Come si può notare da questa foto panoramica al tempo Vezzano era completamente circondato da vigneti.
La strada Trento-Riva passava per il centro abitato ed al bivio nord per Ciago era presente una grande croce lapidea lì posata nel 1851.
Sono presenti ambedue le case INA, una sulla strada di Fraveggio e una su quella di Ciago. Le case INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni ) sono state costruite in tutto il territorio nazionale tra il 1949 e il 1963 con un intervento dello Stato italiano per favorire il rilancio dell'attività edilizia, l'assorbimento di un considerevole numero di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito.
Possiamo notare anche la presenza del campo da calcetto parrocchiale dietro la chiesa e la presenza di alcune case nuove nelle aree periferiche del paese.
A volte indicato come "Edizioni foto Fedrizzi - Riva del Garda".
Nelle cartoline presenti nell'Archivio della Memoria troviamo "Foto Fedrizzi" talvolta abbinato a
In questa foto panoramica Vezzano è circondato dai vigneti e non vi sono edifici ad est di via Roma, dopo il municipio.
Il chiarore della strada verso Fraveggio e dei ghiaioni sulla strada di Ranzo fanno pensare ad una strada in fase di costruzione o ultimata da poco, di qui la datazione della fotografia.
La costruzione della strada verso le gallerie ai Gaggi ed ai 5 roveri e poi fino a maso Rualt nei pressi di Margone è iniziata verso il 1947 ad opera della dalla Società Idroelettrica Sarca Molveno (S.I.S.M.) in funzione della realizzazione della Centrale idroelettrica di Santa Massenza, nei primi anni '50 il Comune ha poi realizzato il collegamento con Ranzo.
Cartolina non viaggiata di 14,6 x 10,5 cm con intestazione “Vezzano m 386 (Trentino) Panorama.
Osservando con attenzione lungo le case sulla destra si può notare il canale di carico della "bót de l'òra" della fucina Morandi.
Sono elementi architettonici ormai scomparsi le scale esterne sulle case in primo piano.
Sui dossi brulli si nota la presenza del pino nero introdotto qui come in tutto il Trentino ad ondate successive, a partire dal 1885 e fino al secondo dopoguerra.
La fucina Morandi si occupava della lavorazione del ferro ed aveva annesso il “travai”. All’interno di questo edificio il tempo si è fermato, la fucina rimodernata negli anni ‘40 per convertirla all’uso dell’energia elettrica ha funzionato fino agli anni ‘60, poi i Morandi continuano ancor oggi la loro attività di fabbri in spazi più adeguati sempre a Vezzano. Dopo mezzo secolo di abbandono si vedono ancora tracce delle parti esterne (ruote idrauliche, doccia, tromba idroeolica) e diversi macchinari presenti all’interno sono ancora lì insieme ad ingranaggi, pulegge e cinghie che permettevano di utilizzare di volta in volta la macchina desiderata.
Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
Non sappiamo quando la lavorazione del rame ebbe inizio a Vezzano, è certo però che verso il 1922 essa era fiorente tanto che richiamò da Trento il ramaiolo Pietro Manzoni con i figli Antonio e Alfredo, originari di Vicenza, in qualità di dipendenti del signor Locchi, proprietario della locale fucina. Dopo una breve permanenza a Vezzano, i Manzoni si spostarono sulla roggia di Calavino per avviare un'attività in proprio. Verso il 1927 il Locchi vendette ai Manzoni il Iaboratorio artigianale. Nel 1975 i magli, mossi dalla grande ruota idraulica, batterono i loro ultimi colpi. lniziò così anche per i Manzoni l'era dell'energia elettrica, con macchinari moderni e partendo da fogli di rame bell'è pronti.
Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
Il piccolo Gianni, statunitense era andato a Lon per conoscere la famiglia della madre. Lì ha iniziato a soffrire di mal di denti, quindi è stato portato a farsi curare a Margone da don Plotegher. Qui lo vediamo con mamma Angelina e zia Olga che rientra sulla slitta dal sentiero dello Scal, al tempo l'unica strada di collegamento del paese col fondovalle.
