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Luogo, edificio, infrastruttura
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La chiesa di Santa Maria Lauretana a Castel Madruzzo
La chiesetta, dedicata al culto della Madonna di Loreto, è stata costruita nel 1645 dal principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo. L’interno della chiesa si compone di un’unica navata con una piccola aula a pianta rettangolare, dipinta con un cielo stellato su sfondo bianco ed uno stretto ambulacro voltato, che gira attorno all'aula per tutto il perimetro . All'interno di questo trovano posto due cappelle con altare e pala (aggiunte al principio del XVII secolo). Sul lato destro è presente una piccola sacrestia, aggiunta in un secondo momento. Il nucleo centrale, al quale si accede attraverso due porte simmetriche aperte sui fianchi, racchiude la 'Casa di Loreto'. (fedele riproduzione della casa lauretana, riprende le misure, la finestrella con l’inferriata, le decorazioni pittoriche e l'organizzazione degli spazi). Le pareti dell’aula sono dipinte e da un fondo in finti mattoni emergono in tutta la loro bellezza gli episodi della ,Vita della Madonna'. L’altare maggiore marmoreo (metà del XVII secolo) custodisce una copia della 'Statua della Madonna di Loreto con Bambin Gesù' nella nicchia centrale. Le due cappelle sono dedicate a San Thomas Becket (martire anglosassone) ed alla Sacra Famiglia. Il campanile invece , eretto nel 1749, fu utilizzato da un gruppo di partigiani locali come stazione radio nel corso della Seconda Guerra mondiale. -
La chiesa di Santa Maria Assunta a Calavino
Costituiva la sede principale della pieve della Val di Cavedine. La primitiva struttura lignea, eretta prima dell’anno Mille, fu sostituita tra il XII – XIV secolo da una di forma rettangolare in stile romanico. Il restauro dell'inizio XVI modificò radicalmente la struttura dell'edificio. Dinanzi alla facciata principale venne eretto un pronao a colonne ed alcuni archi a tutto sesto che coprirono parte dell’affresco quattrocentesco di San Cristoforo. La chiesetta odierna è il risultato di ulteriori modifiche apportate nel corso del Settecento e dell'Ottocento. Santa Maria Assunta è caratterizzata da una navata, l’altare maggiore e due cappelle laterali donate dalla famiglia Madruzzo nel XVI secolo. Una di queste, la cappella Madruzzo, è stata adibita a sepoltura dell'omonima famiglia. Per celebrare i Madruzzo fu realizzato nel 1549 un affresco, da un discepolo della scuola di Tiziano, raffigurante dieci membri della nobile dinastia. L’altra cappella, dedicata al Rosario (seconda metà del XVII), offre alla vista affreschi rappresentanti i 'Quindici Misteri del Rosario'. Sul lato sinistro della navata è appesa una pala del XVI secolo dipinta probabilmente dal pittore Marcello Fogolino. Inoltre sulla parete sinistra della chiesa si scorge un interessante pulpito ligneo risalente al 1726, in stile barocco. Il campanile è l'esito di lavori e modifiche apportate in epoche diverse. La parte bassa di quest'ultimo, che apparteneva alla prima costruzione, venne innalzata nel 1537. -
La chiesa di San Siro a Lasino
La chiesetta di San Siro sorge su un colle nei pressi del paese di Lasino. Se ne hanno testimonianze a partire dal 1307 (nell'antico Codex Clesianus) e fino al 1484 era dedicata a San Procopio. Inizialmente la chiesetta si presentava piccola e bassa, rivolta da est a ovest, con un solo altare nell'abside. Le pareti di quest’ultimo sono state affrescate con rappresentazioni dei 'Dodici Apostoli', un 'Cristo Pantocratore,, i 'quattro Evangelisti' ed un vescovo( probabilmente San Siro risalente agli anni ‘70 del XIV secolo). All'inizio del XVII secolo si hanno diversi ampliamenti e ristrutturazioni. Oggi dell'edificio originale rimane solamente l’abside semicircolare, edificata a pietre squadrate a vista. Il campanile rispecchia lo stile romanico mentre la parte superiore dell’edificio è stata costruita tra fine XIII ed inizio XIV secolo. Invece il coro e l'apertura di finestre con l'arco acuto sono stati apportati nel 1890. -
