Il quaderno della Cassa Rurale di Santa Massenza veniva fornito in omaggio ai soci e figli di soci che frequentavano la scuola. Nella terza di copertina è inserito un testo per invogliare al risparmio.
Il formato è 15 x 20,5 cm. È composto dalla copertina e 8 fogli uniti da un punto metallico in centro, per un totale di 32 facciate a quadretti di 6 mm con margini.
Questo quaderno è stato utilizzato da Margoni Mario che frequentava la scuola popolare serale di Ciago nel 1959/60, data da cui è desunta la costruzione del quaderno che però può essere anche antecedente.
Dal documento si ricava che nel 1947 la Federazione provinciale di Trento dell'O.N.M.I. ha garantito la refezione calda per tutto l'arco dei 12 mesi ai 60 bambini poveri che frequentavano gli asili infantili di Cavedine (34 bambini) e Vigo (26 bambini) con una quota individuale mensile di £. 60 per un contributo totale di £. 43.200.
In archivio possiamo trovare le stesse informazioni anche per l'anno 1944:
È qui riportata la corrispondenza fra la Federazione provinciale di Trento dell'O.N.M.I. ed il Comune di Cavedine, conservata unita con uno spillo.
Vengono richiamate le disposizioni dettate con al circolare n. 155 del 1938 presente in questo archivio:
La circolare inviata dalla Federazione provinciale di Trento dell'O.N.M.I. "Al Signor Podestà Presidente del Comitato di Patronato 0. N. M. I. di CAVEDINE" comunica l'obbligo dei Comitati di Patronato ad adoperarsi affinché il servizio di refezione scolastica per i bambini poveri sia istituito in ogni Comune, ove esistano asili provvisti di refettorio e non solo su espressa richiesta da parte loro, purché riconosciuti idonei in base alla legge del 1926.
Esplicita le condizioni di accesso al servizio e finanzia £. 8 mensili per ogni bambino povero da gennaio a maggio ponendo la soglia di un massimo di 60 bambini.
Il documento, coi suoi allegati, è composto da fogli piegati, inseriti l’uno dentro l’altro e cuciti tra loro col filo. Qui sono riportati solo le pagine scritte.
Il primo foglio fa da copertina.
Sul davanti riporta: “Testamento di Caterina Botesa osia donazione che essa ha fatto alla Vila di Brusino come in questo di fiorini 200 del Tirolo
N 15°”.
Sul dietro riporta: “N° 16”
Il primo allegato è un documento di cinque pagine, datato 13.12.1791, riguardante un censo passivo di fiorini 200 di Pietro Berlanda, da Brusino, verso Caterina Botesi, e termina col timbro del notaio siglato C.B.N., Christophorus de Benvenuti Notarius.
Il secondo e terzo documento, di una pagina ciascuno, datati 12.11.1795 e 13.9.1797, impegnano il Berlanda a saldare il suo debito verso al Botesi.
Il documento finale, di quattro pagine, datato 20 aprile 1806, riguarda la donazione di Caterina Botesi alla vicinia di Brusino di fiorini 200 "all’effetto di stabilire la scuola per istruire li ragazi e fanciuli della villa predettala". Questo ultimo, steso con una scrittura contorta e piena di abbreviazioni, risulta di difficile lettura. Termina col timbro del notaio Angelini siglato C.M.A.F.C.A. (?).
Il Comune di Cavedine ha un archivio storico, contenente documenti del comune dal 1341 al 1962 e di altri archivi aggregati, riordinato ed inventariato nel 2004:
Questo certificato di studio di Mario Margoni documenta la presenza a Ciago nel 1959/60 di un "corso di tipo B, di cui all'art. 2 lettera B del D. L. 17.12.1947, n. 1599" che dava modo di conseguire "la licenza del Corso elementare superiore". Si trattava di un corso serale di "Scuola Popolare" frequentato da adulti che avevano assolto l'obbligo scolastico.
Proposta di ricerca di Ecomuseo rivolta alle scuole primarie della Valle dei Laghi finalizzata a realizzare un albo illustrato da colorare che valorizzi e trasmetta alle giovani generazioni i giochi antichi e le filastrocche tipiche della valle dei Laghi.
Il progetto proposto nel 2019/20 e stato poi prorogato nel 2020/21.
Ad esso è stato assegnato uno spazio dedicato sull’Archivio della Memoria:
Con questo progetto Ecomuseo propone a tutte le scuole della Valle dei Laghi una collaborazione per andare ad indagare le tradizioni che occupano uno spazio ben preciso sul calendario annuale o che, pur essendo andate in disuso, lo caratterizzavano un tempo, come ad esempio feste religiose e laiche, riti, ricorrenze, impegni in campagna, ricette, capi di abbigliamento e giochi legati a particolari periodi dell'anno.
