Sulla destra vediamo un uomo intento ad attingere acqua da un pozzo per caricare un'irroratrice manuale, mentre sulla sinistra è visibile il cancello ligneo del Palazzo Vescovile menzionato a p.10 della pubblicazione "Ville, torri e palazzi di Vallelaghi : Padergnone, Santa Massenza e Terlago".
La data è ricavata dal timbro postale.
La cartolina è scritta da una villeggiante "servita come una principessa".
Il palazzo vescovile nel 1905 venne venduto a privati e trasformato in albergo, fece di Santa Massenza la "Piccola Nizza de Trent" attirando molti turisti da tutto il Tirolo.
Nel 1947 iniziarono a riempire la parte settentrionale del lago coi materiali di scavo provenienti dalle gallerie per la costruzione della centrale idroelettrica, allontanando così il palazzo dal lago.
La foto pubblicitaria dell'albergo risale quindi a questo arco temporale, come si vede era collegato con una scala alla darsena.
Non esistono documenti certi sulla fondazione del castello, ma i primi riferimenti alla famiglia che lo possedeva, i de Terlachu, risalgono al 1124 e nel 1208 sono definiti "nobili militi", segno di un loro impegno militare. Da un'analisi architettonica sembra comunque probabile che le strutture più antiche risalgano al XII secolo.
Nel 1457 Nicolò di castel Terlago cedette parte del castello alla famiglia Calepini di Trento. Ne seguì una battaglia legale che si protrasse fino al 1533, allorquando entrò a far parte dei possedimenti dei de Fatis, che ne mantennero la proprietà fino al 1952 e assunsero anche il predicato nobiliare "de Terlago".
Nel 1703, come molti altri castelli della zona, fu occupato e dato alle fiamme dalle truppe del generale Vendôme. In seguito fu ricostruito ma perse l'aspetto di fortezza per essere trasformato in una residenza nobiliare di campagna.
Oggi il castello è proprietà privata e normalmente non è visitabile.
La parte più antica di castel Terlago è costituita da due torri, la torre Mozza e la torre Alta, che risalgono al XII secolo e venivano probabilmente usate per il controllo dei traffici della zona. Tra il XIII e il XIV secolo fu edificato il palazzo residenziale che collegava le due torri. Dopo le distruzioni dell'inizio del XVIII secolo, tutto il complesso fu fortemente rimaneggiato ricavando un palazzo residenziale più ampio e lussoso e un giardino all'italiana.
I primi documenti riguardanti il castello risalgono al 1161 quando il principe vescovo di Trento Adalpreto II lo concesse in feudo a Gumpone e a suo nipote Boninsegna. Questi ultimi furono i capostipiti della prima famiglia dei Madruzzo. Durante gli scontri tra guelfi e ghibellini, i Madruzzo furono sempre fedeli ai vescovi di Trento e per questo furono attaccati dai Campo e dai Seiano, che arrivarono ad occuparne il castello. Al termine delle lotte il maniero tornò nei possedimenti dei Madruzzo.
Nel 1380 la linea maschile dei Madruzzo si estinse e, dopo alcune lotte per l'eredità, il castello nel 1389 passò ai Roccabruna. Questi ultimi, oberati dai debiti, dopo pochi anni non furono più in grado di far fronte alle spese per l'amministrazione del castello e nel 1441 lo cedettero a Sigismondo Stetten di Carinzia, capitano nel castello di Segonzano. Anch'egli però non fu in grado di sostenere l'impegno economico che il castello richiedeva e nel 1447 lo cedette a Aliprando figlio di Guglielmo di Denno-Nanno. Aliprando morì senza figli, i suoi beni passarono a suo nipote Gian Gaudenzio che iniziò a farsi chiamare Madruzzo e assunse uno stemma che si rifaceva a quello della precedente famiglia. Egli apportò notevoli miglioramenti al castello rendendolo più comodo e adeguando le difese alle nuove armi da fuoco. Uno dei suoi figli fu Cristoforo Madruzzo che iniziò il Concilio di Trento e che fu il primo dei principi vescovi appartenenti questa famiglia che governarono il Trentino per più di un secolo. Durante questo periodo il castello fu più volte ampliato e abbellito e fu usato come residenza dei principi vescovi e luogo per feste e ospiti importanti.
Nel 1658 con la morte Carlo Emanuele Madruzzo si estinse anche la linea maschile della seconda famiglia dei Madruzzo. Per matrimonio il castello passò quindi nel 1661 ai Lenoncourt che a loro volta si estinsero lasciando le loro proprietà ai Carretto di Genova nel 1691.
Nel 1703 durante la marcia del generale Vendôme in Trentino nell'ambito della guerra di successione spagnola, il castello fu dato alle fiamme e quasi completamente distrutto. Ricostruito nel XIX secolo cadde ben presto in rovina, anche a causa del disinteresse della famiglia Carretto che lo vendette nel 1873.
Acquistato dalla famiglia Larcher fu in parte ristrutturato e ha ospitato anche Oreste Barattieri e Antonio Fogazzaro. Nel 1963 fu venduto ai Montagna di Milano.
Scorcio di Calavino dove oggi c'è un parcheggio e la fermata del bus. Si noti la precedente posizione del Municipio e lo spostamento della fontana rispetto a quest'altra cartolina:
Una delle particolarità di Castel Toblino è la sua antichità, infatti ne troviamo testimonianza a partire dal 201 d.C. con un tempietto dedicati ai fati e alle fate ad opera di Druino, amministratore dei Tublinati per conto del console Marco Manilo Avio Muciano.
Nel 1100 viene affidato dal Principe Vescovo alla famiglia dei Toblino che inizierà la costruzione del fortilizio con annessa dogana.
Nel XII secolo viene realizzato il fortilizio quadrangolare con grosse mura medievali e la torre circolare.
Nel XIV secolo passa nelle mani dei signori Da Campo.
Nel XV secolo vengono rialzati e ampliati gli edifici già esistenti, viene collegata la parte antica con quella più recente e viene costruita la casetta delle guardie.
Dal 1459 viene incamerato dalla Chiesa di Trento.
Dal XVI secolo assume funzione residenziale e vive il suo periodo più florido. Bernardo Clesio fa addirittura chiamare il Fogolino per affrescare una stanza.
Dal 1544 assistiamo all'ascesa della famiglia Madruzzo. Viene ristrutturata la cinta muraria con la caratteristica merlatura ghibellina a coda di rondine.
Con la morte di Carlo Emanuele Madruzzo, Principe Vescovo morto senza lasciare eredi legittimi, il maniero passa ad una delle eredi femmine, Giovanna Madruzzo in Wolkenstein. E poi al figlio Gaudenzio Fortunato Wolkenstein.
I Wolkenstein ne mantennero il controllo fino al 1960 quando viene venduto all'attuale proprietario.