Epiteto, in genere bonario, che si rivolge ad una persona lenta nel fare e nel pensare, come lenta è la polenta a cuocere. Si usa anche per pigro o goffo. Esempi: Te sei en polenta! Dai polentón, mòvete!
In italiano "polentone" è usato dai meridionali per etichettare gli abitanti del nord Italia, al contrario di "terrone".
Il video mostra e spiega come si gioca a settimana (croce).
È dedicato in primo luogo ai bambini delle scuole della Valle dei Laghi che partecipano al progetto di Ecomuseo "Giochi e filastrocche".
In allegato la scheda di presentazione del gioco per le scuole.
Un'altra versione è descritta al gioco n. 11 sull'albo
La fotografia ritrae la squadra di minatori addetti allo scavo della "Finestra dei Gaggi".
In basso a sinistra troviamo Germano Nicolini; in alto, da sinistra verso destra, Andrea Bixio Prandini e Fernando Tonelli.
I bambini fanno sentire per due volte la canzone, che fa parte del gioco omonimo da loro scelto nell'ambito del progetto "giochi e filastrocche al tempo dei nonni" per la pubblicazione sull'albo illustrato edito da Ecomuseo della Valle dei Laghi.
Questo gioco tradizionale è ancora praticato nelle scuole dell'infanzia della valle.
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TIPO DI GIOCO
Gioco tradizionale di movimento in cerchio.
Può partecipare un qualsiasi numero di giocatori dai 3 anni in poi.
PREPARAZIONE
I bambini si mettono in cerchio staccati l’uno dall’altro. Un bambino sta in centro.
SCOPO DEL GIOCO
Formare tutti insieme un “serpente”.
REGOLE DEL GIOCO:
Il bambino o la bambina che è in centro passa a zig-zag tra i compagni saltellando e canta:
"Questa è la danza del serpente, che vien giù dal monte per ritrovare la sua coda che egli perse un dì!".
Si ferma davanti ad un/a compagna/o e dice:
"Ma dimmi un po’, sei forse tu quel pezzettin del mio codin?".
Se il compagno dice di sì, si attacca alle sue spalle e si riprende il gioco finché tutta la coda è completa.
I bambini fanno sentire per due volte la canzone, che fa parte del gioco omonimo da loro scelto nell'ambito del progetto "giochi e filastrocche al tempo dei nonni" per la pubblicazione sull'albo illustrato edito da Ecomuseo della Valle dei Laghi.
Anche in altre scuole della valle questo gioco tradizionale è stato segnalato ed è ancora praticato in alcune scuole dell'infanzia e primarie.
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TIPO DI GIOCO
Gioco tradizionale di movimento all’aperto. Può partecipare un qualsiasi numero di giocatori.
PREPARAZIONE
Ci si posiziona in semicerchio tenuti per mano. I due bambini alle estremità devono conoscere il gioco
SCOPO DEL GIOCO
Ingarbugliarsi e tenersi collegati ai compagni.
REGOLE DEL GIOCO:
Dialogo fra i due bambini alle estremità:
DX. “È cotto il pane?”
SX. “Sì, ma è un po’ bruciato.”
DX. “Chi è stato?”
SX. Dice il nome di uno dei giocatori
DX. Parte seguito da tutto il gruppo tenuto per mano e passa sotto alle braccia che fanno ponte alla sinistra del bambino chiamato cosicché lui rimane a braccia incrociate e girato verso l’esterno. Mentre si fa questo movimento tutti insieme cantano: “Povero ...(Nome), legato alle catene, soffrirà le pene, le pene da morir.”
Si ripete il gioco, senza mai mollare le mani dei vicini finché tutti sono “incatenati”.
Il gioco può concludersi qui.
VARIANTI
Se a giocare sono bambini più grandi, alla fine anche i due alle estremità si danno la mano e tutti tirano verso l’esterno finché la catena si spezza.