Prevede la produzione di uno spazio dedicato sull’Archivio della Memoria in cui inserire man mano i materiali raccolti e la realizzazione di un calendario cartaceo per l'anno successivo.
Progetto studiato da Ecomuseo della Valle dei Laghi, su richiesta del Comune di Cavedine, che coinvolge le scuole dell'infanzia, primaria e secondaria nella ricostruzione della storia delle scuole del Comune valorizzando nel contempo gli archivi fisici e digitali del territorio.
Ad esso è stato assegnato uno spazio dedicato sull’Archivio della Memoria aperto a futuri ampliamenti:
Poco sotto la cima del Monte Ranzo a quota 1835 mslm si trova una grande croce lignea dalla quale si domina la sottostante Valle di San Giovanni col Gazza, il Brenta ed il Bondone. È raggiungibile seguendo il percorso che dalla malga Gazza (Ranzo) arriva alla Bocca di San Giovanni.
È questo territorio del CC di Fraveggio e la sua storia è legata ad un contadino di quel paese che poco distante da questo luogo è stato colpito da un fulmine mentre batteva il ferro per falciare fuori dalla sua baita. Il suo cavallo venne fulminato ma lui si salvò e per questo il 21 agosto 1938 eresse qui una croce che venne poi sostituita il 21 agosto 1983, dopo il crollo della prima.
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Bibliografia:
- La croce del Monte Ranzo - di Danilo Mussi e Rosetta Margoni - pag. 200-201 in
Era troppo piccola la chiesa presso il monastero di Sarche e troppo povera la popolazione, quando il vescovo Carlo Eugenio Valussi decise di far costruire a sue spese la nuova chiesa. Fu lui stesso a benedire la prima pietra il 27 ottobre 1887 e venne stabilito che la nuova intitolazione sarebbe stata alla Beatissima Vergine Maria del Monte Carmelo. La popolazione contribuì alla sua costruzione con il lavoro ed il materiali.
La cerimonia di consacrazione avvenne il 12 ottobre 1889. Nel 1898, fu costruita una seconda sacrestia riservata alla "Confraternita del SS Sacramento" costituita nel 1881.
Sarche venne elevata parrocchia il 19 marzo 1943.
Nel 1968 venne chiusa la porta laterale, soppressi la nicchia di San Giuseppe ed il pulpito, spostati il battistero e il tabernacolo, girato l'altare maggiore, rifatti i banchi.
All'esterno la facciata principale è ornata dalle statue settecentesche dei santi Pietro e Paolo.
All'interno campeggia il monumento dei Conti d'Arco, uno dei più grandi della regione, datato 1595 e attribuito alla bottega dei Carneri. Fra le cose più antiche troviamo, accanto al battistero, un grande crocifisso ligneo settecentesco; sopra la porta d'entrata, tre pregevoli tele realizzate tra cinquecento e settecento; un crocifisso con grande croce metallica e uan statua della Madonan Addolorata ottocentesche.
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Bibliografia:
La chiesa della Madonna del Carmelo - di Danilo Mussi e Mariano Bosetti - pag. 487-491 di
Nel 1569 si cominciò la fabbrica della Chiesa “come cosa necessaria a ogni fedel christiano et dela fede orthodossa”; essa ottenne il battistero nel 1760 e venne ampliata nel 1870.
L'interno ha una navata e due altari laterali, l'uno dedicato alla Madonna Immacolata e l'altro a San Rocco.
Sul presbiterio c'è una tela raffigurante Santa Maria Maddalena penitente firmata da Vigilio Tabarelli e datata 1870.
In cima alla navata, nel timpano dell'arco di volta, un affresco novecentesco riproduce l'Annunciazione.
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Bibliografia:
- La chiesa di Santa Maria Maddalena - di Danilo Mussi e Roberto Franceschini - pag. 156-157 in
La Chiesa della Natività di Maria a Pergolese (al tempo "masi di Lasino") fu edificata tra il 1905 e il 1912 su un terreno donato da Andrea Poli di Riva.
Fu benedetta l'8 settembre 1912 e vi venne collocata la statua dell'Immacolata realizzata da Giuseppe Moroder, donata dal curato di Lasino don Domizio Frapporti e portata in processione dalla chiesa di Lasino a quella di Pergolese.
La chiesa dette ben presto cenni di cedimento e fu restaurata.
Nel 1940 il pittore Livio Benetti decorò gratuitamente la calotta absidale con un affresco raffigurante Gesù coi dodici apostoli (che verrà poi ricoperto da una imbiancatura e successivamente recuperato).
