Si tratta della "casa del vecchio medico condotto; a piano terra c’era anche l’ambulatorio medico". (Fonte: Da Pedegaza a Vallelaghi : memorie fotografiche delle 11 frazioni, Comune di Vallelaghi, 2017, p. 65)
La cartolina utilizzata per fare gli auguri di buon anno riporta la data 1/1 1904, lo scatto è perciò sicuramente antecedente a tale data.
Curioso il modo di scrivere 1904 utilizzando la tilde sopra lo 0.
Dall'affettuoso messaggio - oltre che della vocazione turistica del paese - apprendiamo anche che l'ufficio postale (?) più vicino a Terlago era quello di Cadine.
Di origine padovana, il fotografo si stabilì a Cles nel 1899, dove aprì il proprio stabilimento artistico fotografico. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu costretto a lasciare il Trentino in quanto "regnicolo", ovvero abitante del Regno d'Italia.
Morì a Firenze nel 1950.
Fonte:
La fotografia, realizzata in uno studio fotografico di Riva del Garda, ritrae una famiglia benestante, probabilmente vissuta a Cavedine.
I due coniugi sono seduti al centro circondati da tutti i loro figli.
Sul fronte è presente un timbro fotografico che riporta la seguente dicitura: "STAB. FOTOGRAFICO C. MAYER-RIVA"
Sul retro della fotografia appare la seguente descrizione:
"Per consolidare sempre più i vincoli di parentela.
Leopoldo ed Elvira affianco. Riva, 23-6-1906"
Croce in pietra posta nel paese di Lon, nei pressi di quello che un tempo era il ristorante "Fior di Roccia",
Sul basamento porta incisa la data: "1739".
È molto simile alle altre presenti nei dintorni e probabilmente anch'essa veniva utilizzata come punto di sosta nelle antiche processioni delle rogazioni.
Bibliografia:
Questa croce in pietra si trova lungo la strada che da Ciago porta a Lon.
La croce è stata posta in questo luogo dai paesani come ex voto per ringraziare di essersi salvati dalla tremenda epidemia di colera che nel 1855 ha colpito la zona.
Sul basamento della croce è posta un'epigrafe che ne racconta la storia con un'incisione:
"Della Croce la Salute M.N.C.C. per Lon preservato dal Cholera Morbus del MDCCCLV riconoscente questa memoria pose per voto."
Ha avuto anche la funzione di "tappa" durante le processioni delle antiche rogazioni.
Bibliografia:
Sulla strada di campagna che unisce Padergnone e Vezzano si trova quest'antica croce in pietra con incisa sul suo cippo la data "1797". Fino al 1846, quando venne fatta la nuova strada Trento – Sarche col ponte alla Stretta, era questo un tratto della strada imperiale che congiungeva Trento a Riva passando per Santa Massenza.
Questa croce veniva usata come punto di sosta per le antiche processioni delle rogazioni.
Qui nel 1880-81 sono state rinvenute due tombe romane.
Sullo sfondo la chiesetta di San Valentino in agro un tempo meta di pellegrini da tutto il Trentino.
Bibliografia
Nel centro del paese di Terlago, a due passi dalla Chiesa di Sant'Andrea, si trova un bellissimo bassorilievo marmoreo, posto sopra un portale in pietra.
Il bassorilievo raffigura al centro la sacra Famiglia, alla base è inciso il motto "Sub vestrum presidium", in alto invece sono incisi due piccoli scudetti, nel primo è scolpito un levriero, simbolo della famiglia Tabarelli de Fatis, nel secondo invece la testa di uno stambecco, simbolo della famiglia Mamming.
Opera dell'artista bolzanino Franz Rainalter.
Bibliografia:
All'"ingresso" del paese di Fraveggio, si trova questa croce in pietra rossa dalle estremità rastremate, dedicata a San Bartolomeo, realizzata verso il 1948.
Bibliografia
Il pubblico lavatoio in pietra posto sulla roggia accanto al mulino Cattoni, in disuso da molti anni, ha la vasca piena di ghiaia e sassi. Accanto ad esso si nota una macina usurata abbandonata ed una piccola catasta di tronchi.
Esso era stato sistemato dal Comune negli anni ’30, con lavori finalizzati al restauro delle “prede” e all’apposizione dell’inginocchiatoio. È stato poi eliminato nei primi anni 2000 dai proprietari del terreno.
La Roggia di Ciago nasce dalle sorgenti di Valachel a quota 670 e 692 mslm in loc. Mondal e subito alimenta il serbatoio dell’acquedotto irriguo.
Nella sua ripida corsa attraverso il paese, lungo la Val dei Molini, un tempo forniva l’energia idraulica necessaria ad una fucina e cinque mulini ed alimentava due lavatoi, uno accanto al mulino Cattoni e uno sull’attraversamento di Via San Rocco. Ora in quel tratto c'è una vasca di decantazione e da Via San Rocco viaggia intubata fin sotto la strada del Pedegaza, passando anche sotto un edificio. Arrivata sotto il paese scende più tranquilla lungo la campagna. Da quanto risulta dal progetto di completa sistemazione dell’alveo del 1908, l’acqua andava allora in gran parte dispersa prima di unirsi alla sorgente di Nanghel, punto in cui assume il nome di Roggia di Nanghel, la cui importanza risulta dalla Carta di Regola di Vezzano del 1574 (Vedi pag 239-240 Il libro delle acque).
