Documento scritto dalla comunità alle autorità chiedendo aiuto a seguito di una violenta grandinata che, il 13 settembre 1902, colpì le coltivazioni di Vezzano, Fraveggio e Lon.
La richiesta di aiuto ammonta a 82.000 corone.
Registrazione estemporanea realizzata col cellulare durante una passeggiata per tramandare un giochino che i bambini fanno da tempo immemorabile con la capsula dei papaveri sfioriti per timbrarsi un “orologio” sul polso. Ai più piccoli lo fanno i più grandi o gli adulti che li accompagnano. Mentre si tiene premuta la capsula sul polso si recita per tre volte una breve filastrocca: “Ból, ból bèl, fame deventar bèl.” Staccata la capsula il suo disegno rimane impresso sul polso a mo’ di orologio.
Un'altra versione della filastrocca è contenuta al n. 7 del fascicolo
E' dedicata ai santi Filippo e Giacomo minore. Non si possiedono notizie certe relative alla data effettiva dell'edificazione però viene citata, per la prima volta, nel 1535 in una pergamena.
Nel corso dei secoli furono apportate numerose modifiche che mutarono il suo aspetto.
Nel 1630 diventa primissaria curata della Pieve di Calavino.
Nel 1958 divenne parrocchiale per poi cederne, nel 1968, il compito alla recente chiesa intitolata alla Regina della Pace.
La struttura dell’edificio è tipicamente medievale e presenta affreschi rinascimentali con posteriori modifiche barocche.
Al suo interno si ammirano affreschi raffiguranti Santa Caterina, San Sebastiano e la Madonna in Trono, mentre sulla parete esterna è rappresentato san Cristoforo.
Nella chiesa sono state costruite due cappelle laterali in onore dei santi martiri (Achille, Domitilla, Pancrazio e Nereo), antichi patroni della parte storica del paese, e di san Rocco, il protettore dalla peste. L’altare maggiore, riconsacrato nel 1782, è stato realizzato da artisti dell’ambito lombardo utilizzando delle tecniche che combinavano i colori di differenti pietre.
La chiesetta, dedicata al culto della Madonna di Loreto, è stata costruita nel 1645 dal principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo.
L’interno della chiesa si compone di un’unica navata con una piccola aula a pianta rettangolare, dipinta con un cielo stellato su sfondo bianco ed uno stretto ambulacro voltato, che gira attorno all'aula per tutto il perimetro . All'interno di questo trovano posto due cappelle con altare e pala (aggiunte al principio del XVII secolo).
Sul lato destro è presente una piccola sacrestia, aggiunta in un secondo momento.
Il nucleo centrale, al quale si accede attraverso due porte simmetriche aperte sui fianchi, racchiude la 'Casa di Loreto'. (fedele riproduzione della casa lauretana, riprende le misure, la finestrella con l’inferriata, le decorazioni pittoriche e l'organizzazione degli spazi).
Le pareti dell’aula sono dipinte e da un fondo in finti mattoni emergono in tutta la loro bellezza gli episodi della ,Vita della Madonna'.
L’altare maggiore marmoreo (metà del XVII secolo) custodisce una copia della 'Statua della Madonna di Loreto con Bambin Gesù' nella nicchia centrale.
Le due cappelle sono dedicate a San Thomas Becket (martire anglosassone) ed alla Sacra Famiglia.
Il campanile invece , eretto nel 1749, fu utilizzato da un gruppo di partigiani locali come stazione radio nel corso della Seconda Guerra mondiale.
Costituiva la sede principale della pieve della Val di Cavedine. La primitiva struttura lignea, eretta prima dell’anno Mille, fu sostituita tra il XII – XIV secolo da una di forma rettangolare in stile romanico.
Il restauro dell'inizio XVI modificò radicalmente la struttura dell'edificio. Dinanzi alla facciata principale venne eretto un pronao a colonne ed alcuni archi a tutto sesto che coprirono parte dell’affresco quattrocentesco di San Cristoforo.
La chiesetta odierna è il risultato di ulteriori modifiche apportate nel corso del Settecento e dell'Ottocento.
Santa Maria Assunta è caratterizzata da una navata, l’altare maggiore e due cappelle laterali donate dalla famiglia Madruzzo nel XVI secolo. Una di queste, la cappella Madruzzo, è stata adibita a sepoltura dell'omonima famiglia.
Per celebrare i Madruzzo fu realizzato nel 1549 un affresco, da un discepolo della scuola di Tiziano, raffigurante dieci membri della nobile dinastia.
