La sega a nastro o bindella è fornita di una sega a nastro circolare che ruota su due volani (ruote) di cui il superiore folle, mentre l'inferiore era collegato alla ruota idraulica tramite cinghie e pulegge. Nella foto storica qui presente vediamo che il suo uso era passato alla trazione tramite motore elettrico.
Questa "bindèla" è stata recuperata ed utilizzata per arredare l'ingresso della casa. Nella foto ravvicinata si vede bene la lama ed il guida lama in legno duro che impediva alla stessa di uscire dal volano durante l'avanzamento del legname da tagliare.
Uno statuto manoscritto documenta l'esistenza del sodalizio già nel 1892, come Banda sociale del Borgo, dal titolo onorifico che nel 1527 il vescovo Bernardo Clesio donò all'antica villa di Vezzano.
Si ha notizia di un concerto tenuto nel 1894 in occasione di San Valentino e degli onori resi all'Imperatore Francesco Giuseppe di passaggio in Valle dei Laghi.
Null'altro è documentato fino al 1931, quando Celestino Bressan raduna un gruppo di appassionati al Caffé alla Posta e si apre un libro delle offerte per l'acquisto degli strumenti musicali. A luglio dello stesso anno la banda di Villa Banale dona sedici berretti e sedici strumenti, ai quali si aggiungono poco dopo sei clarinetti e una batteria. Si affittano due locali in via Nanghel, 34, dove Guido Pardi apre una scuola di musica e istruisce gli allievi fino al debutto della prima domenica di ottobre, con il concerto nella piazza centrale di Vezzano. L'avventura continua!
La seconda Guerra mondiale rallenta ma non ferma l'attività della banda, che prosegue ininterrotta fino al 1985: la pausa di riflessione di quell'anno sfocia in una ripresa entusiasta, che vedrà fra l'altro la banda accompagnata per svariati anni da un gruppo femminile di twirling.
Nel frattempo la presidenza Bassetti ha promosso l'apertura di un corso allievi alla scuola media - in appoggio ai corsi gestiti dalla Federazione – utilizzando gli strumenti donati dalla disciolta banda di Terlago. Il Corpo bandistico festeggia grandiosamente il centenario nel 1992 e nel 1998 approva il nuovo Statuto, tuttora in vigore.
La compagine attuale, in media giovanissima, è un gradevole complemento alla storia ultracentenaria dell'associazione: a dimostrazione di come la passione per la musica non abbia età, il suonatore più anziano e quello più giovane hanno circa settant'anni di differenza.
Il Corpo Bandistico è stato diretto dal 1987 al 2019 dal Maestro Bruno Gentilini.
Attualmente collabora con le realtà bandistiche della Valle dei Laghi in una prospettiva di sviluppo di relazioni positive per il prosieguo dell'attività bandistica.
[dalla pagina facebook della banda]
I maestri della banda che si sono succeduti sono: Guido Pardi (1931-45), Patelli (1945-56), Carlo Chiusole (1956-86), Armando Ghedini e Carlo Patton (per alcuni mesi), Bruno Gentilini (1987-2019), Gianluigi Favalli.
Sono stati presidenti della banda: Ilario Garbari, Mario Chiusole, Angelo Bassetti, Alessandro Chemotti, Silvia Cozzini.
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Alcuni dei contenuti a disposizione provengono da:
Proverbio illustrato per l'articolo dedicato ai "CALANDARI DEI PROVERBI" a pag. 16 della rivista "Retrospettive" n. 3 del 1990.
San Vigilio è festeggiato il 26 giugno e, col caldo, le pulci prolificavano a dismisura.
In arte Dori, collabora con la rivista Retrospettive fin dal primo numero disegnandone, tra l'altro, le copertine con portoni storici della valle e illustrando con fantasia proverbi popolari utilizzando la tecnica della china acquerellata.
Tra le sue opere predilige il disegno dal vero e la pittura ad olio.
Sua è la tela di S. Siro realizzata, in sostituzione di quella originale trafugata alcuni decenni prima, in occasione della ristrutturazione della chiesetta omonima di Lasino nel 2001,
La sua figura è descritta a pag. 46 di
Anche nell’edificio in Via Borgo 10 un mulino venne trasformato in falegnameria, questa volta dai Gentilini, che proseguirono la loro attività fino al 1966.
Terminava con questo edificio il canale di derivazione della Roggia Grande. Dopo aver fatto girare l’ultima ruota idraulica di Vezzano, l’acqua che ne usciva si univa a quella di una vicina sorgente per tornare poi nella Roggia Grande poco più a sud.
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Il lavoro unitario di ricerca sugli opifici ad acqua della Valle dei Laghi, curato da Ecomuseo prima della nascita dell'Archivio della Memoria, è qui consultabile, nello specifico a pag. 18-22:
È nell’edificio in Via Borgo 18 che i Tecchiolli hanno iniziato la loro attività di panificatori prima di trasferirsi a Cavedine.
Avevano iniziato come fabbri, poi sono passati alla macinazione ed infine hanno aggiunto anche la panificazione.