Chiesa di Sant'Antonio Abate e dei Santi Simone e Giuda a Stravino
La chiesa è caratterizzata da un artistico campanile in stile romanico, dotato di cuspide conica in cotto. Questo elemento è prettamente medievale e, nonostante i primi riferimenti scritti risalgano solamente al 1539, aiuta ad attestare le origini a quell'epoca. Il porticato esterno attira subito l’attenzione dei curiosi: è costituito da volte a crociera sostenute da quattro colonne cilindriche (in pietra rossa locale) e da un pavimentato con un grezzo acciottolato. Il 1703 con l’invasione del generale francese Vendôme, segna un tragico momento che viene ricordato ancora oggi per la sottrazione di una delle due campane. Dalla metà del XVII secolo circa, Stravino ottiene la presenza stabile di un sacerdote che assicurava la regolare funzione delle celebrazioni. La chiesa è stata soggetta a modifiche nel corso dei secoli che hanno condotto alla costituzione della struttura attuale. Il locale interno è caratterizzato da una navata unica con due campate, divise da un arco a tutto sesto e coperto da volte a crociera. All'altezza del presbiterio si incontra un altro arco a tutto sesto di dimensione minore rispetto a quelli della navata. Sulla sinistra si apre il vano della cappella nella quale sono posti gli altari dorati lignei seicenteschi dei 'Santi Simone e Giuda e di San Mauro'. Nel presbiterio è ospitato l’altare maggiore (opera d’intaglio ligneo del tardo Seicento) ed al suo interno, sul lato sinistro, si ammira un ciclo d’affreschi cinquecenteschi rappresentanti le Storie di 'Sant’Antonio Abate'. -
La chiesa di Santa Maria Assunta a Cavedine
La costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Cavedine iniziò nel 1776, benedetta nel 1783 e consacrata ufficialmente solamente nel 1812. Si tratta di un edificio riccamente decorato ed affrescato. L’interno (a navata unica) con brevi cappelle laterali è adornato da: marmi carraresi, capitelli corinzi, un coro intarsiato, affreschi e da una struttura architettonica che sovrasta il magnifico altare maggiore. Sono presenti anche quattro altari laterali, posti nelle rispettive cappelle, dedicati ai santi martiri Lorenzo, Stefano, san Giovanni, Madonna del Rosario, san Giuseppe e Madonna Addolorata. In alto, sulla prima volta, è raffigurata la 'Cacciata dei Profanatori dal Tempio', mentre sulla seconda volta si scorge 'l’Incoronazione di Maria in Cielo', realizzata dal pittore Francesco Rovisi di Moena. Quest'ultimo è anche autore degli affreschi raffiguranti la 'Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci' ed il 'Martirio di Santo Stefano nel Presbiterio' e 'l’Ascesa di Maria Assunta nella lunetta absidale'. La nicchia marmorea, che ospita il fonte battesimale, è abbellita dall'affresco del 'Battesimo di Gesù' ad opera di Giacomo Antonio Pellegrini. All'esterno il campanile custodisce sei campane unite al cosiddetto "Campanò" : una sorta di tastiera che, collegata con dei fili di ferro alle cinque campane, riproduce il suono delle cinque note musicali: Do, Re, Mi, Fa e Sol. Invece la sesta campana è chiamata 'l’Agonia' ed è destinata all'annuncio dei lutti paesani. Bibliografia -
La chiesa di Sant'Udalrico a Vigo Cavedine
Sorge a sud del paese lungo l’antica strada romana 'la Traversara'. Ne abbiamo testimonianze scritte a partire dal XII secolo come cappella appartenente alla famiglia Madruzzo. Durante i secoli ha subito vari ampliamenti e modifiche e a partire dal XIV secolo il luogo di culto viene indicato con il termine 'chiesa' e non più “cappella”. La chiesa conserva l’originaria struttura dell’abside dipinta mentre le pareti, non affrescate invece, segnalano gli ulteriori lavori effettuati. La sagrestia fu aggiunta in un secondo momento. L’interno a navata unica con due volte a crociera ospita un’antica mensa in pietra. L’abside regala alla vista degli affreschi (attribuiti all'artista Simone Baschenis) che rappresentano una 'Madonna con Bambino in Trono', alcuni santi, i quattro Evangelisti ed i principali 'Dottori della Chiesa'. Sulla parete destra troviamo i resti di un antico altare che conserva una pala seicentesca rappresentante Sant’Udalrico. Un pronao annesso alla facciata principale, sotto il quale passava la strada, crollò all’inizio degli anni 60, mentre venivano eseguiti i lavori per la realizzazione dell’attuale strada provinciale. Nel 2001 è stata ristrutturata è riportata ai suoi antichi splendori grazie al lavoro del 'Comitato per il restauro della chiesetta di Sant’Udalrico'. -
