La fotografia è stampata su cartoncino pesante la cui trama è visibile nella foto.
La presenza di militari insieme ai civili lungo la via fa presumere che la foto risalga al 1944-45, periodo dell'occupazione tedesca.
Si può notare come la pavimentazione della strada fosse in terra battuta e come l'energia elettrica veniva trasportata con cavi aerei.
Interessante la presenza di ben due erker in un tratto così breve di via. Essi sono tipici dei luoghi di area tedesca, utili per dare volume e luce ad una stanza e maggiore vista sull'esterno. Quello in legno non c'è più mentre quello in muratura all'incrocio fra via Dante e via Roma è ancora lì.
L’associazione culturale “S. Massenza, piccola Nizza de Trent”, è nata nel 2005 da un gruppo di persone residenti nella Frazione di Santa Massenza allo scopo di studiare e diffondere grazie alla ricerca le ragioni storico - culturali e gli eventi che hanno contribuito a creare le particolarità del paese di Santa Massenza.
Con il materiale raccolto e le testimonianze nel 2006 in collaborazione con: l’assessorato alla cultura della Provincia Autonoma di Trento, il Comune di Vezzano, l’Enel, i Distillatori e la Pro-loco di S. Massenza, La Cassa Rurale della Valle dei Laghi e singoli cittadini , è stata realizzata una mostra permanente intitolata Santa Massenza " UN VIAGGIO TRA TURBINE E ALAMBICCHI".
Un Viaggio tra le specificità di Santa Massenza. Fatte di contrasti e amenità. Per capire il perché dei mastodontici impianti idroelettrici e come il Trentino e la gente del posto ha risposto alle esigenze energetiche del dopoguerra.
Nel 2007 è stata realizzata la mostra permanete "Olivi Estremi" - foto storiche e documenti riferiti alla presenza dell’olivo e del suo prodotto in valle dei Laghi. Limite settentrionale massimo storico per la produzione dell'olio extravergine di oliva.
Nel 2008 in collaborazione con realtà istituzionali e private ha dato il via alla Manifestazione evento "La notte degli alambicchi accesi", ora riconosciuta manifestazione di rilevanza Regionale.
Il nome dell'associazione
"La Piccola Nizza de Trent"
Nei racconti appassionati degli anziani emerge tutta la poesia dei ricordi del paese di Santa Massenza affacciato sulla sponda del lago: la mitezza del clima, il porticciolo per le barche, i bagni nel lago, la pesca del luccio, il grande palazzo-albergo del Principe vescovo, le antiche distillerie, il vino santo, la coltivazione del broccolo e tanto altro ancora.
Tutto questo faceva di S. Massenza la “Piccola Nizza”, decantata dal poeta Trentino degli anni 30 Pranzelores.
Nel secondo dopoguerra “l’epopea idroelettrica” muta le sorti dell’Italia e del borgo con i suoi abitanti sotto vari punti di vista.
La nuova centrale, territorialmente strategica nel sistema energetico del Paese, muta i destini di Santa Massenza portando lavoro tanto prezioso nel difficile contesto del dopoguerra ma anche segnando profondamente la locale realtà territoriale.
Da quel momento il perenne moto delle turbine fa da sfondo all’impegno che gli abitanti dedicano alla valorizzazione dell’arte dei loro antenati, dando una connotazione particolare alla lavorazione dell’uva.
Questa lavorazione farà di questo luogo un episodio prezioso ed unico nel panorama della vitivinicoltura nazionale: “Il Paese della Grappa e del Vino Santo”.
Cartolina del paese di Lasino con il castello di Castel Madruzzo ben in evidenza sulla collina dello sfondo. Sopra, la Paganella. È stata spedita nel 1935. Si nota che non c'era ancora la strada provinciale che evita di passare per il paese e che in prossimità di quella che ora è l'entrata sud c'era, accanto all'asilo, il panificio con le sue ciminiere.
Fotografia dell'abitato di Lasino: sullo sfondo, oltre alla Paganella si nota il Castel Madruzzo. L'edificio a destra è l'ex scuola elementare. Sul retro, una dedica: "Contraccambio i vostri saluti, Pierina" datata 15 settembre del 1951, spedita a Torino.
