L'ex voto ricorda la frana caduta il 12 maggio 1890 dalle “Cruze al tof de la confin” durante una processione delle rogazioni. In una delle lettere scritte dalle autorità religiose e civili di Ranzo e Margone all’Ordinariato di Trento leggiamo:
"V’è tanto in Ranzo che in Margone ab immemorabili, la pia usanza che nei giorni che si fanno le processioni delle S. Rogazioni quei di Ranzo vengono il primo giorno in Margone e quei di Margone vanno a Ranzo il giorno dopo. Sono anni e anni che specialmente il clero, ma anche altre persone che vedono e considerano le cose, quali veramente sono, disapprovano questa processione, perché on più conveniente alle persone che sono al certo divenute più fiacche, né alle circostanze locali del caprino e cattivissimo sentiero, pel quale si deve passare e che diviene sempre più pericoloso pei sassi che cascan dall’alto per causa dei frequenti disboscamenti. Per tratto di circa mezz’ora il sentiero è strettissimo e senza patir dio vertigini basterebbe accidentalmente cascare piegando dalla parte di mezzodì, per precipitare dagli alti dirupi che vanno quasi a picco.
Il bruttissimo caso successo quest’anno a quei di Ranzo comprova ed evidenzia la realtà del pericolo. Erano appena giunti alla metà circa del sentiero, quando dall’alto della montagna si stacca un grande macigno che precipitando al caso forma una frana di sassi di ogni dimensione con ferimento di quattro persone, e con quale paura e pericolo di tutti è più facile immaginarlo che descriverlo …
Fu un vero miracolo se vi furono solo delle ferite non molto gravi e miracolo grandissimo, se come doveva naturalmente succedere,
non precipitò assieme al primo un altro macigno ancor più grosso, staccatosi nello stesso sito pochi giorni dopo (4 giugno). Il religioso quadro che i buoni popola nidi Ranzo fan dipingere dal valente Chiocchetti, ricorderà ai visitatori ed ai posteri come nel massimo dei pericoli abbiano tutti scampata la vita, dove non vie era niente a stupire, se a decine, avessero trovato la morte."
Da allora in poi i due paesi fecero le loro processioni separatamente.
---
Bibliografia:
Questo murale ci mostra uno spaccato dell’ambiente naturale montano in cui si trova. Una coppia di galli forcelli intenti nel corteggiamento sono i protagonisti; intorno ci sono altri uccelli e sullo sfondo le cime del Casale con l’ultima neve.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 1 e lo si può ammirare insieme agli altri:
Sull’ex albergo Stella alpina, non potevano che esserci questi fiori simbolo indiscusso della montagna. Accanto a loro gli strumenti dello scalatore necessari a raggiungere i luoghi più impervi: gli scarponi, la corda, il moschettone coi chiodi.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 2 e lo si può ammirare insieme agli altri:
In questo murale è rappresentato Margone col Gazza alle spalle e davanti gli orti coltivati, la sua ampia conca prativa che lo separa dal belvedere a strapiombo sulla valle, fiori di diverse stagioni, “dove il silenzio è un bene prezioso”, come recita il cartello all’entrata del paese.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 3 e lo si può ammirare insieme agli altri:
Questo murale occupa un angolo della casa, sulla parete che si vede all'entrata del paese si erge solitario per tutta la sua altezza crescendo fra i sassi, sulla parete a fianco la chioma continua sotto un arco di sassi ed un pettirosso, simbolo della vita che sopravvive anche nel freddo dell’inverno, ci osserva dall'alto.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 4 e lo si può ammirare insieme agli altri:
In questo murale, in un cerchio dallo sfondo rosso che emana calore, pascolano tre asini che vediamo solo in parte, come guardando dentro un foro. Il loro raglio si sente ancora a Margone, ricordandoci la loro passata infaticabile presenza a supportare la fatica degli uomini e la tradizionale divertente corsa degli asini che si disputava in paese.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 5 e lo si può ammirare insieme agli altri:
Una coppia di camosci arrampicata sulle rocce, di primo mattino con alle spalle le montagne ed il cielo rosato, sono simbolo di agilità e forza, necessaria a loro, come agli abitanti di Margone, per superare grandi dislivelli nei loro spostamenti.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 7 e lo si può ammirare insieme agli altri:
Particolarmente colorato e vivace il murale di questa coppia di polli tra i girasoli. La padrona di casa ha una vera passione per galli e galline di tutte le razze che alleva con amore in grande varietà.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 8 e lo si può ammirare insieme agli altri:
Così chiamano la Madonna che Jordi Galindo ha dipinto nel capitello a Maria, risalente al 1894; un modo affettuoso per ricordare il paese d'origine del pittore.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 7 e lo si può ammirare insieme agli altri:
In questo murale è rappresentato il paesaggio che si ammira verso il Banale: i ciclamini in primo piano, il capriolo e gli uccelli più lontano, tutte presenze naturali in un ambiente fatto di praterie, bosco e, sullo sfondo, le cime innevate del Brenta.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 9 e lo si può ammirare insieme agli altri:
In questo grande murale dipinto sulla casa sociale, oltre la vista sulla Valle dei Laghi ed il Lago di Garda, sono presentati anche altri aspetti di Margone: i fossili trovati lungo la strada, la coltivazione della patata blu, l'allevamento degli asini, parapendio e ciclisti che lo frequentano.