Castel Terlago
Non esistono documenti certi sulla fondazione del castello, ma i primi riferimenti alla famiglia che lo possedeva, i de Terlachu, risalgono al 1124 e nel 1208 sono definiti "nobili militi", segno di un loro impegno militare. Da un'analisi architettonica sembra comunque probabile che le strutture più antiche risalgano al XII secolo. Nel 1457 Nicolò di castel Terlago cedette parte del castello alla famiglia Calepini di Trento. Ne seguì una battaglia legale che si protrasse fino al 1533, allorquando entrò a far parte dei possedimenti dei de Fatis, che ne mantennero la proprietà fino al 1952 e assunsero anche il predicato nobiliare "de Terlago". Nel 1703, come molti altri castelli della zona, fu occupato e dato alle fiamme dalle truppe del generale Vendôme. In seguito fu ricostruito ma perse l'aspetto di fortezza per essere trasformato in una residenza nobiliare di campagna. Oggi il castello è proprietà privata e normalmente non è visitabile. La parte più antica di castel Terlago è costituita da due torri, la torre Mozza e la torre Alta, che risalgono al XII secolo e venivano probabilmente usate per il controllo dei traffici della zona. Tra il XIII e il XIV secolo fu edificato il palazzo residenziale che collegava le due torri. Dopo le distruzioni dell'inizio del XVIII secolo, tutto il complesso fu fortemente rimaneggiato ricavando un palazzo residenziale più ampio e lussoso e un giardino all'italiana. -
Castel Madruzzo
I primi documenti riguardanti il castello risalgono al 1161 quando il principe vescovo di Trento Adalpreto II lo concesse in feudo a Gumpone e a suo nipote Boninsegna. Questi ultimi furono i capostipiti della prima famiglia dei Madruzzo. Durante gli scontri tra guelfi e ghibellini, i Madruzzo furono sempre fedeli ai vescovi di Trento e per questo furono attaccati dai Campo e dai Seiano, che arrivarono ad occuparne il castello. Al termine delle lotte il maniero tornò nei possedimenti dei Madruzzo. Nel 1380 la linea maschile dei Madruzzo si estinse e, dopo alcune lotte per l'eredità, il castello nel 1389 passò ai Roccabruna. Questi ultimi, oberati dai debiti, dopo pochi anni non furono più in grado di far fronte alle spese per l'amministrazione del castello e nel 1441 lo cedettero a Sigismondo Stetten di Carinzia, capitano nel castello di Segonzano. Anch'egli però non fu in grado di sostenere l'impegno economico che il castello richiedeva e nel 1447 lo cedette a Aliprando figlio di Guglielmo di Denno-Nanno. Aliprando morì senza figli, i suoi beni passarono a suo nipote Gian Gaudenzio che iniziò a farsi chiamare Madruzzo e assunse uno stemma che si rifaceva a quello della precedente famiglia. Egli apportò notevoli miglioramenti al castello rendendolo più comodo e adeguando le difese alle nuove armi da fuoco. Uno dei suoi figli fu Cristoforo Madruzzo che iniziò il Concilio di Trento e che fu il primo dei principi vescovi appartenenti questa famiglia che governarono il Trentino per più di un secolo. Durante questo periodo il castello fu più volte ampliato e abbellito e fu usato come residenza dei principi vescovi e luogo per feste e ospiti importanti. Nel 1658 con la morte Carlo Emanuele Madruzzo si estinse anche la linea maschile della seconda famiglia dei Madruzzo. Per matrimonio il castello passò quindi nel 1661 ai Lenoncourt che a loro volta si estinsero lasciando le loro proprietà ai Carretto di Genova nel 1691. Nel 1703 durante la marcia del generale Vendôme in Trentino nell'ambito della guerra di successione spagnola, il castello fu dato alle fiamme e quasi completamente distrutto. Ricostruito nel XIX secolo cadde ben presto in rovina, anche a causa del disinteresse della famiglia Carretto che lo vendette nel 1873. Acquistato dalla famiglia Larcher fu in parte ristrutturato e ha ospitato anche Oreste Barattieri e Antonio Fogazzaro. Nel 1963 fu venduto ai Montagna di Milano. -