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Il lavoro unitario di ricerca sugli opifici ad acqua della Valle dei Laghi, curato da Ecomuseo prima della nascita dell'Archivio della Memoria, è qui consultabile, nello specifico a pag. 39-41:
Rinomato scultore di Lasino nato il 15 febbraio 1876 e morto il 25 maggio 1966.
Per conoscere la vita e le opere di questo scultore rimandiamo all'approfondita ricerca svolta da un gruppo di lavoro con capofila il Comune di Madruzzo:
In Via Borgo 20 Guido e Mario Pardi, provenienti da Roseto degli Abruzzi, hanno lavorato la ceramica dal 1931 al 1966.
La loro produzione artistica si è avvalsa anche della preziosa collaborazione con il noto artista di Lasino Francesco Trentini, al quale è dedicato un sito:
Nell’edificio in Via Borgo 22, nel 1979 si è fermato il mulino Garbari, l’ultimo alimentato dalla ruota idraulica a Vezzano, cosa ormai rara, tanto da essere documentata sulla neonata rete televisiva RAI 3, secondo quanto ci viene raccontato.
Non sappiamo da quando era in funzione, ma per almeno un paio di secoli ha dato lavoro e sostentamento alla famiglia Garbari, che ad inizio '900 ha sostituito il mulino a pietra con uno metallico a cilindri rendendo la produzione molto più rapida.
I pezzi del mulino a cilindri, smontati e numerati, sono stati conservati nell’ipotesi di una futura ricostruzione da parte della Comunità di Valle.
Una coppia di macine (palmenti) del precedente mulino a pietra è conservata al Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige ed una macina è inserita nell’aiuola della pace presso il teatro di Valle a Vezzano.
Come in tutte le famiglie, anche in questa qualcuno ha cambiato attività: Quintino e il figlio Giuseppe tra il 1949 e il 1951 si sono dedicati alla falegnameria occupandosi di un settore particolare: la costruzione delle botti.
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Il lavoro unitario di ricerca sugli opifici ad acqua della Valle dei Laghi, curato da Ecomuseo prima della nascita dell'Archivio della Memoria, è qui consultabile, nello specifico a pag. 29 - 33:
La diramazione della Roggia Grande realizzata in funzione degli opifici di casa Broschek, poi Bassetti, è stata realizzata con una condotta in muratura ed una chiusa. È ancora funzionante.
Francesco, Cosmino, Attilio, Renzo, Valentina sono impeganti nella fienagione in Gazza: chi a rastrellare il fieno, chi ad assicurare il carico al "broz", carro a due ruote trainato da buoi adatto a scendere dalla montagna.
Video realizzato da alcuni volontari di Vigo Cavedine in occasione del Natale 2021. Attraverso alcune fotografie e un racconto in dialetto trentino si è voluto rievocare la storia della Vicinia Dònego di Vigo Cavedine, un’associazione secolare di cui facevano parte (e ne fanno parte tuttora i discendenti) le antiche famiglie di Vigo Cavedine (i cognomi: Bolognani, Comai, Cristofolini, Eccher, Galetti, Lever, Luchetta, Manara, Merlo, Turrina e Zambaldi).
L’origine della Vicinia si perde nella notte dei tempi, tra storia e leggenda, ed è il frutto di un lascito documentato da alcune pergamene a partire dal 1332.
Seppure con una funzione diversa, possiamo ancora vedere la breve derivazione della Roggia Grande che portava alla fucina Manzoni. Da lì partiva un canale (doccia), prima in legno e poi sostituito con uno in ferro, che fiancheggiava l'edificio e portava l'acqua sopra le ruote idrauliche. L'acqua tornava quindi subito nella roggia: energia rinnovabile al 100%.
Nel tratto della Roggia Grande che fiancheggia la SS45bis poco sopra l'abitato di Vezzano parte la derivazione che alimenta il bacino di carico dei Manzoni.
Una paratoia metallica regolabile con una saracinesca permette di gestire l’afflusso d’acqua nella diramazione.
Su questa piccola sezione della mappa del catasto austriaco del 1860 sono indicate le ruote idrauliche attive in quel momento a Vezzano sulle case all'entrata del paese ed il ponte che superava la Roggia Grande con quella che un tempo era l'unica via di accesso al paese per chi veniva da Trento.
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Lavorazione del rame
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In questo edificio Franco Manzoni continua l'attività storica di famiglia di lavorazione artigianale del rame, con vendita dei prodotti, iniziata dal bisnonno Pietro nell'edificio che si trova poco sotto a questo:
Il laghetto artificiale dei Manzoni, in parte svuotato, permette di vedere bene il bacino di carico e la condotta che porta alla turbina per l'autoproduzione di energia elettrica, interna all'edificio.
Un tempo il bacino era a servizio delle numerose ruote idrauliche presenti su questo edificio e su quelli sottostanti, garantendo un più costante afflusso di acqua.
Dietro la vasca si intravede l'acqua in entrata proveniente da una derivazione della Roggia Grande.