La devozione al Sacro Cuore di Gesù risale ancora nel Medio evo per opera di una mistica Matilde di Magdeburgo in terra tedesca. Dal Tirolo si era affrancata anche nel Trentino e la sua venerazione portò alla pratica del primo venerdì del mese per 9 mesi consecutivi.
La devozione alla Madonna fu intensificata dalle numerose apparizioni che si susseguirono nell’800. Dapprima nel 1830 l’apparizione nella Cappella di Notre Dame a Parigi (madonna nel quadro) con l’elargizione della medaglia miracolosa, poi la venerazione per la Madonna de La Salette apparsa a Massimino e Melania e ancora l’apparizione a Lourdes. In ogni casa c’erano raffigurazioni, immagini, statuette della Madonna.
Scatoletta di latta. Proveniente da una famiglia agiata che poteva permettersi di acquistare un prodotto farmaceutico , in questo caso per alleviare la tosse.
La parsimonia della donna di una volta è notoria, conservava ogni cosa, anche i bottoni potevano servire. L’immagine riporta una collana di bottoni di legno che all’occasione erano rivestiti di stoffa.
Utilizzate dalle donne per aggiustare le calze. Erano introdotte all’interno della calza cosicché rammendare lo strappo diventava più facile Di legno lisciate per bene.
Contiene l'inchiostro da utilizzare per la scrittura a mezzo di penna e pennino. Quest’ultimo di metallo leggero era infisso su di un’asticella. Il pennino era intinto nel calamaio e con l’inchiostro assorbito si poteva scrivere. Il calamaio era fissato al banco di scuola e introdotto in un foro affinché non potesse muoversi e rovesciarsi.
Prima di sposarsi le giovani frequentavano dei corsi di Economia domestica per prepararsi come buone future donne di casa. Era necessario e utile che la donna sapesse destreggiarsi nell’arte del cucito e di fare a maglia era un valore aggiunto all’andamento economico della famiglia. Il quaderno raffigura appunto i disegni, la fattura e le misure per produrre gli indumenti.
Nelle materie didattiche relative alla scuola degli anni 20-30-40 era previsto per le femmine anche l’insegnamento del cucito, ricamo lavori a maglia ecc… denominati “lavori donneschi” , mentre ai bambini maschi s’insegnavano lavoretti manuali inerenti la sfera maschile. L’imparaticcio qui presente era di Anna Santoni Simonetti che riproduce i vari punti a maglia con debita annotazione.
Normalmente il quaderno appartenuto ad un bambino degli anni ’20-’30 aveva copertina nera e le pagine erano rifilate di un colore amaranto. I bambini a quell’epoca erano tenuti ha compilare e trascrivere sul quaderno il diario giornaliero. Era prevista anche la scrittura di poesie a sfondo religioso e morale.
Con il termine santino si fa riferimento ad un’immaginetta cartacea raffigurante l’icona di un santo o di una santa. Erano conservati nel messale o nel libretto delle Massime Eterne. Un santino era dato a tutti i partecipanti alle funzioni celebrate dal missionario che eseguiva l’omelia oppure in occasione della comunione pasquale. Il santino era predisposto anche dai sacerdoti per la celebrazione della loro prima S.Messa o anniversari vari. I "santini da mort" erano tutti rigorosamente in nero riportanti alcuni dati del de cuius con rispettiva foto. Il frate “dala cerca” (frate francescano che passava per i paese chiedendo elemosina ma anche prodotti della terra) ogni volta che riceveva una derrata in cambio donava al più piccolo della famiglia un santino.
Si usava spesso scrivere utilizzando cartoline era un modo per tenersi in contatto, anche per chiarire o riferire al destinatario informazioni di poco conto.
Il quaderno per i bambini che frequentavano la scuola nei primi decenni del 900 era prezioso, innanzitutto non c’era tanta carta, la brutta copia si faceva sulla carta che incartava lo zucchero comperato allo "Spacio Coperativo", e poi si ricopiava in bella copia sul quaderno di scuola. Secondo: la maestra pretendeva l’ordine e la pulizia anche nello scrivere e nella conservazione dello stesso. Le pagine del quaderno erano a righe per la scrittura, a quadretti per i conti.
Il servizio di piatti elegante che la donna portava in dote si utilizzava in occasioni di festa. Generalmente era abbellito da decorazione a rilievo lungo l’orlo.
Utensile presente in cucina. Era utilizzata per contenere e conservare le vivande. Alcune più piccole erano anche utilizzate per portare in tavola il vino. Prevalentemente di coccio e di colore sui toni del marrone-seppia aveva un ansa ed un lieve beccuccio.
Più che un ricordo dell’anno Santo 1950 era un segno devozionale conservare un po’ di terra proveniente da Roma (la città del papa). Pochi erano coloro che potevano permettersi, anche negli anni ‘ 50 un viaggio a Roma, pertanto la persona che effettuava il viaggio, portava a casa una memoria tangibile quale poteva essere anche un po’ di terra.
Il Rosario è una preghiera devozionale e contemplativa tipica del rito latino della Chiesa cattolica. La preghiera consiste in cinquanta Ave Maria divise a gruppi di dieci dai misteri che contemplano momenti o episodi della vita di Cristo e di Maria. Il conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della "corona del Rosario". Le corone erano di diverso formato e grandezza con appeso un piccolo crocifisso. Ogni donna le portava con sé nella tasca della gonna. Si recitava il Rosario tutti i giorni del mese di maggio (mese dedicato alla Madonna), e anche in ottobre (altro mese mariano), così come tutte le sere si recitava in famiglia. La prima domenica si celebrava la supplica alla Madonna di Pompei. Anche nei momenti di lavoro durante la sfogliatura del “zaldo” (granoturco) si recitava il rosario con le litanie, così pure quando ci si ritrovava a far “filò".