Veduta della collina e della chiesetta monumentale di San Siro, con la strada che sale costeggiata da un muro di sassi, le stazioni della via crucis e la croce sulla cima. Alti cipressi seguono la strada che sale e si trovano sparsi anche nel giardino antistante la chiesetta. Sul retro della cartolina con una piccola dedica è indicata la data dell'8 marzo 1961 o 1962.
Chiesetta di San Siro in uno scatto che comprende anche i capitelli della via crucis e la croce sulla cima della collina. Sul retro della cartolina, oltre alla data del 28 agosto 1961, vi è scritto: "Vi sono vicino colla preghiera... coraggio. Tanti saluti e un bacione, un ricordo Giovanna ... Maria Rosa".
Cartolina scattata dalla collina dove si trova la Chiesetta di San Siro, proprio di fronte all'abitato di Lasino presente sullo sfondo. Sulla cartolina vi è indicata l'altitudine del paese, a 463 metri s.l.m. .
Giovanni Dorigatti è nato a Cavedine (Laguna) nel 1842 e si è trasferito a Lasino in tenera età, poiché il padre, Giovanni pure lui, faceva il "manènte", ossia il mezzadro, del signor Roberto Bassetti, cioè ne coltivava le campagne trattenendo per sé una parte del prodotto a pagamento del lavoro svolto. Stesso lavoro ha fatto poi anche lui.
Ha sposato Maria Caldini di Lasino ed ha avuto cinque figli: Pasquina (1876 - 1973, che ha sposato Cirillo Ceschini di Lasino, dei "Maibei"), Giuseppe (1873 - 1953 che ha sposato Zelinde Santuliana di Lasino), Gioseffa, detta Bepina (1871 - 1960 circa, poi sposatasi con un Bortoli trasferitasi a Calavino), e due Alessio morti bimbi (1880-1882, 1883-1889).
È morto nel 1933.
Appartenente al ramo dei Periòti della famiglia Dorigatti, veniva chiamato Nane Periòt. Si tramanda che il soprannome Periòt fosse stato dato al papà Giovanni (1810-1895) "Migolon" (soprannome di famiglia fin dal 1700), che, arrivato alla soglia degli 88 anni, a chi gli chiedeva quanti anni avesse rispondeva immancabilmente : "87 ma vago per i òt", cioè 87 compiuti ma sono nell'anno degli 88. Deve aver ripetuto questa frase così tante volte che quel "per i òt" è diventato "Periòt" sostituendo un ultracentenario soprannome di famiglia.
Grande appassionato di canto, musica e rime è noto per "Le maitinade del Nane Periòt", cantate da diversi cori di montagna, fra cui quello della SAT.
Su "L'Adige" del 15 febbraio 1972 Albino Zenatti descrive "La simpatica figura del Nane Periot" grazie alla testimonianza di tanti che ancora lo ricordavano. Veniamo quindi a saper che "Aveva uno strano modo di parlare, in rima, sciorinando proverbi o motti popolari. Assai spesso era interpellato dalla gente per dare un proprio parere, un proprio punto di vista, su qualche questione e ne usciva puntualmente una risposta rimata, ma satura di umanità, e di aderenza alle esigenze del momento." Ed ancora: "Era una istituzione e, benché fosse ritenuto un po' rivoluzionario ed austriacante, nessuno gli fece mai il benché minimo male, a causa appunto della sua natura poetica e ... profetica." "Ai primi soldati italiani giunti in paese che gli chiedevano, nel 1918, se era contento della liberazione, calmo rispose: "I todeschi i go avudi per settanta sei ani, speté che en pasa altrettanti e pò ve dirò se se meio o pezo!"" "E lui tranquillo continuava, anche in età assai avanzata a lavorare ed a cantare le sue ormai celebri canzoni, senza aver riguardo per nessuno."
La processione lascia il colle della chiesa di Covelo per scendere in paese. Si possono notare la classica disposizione della sfilata, le tuniche bianche-blu della confraternita che porta la statua, le donne in nero col crocefisso e i ceri. Si intravedono le tradizionali arche in rami di pino.
