Dietro la foto la dedica riporta:
"Alla nostra cara zia e cugini in segno di affetto e riconoscenza offriamo.
Angelina d'anni 21, Santa 19, Olga 14, Noemi 5".
Le 4 sorelle sono accanto alla tomba della loro mamma morta a seguito della Spagnola all'età di 43 anni, mentre era in attesa del tredicesimo figlio.
La tomba era coperta di ghiaino, circondata da archetti di legno, con in testa una crocifisso di ferro finemente lavorato davanti al quale c'era un rosaio. Intorno c'era prato. Sul muro di cinta verso il privato c'era una recinzione col filo spinato.
Le donne portavano scuri vestiti lunghi fino ai piedi, le bambine vestiti chiari più corti.
Il titolo corrisponde a quello posto sul retro della cartolina - VERA FOTOGRAFIA R. V..
La cartolina non è stata scritta, la data è presunta dalla presenza dell'edificio attuale Hotel Ideal (1919?) e dal formato della cartolina 13,6x8,8 cm (nel 1931 vengono autorizzate quelle da 10x15 cm).
In primo piano il rione del "Ghèto" (dove un tempo c'era il traghetto per l'attraversamento del fiume), il fiume Sarca col ponte; poi gli storici "casoni" "Nòf" (distrutto nel 1974), "Ros", "del Convent", "Gris" e pochi altri edifici; più lontano il Lago di Toblino con "la Toresèla", il castello ed il mulino, sullo sfondo Padergnone e Calavino.
Il piccolo Salvatore si nasconde nella rientranza di un portone. Il gioco "scondiléver" era molto praticato dai bambini che si muovevano liberamente in giro per il paese senza distinzione fra spazi pubblici e privati. Come a nascondino c'era una "casa" (tana), chi "stava sotto" contava fino a "61 più nessuno", non c'era però il "libera tutti" e l'ultimo preso doveva contare al turno successivo.
In primo piano i coscritti del paese nati nel 1937.
La strada era selciata.
Sullo sfondo si intravede la chiesa.
Il gioco dello "scondiléver" è testimoniato anche da Gemma Comai di Vigo Cavedine in questa intervista:
Famiglia sul balcone con ringhiera artigianale in legno. La casa è in sassi a vista, sulla soffitta ci sono le tipiche finestre aperte per arieggiare l'ambiente, dette "bochéri".
Demolizione del "baracon" dei Cattoni (Bepeti), che ormai da tempo avevano lasciato il paese.
Il Comune aveva acquistato questo fienile allo scopo di demolirlo per realizzare una nuova piazza accanto alla vecchia.
Dietro si intravede un poggiolo con sotto una delle tante concimaie sparse nel paese.
Le concimaie erano vasche per il deposito del letame che veniva poi utilizzato per concimare i campi.
In questo tratto del paese di Lon, la vecchia piazza, era presente un antico portale che racchiudeva il cortile di una casa, ed incorporava un grande capitello. Sotto l'arco si vede una donna dal nero vestito lungo fino ai piedi. Sulla destra due "bène" sono appoggiate all'alto muro di sostegno dell'orto. Di fronte, un cancello costruito con sottili pali chiude l'accesso ad un portico.
La strada è sterrata ma davanti al capitello e nei cortili interni si intravede il selciato (in dialetto "salasà").
In questo capitello, poi distrutto nel corso dei lavori di ristrutturazione verso il 1970, era presente un dipinto raffigurante San Rocco. Durante il Corpus Domini e la Via Crucis questa era una tappa fissa dove ci si fermava a pregare, ed il 17 gennaio, ricorrenza di Sant'Antonio abate protettore degli animali e del paese, davanti ad esso veniva portato il bestiame per essere benedetto dal sacerdote.
Il carro trainato dal bue è fermo nei pressi della chiesa di Lon, dietro si vedono i dossi di nuda roccia.
Da notare l'abbigliamento dei bambini seduti sul carro, pesante rispetto alla stagione.
Quattro ragazze portano la statuetta della Madonna da collocare nel capitello fatto qualche anno prima sulla strada per il Monte Gazza, al bivio fra Ciago e Covelo. Intorno si muovono altri partecipanti alla solenne cerimonia.
Due musicisti dilettanti suonano fisarmonica e chitarra sul poggiolo davanti alla porta della cucina. Sotto quel poggiolo, che collegava la strada alla cucina/entrata della casa, scorreva la roggia e c'era la grande ruota idraulica del mulino di Cappelletti Remo. La casa sarà poi ampliata.
La foto è stata scattata sul bivio per entrare nel paese di Fraveggio, realizzato con la costruzione della nuova strada Fraveggio - Lon/5 Roveri, strada costruita in funzione delle gallerie a servizio della costruenda centrale idroelettrica di Santa Massenza. Sopra quel muro verrà posto il crocefisso in pietra che ancora oggi, seppur riposizionato, si trova su quel bivio.
Una bimba abbevera i fiori con un piccolo annaffiatoio metallico, un gioco che è scuola di vita.
Il vestito era quello tipico del tempo per i giorni di festa: gonna a pieghe di lana nera, blusa bianca con collo alla marinara, fiocco sui capelli.
Filastrocca tradizionale dialettale per imparare i giorni della settimana con divertente finale a sorpresa.
Testo originale:
Luni luniòl,
marti san Grigòl,
mèrcol ho fat el pan,
zòbia ho fat la bugàda,
vèndro la s'ha sugàda,
sabo ho petenà la testa al me Zoàn,
ma sì che 'l la gavéva!