Nel 1943 Pergolese divenne curazia e don Vittorio Pisoni fu il primo curato. Nel 1945 entrò in funzione il cimitero cosicché le salme non dovevano più essere trasportate a Lasino o Pietramurata.
Nel 1947 furono costruiti i due campanili a vela dotati di campane.
La curazia venne poi elevata a parrocchia nel 1963.
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Bibliografia:
- La Chiesa della Natività di Maria - di Danilo Mussi e Arrigo Pisoni - pag. 469-471 in
Era chiamato "pelarin" quel lavoratore stagionale che andava a "pelare" le foglie del gelso, cioè a sfrondare i gelsi per l'alimentazione dei bachi da seta, nel periodo della bachicoltura.
La lapide era in fondo ad una proprietà sulla strada che sale dalla bocca di San Giovanni in direzione Paganella, appena superato il “Doss Padergnon”, al bivio che porta verso le coste e la brozara per Cancanù, dove è rimasta fino al 2022.
Dalle foto possiamo notare che già nel 2012 era per metà nascosta dalla vegetazione ed anche nel tratto scoperto la scritta era di difficile lettura.
Si trova sul Monte Gazza.
La sua posizione originaria era in fondo ad una proprietà sulla strada che sale dalla bocca di San Giovanni in direzione Paganella, appena superato il “Doss Padergnon”, al bivio che porta verso le coste e la brozara per Cancanù.
Nell’estate 2022 era ormai quasi completamente nascosta dalla vegetazione e praticamente illeggibile, quando i proprietari hanno deciso di rimuoverla, ripulirla, posizionarla poco più in basso (bivio precedente in direzione passo di San Giovanni) accanto alla baita che usano nella valle di San Giovanni, così da tenerla curata e darle maggiore dignità.
Ora la scritta è perfettamente leggibile: “Pietro Catoni fu colpito li 19 agosto 1836 dal cholera. Sua moglie fece fare per memoria”.
È questo uno dei piccoli appezzamenti utilizzati per la coltivazione bio di cerali antichi destinati alla produzione del "pane della Valle dei Laghi". Piccoli proprietari, piccoli appezzamenti, piccoli macchinari portano a produzioni di nicchia di alta qualità, in questo caso il grano San Pastore, dalla spiga scura, i cui chicchi scuri daranno ugualmente una farina bianca, ma un bel colorito alla crosta del pane.
Il video è particolarmente dedicato ai ragazzi della scuola secondaria di Cavedine che, all'interno del progetto cerealicoltura, hanno svolto tre lezioni in questo campo: la preparazione e l'analisi del suolo, la semina e la germinazione del grano, ma non hanno potuto assistere al raccolto.
Le lezioni registrate :
Questo estratto dalla mappa catastale del 1860 ci mostra le strade di accesso al santuario di San Valentino in agro.
In rosa è segnata la strada maestra Trento - Valle di Cavedine, che ha raggiunto Calavino nel 1828 (con discesa a Padergnone e risalita dal cimitero), Cavedine nel 1833, Dro nel 1917. Allora come oggi da essa si accede alla piana del santuario.
La strada marrone che vediamo separarsi da essa in loc. Al Castello, era la vecchia strada imperiale che portava a Sarche, e quindi Riva o Tione, via Santa Massenza e, prima del 1828 in Val di Cavedine via Padergnone.
Su questa strada, di fianco a Castino, vediamo quello che un tempo era l'accesso principale al santuario con l'imponente capitello dei santi Vigilio e Valentino.
Nel 1848 questa strada ha perso la sua importanza, diventando strada di campagna, poiché è stata realizzata la nuova strada che collegava Padergnone a Riva con ponte tra i due laghi di Santa Massenza e Toblino.
Nel 1970-72, con la costruzione del nuovo tratto della Gardesana 45 bis, che ha tolto il traffico da Vezzano e Padergnone, è stato tagliato questo accesso al santuario e abbattuto il capitello.
Non vi è più alcuna traccia di questo capitello chiamato di San Vigilio, o di San Valentino, o di San Rocco, situato sul bivio tra l'allora strada imperiale, che univa Vezzano a Santa Massenza e Padergnone, e la via principale che portava alla chiesetta di San Valentino in agro.
Con la costruzione del nuovo tratto della Gardesana 45 bis, che ha tolto il traffico da Vezzano e Padergnone, nel 1970-72 è stato tagliato l'accesso al santuario e abbattuto il capitello, che, nonostante le assicurazione dell'ANAS (Azienda Nazionale Strade), non è più stato ricostruito.