La Chiesa di San Valentino a Vezzano
Si trova in campagna a Sud del paese di Vezzano ed è dedicata a San Valentino. Secondo la tradizione, dove si trova la chiesetta in agro, verso la fine del IX secolo è sorta un’edicola per onorare le reliquie di San Valentino, come testimonierebbe un tegolone iscritto che ricorda, per l’appunto, la presenza delle reliquie di San Valentino e Parentino e data l’evento all’860. Si tramanda che fin da allora i pellegrini arrivavano da tutte le parti del Trentino. Nel 1496 il pievano di Calavino, don Paolo Crotti, promosse la costruzione della chiesetta di San Valentino in Agro, con accanto una piccola sacrestia elevata sopra i resti dell’antica cappella. Attraverso i secoli la Chiesa è stata soggetta al passare del tempo ed ha subito varie ristrutturazioni importanti tra cui quelle del 1800. Dell'antica chiesetta rimane solo l'affresco in lunette sopra il portone nel quale si vedono la Madonna col Bambino ed ai lati San Valentino e Parentino. Un tempo la chiesetta custodiva una quantità di ex voto che purtroppo sono stati quasi tutti rubati. All'interno rimane solamente l'altare maggiore che conserva al suo interno una terracotta dipinta della prima metà del XVII secolo arricchita da statue di gesso di una Madonna con Bambino, tra San Valentino e San Parentino. Ai lati invece troviamo San Vigilio e Santa Massenza e due Ermes angeliche che sorreggono un crocifisso tra due santi vescovi. Alla prima domenica di settembre dal 1945 San Valentino viene portato dalla chiesa parrocchiale a questa in campagna per commemorare il voto fatto al santo e qui riportato: -
La chiesa parrocchiale dei Santi Vigilio e Valentino a Vezzano
Si tratta di una chiesa molto ricca di decorazioni sia all'interno che all'esterno. A partire dal 1500 subisce varie ristrutturazioni. Si trova in piazza Mons. Donato Perli che nel 1895 iniziò l'iter che avrebbe ricostruito la chiesa così come la vediamo oggi. Tra il 1904 e il 1907 i lavori vennero svolti da Bonifacio Bassetti di Trento e Rodolfo Gobber delle Sarche. In quell'occasione è stata rinvenuta una pietra datata 1221, appartenente probabilmente all'edificio originario. La facciata esterna è contraddistinta da un portone strombato che porta in rilievo gli stemmi lapidei di Papa Pio X, del vescovo Celestino Endrici e del comune di Vezzano, un mosaico di Cristo Pancreatore ad opera di Marco Bertoldi (1960), un grande rosone ed il campanile abbellito da un quadrante di orologio che reca la data 1814. All’interno gli sono opere di grande pregio, come l'altare maggiore, il mosaico attribuito al bresciano Domenico Italiani raffigurante la 'Traslazione di San Vigilio verso Trento dopo il martirio', le vetrate colorate che rappresentano San Vigilio e San Valentino, statue lignee di vari santi ed i 2 leoni di pietra calcarea ai lati del presbiterio risalenti al XVI secolo ed appartenenti a Castel Madruzzo, presenti nella chiesa dal 1864. Troviamo anche quattro diversi altari lignei, dei quali il secondo contiene le reliquie dei santi protettori di San Valentino e Parentino. Vi sono poi una pala ad olio su tela risalente al XVII secolo rappresentante un miracolo di San Valentino e dei fregi ad opera del pittore Antonio Zeni da Tesero. Importante è ricordare il preziosissimo altare ligneo a portele che oggi è custodito al museo Diocesano ma un tempo si trovava all'interno della chiesa. -- Bibliografia: -
La chiesa di San Lorenzo a Ciago