La memoria su cartoncino leggero 6 x 10 cm è ritagliata in maniera irregolare.
Kaiserin Elisabeth, l'imperatrice d'Austria nota come Sissi, era la moglie di Francesco Giuseppe.
Nata a Monaco di Baviera il 24 dicembre 1837 è morta a Ginevra il 10 settembre 1898.
Cartolina non viaggiata.
Didascalia: Vezzano - Chiesa arcipretale - Mosaico di Marco Bertoldi - 1963.
Alla base del mosaico stesso si può leggere: ANNO DOMINI MCMLXIII - PAULO VI PONT. - M. BERTOLDI.
Prima della realizzazione del mosaico sulla lunetta era impressa in grande la scritta ora riportata nel mosaico: TEMPLUM HOC ANNIS 1904 - 1909 ERECTUM SANCTIS VALENTINO ET VIGILIO DICATUM EST, come si può osservare in altra foto presente in archivio:
Cartolina non viaggiata.
Interessante vista di Santa Massenza durante i lavori di costruzione della centrale idroelettrica: si nota l'interramento di una parte del lago ma non ancora la presenza degli impianti esterni.
Cartolina non viaggiata. Riporta la descrizione: Padergnone m. 286 - Trentino - La Chiesa".
Scorcio della chiesa curaziale antica padergnonese dei santi Filippo e Giacomo di prima fabbrica risalente almeno al 1520, raffigurata sul lato meridionale con l'affresco del San Cristoforo e il campanile, a valle del gruppo del Gazza coperto di neve.
Davanti alla chiesa, il vecchio Monumént dei Caduti, ora spostato sul lato est fuori campo dell'edificio sacro; fra la chiesa e casa Walzl, l'antico portico del Lunèl, ora demolito e recante l'alloggio per il vecchio albo comunale.
A sinistra, l'altura protourbana dei Crozzòi, sostenuta dall'alto muro, edificato intorno alla metà dell'Ottocento per far posto al primitivo tracciato dello Stradon, e ospitante un rudimentale traliccio di legno per la corrente elettrica che fa da contraltare a quello più moderno che s'intravede alla sua destra.
Questi "pali della luce" del 1921 sono una preziosa testimonianza dell'operosità dei nostri avi che realizzarono la rete di distribuzione dell'energia elettrica in paese costituendo il Consorzio Elettrico di Padergnone, investendo risorse proprie e molto lavoro di volontariato, compreso quello di andare nei boschi a tagliare il legname necessario, trasportarlo e piantarlo lì dove serviva, per poi passare tutto all'Enel nel 1964 con un indennizzo irrisorio per quanto realizzato.
Oltre il paese, il grande traliccio dell'alta tensione per il trasporto dell'energia anche fuori regione, ci testimonia la presenza della Centrale Idroelettrica di Santa Massenza entrata in funzione nel 1952.
Da queste informazioni si desume la datazione approssimativa della fotografia.
Il cementificio di Padergnone, sorto nel 1902 per volontà di Giuseppe Miori e del suo socio Graffer, frantumava le marne estratte dalla vicina Lasta dei Conti, dapprima a suon di mazza, poi avvalendosi di magli azionati dalla forza motrice dell'acqua della Roggia Grande. Nel 1924 venne installata una turbina (utilizzata inizialmente a turno con il Nuovo Mulino Miori) che trasformava l’energia idraulica in elettrica per: scaldare il forno, cuocere le marne, frantumare le pietre con la macina e perfino illuminare le abitazioni vicine. L’opificio, venduto nel 1943 alla famiglia Bassetti di Vezzano, fu adattato alla produzione di legname da opera e di imballaggi. Quest’attività andò scemando negli anni successivi portando alla sua chiusura negli anni ‘60– ‘70 del Novecento.
