Disegno preparato per l'articolo "Fontane e pozzi di Lasino" a pagina 21 del n. 7 della rivista "Retrospettive". Questo pozzo è così descritto: "Anche nel cortile di casa Ceschini Felice (paolot), era situato un pozzo. L'imboccatura si apriva a livello del terreno e per questo motivo fu richiuso da una staccionata. Una fontanella, posta sul davanti, raccoglieva l'acqua proveniente dal pozzo. Il pompaggio si otteneva nel far girare una ruota "la sorba", così era denominato il meccanismo di aspirazione. Un tetto riparava non solo il pozzo ma anche coloro che si apprestavano "con brentola e celeti" in spalla, "a nar a tor l'acqua".
Disegno preparato per la rubrica "Proverbi trentini" a pagina 14 del n. 7 della rivista "Retrospettive". Illustra il proverbio: "Quande manca 'l gat i sorsi i bala".
Disegno preparato per la quarta di copertina del numero 5 della rivista "Retrospettive" per illustrare il proverbio: "A star col cul su tanti scagni se va col cul per tera".
Disegno preparato per la rubrica "Proverbi trentini" a pagina 15 del n. 6 della rivista "Retrospettive". Illustra il proverbio: "Fra i due litiganti il terzo gode".
Disegno preparato per la rubrica "Proverbi trentini" a pagina 13 del n. 5 della rivista "Retrospettive". Illustra il proverbio: "Galina vecia fa bon brodo".
Disegno preparato per la rubrica "Proverbi trentini" a pagina 13 del n. 4 della rivista "Retrospettive". Illustra il proverbio: "El macarón 'l compagna la lasagna".
Disegno preparato per l'apertura della rubrica "Proverbi trentini" a pagina 14 del n. 2 della rivista "Retrospettive". Illustra il proverbio: "Quande nase 'na fèmina piange anca le formighe"
Disegno preparato per illustrare l'articolo che presenta la pietra sacrificale di "Fabian" a pagina 4 del numero 2 di Retrospettive.
Da questo articolo si ricava che questa pietra era una «tavola sacra di altare», ritrovata nell'ottobre 1966 lungo la vecchia carreggiabile che congiunge il paese di Cavedine con l'abitato di Lasino, attraverso i dossi delle «Ganudole».
Tale manufatto venne asportato e trasportato al Museo Civico di Rovereto dove è stato posto all'esterno presso l'ingresso.
Presenta una lavorazione molto regolare ed ha le seguenti misure: larghezza mt. 1,23 — lunghezza mt. 1,08 — spessore mt. 0,28 — lunghezza dell’appendice mt. 0,30 — larghezza finale dell'’appendice mt. 0,40. La scanalatura, praticata lungo tutto il perimetro della pietra dista dal margine esterno uniformemente cm. 9. Essa è larga cm. 9 su tutti i quattro lati e aumenta la sua sezione in corrispondenza dell'appendice fino ad un massimo di cm. 25, per ritornare a cm. 8 all'uscita della stessa.
Si parla approfonditamente di questa pietra in questo articolo qui consultabile:
Illustrazione preparata per la quarta di copertina del numero 1 di Retrospettive per rappresentare il proverbio: "Quande 'n asen 'l monta 'n carega o che 'l la slarga o che 'l la sbrega."
Raccolta di quattro cartoline che riportano il testo della traduzione italiana della canzone tedesca del 1938 "Lilì Marleene" che in tempo di guerra a Padergnone cantavano anche con testo modificato contestualizzato al periodo di guerra.
1.
Tutte le sere sotto quel fanal
presso la caserma ti stavo ad aspettar...
Anche stasera aspetterò
e tutto il mondo scorderò.
con te, Lilì Marlen
con te, Lilì Marlen.
2.
O trombettiere, stasera non suonar
una volta ancora la voglio salutar...
Addio piccina, dolce amor,
ti porterò per sempre in cor.
con me, Lilì Marlen
con me, Lilì Marlen.
3.
Dammi una rosa da tener sul cuor,
legala col filo dei tuoi capelli d'or...
Forse domani piangerai...
ma dopo tu... sorriderai
a chi Lilì Marlen?
a chi Lilì Marlen?
4.
Manca
5.
Se chiudo gli occhi il viso tuo m'appar
come quella sera nel cerchio del fanal...