In cima al colle del paese, dove c'è la piazza, si trova la chiesa curaziale di San Lorenzo. Ne abbiamo testimonianze a partire dal 1491. Costruita dove probabilmente sorgeva un'antica torre di avvistamento romana, poi trasformata in campanile, viene affiancata nel 1300 dal primo edificio di culto, una chiesetta. Dal 1739 fu eretta a curazia e dedicata a San Lorenzo. Nel 1866, ormai troppo piccola per la popolazione del tempo, viene abbattuta e ricostruita nella forma attuale. Venne consacrata il 9 settembre 1877. Costituita da un'ampia navata, al suo interno si trova l'affresco del 1946 di 'Gesù in cielo che consegna le chiavi del Paradiso a san Pietro' ad opera di Vittorio Bertoldi, una pala ottocentesca di 'Santo Stefano Protomartire' di autore sconosciuto, mentre il soffitto è decorato con 4 grandi medaglioni raffiguranti i 4 evangelisti. Ai lati invece i quadri della 'Via Crucis' e una tela del 'Battesimo di Gesù compiuta da San Giovanni Battista' di pittore sconosciuto. All'esterno è affissa una lapide in marmo che reca incisi i nomi dei caduti nella due guerre mondiali. Bibliografia: -
La chiesa di San Giacomo a Covelo
Questa chiesa spicca per la sua maestosità. Dedicata a San Giacomo dal 1882, si trova in via Villa Alta ed è stata costruita sulle rovine di un'antica torre romana, di cui rimane ancora il campanile. E' documentata a partire dal 1307. L'interno è decorato da Alfonso Facchini di Trento. I quadri ad olio di Sant'Antonio Abate e San Giuseppe attribuibili al pittore Giovanni Battista Chiocchi, risalgono al 1898. Il dipinto di San Giacomo Maggiore invece è opera del mantovano Agostino Aldi. All'esterno, sulla facciata, è affissa una lapide con incisi i nomi dei militari di Covelo caduti nella Prima Guerra Mondiale; inoltre è presente un'altra lapide che ricorda l'ex sindaco della chiesa Giacomo Pooli (1792-1850). Bibliografia: -
La chiesa dei Santissimi Angeli a Monte Terlago
Si trova al centro del paese ed è dedicata ai Santissimi Angeli. La sua costruzione risale al 1890. È stata ristrutturata nel 1996 in onore del centenario. All'interno troviamo un quadro raffigurante "l'Angelo Custode" e l'affresco del "Cristo Morente" ad opera di Bruno Degasperi. -
La cappella di Sant'Anna a Terlago
La cappella risale al tredicesimo secolo. Era utilizzata fino ai primi anni del 1900. Oggi è completamente abbandonata e in rovina. -
La chiesa di San Filippo Neri a Terlago
Di proprietà privata è particolarmente legata alle vicende della famiglia Merlo. All'interno vi è una pala d'altare di un artista anonimo raffigurante la 'Madonna Assunta in cielo fra schiere d'angeli con ai suoi piedi San Filippo Neri'. --- Bibliografia: -
La chiesa di Sant'Andrea a Terlago
Dedicata a Sant'Andrea che viene festeggiato il 30 novembre, si trova nella piazza centrale del paese. Ha uno stile rinascimentale ed è documentata sin dal 1183. In passato era conosciuta per la 'Madonna delle Grazie' che attirava pellegrini da tutto il Trentino. La cupola è stata affrescata da Francesco Giustiniani di Roma nel 1909 e da Vittorio Bertoldi di Trento nel 1947. Riformata e modificata nel 1667, anche negli anni successivi subì numerose trasformazioni. Venne ulteriormente ampliata e consacrata il 17 ottobre 1852. L'ultima modifica risale al 1984. L'interno è costituito da tre navate con volte a crociera poggianti su quattro pilastri. Sono presenti tre altari in marmo, diversi affreschi e anche numerose statue. Curiosa è anche la presenza delle lapidi funerarie di alcune famiglie nobili e lo stemma lapideo dei Conti Graziadei. Sulla parete del lato sud esterno della chiesa, c'è anche il monumento ai caduti delle due guerre mondiali. Bibliografia: - D. Mussi, “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012 - Speciale Frazione: Terlago, in "Vallelaghi informa", Vallelaghi, TN, 2019, 1 -
La chiesa di San Pantaleone a Terlago
Eretta su un piccolo colle a lato della strada che porta verso il paese. È dedicata a San Pantaleone, giovane medico di Nicodemia martirizzato nel 305. La costruzione attuale risale al 1500 ma sorge su un'antica cappella precedente; presenta ancora degli elementi originali: il campanile a vela e l'arco santo affrescato. All'interno si trovano degli affreschi realizzati dal Verla nel 1518, che decorano il presbiterio raffigurando la vita di San Pantaleone, San Sebastiano e altri episodi biblici. Subì molti cambiamenti nel corso dei secoli, soprattutto per quanto riguarda il suo utilizzo, è stata usata, infatti, anche come deposito, alloggio per soldati napoleonici e dormitorio militare nella Prima Guerra Mondiale. L'esterno appare spoglio e privo di decori. Bibliografia: -