---
Bibliografia:
Per approfondimenti si invia alla lettura di pag. 371, 379 383-388,394 del testo qui consultabile:
Il percorso degli antichi mulini di Padergnone si snoda principalmente a partire dall’incrocio tra via XII Maggio e via San Valentino, attraversa i Vòlti dei Caschi, segue via Montagnola ed infine percorre via di Pendè. Lungo questo itinerario il visitatore può leggere i pannelli dedicati, scoprire la storia degli antichi opifici del paese e notare le differenze esistenti tra gli antichi edifici e quelli odierni.
Sono stati collocati sei pannelli illustrativi che descrivono le caratteristiche e le vicende dei seguenti stabili: “mòlin dei Pradi” e la sega del “tòf”, “mòlin del Pero”, “mòlin de la Giòana” e le pescicolture Miori, Nuovo Mulino Miori ed infine cementificio Miori (trasformato nell’ex segheria Bassetti) ed il perduto opificio della famiglia a Prato.
Nel corso dei secoli a Padergnone furono sicuramente attivi 4 mulini e 5 opifici costruiti lungo il corso della roggia che attraversa ancora oggi il centro abitato. Nel 1881 la Camera di Commercio e d’Industria di Rovereto testimonia la presenza di 3 mugnai attivi a Padergnone.
Diverse testimonianze si possono rintracciare e ricavare anche dalla lettura e dall’analisi delle leggi, diretta espressione dei bisogni e della necessità di regolamentare lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. È interessante ricordare in particolare l’articolo 78, presente nella copia posteriore della Carta della Regola del XVII secolo, che prevedeva la deviazione della roggia dal naturale corso sui prati, nei giorni festivi, da “un vespero ad un altro”. In tale periodo di tempo, era infatti proibito ai mugnai di far refluire l’acqua nel suo letto, per garantire il movimento della ruota del mulino, a meno che un Vicino non si trovasse nell’urgente bisogno di macinare il proprio grano.
La popolazione di Padergnone, ispirata dalla fede e dall’importanza socio-economica dei mulini, ha creato ed attribuito dei proverbi ai tre più antichi opifici del paese. Al “Mòlin dei Pradi” è stata associata la frase “Dio ‘l te aiuta”, al “Mòlin del Pero” il motto “Se ‘l podrà ‘l te aiuterà” ed al “Mòlin de la Giòana” il detto “El pòl se ‘l vòl”. Queste espressioni, pronunciate più volte a voce alta, imitano la velocità stessa della roggia che da lenta diventa sempre più rapida.
La tradizione locale ha riportato questi proverbi nel “Coro dei Molini”, un canto che ripropone con cadenza ritmico-musicale la potenza dell’acqua della Roggia Grande.
Si ringraziano per le preziose testimonianze e la collaborazione: Assunta Mauro, Pierluigi Daldoss, Maria e Valentino Sommadossi, Claudio Miori ed Ezio Bressan.
---
Bibliografia:
Cartolina viaggiata datata "Pad. 3 dic. 1927" con tre francobolli delle poste italiane da 10 centesimi e il timbro dell'ufficio postale di Vezzano del 5 .12.27.
L'immagine ritrae la porzione settentrionale della vasta zona padergnonese di Limbiach, immediatamente a nord dell'area odierna dei Due Laghi o Stretta, - che nella foto rimane in basso fuori campo -, lasciando sullo sfondo superiore il paese di Padergnone e le attigue pendici del Bondone.
Sulla sinistra si vede il luogo del Porto, dove stazionavano le barche da pesca, e la strada di Limbiach che, snodandosi a serpente, raggiunge l'abitato, transitando a valle del Doss Olivèr.
Sulla destra si scorgono le falde occidentali del Doss Alt o Cime con lo sbancamento della Lasta dei Conti, da cui si traeva il materiale per alimentare l'adiacente complesso dell'antico cementificio Miori e Graffer - anch'esso nella foto -, e dove nell'aprile del 1848 si minacciò di fucilare i catturati di Sottovi, prima di cambiare idea e di trasferirli a morire nella fossa del castello di Trento.