Tutte le notti sogno allor...
di ritornar... di riposar...
con te Lilì Marlen
con te Lilì Marlen
Illustrazione tridimensionale raffigurante l'area fra Trento e le Giudicarie.
Cartolina non viaggiata e non datata per cui la data è solo ipotetica.
Sul retro riporta logo e timbro di John.F.Amonn Bozen e sigla M13983.
Illustrazione tridimensionale "Da Val Giudicaria a Val Lagarina a Trento" raffigurante i luoghi del fronte italiano durante la prima guerra mondiale "Dove combattono i nostri soldati".
Sul retro timbro "cartoline illustrate G. Colantoni".
L'immagine è numerata 3102.
Questo estratto dalla mappa catastale del 1860 ci mostra le strade di accesso al santuario di San Valentino in agro.
In rosa è segnata la strada maestra Trento - Valle di Cavedine, che ha raggiunto Calavino nel 1828 (con discesa a Padergnone e risalita dal cimitero), Cavedine nel 1833, Dro nel 1917. Allora come oggi da essa si accede alla piana del santuario.
La strada marrone che vediamo separarsi da essa in loc. Al Castello, era la vecchia strada imperiale che portava a Sarche, e quindi Riva o Tione, via Santa Massenza e, prima del 1828 in Val di Cavedine via Padergnone.
Su questa strada, di fianco a Castino, vediamo quello che un tempo era l'accesso principale al santuario con l'imponente capitello dei santi Vigilio e Valentino.
Nel 1848 questa strada ha perso la sua importanza, diventando strada di campagna, poiché è stata realizzata la nuova strada che collegava Padergnone a Riva con ponte tra i due laghi di Santa Massenza e Toblino.
Nel 1970-72, con la costruzione del nuovo tratto della Gardesana 45 bis, che ha tolto il traffico da Vezzano e Padergnone, è stato tagliato questo accesso al santuario e abbattuto il capitello.
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo: "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n. 6 1879/80 p. 70 così descritta dallo stesso ing. Apollonio:
"Sotto il labbro della conca si scorge la generatrice quasi circolare di un altro bacino trapanato dall'acqua ed è certo che il pozzo di Projeti si estende ancora [...] Sfortunatamente non s’' è potuto completare gli scavi perchè il materiale gettato giù per quel valloncello fortemente inclinato cominciava già a precipitare sullo stradone rendendo mal sicuro il passaggio e danneggiando le campagne sottostanti; non si dubita però che l'onorevole Municipio di Vezzano compreso ormai dall'interesse anche materiale che possono avere quei pozzi per il villaggio, voglia ultimare un lavoro condotto a buon porto da una piccola Società che deve sobbarcarsi a tante altre spese; e voglia ridurre alcun poco anche le vie d'accesso di maniera che sien comodamente praticabili per qualunque forestiero che volesse visitarli. [...] Nel pozzo glaciale dei Pojeti a 4.00 m. di profondità sotto il piano d’ interrimento si trovò dalla parte del monte varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. [...] Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo: "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n. 6 1879/80 p. 70 così descritta dallo stesso ing. Apollonio: "Fatti i rilievi dello stato anteriore pubblicato per cura della Società nell’Annuario dell’anno 1878 s'incominciò nello scorso autunno lo scavo della marmitta indicata da Stoppani come la più bella, e detta dai terrieri “El bus della Maria matta, e dopo due settimane di lavoro la si poteva vedere nella sua integrità che qui si verrà esponendo. [...]