Il ragazzo messicano che cura allegramente l'asino è un evidente tributo di Jori Galindo al suo amico artista Omar Garcia, col quale spesso collabora.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 10 e lo si può ammirare insieme agli altri:
I fiori della patata blu sembrano proprio uscire da una nicchia in questo murale.
Emigrati in Svizzera da questa casa, tornando in visita ai loro familiari, qualche decennio fa hanno portato alcune patate blu, che da allora si coltivano anche a Margone, accanto a quelle tradizionali, costituendo una specialità del luogo. Sono patate dalla polpa violacea, che rendono poco ma sono resistenti a malattie e siccità, ricche di antiossidanti e danno un tocco di originalità in tavola.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 11 e lo si può ammirare insieme agli altri:
In questo murale sembra proprio che nella casa si apra un portone verso i prati ed il Monte Gazza ed Elvio, colui che ha predisposto gli intonaci di tutti i murales di Margone, è qui fedelmente ritratto in un lavoro antico che per generazioni gli uomini del paese hanno fatto: il trasporto con la slitta. Era questo un tempo il mezzo più frequentemente usato per portare a casa fieno, legna, sassi... da impervi sentieri non percorribili con gli animali da tiro o da chi quegli animali non se li poteva permettere.
Sulla mappa dei murales di Margone è segnato col numero 12 e lo si può ammirare insieme agli altri:
L'artista ha rinunciato in questo murale ai suoi caratteristici brillanti colori, per dare spazio al nero della fuliggine rimasta dopo il pauroso incendio del 1887, partito proprio dalla casa su cui il dipinto è stato realizzato e dove una lapide ricorda i 10 morti di quella notte tra il 12 e il 13 aprile di quell'anno.
A quel tempo Margone contava un centinaio di abitanti e l'emigrazione, soprattutto stagionale, era molto frequente. L'incendio, che da quella casa si era propagato nel resto del paese, ha messo in ginocchio la popolazione già stremata che però ha lottato coi denti ed ha ricostruito per quanto ha potuto il piccolo centro rinunciando alla ricostruzione nella piana del Sarca proposta dalla Dieta di Innsbruck.
Incendio, emigrazione, povertà, tristezza ma ci sono anche due rondini in volo simbolo di speranza per un futuro migliore.
Per maggiori informazioni sull'incendio di Margone:
Sul sito del Catasto, qui sotto linkato, sono presenti le cartografie risalenti al 1860 di tutto il territorio del Comune Catastale di Terlago (C.C. 385) e la legenda.
Qui abbiamo inserito solo la parte riguardante la zona di Monte Terlago (dalle tavole 385-11/12/14/15).
Sul sito del Catasto, qui sotto linkato, sono presenti le cartografie risalenti al 1860 di tutto il territorio del Comune Catastale di Terlago (C.C. 385) e la legenda.
Qui abbiamo inserito solo la parte riguardante il centro abitato di Terlago (tavola 385-14); sono poi segnati nelle vicinanze del lago la chiesa di San Pantaleone (tavola 385-15) e due edifici al Travolt (tavola 385-15). Riportiamo poi a sé stante la zona di Monte Terlago.
Sulla mappa del catasto austriaco del 1860 si possono notare le due parti storiche in cui era diviso il paese: Villa Alta e Villa Bassa.
Sul sito del Catasto, qui sotto linkato, sono presenti le cartografie di tutto il territorio del Comune Catastale di Covelo (C.C. 119) e la legenda.
Qui abbiamo inserito solo la parte riguardante il centro abitato (tavola 119-09) e segnaliamo che a Maso Ariol era presente un edificio (tavola 119-10).
La tela raffigura la Madonna del Rosario che tiene in braccio il Bambino Gesù con ai suoi piedi San Domenico e Santa Teresa mentre un angelo ad ali spiegate consola alcuni penitenti che soffrono fra le fiamme dell’inferno.
Questa illustrazione, realizzata da Mario Colombelli nel 1983, mostra uno scorcio di via Rosmini a Stravino.
Interessante appare la struttura edilizia rustica tipica delle case contadine che poggiava sugli androni (po'rteghi) e su imponenti sovrastrutture lignee composte di ballatoi, graticci e scale esterne.
Riportiamo da Retrospettive n. 41 del 2009 la particolare storia di questo grande olio su tela:
"Nel 2001, in occasione della ristrutturazione della chiesetta di S. Siro, il parroco don Giuseppe Cattoni chiese a Teodora di eseguire la tela di S. Siro in sostituzione di quella originale che venne trafugata alcuni decenni prima.
Aderì alla richiesta con molto entusiasmo anche se il compito si presentava piuttosto arduo, soprattutto per la difficoltà di individuare i colori da utilizzare dato che mancavano fonti documentarie che li rendessero evidenti. Nemmeno la memoria degli anziani la aiutavano molto; quindi, dopo uno studio approfondito, ripiegò su una vecchia cartolina in bianco e nero che raffigurava il quadro affidandosi per i colori a quelli utilizzati in dipinti simili. A conclusione del lavoro Teodora fece dono della sua opera alla chiesa di S. Siro."