L’altra cappella, dedicata al Rosario (seconda metà del XVII), offre alla vista affreschi rappresentanti i 'Quindici Misteri del Rosario'.
Sul lato sinistro della navata è appesa una pala del XVI secolo dipinta probabilmente dal pittore Marcello Fogolino. Inoltre sulla parete sinistra della chiesa si scorge un interessante pulpito ligneo risalente al 1726, in stile barocco.
Il campanile è l'esito di lavori e modifiche apportate in epoche diverse. La parte bassa di quest'ultimo, che apparteneva alla prima costruzione, venne innalzata nel 1537.
La chiesetta di San Siro sorge su un colle nei pressi del paese di Lasino. Se ne hanno testimonianze a partire dal 1307 (nell'antico Codex Clesianus) e fino al 1484 era dedicata a San Procopio.
Inizialmente la chiesetta si presentava piccola e bassa, rivolta da est a ovest, con un solo altare nell'abside. Le pareti di quest’ultimo sono state affrescate con rappresentazioni dei 'Dodici Apostoli', un 'Cristo Pantocratore,, i 'quattro Evangelisti' ed un vescovo( probabilmente San Siro risalente agli anni ‘70 del XIV secolo).
All'inizio del XVII secolo si hanno diversi ampliamenti e ristrutturazioni.
Oggi dell'edificio originale rimane solamente l’abside semicircolare, edificata a pietre squadrate a vista.
Il campanile rispecchia lo stile romanico mentre la parte superiore dell’edificio è stata costruita tra fine XIII ed inizio XIV secolo.
Invece il coro e l'apertura di finestre con l'arco acuto sono stati apportati nel 1890.
La fotografia è stata scattata probabilmente in occasione della cerimonia della posa della prima pietra del nuovo asilo infantile di Vigo Cavedine.
Sul retro della fotografia appaiono i seguenti nomi: Tullio Tabachin, Ubaldi, Giorgio Bolognani, don Livio, maestro Chesani, maestro Eccher, maestro Pederzolli, maestro Luigi Eccher, Saverio Comai.
La fotografia ritrae P.D. Bonifacio M. Bolognani Abate e Parroco di Finalpia. Nacque a Vigo Cavedine il 27 gennaio 1869 e morì a Finalpia il 5 aprile 1931.
La fotografia ritrae un gruppo di donne in un piccolo campo di fiori nei pressi della Chiesa di Pergolese. Sullo sfondo si notano le tipiche "arche" che venivano realizzate in occasione di particolari festività e/o ricorrenze. Sempre sullo sfondo è possibile notare alcune abitazione tipiche del luogo. Sul retro della fotografia appare la seguente descrizione: "Maria Molinari...le signore Comai di Vigo."
La fotografia ritrae un piccolo gruppo di suonatori. Lo scatto è stato realizzato a Pergolese nel 1956.
Sul retro della fotografia è presente la seguente descrizione: "Maria Molinari con Adriano Comai e figlio Vito, 1956".
La chiesa è caratterizzata da un artistico campanile in stile romanico, dotato di cuspide conica in cotto. Questo elemento è prettamente medievale e, nonostante i primi riferimenti scritti risalgano solamente al 1539, aiuta ad attestare le origini a quell'epoca.
Il porticato esterno attira subito l’attenzione dei curiosi: è costituito da volte a crociera sostenute da quattro colonne cilindriche (in pietra rossa locale) e da un pavimentato con un grezzo acciottolato.
Il 1703 con l’invasione del generale francese Vendôme, segna un tragico momento che viene ricordato ancora oggi per la sottrazione di una delle due campane.
Dalla metà del XVII secolo circa, Stravino ottiene la presenza stabile di un sacerdote che assicurava la regolare funzione delle celebrazioni.
La chiesa è stata soggetta a modifiche nel corso dei secoli che hanno condotto alla costituzione della struttura attuale.
Il locale interno è caratterizzato da una navata unica con due campate, divise da un arco a tutto sesto e coperto da volte a crociera. All'altezza del presbiterio si incontra un altro arco a tutto sesto di dimensione minore rispetto a quelli della navata. Sulla sinistra si apre il vano della cappella nella quale sono posti gli altari dorati lignei seicenteschi dei 'Santi Simone e Giuda e di San Mauro'. Nel presbiterio è ospitato l’altare maggiore (opera d’intaglio ligneo del tardo Seicento) ed al suo interno, sul lato sinistro, si ammira un ciclo d’affreschi cinquecenteschi rappresentanti le Storie di 'Sant’Antonio Abate'.
La costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Cavedine iniziò nel 1776, benedetta nel 1783 e consacrata ufficialmente solamente nel 1812. Si tratta di un edificio riccamente decorato ed affrescato.