La chiesa di San Bartolomeo a Fraveggio
Situata al centro del paese di Fraveggio, questa chiesa è dedicata a San Bartolomeo. La sua presenza è documentata in un inventario del 1491; anche allora era dedicata a San Bartolomeo. L'antica chiesa venne demolita perchè ormai troppo piccola per le esigenze del paese; è stata ricostruita nel 1832, nello stesso luogo, e consacrata l'11 novembre di quell'anno. La nuova chiesa è costituita da un'unica navata con l'altare maggiore e due altari laterali e diversi affreschi sulle volte. Nella cupola spicca l'affresco della Gloria di San Bartolomeo, opera del 1832 del pittore rivano Giuseppe Craffonara. Sono presenti anche numerose statue lignee. Un fatto increscioso è che la tela del XVIII secolo, di ignoto autore, raffigurante la Madonna del rosario con San Domenico in adorazione del Santissimo Sacramento, è purtroppo stata irreparabilmente danneggiata dal furto avvenuto il 29 aprile 2007: è stato ritagliato dalla tela il viso della Madonna. In relazione al tema della pace al quale è dedicato l'itinerario tra i luoghi del sacro di Vallelaghi poniamo attenzione ai quattro angoli del soffitto della navata dove sono affrescate le virtù, tra loro la Pace. Il "patto della pace" è richiamato anche nella dedica sulla tela di Carlo Pozzi del 1645 raffigurante la consegna dello scapolare a San Simone di Stock presente sulla sinistra del presbiterio. Bibliografia: -
La chiesa di S. Biagio a Vigo Cavedine
La chiesa è posta in zona centrale ed è orientata verso est. La facciata è tripartita con corpo centrale affiancato da salienti laterali. Il portale è architravato. La torre campanaria è posta a sud. L'interno è a tre navate e la zona presbiteriale è rialzata e vi si accede con cinque gradini. E' presente dal XIII secolo e fu oggetto di arricchimenti nelle decorazioni ad affresco dopo il 1250. Le pareti della sala furono nuovamente affrescate verso la fine del XV secolo e questo comportò la perdita di parte dei dipinti di epoca anteriore. Nella seconda metà del XVIII secolo l'edificio venne ristrutturato ed ampliato con un allungamento della sala ottenuto con la trasformazione della navata originale nel nuovo presbiterio. In tale occasione vennero arricchiti gli interni con cornici realizzate in stucco. Durante il XX secolo all'interno delle cornici a stucco del settecento vennero dipinte opere a tempera e la chiesa venne nuovamente ampliata. Le mura laterali vennero abbattute e ricostruite in modo da ottenere tre navate. Dopo tali lavori venne celebrata la solenne consacrazione, nel 1908. Venne elevata a dignità parrocchiale nel 1919. Negli anni ottanta, nel corso di un restauro, fu possibile recuperare parte di superfici affrescate risalenti ai primi tempi dell'edificio su parti murarie originali del XIII secolo. Gli ultimi interventi di restauro conservativo e di recupero delle antiche decorazioni si sono conclusi nel 2008. Nel tabernacolo troviamo un affresco raffigurante il 'Padre Eterno,, opera di Valentino Rovisi. -
La piazza di Fraveggio
La piazza di Fraveggio risale presumibilmente al 1882 da quanto riportava un'epigrafe posta sulla parete della canonica che dà sulla piazza che, secondo la testimonianza lasciata da Onorino Faes, recitava: "All'Illustre Conte Enrico Sizzo de Noris donatore in parte dell'area di questa piazza. 