La paratoia in legno apre e chiude la deviazione di parte dell'acqua della Roggia Grande verso il canale di derivazione che la portava sulla ruota del "Molin del Pero". Ad oggi rimane chiusa e la blocca.
Sotto il santuario di san Valentino, in loc. Busoni (busòn, ossia grande buco è la forra scavata dalla Roggia Grande), nascosti dalla vegetazione, accanto al "Maso di San Valentino" o "Maso della sega", emergono i resti dell’antica Sèga del Tòf (segheria del travertino) dei Bassetti, attiva almeno dal 1893, come attesta l’ordine di tufo effettuato da un sacerdote di Saone.
Nella sega si tagliavano, nella forma di mattoni da opera, i blocchi di “tòf” estratti dal dosso di San Valentino. Solitamente il “tòf” veniva impiegato, come materiale particolarmente leggero ed isolante, per ridefinire le volte o per realizzare le pareti non portanti degli edifici. Nel 1907 fu utilizzato nell’edificazione della chiesa di Vezzano che, tuttavia, cadde di schianto dopo breve tempo.
L’edificio, oramai inaccessibile, era strutturato su due piani. Sulla parete ovest del piano inferiore si intravedono i resti del vecchio canale di derivazione che alimentava la ruota idraulica.
Nei muri eretti nella campagna di Padergnone si possono trovare esempi di mattoni in “tòf” tagliati dalla sega locale.
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Bibliografia:
La Sega del travertino - a cura di Caterina Zanin e Silvano Maccabelli, pag. 76-77, IN:
Il “Mòlin dei Pradi”, situato all’incrocio tra via XII Maggio e via San Valentino, risale almeno al principio del XVIII secolo. All’epoca era gestito dalla famiglia Bassetti di Santa Massenza e, come testimonia un documento coevo, venne distrutto nel 1703 dai soldati francesi comandati dal generale Vendôme. Forse a tale opificio si può ricondurre anche il riferimento ad un mulino, presente in una pergamena del 1609, che confinava ad ovest con la via communis (probabilmente la strada imperiale, oggi di campagna).
Nel corso dell’Ottocento lo stabile passò in proprietà alla famiglia padergnonese dei Sembenotti e, come evidenziato dalla consultazione del Libro dei Nati, si registrò la presenza in loco di un certo Giacomo Gioacchino Miori (1802-1871) di professione mugnaio [presso molino Sembenotti?] originario del paese di Lon. Al termine del secolo i suoi figli, Giuseppe (nato 1867) ed Emanuele (1869) Miori, rilevarono il molino dai Sembenotti. Emanuele Miori proseguì l’attività paterna almeno fino al 1910 e probabilmente chiuse i battenti prima della fine degli anni ’20.
Giuseppe Miori aprì un nuovo mulino innovativo, a cilindri, poco sotto il "Molin dela Gioana".
In questo tratto la roggia è pianeggiante e la spinta è lenta come quella dell'espressione "Dio 'l t'aiuta" associata a questo mulino e ripresa nel canto:
Sulla mappa del catasto austriaco del 1860 sono indicate le ruote idrauliche dei tre mulini attivi in quel momento. Sono poi stati aggiunti i nomi anche di altri mulini in base alla ricerca storica svolta.
Il Mòlin del Péro si raggiunge percorrendo il "Vòlt dei Caschi" tra via XII Maggio e via Montagnola. Quest’attività fu chiusa al termine della Prima Guerra Mondiale a causa del grave infortunio incorso (seppur non in battaglia) al suo titolare: Pietro Tonini.
Alcuni studiosi, basandosi sulla consultazione di documenti storici e sull’osservazione della struttura dell’edificio, sostengono che questo possa essere il più antico opificio nominato nella copia cinquecentesca dello Statuto di Vezzano – Padergnone. La sua presenza è riportata anche in una pergamena del 1609 testimoniante la vendita di un terreno posto vicino al mulino da parte di Tommaso del fu Francesco Chemelli di Padergnone a ser Valentino del fu Matteo. Infine, è stato disegnato anche nell’apparato cartografico del catasto asburgico del 1860.
La spinta dell'acqua qui è un po' più forte che al "Molin dei pradi" ed il motto “Se ‘l podrà ‘l te aiuterà” [Dio], ripetuto più volte riproduceva il ritmo della rotazione di questa ruota; insieme a quelli degli altri mulini è stato poi ripreso nel canto:
Il “Coro dei Molini” è un canto che ripropone con cadenza ritmico-musicale la potenza dell’acqua della Roggia Grande che si fa sempre più forte. Utilizza per questo le frasi tramandate dalla tradizione associate ai tre antichi mulini del paese: “Dio ‘l te aiuta” al “Mòlin dei Pradi”, “Se ‘l podrà ‘l te aiuterà” al “Mòlin del Pero”, “El pòl se ‘l vòl” al “Mòlin de la Giòana”.
In italiano le tra frasi stanno a dire: Dio ti aiuta. Se potrà ti aiuterà. Può se vuole!
