Utilizzata per servire il caffè. Questo tipo di tazzina era alquanto piccola, elegante e decorata con motivi per lo più floreali. La sua ristretta forma dipendeva dal fatto che la bevanda del caffè era costosa e pertanto necessitava una modesta consumazione. Questo tipo di tazzina era utilizzato in occasioni di feste
Di varie forme e misure, utilizzati per coprire le varie pentole. Quando non erano in uso venivano posti in una rastrelliera appesa al muro accanto alla fornela (cucina economica).
Utilizzati per servire liquori. Era in uso offrire all’ospite un grappino o un liquore fatto in casa dalla massaia (nocino, maraschinLa grappa era distillata presso la Cooperativa che ritirava dal vignaiolo le vinacce, questi era retribuito con alcuni litri di acquavite. Con questa la donna preparava i liquori sopraddetti.
Lo zaino era prevalentemente un manufatto maschile. Era utilizzato per svariati usi. Per scendere a Masi di Lasino (Pergolese) in occasione della vendemmia, vi si riponevano oltre agli alimenti da consumare durante la giornata, anche gli attrezzi che necessitavano per i lavori agricoli. Per salire in montagna in occasione della fienagione, la massaia il giorno avanti la salita in quota preparava lo zaino che conteneva, in aggiunta alle vettovaglie, anche alcuni oggetti che potevano servire durante il periodo di permanenza (una candela, fiammiferi, tabacco, orzo abbrustolito, un piccolo tegame, una scodella ecc..)
Serviva per oliare il meccanismo della macchina da cucire. Quest’ultima era presente in quasi tutte le case, le donne economizzavano per poterla comperare e così poterla utilizzare per la realizzazione del vestiario per tutta la famiglia.
Posta a fianco della testiera del letto conteneva l’acqua santa. Prima di coricarsi e al momento di alzarsi era usanza cristiana farsi il segno della croce utilizzando l’acqua santa contenuta nella piletta. L’acqua era benedetta il Sabato Santo e conservata gelosamente in una bottiglietta. Di volta in volta questa si introduceva nella conchiglia formante la piletta. Le pilette erano di fattura molto aggraziate, sulla parte superiore, piatta, riportavano decori a smalto o in bassorilievo riproducenti immagini sacre. Un forellino permetteva di attaccarle alla parete.
Serviva per cucinare soprattutto arrosti e carni al forno. Recipiente con i bordi non tanto alti e senza manici. Aveva solamente un anello che serviva per appenderla al muro.
Il crocifisso da tavolo, prevalentemente da camera. Si utilizzava quando il sacerdote veniva in visita al malato e si poneva assieme a due candelabri su un tavolino predisposto per l’occasione.
Recipiente di vetro di forma ovale, con collo allungato e panciuto in basso,rivestito di paglia. Conteneva il vino da tavola. Sempre presente sul desco. Il vino era la bevanda più consumata dagli uomini che lo producevano in proprio.
Arnese con fondo bucherellato usato per colare il caffè. In questo caso il colino aveva una fittissima trama poiché il caffè preparato in un pentolino doveva essere filtrato per bene dai fondi.
Supporto per la candela. Di diverse forme e materiale. Utilizzato soprattutto nelle stanze da letto, posto sul cassettone e sul comodino. I più raffinati ed eleganti erano impiegati in occasione della visita del sacerdote, per amministrare il sacramento della comunione o dell’estrema unzione. Si preparava un tavolino ricoperto da una tovaglietta bianca su cui erano posti due candelieri con le candele accese, un tovagliolo bianco, una coppetta contenete acqua santa nella quale era posto un ramoscello di verde per aspergere l’acqua.
Servivano per coprire la fiammella della lucerna e per intensificare la luce. Il vetro era finissimo e molto fragile.Potevano essere di forma differente secondo la lucerna. Il vetro serviva anche come protezione per la fiamma, senza diventava motivo di pericolo per eventuali incendi .
Mestolo bucherellato, usato per schiumare i liquidi in bollore o per togliere le vivande dal liquido di cottura. Dopo il suo utilizzo era riposto sopra una griglia accanto alla cucina economica, alla portata dell’uso.
La curaziale dipendeva dalla parrocchia di S. Lorenzo in Banale. È larga e corta ed ha tre navate. L'abside presenta costoloni gotici. La parte centrale è datata 1537, la laterale sinistra 1924, la destra 1948 ed il campanile 1557.
Nel suo interno un popolaresco quadro ex voto ricorda la frana caduta dalle "Cruze al tof de la confin", verso Margone, durante la processione delle prime rogazioni, senza causare vittime (12 maggio 1890).
E' situata a nord-est del paese e si eleva sopra il colle di S.Pietro, dal quale domina l’intero abitato.
Dagli atti visitali del 1769 possiamo riscontrare che la chiesa era dotata di un altare maggiore, ubicato ad occidente con la porta d’ingresso ad oriente. Oltre all’ altare maggiore, esistevano altri quattro altari forniti di mensa in pietra.
Nel 1855 la comunità di Lasino promuoveva l’ingrandimento della chiesa, come risulta dai documenti di perizia e dai progetti depositati presso l’archivio parrocchiale. I lavori non furono immediatamente eseguiti, ma si dovette attendere il 1872 per dare il via alla fabbrica. La consacrazione del nuovo ed ampliato edificio sacro avvenne il 22 novembre 1881. Parte degli arredi interni proviene dalla chiesa Madonna del Carmine delle Laste di Trento, in particolare i due altari vicino al presbiterio, uno dei quali dedicato a S.Giuseppe ed ospitante la pala “Riposo durante la fuga in Egitto” di Andrea Pozzo.
