Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n.5 1878/79 p. 280.
Essendo i rilievi fatti prima dello scavo sono precisi sulla parte esposta e ipotetici sulla parte coperta dal terreno. Ecco come ne parla nello stesso articolo l'autore, D.E.G.:
"La parete superiore del pozzo è leggermente incavata, forse per la corrosione della roccia prodotta dall’acqua: calando una verticale dal margine superiore sullo spianato si ha una distanza di metri 1,60 dal piede della verticale alla base della parete. In quanto alla profondità del pozzo nulla di certo si può asserire, ma dalla configurazione ed inclinazione delle pareti si può arguire che non sia inferiore ai 5 nè superare gli 8 metri. Lo schizzo dà uno spaccato ideale del pozzo, col macigno perforatore in fondo. Dall’inclinazione delle pareti sembra altresì che la cavità non sia rigorosamente verticale, ma si protenda un poco nella direzione della valle."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 175.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "La figura C, offre una sezione ideale dello stesso pozzo, che serve precisamente a mostrare i rapporti cogli strati calcarei che compongono la montagna. La porzione superiore vuota, che realmente sì vede, si prolunga colla porzione inferiore riempita, che ora non si vede, e di cui ho immaginato io e la profondità e il masso arrotondato che vedesi disegnato sul fondo, siccome quello che dovrebbe aver servito al trapanamento."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 174.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "Essa non può sfuggire all’attenzione di chicchessia, che dalla via che esce a mezzodì di Vezzano, o da questo stesso paese, guardi la montagna nuda di bianco calcare che si leva a piano inclinato dietro il caseggiato sul lato d’oriente.
A un centinaio di metri, o forse meno, sopra il piano del villaggio si vede come una caverna che accenna a sprofondarsi verticalmente nella roccia. [...] La parte interna ed accessibile della marmitta, a monte dov'è più alta, presenta una profondità di cinque o sei metri, riducendosi a valle a circa mezzo metro soltanto. Termina con un fondo piano formato da un terreno mobile, cioè da un terriccio, certamente d’origine glaciale, che riempie tutta la marmitta fino a quell'altezza, celando sotto di sè la profondità del pozzo.
Perciò il fondo delle marmitte di Vezzano si presenta come un praticello erboso, [...] La figura B, eseguita sopra un semplice schizzo da me preso di passaggio, presenta il pozzo glaciale
di Vezzano, come lo si vede guardandolo un po’ da vicino dietro il paese"
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'officina Morandi. Possiamo osservare come al fuso di un'unica ruota idraulica, grazie a camme, pulegge e cinghie, fossero collegate più macchine: il maglio, il tornio, la mola ed in tempi più recenti anche il ventilatore.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava il passaggio della roggia sotto il ponte di Cleo.
Già all'uscita dalla galleria, la derivazione che andava a servire i mulini del Cleo si separava dalla roggia portandosi ad un livello più elevato e servendo anche un lavatoio proprio a fianco del ponte.
Rappresentazione grafica elaborata al computer di tutte le attività funzionanti a ruota idraulica di cui l'esistenza è documentata e localizzata sulla Roggia di Calavino.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano queste attività produttive quando erano attive.
Si può osservare la sorgente con cascata del Bus Foran, con le due derivazioni ed i resto dell'acqua che entra nella roggia di valle sull'altro lato della strada. Da osservare anche la ruota idraulica con carica dell'acqua dall'alto, tecnologia indispensabile quando la quantità dell'acqua non è tanta.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava il mulino di Graziadei Antonio "Gioanét" quando era attivo.
In primo piano la piazzetta dei Zoni con la sua fontanella ed il lavatoio, poi il mulino con a fianco la derivazione, la roggia e la strada che le attraversa per raggiungere la piazzetta, infine si intravede la bella fontana dei Menètoi ora completamente coperta dal cemento ed utilizzata per fornire di acqua potabile i paesi dell'alta valle da sempre poveri d'acqua.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Graziadei "Ferèri" quando erano attivi.
Si vede inoltre il passaggio della derivazione sotto una casa ed il lavatoio poco oltre.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Ricci quando erano attivi.
Interessante vedere come, al tempo, quella che ora è strada provinciale, andava a fermarsi sul bordo roggia. Vi era lì una piazzetta con lavatoio e fontana mentre la strada proseguiva per via Graziadei. Questa stessa fontana si vede in una foto con un'altra angolatura sulla piazzetta:
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Mas quando erano attivi.
Da notare come sia la roggia che la derivazione a servizio dei mulini (sulla sinistra idrografica) escono da tunnel sotto casa Chemelli.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Pisoni "Fornèri" quando erano attivi, prima di trasformarsi in centralina idroelettrica e cementificio.
Tra loro il lavatoio dell'attuale "piazzetta delle Regole".
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Cleo quando erano attivi.
La derivazione si separava dalla roggia oltre il ponte di Cleo, scorrendo quindi più elevato, per poi distribuirsi su tre canalette e alimentare le tre ruote, ognuna delle quali aveva il suo scarico per la restituzione in roggia, così come ve n'era uno, governato da una sarcinesca, che permetteva di far rientrare nella roggia l'acqua della derivazione quando non veniva utilizzata.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo.