La superficie della roccia è nuda e la cavità del pozzo vi è incisa netta, ben delineata, colle labbra all’intorno ben arrotondate nella forma rappresentata dagli spaccati qui uniti; solo osservasi una squarciatura nello strato superficiale, la quale partendo dal punto più depresso del labbro inferiore e seguendo la direzione da valle a monte con un’inclinazione di forse 80 gradi (vedi la pianta segnata nell’Annuario dell’anno 1878) costituiva il canale emissario. La sezione orizzontale del pozzo presa sul piano di interrimento misurava 7.50 metri nel senso longitudinale e 6.80 metri nel senso trasversale della valle: il volume del detrito scavato fu calcolato a 50 metri cubi e quello della roccia trapanata dall'acqua e dai massi perforatori di 120 metri cubi. Lo strato superiore dell’interrimento constava di sabbia, scheggie e massi calcarei franati dal monte e dal ciglio superiore della marmitta dopo la sua formazione, lo strato inferiore invece era composto di un terriccio calcareo assai fino il quale racchiudeva qualche ciottolo e qualche pezzo di pietra calcarea. Sul fondo della marmitta si trovò una ventina di ciottoli di varia grandezza, il maggiore dei quali ha un peso di circa 30 chilogrammi. La maggior parte di questi ciottoli appartiene alle roccie cristalline e fra di esse vi predomina il porfido della valle superiore dell’Adige e della valle Avisana. La superficie interna delle pareti diremo verticali è assai regolare, sagomata a linee curve molto morbide e lavorata come se fosse battuta colla martellina fina. Il fondo della marmitta invece è irregolare ed ha una prominenza nel mezzo precisamente là ove dovrebbe essere più incavato (vedasi la sezione trasversale). Quest’anomalia dipende in primo luogo dalla maggior durezza e compatezza del terzo strato, poi dalla esistenza di canali e fessure fra i piani di combaciamento del secondo, terzo e quarto strato dai quali l’acqua scappava direttamente dalla marmitta diminuendo la forza motrice rotatoria e con essa l’azione erodente della cascata, scavando invece maggiormente il fondo in prossimità delle fessure. Queste circostanze, la mancanza di massi perforatori di un certo volume, e forse uno spostamento laterale sfavorevole della cascata, furono certamente i motivi per cui il pozzo Stoppani non potè raggiungere quella perfezione o quella profondità che tutti s’aspettavano vedendolo prima che si effettuasse lo scavo.”
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n.5 1878/79 p. 280.
Essendo i rilievi fatti prima dello scavo sono precisi sulla parte esposta e ipotetici sulla parte coperta dal terreno. Ecco come ne parla nello stesso articolo l'autore, D.E.G.:
"La parete superiore del pozzo è leggermente incavata, forse per la corrosione della roccia prodotta dall’acqua: calando una verticale dal margine superiore sullo spianato si ha una distanza di metri 1,60 dal piede della verticale alla base della parete. In quanto alla profondità del pozzo nulla di certo si può asserire, ma dalla configurazione ed inclinazione delle pareti si può arguire che non sia inferiore ai 5 nè superare gli 8 metri. Lo schizzo dà uno spaccato ideale del pozzo, col macigno perforatore in fondo. Dall’inclinazione delle pareti sembra altresì che la cavità non sia rigorosamente verticale, ma si protenda un poco nella direzione della valle."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 175.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "La figura C, offre una sezione ideale dello stesso pozzo, che serve precisamente a mostrare i rapporti cogli strati calcarei che compongono la montagna. La porzione superiore vuota, che realmente sì vede, si prolunga colla porzione inferiore riempita, che ora non si vede, e di cui ho immaginato io e la profondità e il masso arrotondato che vedesi disegnato sul fondo, siccome quello che dovrebbe aver servito al trapanamento."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 174.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "Essa non può sfuggire all’attenzione di chicchessia, che dalla via che esce a mezzodì di Vezzano, o da questo stesso paese, guardi la montagna nuda di bianco calcare che si leva a piano inclinato dietro il caseggiato sul lato d’oriente.
A un centinaio di metri, o forse meno, sopra il piano del villaggio si vede come una caverna che accenna a sprofondarsi verticalmente nella roccia. [...] La parte interna ed accessibile della marmitta, a monte dov'è più alta, presenta una profondità di cinque o sei metri, riducendosi a valle a circa mezzo metro soltanto. Termina con un fondo piano formato da un terreno mobile, cioè da un terriccio, certamente d’origine glaciale, che riempie tutta la marmitta fino a quell'altezza, celando sotto di sè la profondità del pozzo.
Perciò il fondo delle marmitte di Vezzano si presenta come un praticello erboso, [...] La figura B, eseguita sopra un semplice schizzo da me preso di passaggio, presenta il pozzo glaciale
di Vezzano, come lo si vede guardandolo un po’ da vicino dietro il paese"
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'officina Morandi. Possiamo osservare come al fuso di un'unica ruota idraulica, grazie a camme, pulegge e cinghie, fossero collegate più macchine: il maglio, il tornio, la mola ed in tempi più recenti anche il ventilatore.