L'antica chiesa di Brusino sorge nella parte bassa del paese e la struttura architettonica fa pensare ad un origine medievale.
Non abbiamo notizie certe sulla data di costruzione ma è menzionata per la prima volta negli Atti Visitali del 1537 e la sua consacrazione è registrata in data 18 ottobre 1539. Era allora dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano.
Nel 1575, dopo le numerosi morti per peste fu aggiunto come protettore San Rocco; la devozione particolare a questo santo ha fatto si che sia chiamata semplicemente chiesa di San Rocco.
La facciata principale, a doppio spiovente, è suddivisa da cornici, ha un portale in pietra rossa orato da motivi floreali datato 1629, un frontone ricurvo.
L'interno si presenta con una navata centrale e due piccole navate laterali.
Il campanile, in stile romanico, si trova a fianco del presbiterio sul lato Sud e risale al periodo 1620-1644. Ha una cella campanaria a bifore ed il quadrante dell'orologio con un'unica lancetta. Dello stesso periodo è la costruzione della cappella a settentrione dedicata ai santi Carlo e Romedio. Successivamente vi sono poi stati aggiunti la cappella a Sud, la sacrestia, un ripostiglio, l'abside col coro.
Con la consacrazione della nuova chiesa nel 1954, questa è stata abbandonata divenendo un semplice deposito agricolo. Nel 1977 è stato poi effettuato un primo restauro ed uno più consistente nel 1998/99 che ne ha permesso la riapertura al culto.
Il 16 settembre 2001 è stata posta nella nicchia dietro l'altare maggiore la statua della Madonna Addolorata realizzata da Giuseppe Moroder nel 1903 (copia della scultura presente nel Duomo di Trento) ed in suo onore fu dedicata la chiesa (a tutt'oggi però nessun documento ufficiale identifica questa chiesa con tale nome).
La solenne inaugurazione risale al 26 settembre 2004.
Fonte: pag. 415-417 di
All’inizio degli anni ’60 la vecchia chiesa dei santi Filippo e Giacomo cominciava ad essere troppo piccola per le esigenze del paese e cominciava a diffondersi l’idea di costruirne una nuova, ampia e funzionale, soprattutto grazie all’iniziativa dell’allora parroco di Padergnone Don Luigi Flaim.
Nel 1962 l’architetto Carlo Keller vinse il concorso per progettare la nuova chiesa; la sua idea era piaciuta per la linea architettonica pulita e l’utilizzo di materiali locali come la pietra rossa di Calavino (diventata bianca con il tempo).
Nel 1964 cominciarono i lavori nella località “Ave” di fronte al vecchio municipio, area individuata come ottimale per la costruzione della nuova chiesa. Il 26 luglio dello stesso anno è stata benedetta la prima pietra da Sua Ecc. Mons. Oreste Rauzi, allora vescovo di Trento; la pietra si può tutt’ora individuare entrando in chiesa, sulla destra dell’ultimo scalino, con incisa la data.
All’interno della chiesa sono presenti diverse opere in bronzo realizzate da Don Luciano Carnessali, come il portale d’entrata, raffigurante le varie tappe della messa; il battistero, rappresentante il pozzo della samaritana; il tabernacolo, con un’incisione raffigurante il pane eucaristico che irradia luce e forza dal mondo; ed infine delle piccole opere che raccontano le tappe della via crucis.
Il crocifisso in legno, ritraente Cristo su uno sfondo dorato, è opera del pittore Carlo Bonacina.
Le vetrate laterali sono state sostituite pochi anni fa, rappresentano tutti i colori della pace; la vetrata sopra il portone di ingresso è invece opera di Mario Parisi e rappresenta la Madonna della Pace.
L’altare è in marmo bianco di Lasa.
La prima Messa nella nuova Chiesa è stata celebrata da Padre Ruffino Miori domenica 7 luglio 1966.
Il primo maggio 1968, con una solenne processione, è stata trasportata dalla vecchia Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo alla nuova Chiesa la statua della Madonna della Pace.
La nuova Chiesa è stata ufficialmente dedicata alla Madonna della Pace domenica 30 giugno 1968, e consacrata lo stesso giorno da Sua Ecc. Mons. Alessandro Maria Gottardi, allora arcivescovo di Trento.
Bibliografia:
- Don Luigi Flaim, “La nuova chiesa di Padergnone dedicata alla Madonna della Pace”, Arco, 1993
Nota anche come Santuario della Madonna dell'Aiuto, è stata costruita nel 1888 e ampliata 11 anni dopo. Nel 1929 fu ricostruita e fu fatto anche il campaniletto. Ta il 1982 ed il 1988 è stata restaurata. Vine aperta il 24 maggio in occasione della santa messa in onore della Madonna Ausiliatrice.
Fin dalla struttura originaria intorno all'altare sono affrescati angeli oranti.
Presenta un soffitto a volta riccamente affrescato e riportante molte lodi mariane. Alle pareti sono presenti 14 quadretti con le stampe della Via Crucis. Sull'altare, dal 1952, troneggia una statua lignea policroma della Madonna.
Fonte: pag. 454-457 di