Scopa particolarmente adatta per l'esterno e per la stalla formata da un mazzo di rami di "cornàl" (corniolo), o in alternativa del meno resistente "fòvo" (faggio), uniti insieme col fil di ferro. Molto frequentemente all'interno era posto un manico di legno.
Documento che attesta l'iscrizione di Attilio Ernesto Tonelli nel corpo degli Schützen di Vezzano, in data 13 novembre 1904, l'anno prima di emigrare in America.
Al tempo svolgeva il lavoro di contadino a Vezzano.
Memorie per Attilio Ernesto Tonelli, morto il 20 aprile 1961 e per la moglie Pierina, morta il 6 ottobre 1942.
Pierina viene semplicemente nominata come Mrs. (miss) Attilio Tonelli, e da nessuna parte sulla memoria compare il suo nome completo.
Attilio Ernesto Tonelli ritratto in due fotografie: la prima con una nipote, nella seconda con moglie e figli.
Nella prima, si nota la bambina a cavallo di un triciclo, che per l'epoca sarebbe stato davvero inusuale per il nostro territorio.
Una volta trasferitosi con la famiglia a Joliet, lì rimase: Rodney, suo discendente e autore della ricerca di ricostruzione, vive ancora a Joliet con la famiglia.
Attilio Ernesto Tonelli fra il 1905 e il 1908 mandò in patria, ai genitori rimasti a Vezzano, i soldi guadagnati col lavoro in miniera.
Mandò l'equivalente di circa 10,403.00 dollari, quasi 9.000,00 euro, una cifra davvero incredibile per l'epoca.
Una delle ricevute la mandò alla sorella, Cesarina Garbari Tonelli, per poterli aiutare nel viaggio per raggiungerlo in America, per una visita.
I genitori, la sorella e qualche altro familiare lo raggiunsero: sua madre Giuseffa, purtroppo, morì in America e non si riuscì a reimpatriare la salma: fu quindi seppellita in Illinois, a Braidwood.
Attilio Ernesto Tonelli con la famiglia in uno scatto che lo ritrae all'interno del suo negozio a Joliet.
Attilio Ernesto Tonelli nacque a Vezzano nel 1880 ed è figlio di Teodoro Domenico Tonelli (di Vezzano) e (Giuseffa Chistè di Calavino). Nel 1905 emigrò negli Stati Uniti e lavorò in una miniera di carbone a South Wilmington (un villaggio minerario dell'Illinois): qui conobbe sua moglie. In seguito cambio attività, aprendo un negozio di alimentari, e quando si spostò a Joliet (un altra cittadina dell'Illinois) nel 1912, aprì anche lì un negozio.
Teofilo Tonelli, suo fratello, lo raggiunse e aprì anche lui un negozio nella cittadina. Un terzo fratello, Evaristo Lorenzo Tonelli emigrò a Buenos Aires, in Argentina, mentre il quarto fratello, Giuseppe Oreste Tonelli, giunse nel Michigan.
Attilio morì in Illinois nel 1961.
Quasi un secolo dopo, Rodney, discendente di Attilio, ricostruisce la vita da emigrato del bis nonno cercando e collegando documenti e fotografie.
Cinghia con fibia e fune in cuoio che veniva posta intorno alle corna del bue e fissata al giogo con una con la funzione di permettere al bue di tirare il carro o l'aratro e di fissare nel contempo la "congiobia". Era chiamata "cornera" anche la parte della "congiobia" che si fissava intorno alle corna del bue.
Il timone era il palo che sporgeva dal carro o dall'aratro al quale venivano attaccati la coppia di buoi che lo trainavano.
Due erano i punti di attacco dei buoi:
- la "véta" ancorava il giogo che si appoggiava sopra il collo dei buoi ;
- una "cavicèla" all'estremità del timone fissava invece le "gióncole" collegate alle corna dei buoi.
Trave di legno doppiamente ricurvo che veniva posto sul collo di una coppia di buoi allo scopo di trainare il carro o l'aratro.
Nella parte centrale era collegato al timone con la "véta".
Davanti aveva due passanti in ferro per le "cornére" che venivano fissate intorno alle corna dei buoi.
Ai lati e sotto quattro anelli ai quali si attaccavano le "tavèle" ("canàgole") che passavano sotto il collo dei buoi.
Questo "giöf" era colorato di azzurro; il colore è stato consumato là dove appoggiava sul collo dei buoi e nella parte centrale dove era fissata la "véta" .
Attaccati al "giöf" sono rimasti i passanti in ferro per le "cornére" e una "tavèla" in ferro che passava sotto il collo del bue.
Traversa di legno ancorata solo nel punto centrale alla parte anteriore del "bròz" così da permettere lo sterzo del carico a strascico che vi veniva fissato sopra.
Supporto costituito da due parti in ferro, una fissa e l'altra mobile. Quella sotto veniva ancorata sul motocoltivatore al posto del cassone per adattarlo al trasporto a strascico dalla montagna. Sulla parte mobile venivano fissati due lunghi pali, sopra i quali era posto il carico. Il carico poteva così ruotare rispetto al motocoltivatore e permettere perciò di effettuare anche curve impegnative.