La chiesa di San Valentino in agro è addobbata a festa per accogliere San Valentino ed i numerosi fedeli convenuti per la prima celebrazione del voto al termine della seconda guerra mondiale. Al centro don Narciso Strada, promotore del voto qui presentato:
Nella foto, scattata alla locanda "La stella d'oro" si vede il sindaco del tempo, Italo Poli, che assegna il distintivo ad uno dei bandisti meritevoli. Sul retro della foto, il testo recita: "Consegna di un distintivo dorato ai bandisti più meritevoli a riconoscimento di un'attività disinteressata quanto apprezzata dalla popolazione. Il sindaco dott. Italo Poli" Segue il timbro del Comune di Vezzano.
La foto è stata scattata all'interno di una tipica osteria, probabilmente quella di Annibale Garbari a Vezzano. Si vedono alcune persone in movimento, conseguenza dei tempi lunghi utilizzati nello scatto necessari in presenza di scarsa luce, e la foto risulta pure danneggiata, ma abbiamo comunque scelto di inserire questo scatto in archivio per la presenza del gioco in primo piano.
Come all'esterno era comune delle osterie il gioco delle bocce, all'interno lo era quello del pirlo, gioco completamente in legno.
Esso era formato da una piattaforma inclinata con i bordi rialzati, dentro cui si faceva ruotare una trottola (pirlo) allo scopo di far cadere il maggior numero dei piccoli birilli presenti e guadagnare così punti.
Essendo in osteria questo gioco era riservato agli uomini che le frequentavano, i bambini ed i ragazzi usavano invece il pirlo in altro modo sulle strade, come si può vedere in questa testimonianza:
Il "mulino Chistè Dorigo", in località "Massiccia", chiamato "dei Tómpi", dall'antico soprannome di famiglia, è l'unico mulino del comune catastale di Lasino di cui rimane traccia ed essendo nelle vicinanze di Calavino lo inseriamo in quel gruppo.
Ora non rimane che un rudere che ci permette di localizzarlo con precisione, ma lo troviamo documentato sulla cartina storica del 1860 ed è citato fra i 26 mulini attivi a Calavino in un atto del Distretto Giudiziale di Vezzano, datato 17 settembre 1819, con cui i vicini di Calavino protestavano contro le tasse introdotte dalla nuova "Legge sulle Acque" del 1818.
Si trova ai piedi di un piccolo dosso sovrastante la piana del Grumèl, accanto ad una cascatella della roggia di Valle, in questo tratto chiamata roggia di Larì, dalla quale evidentemente partiva la derivazione a suo servizio.
Sarà quello stesso mulino citato in un'investitura del 1235 e ripresa nel 1278 che parla di un mulino "subtus Grumum apud Calavinum"? Considerata la derivazione di Grumèl da "grumus, grumulus", cioè "mucchio di terra", e che questa località è vicina a Calavino, sembra proprio di sì.
Non è certo se questo carro sia stato realizzato da Tullio Morandi o da suo padre, Casimiro; quel che è certo è che rispecchia fedelmente la struttura dei carri che realizzavano nel loro laboratorio.
Il piano di carico, detto scalà, si può togliere proprio come nella realtà e sotto ha fissato la cassa degli attrezzi.
Tolto quello si può osservare meglio la struttura del carro ed il sistema frenante (martinicca) azionato dalla manovella ("macanìcola") posta sul retro che agiva su una trave ("mànghen") sospesa al bilancino ("balanzìn") e terminante con ceppi di legno ("ciòchi") che andavano a spingere sulle ruote.
Sul retro veniva decorato nel rispetto del gusto del compratore.
Per approfondire la conoscenza del carro si consiglia lettura di Retrospettive (1990-3) - pag. 18-23:
Con questo video Ecomuseo, con la collaborazione della Banda Sociale di Cavedine e del Coro Valle dei Laghi, ci guida alla riscoperta del dinamismo artigianale sviluppatosi, grazie all'uso della ruota idraulica, lungo le rogge della Valle dei Laghi.
È uno dei sei video del progetto "Ciak si gira in Valle dei Laghi" finanziato dal Primo bando CARITRO per il volontariato culturale 2021 e dalla Comunità di Valle ed integra le proposte di Ecomuseo della serie:
Con questo video Ecomuseo, con la collaborazione della Banda Sociale di Cavedine e del Coro Valle dei Laghi, ci guida alla riscoperta dei segni del sacro in Valle dei Laghi. Viene proposto un percorso ad otto in ogni comune con la tematica della pace per Vallelaghi, dei nobili Madruzzo per Madruzzo, delle rogazioni per Cavedine.
È uno dei sei video del progetto "Ciak si gira in Valle dei Laghi" finanziato dal Primo bando CARITRO per il volontariato culturale 2021 e dalla Comunità di Valle ed integra le proposte di Ecomuseo della serie:
Attrezzo in legno fornito di un battente a tronco di cono rovesciato con un lungo manico ad esso perpendicolare utilizzato per pigiare l'uva nel tino così da farne uscire il mosto.
Nelle baite di montagna vi era un'unica stanza suddivisa in spazi, il più grande era riservato agli animali da carico (perlopiù buoi). Sopra gli animali c’era un soppalco in assi, “el zago”, dove, sopra il fieno coperto dai sacchi, dormiva il contadino con la sua famiglia e chiunque altro lo aiutasse nella fienagione e nel pascolo.