Rosetta Margoni - in
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Sentiero etnografico opifici storici della Valle dei LaghiPercorso fra gli antichi luoghi produttivi della Valle dei Laghi. In corrispondenza dei punti di interesse sono posizionati dei pannelli che descrivono brevemente quell'opificio storico sia in italiano che in inglese. Un qr-code presente sul pannello rimanda ad una pagina di approfondimento sul sito di Ecomuseo. Al percorso fisico si affianca perciò un prodotto editoriale consultabile qui:
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Centrale idroelettrica di Santa MassenzaLa centrale di Santa Massenza, l'impianto più potente del Trentino, sorge sulla sponda settentrionale dell'omonimo lago. Entrata in funzione nel 1952, è parte di un sistema articolato che, attraverso una vasta rete di gallerie, condotte forzate e opere idrauliche, porta l’acqua dalle cime dell’Adamello al Lago di Garda. La spettacolare sala turbine, con un volume di oltre 150.000 metri cubi, è interamente scavata nella roccia a 600 metri di profondità. Per visitarla consultare il sito di