La fune da carro viene usata per fissare il materiale trasportato ai carri. È di solito formata da cinque strisce di cuoio intrecciate (trefoli-"tréfoi").
Alla fune vanno unite la navetta o spola ("spöla"), pezzo di legno ricurvo entro cui passa la fune, e il randello o cavicchio ("réghel") , pezzo di legno collegato ad una estremità della fune col quale la si serra e assicura alla spola.
Il "bròz" è un particolare barroccio, un veicolo a due ruote, che veniva trainato solitamente da uno o due buoi, ed usato sulle ripide strade di montagna per il trasporto a valle di legname e fieno. Non aveva una cassa in cui contenere la merce, ma essa veniva posizionata su due "palanchi" che venivano agganciati a strascico al "bròz" per la discesa dalla montagna così da frenare.
Se, arrivato a valle, doveva poi proseguire il viaggio in piano, la strada di montagna terminava col "brozzadór", punto in cui veniva aggiunto il "mèz car" o il "carriöl" che trasformava il "bròz" in un carro a quattro ruote.
Viene ben spiegato ed illustrato, insieme a tutte le sue parti, da pagina 18, in
Due "palànchi" venivano attaccati al "bròz", poggiavano per terra e procedevano quindi a strascico. Sopra si caricava fieno o legname per il trasporto a valle dalla montagna.
Particolare legno ricurvo che, agganciato alla parte posteriore dei "palànchi", tramite "cavìce" di ferro, li teneva paralleli dietro al "bròz".
Sulla "palanchèra" sono infissi dei ganci di legno fra i quali passava la "fum" indispensabile a fissare il carico a bordo.
Foto ricordo della banda di Vezzano diretta dal Maestro Carlo Chiusole. Madrina era Tullia de Eccher, che aveva ben tre familiari nell'organico, e porta lo stendardo. Accanto a lei le vallette Roberta Tonelli e Giuliana Ronchetti.
Sulla destra, accanto al Maestro, il sindaco Celeste Bressan.
Sulla sinistra il presidente della banda, Mario Chiusole, fratello del maestro.
La medaglia è stata donata dall'A.N.A. sezione di Trento ad Enrico Aldrighetti per il decennale di fedeltà alla fanfara. Documenta la sua entrata nella fanfara cittadina nel 1954, anno in cui, con la guida del maestro Patelli, aveva vinto il primo premio al concorso per fanfare alpine di Vittorio Veneto. La fanfara era stata rifondata da soli due anni dopo l'interruzione dell'attività in seguito della seconda guerra mondiale.
Il gruppo di Vezzano che faceva parte della fanfara A.N.A. di Trento.
In piedi: Carlo Biscaglia, Mario Gentilini, ?, Giuseppe Gentilini con moglie e cognata.
Seduti: Enrico Aldrighetti, Remo Garbari, Renzo Garbari, Adolfo Tonelli, Maestro Patelli, Luigi Bressan.
Il libro rileva e documenta per la prima volta la linea di difesa della fortezza di Trento avanzata nella Valle del Laghi (dal Monte Gazza, Margone, Vezzano, Padergnone, fino al Monte Rosta sul Bondone) del 1915 e la vecchia linea di cintura interna sul Monte Soprasasso e Castellar delle Grua del 1914.
Lo scopo del genio militare di Trento era quello di mantenere lontano il nemico dalla città di Trento, nel caso dello sfondamento delle difese nel settore Riva.
La caverna utilizzata come rifugio durante la seconda guerra mondiale dagli abitanti di Fraveggio è parte della "Batteria Massenza". Progettata nel dicembre 1915, prevedeva un ampio impianto sotterraneo costituito da due casematte per artiglieria e da una casamatta per mitragliatrice, collegate fra loro, che dominavano tutta la Valle dei Laghi nell’area compresa tra Santa Massenza e Vezzano.
Esse sono poi state costruite solo parzialmente e manca il collegamento tra loro.
Quella utilizzata come rifugio è l'unica ad essere accessibile da un sentiero, le altre si aprono solo sul costone roccioso.
Per maggiori informazioni consultare il testo:
Nell’edificio in Via Borgo 34 Bassetti Quintino e figli, trasferiti qui da Naran, avviarono una falegnameria accanto al mulino, che prima di loro era di proprietà Broschek ed era gestito da Faes Emanuele. Per essere il più possibile autonomi nella loro doppia attività artigianale si dotarono di una segheria veneziana e di una piccola fucina munita di forgia con “bot de l’òra” ad uso interno. Le due ruote idrauliche, che fornivano l’energia necessaria alternativamente a tutte le macchine, erano alimentate da una specifica diramazione della Roggia Grande realizzata con una condotta in muratura ed una chiusa ancora funzionante. L’acqua veniva poi rimessa nella roggia senza alcun consumo.
Negli ultimi anni di attività i Bassetti si specializzarono nella fabbricazione di imballaggi per la frutta ed infine, nel 1953, trasferirono la loro attività a Padergnone in via Nazionale 132 dove prima aveva sede un cementificio.
Livio e Cesare (detto Cesarino) Bassetti suonano mandolino e chitarra sulla terrazza di casa in piacevole compagnia. Dietro di loro una catasta di robuste assi rivela la professione esercitata dalla famiglia: i falegnami.
Con "fasòl" ci si riferisce al frutto o al seme del fagiolo e solitamente è usato al plurale: "fasòi".
Vi sono poi altri termini dialettali specifici per tradurre "fagiolo":