Al suo arrivo a Vezzano la roggia viaggia intubata fino alla nuova rotatoria del 2006 dove è stata deviata e riportata in superficie in un percorso più lungo per oltrepassare la rotatoria stessa, raggiungere il lavatoio davanti alle scuole e continuare il suo viaggio intubata sotto via Roma. Arrivata alla piazza principale di Vezzano, un tempo veniva deviata verso sinistra, intubata superava l’Albergo Stella d’Oro, tornava in superficie negli orti adiacenti a Via Borgo, si univa ad un’altra sorgente, tuttora attiva, e passando per la campagna di Terra Mare si immetteva nella Roggia Grande. Approfittando dei lavori alla rete fognaria, la roggia di Nanghel, è stata poi intubata insieme alle acque bianche sotto via Roma fino agli Alberoni. Attraversata la strada provinciale, ritorna allo scoperto in località Fossati unendosi alla sorgente Fontanele, proprio dove un tempo c’era il grande lavatoio usato dalle donne del Dos. La roggia attraversa la zona artigianale fra nuovi alti argini in pietra per poi immettersi nella Roggia Grande in località Acque Sparse, prima che essa riattraversi la strada provinciale nel suo viaggio verso Padergnone.
Informazioni tratte da:
Nella zona di Cavedine, da sempre rurale, legata alla tradizione contadina, abbiamo previsto un percorso che ricordi l'antica tradizione delle rogazioni. Le ROGAZIONI erano processioni, ora scomparse, che (accompagnate da speciali litanie) avevano lo scopo di propiziare l'esito del raccolto e di proteggere gli abitanti dalle folgori, dalla tempesta, da malattie, fame e guerra. (Fino agli anni '50 del secolo scorso la pratica secolare della benedizione delle campagne era cosa consolidata). Il punto di partenza di queste processioni era la chiesa parrocchiale e ogni giorno veniva seguito un percorso differente, che giungeva fino ad un punto prestabilito, un luogo significativo del territorio della parrocchia: una cappella, un'edicola votiva o una croce in mezzo ai campi. Il percorso si snodava per diversi chilometri ed era studiato in modo che tutto il territorio della parrocchia potesse essere raggiunto e protetto.
Proponiamo qui un percorso ad otto che passi per le 4 chiese parrocchiali e per molti punti sacri. Esso potrà essere spezzato in due parti ed i due anelli, di circa 6 chilometri ciascuno, seguiti indipendentemente l'uno dall'altro, magari facendo l'anello Nord più impegnativo a piedi e quello sud più tranquillo in bici.
Potete avere ulteriori informazioni sulla pagina dedicata a questo percorso:
All’incrocio in cui Via San Rocco si ricongiunge alla strada provinciale, si trova questa caratteristica croce lignea, eretta verso la metà del secolo scorso.
Posta su un muretto in pietra, presenta una statuetta di Gesù, e sotto di essa, un bassorilievo in gesso raffigurante la Pietà.
Bibliografia:
A lato della strada provinciale che porta nel paese di Terlago, è presente questa croce in pietra, recentemente ricostruita, che prende il nome dalla località in cui si trova: Braidón.
Nel punto in cui è posta, prima delle bonifiche agrarie dell’800, si trovava un piccolo lago, alimentato dai corsi d'acqua della piana, noto come "Lago Minore" o "Lagamenor".
Bibliografia:
- pag. 19
Il grande setaccio ("crivèl") formato da una intelaiatura di legno e una sottile rete metallica era appeso al soffitto e veniva fatto oscillare manualmente per togliere la pula (leggera buccia) dai semi.
Così si presentavano le macine, o palmenti ("préde"), rimaste sul "castello" del mulino Cattoni una novantina di anni dopo la sua chiusura.
La macina superiore mobile presenta un foro centrale (bocca) da cui entrava il grano; veniva mossa dall'albero della lanterna fissato ad essa attraverso un apposito ferro chiamato nottola.
La macina inferiore, appoggiata sul pavimento del castello, è fissa , concava superiormente e fornita di bordo così da contenere la farina che fuoriesce da un unico foro che qui vediamo collegato ad un cilindro di legno.
Così si presentavano gli ingranaggi sotto il "castello" del mulino Cattoni una novantina di anni dopo la sua chiusura. Si può vedere la solida struttura in tronchi (castello - "pùlpit") che sostiene l'albero di trasmissione (fuso) collegato alla ruota idraulica esterna. Sul fuso è fissata una grande ruota dentata (lubecchio - "scudo") che trasmette il movimento, grazie ai suoi denti che entrano nella lanterna o rocchetto collegata alla macina mobile nella parte superiore del castello, separata da un robusto pavimento di legno. Vediamo anche che allo stesso lubecchio era collegata un'altra lanterna che portava il movimento ad un'altra ruota muovendo così contemporaneamente anche un altro attrezzo, come potrebbe essere il buratto per setacciare la farina o la pila per sbucciare i chicchi.
Di fianco all'edificio che ospitava il mulino Cattoni si vede il letto della derivazione ripulito ed un'ampia concrezione di travertino, qui chiamato tufo, laddove passava il canale di derivazione che portava l'acqua sopra la ruota, attraverso un canale mobile in legno chiamato "doccia".
Accanto al mulino da molti anni disuso, il letto della derivazione era invaso dalle piante ma erano ancora visibili il perno della seconda ruota, la concrezione di travertino laddove partiva il canale mobile in legno che portava l'acqua sopra la ruota ed il palo di sostegno a questa canaletta infisso nel muro dell'edificio, rendendo chiaro il salto che l'acqua faceva.