Sullo sfondo, appoggiato alla casa, l'assito di un carro, testimone dell'uso ancora vivo di questo mezzo di trasporto.
La piazza di Fraveggio risale presumibilmente al 1882 da quanto riportava un'epigrafe posta sulla parete della canonica che dà sulla piazza che, secondo la testimonianza lasciata da Onorino Faes, recitava: "All'Illustre Conte Enrico Sizzo de Noris donatore in parte dell'area di questa piazza. 1882".
È intitolata al Brigadiere Giovanni Bressan, nato a Fraveggio nel 1909 e ucciso durante un inseguimento da un malvivente con tre colpi di pistola nel 1956 quando era comandante della Stazione dei Carabinieri di Ponte Nossa (BG).
Il grande lavatoio messo in opera nel 1924, ancor oggi sfrutta l'acqua della roggia e dopo il recupero del 1997, decora la piazza.
Più vecchia del lavatoio era la fontana per uso potabile posta in mezzo alla piazza; larga due metri e mezzo, veniva usata anche per abbeverare le bestie e tenere in ammollo la verdura che veniva poi venduta al mercato di Trento.
Dopo la costruzione dell'acquedotto potabile che portava l'acqua in tutte le case, perse la sua funzione e verso il 1960 fu demolita così che il piccolo cedro che l'affiancava divenne il protagonista della piazza.
Interessante ricordare anche una fiorente industria per la lavorazione delle noci che si affacciava sulla piazza. Aperta da Germano Bressan nel 1888 e funzionante poi grazie al figlio Edoardo e al nipote Edi fino al 1965, occupava in modo stagionale una cinquantina di donne provenienti anche dai paesi limitrofi e certo dava molta vitalità anche alla piazza.
Nel 1995 l'Amministrazione comunale ha abbattuto il vecchio cedro divenuto imponente e pericoloso, ha recuperato il vecchio lavatoio e pavimentato la piazza in porfido.
Trasformata in parcheggio viene chiusa e riprende la funzione sociale animandosi per la tradizionale festa dell'immacolata dell'8 dicembre, per la “sbigolada” di carnevale e per la Sagra dei portoni di inizio giugno.
La fotografia ritrae il momento conclusivo della processione con la nuova statua della Madonna destinata alla Chiesetta delle Coste donata da Aleandro Merlo. Tra la grande folla vi è anche la Banda di Cavedine.
La fotografia, scattata nel maggio del 1925, ritrae gli allora componenti della banda di Vigo Cavedine con al centro don Pietro Franzelli, l'allora parroco del paese.
Un ex bandista, Comai Tranquillo, dichiarò che la "banda parrocchiale di Vigo" fu fondata da don Pietro Franzelli nello stesso periodo in cui fondò la Filodrammatica del paese.
Si è esaurita verso il 1950 perchè non si era più in grado di tener testa alle spese. Partecipava alle sagre e feste del paese.
La fotografia fu realizzata sul retro della chiesa di San Biagio, davanti alla porta che conduce nella sacrestia.
La campana riporta fregi vegetali nella parte alta e bassa. Dalle iscrizioni si può desumere la datazione, che risale al papato di Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II, quindi tra il 1962 e il 1965.
Nella seconda immagine, il parroco benedice la campana con l'incenso.
Ritratto di giovane donna che veste alla moda tipica degli anni '20 - '30.
Indossa un abito intero di tonalità chiara a vita bassa, impreziosito da leggere increspature. Indossa delle calze molto coprenti e un paio di scarpe con lo scollo arrotondato e il cinturino.
I capelli sono acconciati in uno chignon (crucòl) sulla nuca.
Il corteo è preceduto da un gruppo di bambine in abito bianco recanti dei mazzi di fiori (?). Dei membri della Confraternita portano la statua della Madonna, affiancati da un grupppo di donne sempre in abito bianco, recanti dei ceri. Dietro, gli officianti, il crocifisso, infine, il gruppo di fedeli. Si noti la presenza dell'affresco sulla facciata della casa in Via S. Maria, tuttora presente.