1882". È intitolata al Brigadiere Giovanni Bressan, nato a Fraveggio nel 1909 e ucciso durante un inseguimento da un malvivente con tre colpi di pistola nel 1956 quando era comandante della Stazione dei Carabinieri di Ponte Nossa (BG). Il grande lavatoio messo in opera nel 1924, ancor oggi sfrutta l'acqua della roggia e dopo il recupero del 1997, decora la piazza. Più vecchia del lavatoio era la fontana per uso potabile posta in mezzo alla piazza; larga due metri e mezzo, veniva usata anche per abbeverare le bestie e tenere in ammollo la verdura che veniva poi venduta al mercato di Trento. Dopo la costruzione dell'acquedotto potabile che portava l'acqua in tutte le case, perse la sua funzione e verso il 1960 fu demolita così che il piccolo cedro che l'affiancava divenne il protagonista della piazza. Interessante ricordare anche una fiorente industria per la lavorazione delle noci che si affacciava sulla piazza. Aperta da Germano Bressan nel 1888 e funzionante poi grazie al figlio Edoardo e al nipote Edi fino al 1965, occupava in modo stagionale una cinquantina di donne provenienti anche dai paesi limitrofi e certo dava molta vitalità anche alla piazza. Nel 1995 l'Amministrazione comunale ha abbattuto il vecchio cedro divenuto imponente e pericoloso, ha recuperato il vecchio lavatoio e pavimentato la piazza in porfido. Trasformata in parcheggio viene chiusa e riprende la funzione sociale animandosi per la tradizionale festa dell'immacolata dell'8 dicembre, per la “sbigolada” di carnevale e per la Sagra dei portoni di inizio giugno. -
Castel Toblino
Una delle particolarità di Castel Toblino è la sua antichità, infatti ne troviamo testimonianza a partire dal 201 d.C. con un tempietto dedicati ai fati e alle fate ad opera di Druino, amministratore dei Tublinati per conto del console Marco Manilo Avio Muciano. Nel 1100 viene affidato dal Principe Vescovo alla famiglia dei Toblino che inizierà la costruzione del fortilizio con annessa dogana. Nel XII secolo viene realizzato il fortilizio quadrangolare con grosse mura medievali e la torre circolare. Nel XIV secolo passa nelle mani dei signori Da Campo. Nel XV secolo vengono rialzati e ampliati gli edifici già esistenti, viene collegata la parte antica con quella più recente e viene costruita la casetta delle guardie. Dal 1459 viene incamerato dalla Chiesa di Trento. Dal XVI secolo assume funzione residenziale e vive il suo periodo più florido. Bernardo Clesio fa addirittura chiamare il Fogolino per affrescare una stanza. Dal 1544 assistiamo all'ascesa della famiglia Madruzzo. Viene ristrutturata la cinta muraria con la caratteristica merlatura ghibellina a coda di rondine. Con la morte di Carlo Emanuele Madruzzo, Principe Vescovo morto senza lasciare eredi legittimi, il maniero passa ad una delle eredi femmine, Giovanna Madruzzo in Wolkenstein. E poi al figlio Gaudenzio Fortunato Wolkenstein. I Wolkenstein ne mantennero il controllo fino al 1960 quando viene venduto all'attuale proprietario. -
Antichi mulini di Calavino
Gli antichi mulini di Calavino costituiscono ormai un ricordo legato alla vita passata di cui purtroppo rimangono poche testimonianze. Rispetto agli altri paesi della Valle di Cavedine, Calavino è sempre stato caratterizzato da una ricchezza di sorgenti e corsi d’acqua che hanno contribuito allo sviluppo socio-economico e alla configurazione del paese. Per localizzare e ricostruire quello che una volta formava il cuore della vita artigianale del paese si è voluto creare un percorso che, attraverso sette pannelli, attraversa i principali punti dove si trovavano un tempo gli opifici. L’inizio del percorso è pensato nella zona del Bus Foran, dove la Roggia entra nel paese ed è collocata la bacheca introduttiva. Oggi buona parte della Roggia non è più visibile perché scorre al di sotto della strada, ma ci sono alcuni scorci dove la vediamo costeggiare le abitazioni. Il percorso passa dalla Piazzetta delle Regole, dove si gode di un’ottima visuale, per poi continuare nella parte vecchia del paese, il quartiere del Mas, cuore pulsante dell’artigianato di un tempo. Si stima che lungo la Roggia esistessero più di una trentina di mulini, destinati a diverse attività, che oggi sono purtroppo scomparsi e del quale restano poche testimonianze. I bambini della scuola elementare nella loro pubblicazione del 1981/82 elencano i mulini attivi a ricordo degli anziani e testimoniano che "Seguendo il percorso della Roggia possiamo ancora ammirare segni del passato: alcune grosse macine di pietra e frammenti delle grandi ruote di legno": sorprende come nel 1980 ci fossero ancora frammenti delle ruote di legno. --- Bibliografia: - pag. 47-48 di -