Nonostante la foto presentasse delle evidenti macchie ci è sembrata un valido documento. Le famiglie approfittavano della presenza dei fotografi girovaghi che spesso si spostavano nei paesi con tutta la loro attrezzatura per poter stampare e consegnare le foto ai loro soggetti. Erano foto - cartolina da mandare ai mariti in guerra e ai parenti emigrati.
Qui sono ritratti Giuseppina Zuccatti (1894) con i tre fratelli minori, in ordine di età: Assunta (1903), Clementina (1906) ed Enrico (1909); Mansueto (1897) era partito per la guerra.
È una delle famiglie storiche di Ciago, la presenza dei loro avi è documentata in paese fin da quando, nel 1564, il Concilio di Trento ha stabilito che il secondo nome, ovvero il futuro cognome, dovesse obbligatoriamente essere ereditario.
La cartolina riporta la descrizione "Ciago m. 573 (Trento)". Non è viaggiata.
Sul piazzale della chiesa vi erano tre ippocastani rigogliosi e sulla strada per raggiungerla erano da poco stati pianti i cipressi. All'interno dell'abitato c'erano diversi alberi fra cui i noci (le nogàre). Di fronte alla chiesa, la scuola, ora casa sociale, aveva una sola entrata, sul balcone. Molte case erano con sassi a vista.
Questa cartolina ricorda una solenne cerimonia religiosa in cui i fedeli portano lunghe candele. Si nota la presenza di tre preti, davanti a loro il coro esclusivamente maschile, dietro di loro una bambina con un mazzo di fiori e un uomo con un gonfalone abbassato. Sotto lo stemma sabaudo il portone è aperto e ornato da due grandi drappi.
Non abbiamo informazioni certe su questa foto per cui possiamo fare solo ipotesi.
Potrebbe essere una processione ferma nei pressi di uno degli altarini che venivano costruiti tradizionalmente in ogni piazza in occasione delle processioni eucaristiche, che seguivano proprio questo itinerario.
Potrebbe essere un funerale partito proprio dalla casa con lo stemma sabaudo. Un tempo era d'uso in alcuni paesi della nostra valle che ogni famiglia partecipante ad un funerale ricevesse una lunga candela. Arrivati a casa, essa veniva tagliata in parti ed utilizzata per illuminare la casa e nel contempo ricordare il defunto.
Riguardo la localizzazione, è riconoscibile lo stesso scorcio già descritto nella foto
In questo scorcio possiamo notare diversi elementi interessanti: una pubblica fontana in pietra, due signore dai lunghi vestiti fino ai piedi che conversano mentre una di loro tiene al braccio due secchi e nell'altra mano un arcuccio, lo stemma dei Savoia sopra il portone e la vecchia cassetta per le lettere incassata nel muro, due ampie terrazze dai parapetti in pietra, un manifesto sul portone, la rete di illuminazione pubblica coi cavi volanti, la strada e la piazza sterrate, la scritta solo in parte riconoscibile "Piazza regina Elena", un tetto in primo piano e il castello di Madruzzo sullo sfondo.
L'antica "piazza di mezzo" assume questo nuovo nome dopo la revisione della toponomastica, dovuta dal passaggio del Trentino all'Italia.
La terrazza sulla destra è ancora oggi in parte presente sopra il negozio Grosselli, quella sulla sinistra è stata abbattuta nel 1956 per far posto ad un bar che a sua volta è stato abbattuto nel 1978 per diventare il giardino del "ristorante da Cipriano".
Candida Gentilini muore nella canonica di Calavino il 6 aprile 1891, dove viveva col fratello mons. Luigi Gentilini.
La memoria ricorda anche il fratello Augusto, cappellano di Lasino, morto nel 1871 "nella robusta età di XXXXI anni".
Il trigesimo è un rito funebre nel trentesimo giorno dalla morte del defunto.
Da notare che si fa riferimento a "Masi Lasino" e "Sarche Masi" in quanto "Pergolese" è un neotoponimo che appare ufficialmente per la prima volta il 23 agosto 1968 nel decreto provinciale n° 1568 R/B. Prima di questa data il nome ufficiale del paese era proprio "Masi Lasino".