Attrezzo munito di una lama ricurva con un corto manico utilizzato per tagliare ramaglie, potandole dalle piante o tagliandole a pezzi appoggiandole su un ceppo, "el ciòc". Veniva molto spesso portata appesa dietro alla cintura con un gancio di ferro, chiamato "zigagnòla".
L'intervista alla signora Liliana è stata fatta su invito di Fausto, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Liliana, classe 1949, ha raccontato, con trasporto e talvolta con commozione, molti momenti della vita di Ciago e della sua famiglia quando lei era una bambina, esprimendosi per lo più in lingua italiana, ma di tanto in tanto anche il dialetto ha fatto capolino: anche quello fa parte della sua e nostra storia! Frequente anche l'uso di località: San Rocco all'interno del paese; Olif, Pian, Zignon/Cignon, Slincia, Segrai, Ronchi nei dintorni; San Giovanni, Al piocio, Seraiole sul Monte Gazza.
Come di consueto, in fondo alla scheda trovate i termini dialettali utilizzati da Liliana ed inseriti nel nostro glossario; se non capite qualche altra parola provate ad utilizzare la ricerca libera, se avete richieste o precisazioni da fare non esitate a contattarci.
La botte della tromba idroeolica, "bót de l'òra" in dialetto, dei Manzoni è oggi conservata presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - San Michele all'Adige e la si può vedere ricostruita nel cortile all'entrata. È stata lasciata in parte aperta per poter vedere la pietra su cui batteva l'acqua al suo interno.
Sul tavolo di pietra all'entrata della vecchia officina Morandi, accanto alla morsa, qualche resto di prodotti ed attrezzi, spicca il prezziario "tariffa molature coltelli e trinciaforaggi, sarlati e manaroti" un connubio di scrittura antica fra italiano e dialetto.
Negli anni '40 l'officina Morandi è stata riconvertita all'uso dell'energia elettrica, qui le piccole ruote a cassetta in ferro che la alimentavano, come si presentano a 50 anni dall'abbandono.
Cinquant'anni dopo l'abbandono, la tromba idroeolica, in dialetto locale "bót de l'òra", dei Morandi permette ancora di capirne la struttura. Vista dal basso possiamo notare la grande botte di pietra, l'alto tubo che formava la cascata, parte del canale che le portava l'acqua ed il tubo più sottile che entrava nella fucina per fornire ossigeno al fuoco.
La vista da fuori è quello che possiamo osservare anche percorrendo via Ronch.
All'interno della fucina Morandi, chiusa fin dagli anni '60 vediamo ancora la fucina, cioè il focolare a carbone del fabbro nel quale venivano riscaldati sino all'incandescenza piccoli pezzi di ferro che venivano poi lavorati per percussione sull'incudine o al maglio. In questa stessa foto vediamo il maglio, in primo piano il basamento su cui poggiava l'incudine, sotto le finestre la mola, con la sua ruota in pietra abrasiva utilizzata per affilare tutti gli utensili in ferro realizzati.
Don Silvio Benedetti, sacerdote originario del paese di Cavedine, spiega le usanze e il significato spirituale delle Campane partendo dalla tradizione campanaria della Valle di Cavedine (quando suonano le campane? per quale motivo? quali sono le tradizioni mantenute e quali quelle perse?)
La didascalia dietro la foto riporta: "Processione Corpus Domini con i bambini dell'asilo Vezzano 1960 n.14", da ciò si è potuta ricavare la data precisa dello scatto.
Il Corpus Domini, fino al 1977, si festeggiava il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste. La foto ci mostra come i bambini dell'asilo seguissero la processione con la loro maestra, grembiulino e cuffia bianca, calla in mano.
Sulla destra si vede la farmacia ed il negozio di alimentari dei Benigni da poco ristrutturati, al piano di sopra un copriletto è esposto alla finestra com'era tradizione in occasione di questa festività. Su via Roma vediamo quella che allora era la sede della famiglia cooperativa.
Si vede la banda del borgo di Vezzano in primo piano seguita dalla processione con la Madonna. Copriletti e coperte addobbano le finestre. La data è solo approssimativa e non abbiamo riconosciuto il luogo, contiamo sul vostro aiuto.
Fra i bandisti presenti segnaliamo sulla destra il maestro Carlo Chiusole e il presidente Ilario Garbari. Si intravede don Dante Clauser, parroco a Vezzano tra il 1958 e il 1964, il che ci permette di datare la foto intorno al 1960.
Non abbiamo nessuna informazione riguardo questa foto conservata in un vecchio album della famiglia Bassetti ma è comunque interessante poiché ci mostra come un tempo si affrontava una scalata.
Quintino Bassetti, con la sorella Maria, la moglie Agnese ed i figli (in ordine di età) Giuseppe, Giulio, Livio, Mario, Ezio, Elio, Ottavio, Cesare e Rosetta, posano davanti alla falegnameria di famiglia.
Accrescitivo "busòn", diminutivo "busàt", plurale "bùsi".
"El bus de l'ucia" è la cruna dell'ago.
L'italiano "andare buco", cioè andare a vuoto, andare male, in dialetto diventa: "L'èi nada sbusa".