Antichi mulini del Borgo di Vezzano
Il percorso "Antichi mulini del Borgo" va dalla località Naran fino a via Ronch, passando per via Borgo. È illustrato da una bacheca e 11 pannelli nei pressi degli 11 ex mulini che sfruttavano l’acqua della Roggia Grande ad inizio ‘900. L’acqua proveniente in parte da Covelo forniva già lì energia ad un mulino di cui si parla già nel 1244-47 e, superato Vezzano, continuava poi il suo corso alimentandone altri ancora a Padergnone fino a placare la sua corsa nel Lago di Santa Massenza. La presenza di mulini a Vezzano è documentata fin dal 1208 e si è fermata completamente nel 1979. Copia dei pannelli è collegata a questa risorsa ed il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui: -
Fucina Aldrighetti
La fucina Aldrighetti era specializzata nella produzione di piccoli attrezzi. È stata fondata da Giobatta Aldrighetti (1831-1907), figlio del fabbro Giovanni Battista Vitale di Glolo nel Banale. Giobatta arrivò a Vezzano a servizio dei Morandi, poi si mise in proprio e sposò Luigia Tonelli di Vezzano con la quale ebbe 14 figli tra il 1855 ed il 1876. Proseguirono poi l'attività i suoi figli: Giacinto Giuseppe (1857-1937) ed Eugenio Gregorio (1862). Guerra, emigrazione ed infine negli anni trenta il sequestro dei metalli per la causa bellica, determinarono la chiusura del laboratorio. Quel che rimane oggi a testimoniare questa attività del passato, nel giardino privato è parte della “bot de l'òra”, accessorio indispensabile in ogni fucina, ed all’interno della casa di abitazione diversi particolari che il proprietario ha tenuto a recuperare alla memoria. Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui: -
Mulino Cattoni
Seguendo il corso d’acqua, rimanendo sempre nella parte sopra la chiesa di Ciago, si incontrava il secondo opificio; i coniugi Luigi Fortunato Cattoni (1864 - 1905) e Margherita Cattoni (1872-? figlia di Felice e di Teresa Eccel, altra famiglia di mugnai) furono gli ultimi proprietari che chiusero definitivamente i battenti ad inizio Novecento. L’edificio, che loro avevano acquistato dalle giovani figlie di Giacomo Cappelletti prematuramente scomparso, era suddiviso tra un piano terra dedicato al mulino, che ospitava “el castel” con gli ingranaggi, le macine in pietra, la “tramogia” (cono capovolto munito di fondo adoperato per versare i cereali nel macchinario), ‘l bùrat (macchinario per setacciare la farina e separarla dalla crusca) ed altri strumenti del mugnaio, ed un piano superiore destinato alla cucina ed alla camera da letto. All’esterno, sulla roggia, vi era un lavatoio. Una bella foto presumibilmente di inizio Novecento testimonia la presenza di due ruote e di un canale della doccia. Questo, grazie ad una leva, si poteva spostare dall’interno del mulino. La casa ha poi cambiato proprietari e per lungo tempo la parte del mulino è rimasta inutilizzata, salvo piccoli periodi come quello della seconda guerra quando vi ha soggiornato Vittorio Bertoldi, lo sfollato trentino che in quel periodo ha decorato la chiesa del paese. La grande ruota è andata pian piano decomponendosi fino a scomparire negli anni ‘60. Alcune foto scattate nel 1991 per il notiziario comunale ci mostrano quel che allora era ancora presente all’interno dell’edificio: il castello con i sottostanti ingranaggi, le soprastanti pietre molitorie (palmenti) ed il canale di uscita della farina, un setaccio (crivel). Un’altra foto fatta dalla scuola nel 2000 ci ricorda il lavatoio e una delle macine abbandonate, che ora decora un angolo del giardino riservato della casa. Purtroppo col tempo molto di questo è scomparso. La giovane famiglia che ora abita la casa ha compiuto recentemente lavori di isolazione dell’edificio sul fianco dove scorreva un tempo l’acqua della derivazione: scavando il tufo calcareo in quello che era il letto della derivazione è stata rinvenuta sul fondo una pavimentazione in selciato. Una grossa concrezione calcarea è ancora presente su un angolo dell'edificio dove l'acqua della derivazione iniziava a fiancheggiare la casa.