Traduzione
Lunedì lunedì,
martedì san Gregorio,
mercoledì ho preparato il pane,
giovedì ho fatto il bucato,
venerdì s'è asciugato,
sabato ho pettinato la testa al mio Giovanni,
ma si che ce l'aveva!
La registrazione è stata fatta con il cellulare parlando del progetto "Giochi e filastrocche" promosso da Ecomuseo in collaborazione con le scuole della valle.
Nelle cartoline presenti nell'archivio della Memoria troviamo "Foto Edizioni Ghedina Cortina" e "Foto Edizioni Ghedina Cortina Riva del Garda", talvolta abbinato a "Foto Fedrizzi".
I Ghedina sono professionisti attivi fin dalla fine del XIX secolo.
Il capostipite di questa dinastia di fotografi è stato Giacinto Ghedina che aveva il suo laboratorio fotografico a Cortina d'Ampezzo alla fine dell'Ottocento ed era specializzato nelle riprese dei paesaggi dolomitici. Egli fece della fotografia una seconda professione, inizialmente esercitata come un passatempo accanto al duro lavoro della campagna o della falegnameria, base dell’economia ampezzana.
Il figlio Giuseppe Ghedina Basilio (Cortina d'Ampezzo, 25 ottobre 1898 - 1986), azzurro d’Italia, fu legato oltre che allo sport dello sci, del bob, dell’alpinismo e del fondo, alla fotografia e contribuì a far conoscere al mondo il nome di Cortina d’Ampezzo, come stazione di sport invernali. Durante la seconda guerra mondiale fu ingaggiato dall’Istituto Luce per filmare la situazione del fronte in Grecia e in Albania. Amante del bello e di quanto la natura offre di splendido, Giuseppe Ghedina immortalò prima nelle lastre e poi nelle pellicole i più bei panorami delle montagne d'Europa.
Ha seguito la passione del nonno, il nipote omonimo Giuseppe Ghedina; dal 2006 fotografo professionista, è specializzato in fotografia di montagna: fotografia panoramica, paesaggio, reportage e sport.
Fonti:
Fotografo ed editore in Trento. Utilizza la sigla F. A. T.
Lo Studio Ambrosi fu fondato da Francesco Ambrosi (1887-1982) che nel 1909 aprì una cartoleria a Trento e negli anni successivi diventò anche fotografo ed editore di cartoline illustrate del Trentino con la sigla F.A.T. (Francesco Ambrosi, Trento).
Dal 1945 lo affiancò il figlio Luigi (1920-1986), e poi proseguì il nipote Pierfrancesco.
L'archivio dello Studio Ambrosi, composto principalmente di cartoline raffiguranti paesaggi, città, monumenti del Trentino, databili tra gli anni Trenta e gli anni ’70 del Novecento è stato acquisito dalla PAT nel 2006.
Fonte: https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Archivi/Archivio-fotografico-storico-provinciale/Patrimonio
Fotografo ed editore delle sue cartoline, lavora a Trento a cavallo tra il XIX e XX secolo. Oltre ai panorami , eccelle anche in un settore di nicchia quale le foto di attività produttive, commerciali e servizi pubblici.
Maggiori informazioni su
Bambola di plastica di 46 cm con braccia, gambe e testa collegati fra loro tramite elastici che ne permettono il movimento.
In posizione verticale tiene gli occhi aperti, da sdraiata li chiude.
I capelli sono realizzati in rilievo sulla plastica.
Non riporta alcun marchio.
Abbigliamento fatto ai ferri.
Bambola di gomma di 28 centimetri con braccia, gambe e testa mobili regalata ad una bimba alla sua nascita.
Gli occhi si chiudono quando è sdraiata e si aprono se è in posizione verticale.
Sulla schiena ha inserita una trombetta cosicché premendo sul petto emetteva un suono.
La bocca, decorata in rosso vivo, ha un foro in cui si poteva inserire e togliere un succhiotto andato poi perso.
I capelli sono realizzati in rilievo nella gomma.
Non riporta alcun marchio.
Abbigliamento fatto ai ferri.
Sulla copertina in cartoncino leggero è inserito un cestino in paglia intrecciata contente paglia e oggetti in cartoncino.
Vi compare il prezzo di vendita al negozio Bassetti di Fraveggio: 30 lire.
Nella seconda di copertina troviamo: Cappuccetto rosso, dalla favola di G. Perrault, versione di A. Mingucci, disegni di E. Tonelli, Editrice Vecchi S.R.L. Milano, Collana Piccolo Fiore.
Nella terza di copertina troviamo la data di pubblicazione: 1952.
La storia viene narrata in 10 pagine illustrate con 32 strofe in rima, mostrando una grafica tipica del tempo e l'uso delle rime molto utilizzato allora. Misura 16x24 cm.
La collana in sfere di plastica della dimensione di 1,5 cm poteva essere smontata e rimontata grazie ad una giunzione sporgente da un parte ed un foro in cui inserirla dall'altra. Il costo di vendita al negozio Bassetti di Fraveggio era di 120 lire. Oltre alla collana bianca prezzata se ne conserva anche una verde.
Confezione in plastica 16x14 cm contenente fiori in plastica agganciabili fra loro per formare collane. Prodotto brevettato della CVM - MADE IN ITALY - Hollywood Novelty. Sul retro della confezione riporta, al contrario, una celebre locuzione latina: "flectar non frangar", vale a dire "mi piegherò ma non mi spezzerò",
La collana era in vendita al negozio Bassetti di Fraveggio al prezzo di 120 lire.