Un'altra variante segnalata in valle è nel finale del canto:
“Povero ...(Nome), legato alle catene, alle dure pene, è costretto a lavorar.”
Il lavoro svolto un tempo nei campi e la fienagione vengono qui descritti dai nonni intervenuti in classe prima della scuola primaria di Vezzano all'interno del progetto memoria svolto con Ecomuseo.
In questa fotografia sono raffigurate due donne, la madre Antonia, seduta, e sua figlia, in piedi a fianco a lei.
Sone colte in un importante momento di lavoro domestico, il ricamo, probabilmente di un lenzuolo.
La madre, che guarda dolcemente la figlia, sembra controllare il lavoro da lei svolto.
La cartolina è stata spedita nel 1922 ma la foto aveva almeno 10 anni in quanto il fotografo è morto nel 1912. Dalla divisione in due parti del retro si deduce una datazione della stampa successiva al 1905, anno in cui questa tipologia è stata adottata in Austria.
Campanella in bronzo decorata con motivi floreali che era appesa in alto fuori dalla porta di casa e che si suonava tirando per una corda. Presenta una rottura. Da notare che la campanella o il battente venivano messi solo in case di un certo prestigio, le case contadine erano sempre aperte quando c'era qualcuno in casa.
Vediamo qui due lanterne di diverse misure ma con la stessa struttura: un recipiente alla base col tappo in cui inserire il carburante (olio, petrolio, cherosene) con un'apertura superiore in cui si inserisce uno stoppino. Grazie a una manovella si fa scendere e risalire lo stoppino nel carburante in modo che si imbeva bene e che esca dal contenitore per la misura sufficiente a fare la fiamma. Si accende e poi, con apposita leva, si abbassa il vetro protetto da eventuali colpi da un incrocio di robusti fili di ferro. Il vetro ha la funzione di riparare la fiamma dai colpi d'aria in quanto la lanterna veniva usata per spostarsi all'esterno della casa, anche appesa al carro, grazie all'apposito manico o anello superiore.
Questo strumento riporta la scritta "Macina caffè excelsior".
È un macinino manuale da tavolo con morsetto con una lunga manovella.
Veniva usato per macinare l'orzo tostato in casa per produrre il caffè d'orzo.
Questo coltello è stato realizzato riutilizzando un pezzo della lama di una falce da fieno che aveva finito la sua vita, a cui è stato aggiunto un manico di legno.
Sveglia in metallo verniciata di verde a forma di parallelepipedo dalle misure di 15x 8 x 5 cm. Presenta un quadrante la numerazione romana tipica degli orologi col 4 nella forma IIII anziché IV. In corrispondenza delle ore sono scritti anche i minuti.
Sul retro ha una manovella per la carica a molla e in quel punto la vernice è completamente consumata.
È munita di 4 piedini ed un manico elaborato, così come la bordura superiore ed inferiore.
Recipiente cilindrico con un'imboccatura più ampia rispetto alla base munito di due manici rettangolari. Il pestello ha uguali impugnature ai due estremi e una sporgenza verso il centro che forma tre anelli, di cui quello al centro maggiore.
Sia sul mortaio che sul pestello è presente una patina di stagnatura leggermente verde.
Questo ferro da stiro con manico in legno aveva a suo tempo due spinotti che salivano, sul retro là dove ora si vedono i fori; ad essi si collegava una presa in ceramica col filo elettrico che portava alla presa di corrente.
Gli indumenti venivano stirati ancora umidi o inumiditi durante il lavoro con apposito spruzzino o semplicemente intingendo le mani in una ciotola d'acqua e schizzandola sull'indumento.
Questa sega è costituita da un telaio di legno a forma di H, da una parte ha una corda ritorta che mantiene in tensione la lunga lama dai denti irregolari fissata alla parte opposta con cavicchi in legno.
Veniva usata per legare gli animali alla mangiatoia, inserendo la parte terminale nell'apposito foro sul "ciòc dela magnadòra" in modo che oltrepassasse il legno così da fermarsi dall'altra parte.