Una derivazione portava l'acqua ad una vasca di carico da cui partivano due canalette, una alimentava la "bót de l'òra", dalla quale usciva poi il tubo dell'aria ossigenata che arrivava alla fucina, l'altra portava alla ruota idraulica.
La vasca di carico era usata anche come lavatoio vista la presenza della lastra di pietra inclinata.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Bailo quando erano attivi.
L'alveo della Roggia di Calavino, con le sue impetuose cascate, affiancava il mulino Aldrighetti-Scalfi, con la sua ruota idraulica, e scendeva poi a sfiorare l'edificio sottostante.
Qui una derivazione, con le sue saracinesche, alimentava la "bót de l'òra", la canaletta che portava al mulino del conte Sizzo Giuseppe e quella più lunga che portava alla ruota del mulino Lutterini Antonio "Galinòta". Ogni utilizzo aveva poi il canale di scarico per il ritorno dell'acqua nella roggia.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo.
In primo piano l'alveo della Roggia di Calavino, la derivazione coperta con la saracinesca che permetteva l'afflusso di acqua, un'altra saracinesca che permetteva il deflusso dell'acqua in eccesso da un canale di scarico, una terza saracinesca per l'immissione sulla ruota, la ruota idraulica ed il foro per il ritorno dell'acqua nella roggia.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo.
In primo piano l'alveo della Roggia di Calavino, la derivazione con la canaletta, il bacino di carico, la ruota idraulica ed il ritorno dell'acqua nella roggia.
Sul lato opposto del cortile, recintato da mura, l'ingresso dall'allora strada imperiale.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava l'opificio quando era attivo.
All'interno mostra le due stanze del piano interrato, posto al livello della roggia: quella a sinistra, con il meccanismo che sale al piano superiore riservato alla segheria, aveva poco più in là in tempi precedenti anche il follo; quella a destra, dedicata al mulino, conserva ancora oggi diversi strumenti.
A piano superiore, posto al livello del piazzale, ci mostra la sega veneziana e, dalla parte opposta, la sega a nastro (bindella) aggiunta negli anni '40 e collegata alla stessa grande ruota che faceva funzionare da fine '800 la circolare, posta nel cortile, grazie ad un lungo palo di trasmissione che attraversava tutto l'edificio.
La vista dall'esterno ci mostra la grande ruota collegata al palo di trasmissione che attraversava l'edificio, le ruote per la macine della farina gialla, della bianca e del pestino per la brillatura dell'orzo, il mulinello, piccola e veloce ruota per la segheria. Non si vede la precedente ruota del follo che rimaneva sotto il ponte.
Nell'ultima immagine, per permettere una più facile comprensione di questo complesso opificio, Mariano Bosetti ha collegato le macchine interne alle ruote esterne.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come doveva presentarsi il mulino quando era attivo: la roggia con la cascata e la derivazione che alimentava la grande ruota idraulica.
Sulla mappa del catasto austriaco del 1860 sono indicate le numerose ruote idrauliche attive in paese in quel momento.
Mariano Bosetti ha poi spulciato il protocollo degli edifici del tempo ricavando tutte le p. ed. sede di "molina" [ruota idraulica, per lo più mulini per la macinazione dei cereali ma non solo] con i nomi dei proprietari così da dare un nome a ciascuna ruota, arricchendo l'informazione con i soprannomi di famiglia ricavati dalla ricerca di Cornelio Secondiano Pisoni (anni ’30 del XX° secolo).
Avendo documentato l'attività nell'edificio Pisoni "Biasi", risulta curioso come su questa mappa sia indicata sull'edificio una sola ruota nell'illustrazione riferita al paese, due ruote su quella riproducente l'intero territorio; forse sulla prima la ruota indicava la famiglia proprietaria dell'edificio (Antonio Pisoni) mentre sulla seconda le ruote indicavano le due attività che vi si svolgevano: molitoria e segheria. Questa osservazione ci fa presumere che le ruote effettivamente presenti fossero ancor più di quelle indicate.
Sulla mappa del territorio di Lasino del catasto austriaco del 1860 è segnato il "Molin dei Tómpi" sulla rogge che scende dalla Valle di Cavedine, fra Larì e Grumèl, di fronte a Castel Madruzzo.
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Bibliografia:
pag. 60
Sulla mappa del territorio di Calavino del catasto austriaco del 1860 è segnato il ponte di Pendé accanto al quale, sul territorio di Padergnone, era anticamente situata la fucina della famiglia a Prato, di cui non rimane nessuna traccia.
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Bibliografia:
pag 488
L'affresco, posto sopra il passaggio pedonale (vòlt) che attraversa l'edificio, mostra l'antica posizione della ruota idraulica e della derivazione a servizio del mulino qui attivo.
Sulla mappa del catasto austriaco del 1860 sono indicate le ruote idrauliche dei tre mulini attivi in quel momento. Sono poi stati aggiunti i nomi anche di altri mulini in base alla ricerca storica svolta.