Indumento intimo femminile per la notte. Erano lunghe fino al polpaccio, e pesanti questo perché le stanze da letto erano umide e fredde. Assieme alla camicia da notte la donna indossava anche la cuffietta per riparare la testa dal freddo e mantenere intatto “ ‘l crucol”.
Per il confezionamento delle lenzuola si utilizzava, oltre il cotone anche la tela di canapa che però risultava più pesante e ruvido. Il lenzuolo utilizzato per coprire il materasso era semplice di fattura, mentre il lenzuolo di sopra era arricchito almeno di un pizzo.
Indumento prevalentemente maschile. Era un manufatto eseguito dalle donne. Nei pochi momenti di riposo ( durante le ore del filò)si apprestavano al loro confezionamento.
Era sempre utile avere in cucina un secchiello, serviva non solo per anare a prendere il latte, ma anche come contenitore di alimenti liquidi che si dovevano conservare al fresco sul davanzale della finestra. Serviva anche per portare ad un parente una minestra calda ecc…
Per ridurre e tritare in piccoli pezzi gli alimenti, soprattutto il sale. I pestelli, utilizzati nelle famiglie contadine erano prevalentemente di legno, mentre nelle famiglie più agiate potevano essere di marmo o di pietra levigata.
Consiste in un piccolo quadrato di tela ricamato con un foro al centro realizzato appositamente per coprire il piatto del lampadario. Si usava sia in cucina che in camera da letto.
Apparecchio per la cottura dei cibi. Nella “portèla” (piccola porta), in alto a sinistra si introduceva la legna, mentre da quella posta in basso si estraeva la cenere. Sulla destra il forno, il passamano in ottone e sopra il piano in ferro con l’apertura formata da diversi cerchi per introdurvi la pentola. Sul lato destro l’immancabile vaschetta per l’acqua calda che s’inseriva all’interno della “fornèla”. Dal piano orizzontale s’innalzava ‘l canon (tubo fatto di lamiera di ferro e successivamente smaltato) che portava il fumo nel camino. Intorno alla fornèla c’era “ ‘l fogolàr” rialzato dal pavimento su cui era collocata una panca ad angolo.
Macchinario in legno utilizzato per lavorare i bozzoli del baco da seta. Nella parte sottostante, in muratura, c’era il focolare che riscaldava l’acqua posta in un recipiente di rame. Quando l’acqua era abbastanza calda vi si gettavano i bozzoli, questi si disfacevano ed un apposito marchingegno raccattava i filamenti di seta che raccolti e passati attraverso dei ganci terminavano sull’arcolaio per farne delle matasse.
Una particolare macchina munita di una ventola mossa a mano che faceva volar via le impurità (pula) dei chicchi di frumento. Dopo quest’operazione i chicchi erano finalmente pronti per “èser secàdi” e affidati al molinèr per essere macinati. Il macchinario era in uso trenta o quarant’anni fa soppiantato dalla trebbiatrice meccanica. Componenti della macchina: le pale, la maneta, el tambur, la grada.
Era il metodo adottato per la costruzione di pareti e soffitti interni alla casa, era un composto di “calcina” e paglia che mescolate assieme formavano un impasto con un buon potere legante. Le “pareane” ossia le tramezze che dividevano i siti interni si costruivano attraverso un’impalcatura in legno con robusti pali verticali fissati al pavimento, su questi si realizzava un doppio graticcio di listelli. L’intercapedine che cosi si formava era riempita con l’impasto sopra descritto, talvolta per riempire si utilizzavano anche gli strami e “ sgraoi” (tutolo), infine, si intonacava con l’intonaco di calce.