Il maestoso capitello, leggermente sporgente dal muro di un vigneto, era stato realizzato nel 1835 per scongiurare l'epidemia di colera che stava arrivando dal Lombardo-veneto.
Nella nicchia, a destra era raffigurato San Rocco, sulla sinistra un Angelo Custode, sulla pala centrale, a colori vivaci, San Vigilio e san Valentino che venerano la Madonna con Bambino. È stato poi restaurato e consolidato nel 1855 e di nuovo nel 1932.
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Bibliografia:
- pag. 181
Questa grande croce di pietra risale ai primi del 900. Si trova a sud del paese di Vezzano a fianco dell'attuale bivio per la valle di Cavedine in località "Fontana morta". Dall'altra parte della croce c'è una strada di campagna che poco oltre si biforca: a destra sale sul doss Castin, dove si sono trovate tracce di abitazioni dell'età del ferro, e a Fraveggio; a sinistra scende a Padergnone e a Santa Massenza. In particolare, seguendo la strada per Santa Massenza, prima di arrivare alla strada comunale che costeggia la centrale, c'è un tratto selciato: era questa la vecchia strada imperiale che obbligava chi andava verso Sarche a passare di lì fino alla costruzione del ponte tra i Laghi di Santa Massenza e Toblino nel 1848.
Il Bersaglio n. 5 si trova a 375 metri dal Casino di Bersaglio. Osservando i ruderi si possono notare la struttura del tipo a fossa con trincea aperta.
La fossa è posta in un incavo naturale nella roccia, compreso il riparo per il marcatore. il terrapieno anteriore è sostenuto da una muraglia realizzata in pietra scolpita
Nella fossa trovava posto il bersaglio che scorreva su un telaio per mezzo di cinghie e veniva sollevato verticalmente. Oggi il bersaglio è fisso al di sopra della fossa.
Accanto alla struttura trova posto il pannello illustrativo con maggiori dati tecnici.
È raggiungibile proseguendo la traccia oltre il bersaglio n. 4, sulla sinistra.
Questa grotta si trova a 600 metri s.l.m. sopra i ruderi della chiesetta di San Martino.
Ha una forma oblunga alta, stretta e poco profonda. Le sue pareti sono bianche, a parte le feritoie poste in alto nella parte più esterna che sono annerite dal passaggio di fumi dall’interno.
Sulle pareti sono incisi e scritti col carbone nomi, iniziali, date.
Secondo la tradizione un tempo la grotta era abitata da un eremita a protezione della "strada dei Cavédeni", che contribuiva a rendere più sicura con le sue preghiere, e della cappella di San Martino, che contribuiva a curare e qualche volta pure a restaurare.
Non è facile trovarla, non essendoci sentieri e segnalazioni. Si segue una traccia che si trova nella vallecola dietro la chiesetta di San Martino, ci si inerpica sul costone della montagna, si supera una trincea ed arrivati ad un piccolo ghiaione si abbandona la traccia per raggiungere poco sopra la grotta.
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Bibliografia:
Ben dieci diverse incisioni rupestri si possono notare su un tratto di rocce calcaree affioranti dal terreno all'interno dell'attuale parco giochi in località Lusan di Vezzano, nei pressi del Teatro Valle dei Laghi.
Si tratta per lo più di iniziali e date di nascita di chi le ha fatte (non sempre chiaramente identificabili) contornate talvolta da semplici tratti e talvolta ripetute:
NI CS - W 1937 RANZO G - W 1943 RG - W 19?4 - LE - LS W 1939 - LE W 1940 - W 43 RG - BC W 1947 - LE.
L’iconografia ricalca quella delle scritte che i coscritti erano soliti dipingere, nei giorni precedenti la visita militare, sulle facciate delle case.
Tali incisioni sono state inserite nel 2016 nell'itinerario culturale e naturalistico dell'Ecomuseo: "Sulle tracce dei pastori: le pietre raccontano", che partendo proprio da queste arriva fino a Cavedine. Accanto vi ha posto un pannello esplicativo ed ha realizzato una pubblicazione dedicata al percorso stesso.
"Sas Gris", ossia "sasso grigio", è nome proprio di questo masso erratico di quasi 20 metri cubi, a testimonianza della particolare affezione degli abitanti di Monte Terlago, che ad esso, oltre un nome proprio, hanno dedicato poesie e dipinti.
La composizione di roccia metamorfica (porfido) con grosse venature di quarzo, così diversa dalle rocce calcaree locali, testimonia il passaggio del ghiacciaio dell'Adige che lo ha trasportato e abbandonato qui col suo scioglimento oltre 15000 anni fa.
Si trova sulla destra della strada che porta ai Laghi di Lamar poco dopo Vallene.