Questo strumento riporta la scritta "Macina caffè excelsior".
È un macinino manuale da tavolo con morsetto con una lunga manovella.
Veniva usato per macinare l'orzo tostato in casa per produrre il caffè d'orzo.
Questo coltello è stato realizzato riutilizzando un pezzo della lama di una falce da fieno che aveva finito la sua vita, a cui è stato aggiunto un manico di legno.
Sveglia in metallo verniciata di verde a forma di parallelepipedo dalle misure di 15x 8 x 5 cm. Presenta un quadrante la numerazione romana tipica degli orologi col 4 nella forma IIII anziché IV. In corrispondenza delle ore sono scritti anche i minuti.
Sul retro ha una manovella per la carica a molla e in quel punto la vernice è completamente consumata.
È munita di 4 piedini ed un manico elaborato, così come la bordura superiore ed inferiore.
Recipiente cilindrico con un'imboccatura più ampia rispetto alla base munito di due manici rettangolari. Il pestello ha uguali impugnature ai due estremi e una sporgenza verso il centro che forma tre anelli, di cui quello al centro maggiore.
Sia sul mortaio che sul pestello è presente una patina di stagnatura leggermente verde.
Questo ferro da stiro con manico in legno aveva a suo tempo due spinotti che salivano, sul retro là dove ora si vedono i fori; ad essi si collegava una presa in ceramica col filo elettrico che portava alla presa di corrente.
Gli indumenti venivano stirati ancora umidi o inumiditi durante il lavoro con apposito spruzzino o semplicemente intingendo le mani in una ciotola d'acqua e schizzandola sull'indumento.
Questa sega è costituita da un telaio di legno a forma di H, da una parte ha una corda ritorta che mantiene in tensione la lunga lama dai denti irregolari fissata alla parte opposta con cavicchi in legno.
Veniva usata per legare gli animali alla mangiatoia, inserendo la parte terminale nell'apposito foro sul "ciòc dela magnadòra" in modo che oltrepassasse il legno così da fermarsi dall'altra parte.
Parte di una mangiatoia in legno in disuso che ci permette di vedere i fori nel legno davanti ("ciòc dela magnadòra") in cui veniva inserita la catena a cui erano legati mucche e buoi.
"I anèi", anelli di ferro muniti di un cuneo di ferro, venivano usati per il trasporto a mano del legname. La modalità d'uso era come per la "ferazza": il cuneo veniva infisso a colpi di mazzuolo nel tronco che poi si psotava a strascico.
Capestro per due buoi con cavicchio in ferro collegato all'anello del capestro da una catena. Tutto il resto è in cuoio. L'anello in corda di cuoio intrecciata è rinforzato da un rivestimento in cuoio.
Arrivati sotto casa col carro carico di fieno, questo ferro, chiamato anche "ranĉ", era lo strumento col quale più rapidamente lo si portava in soffitta.
Esso era collegato, tramite il suo anello, al gancio della corda ("soga") inserita nella carrucola posta sul tetto appena fuori dal "bochér". Un uomo lavorava sul carro ed un altro, o una donna, o un ragazzo, stavano sulla soffitta.
Il ferro, come fossero due braccia, veniva aperto, schiacciato sul mucchio di fieno e chiuso in modo che tenesse fra i due lunghi uncini quanto più fieno il contadino era in grado di sollevare. A quel punto tirava su il fieno con la corda fino all'imbocco dell'apertura sulla soffitta ("bochér"). Chi era sopra lo tirava dentro, apriva il ferro liberando il fieno e faceva ridiscendere il ferro. Mentre chi era sotto preparava un altro carico e lo tirava su, chi era sopra con la forca spostava il fieno all'interno della soffitta per posizionarlo al suo posto.
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Ranĉ può avere anche altro significato:
Questa bigoncia ha una capacità di 50 litri segnata dalla presenza di un "bròca" all'interno.
Per il trasporto a spalla è munita di due corde rivestite di stoffa.
Osservando un oggetto naturale il contadino metteva in moto la sua creatività ed il suo ingegno trasformandolo in qualcosa di utile. In questo caso ha costruito una "vasóra" trovandosi il manico bell'e fatto dalla natura.
Come si può ben notare questo utensile è molto usurato.
Questo gancio a tre punte veniva appeso ad una trave del soffitto nella baita di montagna e ad ogni uncino veniva agganciato un sacchetto di tela contenente farine o altri prodotti alimentari che dovevano rimanere asciutti e fuori dalla portata degli animali, in particolare dei topi.
Nella foto si vedono due dei "bochéri" aperti su una soffitta, come era d'uso nelle case contadine.
Nella foto dall'interno sono visibili anche i muri di sassi, il pavimento di legno ed il tetto coi coppi; in quella dall'esterno il balcone in legno coi graticci per appendere le pannocchie di mais ad essiccare.
Questa sgranatrice per il mais è una macchina dalle ridotte dimensioni (70x60x40 cm) costituita da un telaio in legno ed una ruota dentata in ferro collegata ad una manovella.
Si inserivano le pannocchie nella fessura e, girando la manovella, la ruota dentata le faceva sfregare all'interno della macchina staccando i chicchi dai tutoli.
Questa "fum" è stata costruita da un "fumadro" usando lunghe strisce intere di pelle di vacca.
Nella seconda foto si vede la parte terminale della fune, la coda, chiamata "méla".
Nella terza foto si vede la posizione che andrà ad assumere il "réghel" nell'apposito incavo dopo il passaggio della corda.
Strumento utilizzato per pulire le granaglie.
È formato da un telaio cilindrico di legno dal diametro di circa 50 cm al quale è fissata una rete metallica con una bassa assicella inchiodata all'estremità del telaio.
Correggiato in evidente stato di usura con gómbina di cuoio. La capocchia del manico è rivestita da un cilindro di ferro con due anelli dentro cui passa la gómbina di cuoio. Il manico, fessurato, è rinforzato con giri di fil di ferro; la vetta è rotta.
Correggiato in buono stato con gómbina di corda. La capocchia del manico è rivestita da un cilindro di ferro con un anello dentro cui passa la gómbina di corda.