L’interno (a navata unica) con brevi cappelle laterali è adornato da: marmi carraresi, capitelli corinzi, un coro intarsiato, affreschi e da una struttura architettonica che sovrasta il magnifico altare maggiore. Sono presenti anche quattro altari laterali, posti nelle rispettive cappelle, dedicati ai santi martiri Lorenzo, Stefano, san Giovanni, Madonna del Rosario, san Giuseppe e Madonna Addolorata.
In alto, sulla prima volta, è raffigurata la 'Cacciata dei Profanatori dal Tempio', mentre sulla seconda volta si scorge 'l’Incoronazione di Maria in Cielo', realizzata dal pittore Francesco Rovisi di Moena. Quest'ultimo è anche autore degli affreschi raffiguranti la 'Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci' ed il 'Martirio di Santo Stefano nel Presbiterio' e 'l’Ascesa di Maria Assunta nella lunetta absidale'.
La nicchia marmorea, che ospita il fonte battesimale, è abbellita dall'affresco del 'Battesimo di Gesù' ad opera di Giacomo Antonio Pellegrini.
All'esterno il campanile custodisce sei campane unite al cosiddetto "Campanò" : una sorta di tastiera che, collegata con dei fili di ferro alle cinque campane, riproduce il suono delle cinque note musicali: Do, Re, Mi, Fa e Sol. Invece la sesta campana è chiamata 'l’Agonia' ed è destinata all'annuncio dei lutti paesani.
Bibliografia
Sorge a sud del paese lungo l’antica strada romana 'la Traversara'. Ne abbiamo testimonianze scritte a partire dal XII secolo come cappella appartenente alla famiglia Madruzzo.
Durante i secoli ha subito vari ampliamenti e modifiche e a partire dal XIV secolo il luogo di culto viene indicato con il termine 'chiesa' e non più “cappella”.
La chiesa conserva l’originaria struttura dell’abside dipinta mentre le pareti, non affrescate invece, segnalano gli ulteriori lavori effettuati. La sagrestia fu aggiunta in un secondo momento.
L’interno a navata unica con due volte a crociera ospita un’antica mensa in pietra. L’abside regala alla vista degli affreschi (attribuiti all'artista Simone Baschenis) che rappresentano una 'Madonna con Bambino in Trono', alcuni santi, i quattro Evangelisti ed i principali 'Dottori della Chiesa'.
Sulla parete destra troviamo i resti di un antico altare che conserva una pala seicentesca rappresentante Sant’Udalrico.
Un pronao annesso alla facciata principale, sotto il quale passava la strada, crollò all’inizio degli anni 60, mentre venivano eseguiti i lavori per la realizzazione dell’attuale strada provinciale.
Nel 2001 è stata ristrutturata è riportata ai suoi antichi splendori grazie al lavoro del 'Comitato per il restauro della chiesetta di Sant’Udalrico'.
Una catasta di legna sta per essere tagliata a mano. Il signore ritratto in un momento di pausa appoggia la pesante scure (manàra) sul ciocco (ciòc). Una carriola è già piena di legni tagliati (stróssi). Poco distante una sega è appoggiata ad un cavalletto (càora) adatto a trattenere il palo mentre lo si sega. Tutto il lavoro veniva svolto a mano senza l'aiuto di nessun mezzo a motore.
La "càora" veniva usata anche dai bambini da cavalcare per gioco, tenendosi alle corna pur senza muoversi di un passo.
La casa sullo sfondo era stata usata fino alla metà degli anni '40 come bar con bocce e balera.
Sporgente dalla casa a fianco si vede il classico gabinetto del tempo.
La foto risale al più tardi al 1961, anno in cui è stata realizzata la piazza di Lon, qui ancora sterrata.
Sulla casa che si affaccia sulla piazza è visibile la traccia di una precedente insegna di quella che era l'osteria del paese fino alla fine degli anni '50. Nella casa a fianco si nota la presenza di una nicchia vuota che un tempo conteneva una Madonna.
Di fronte un letamaio e poco distante un gruppo di ragazzi. Dal lato opposto della strada, appoggiata ad una casa si nota una "bèna", grande contenitore per il trasporto di letame ed inerti che veniva posto sul carro.
Le persone sono inginocchiate verso il capitello della Madonna, le bambine che nell'anno avevano ricevuto la Prima Comunione sono vestite di bianco inginocchiate in gruppo. Altri fedeli seguono la cerimonia chi in ginocchio chi in piedi.
Piazza di Fiera era separata da Via Dante da un marciapiede.