"Sas Gris", ossia "sasso grigio", è nome proprio di questo masso erratico di quasi 20 metri cubi, a testimonianza della particolare affezione degli abitanti di Monte Terlago, che ad esso, oltre un nome proprio, hanno dedicato poesie e dipinti.
La composizione di roccia metamorfica (porfido) con grosse venature di quarzo, così diversa dalle rocce calcaree locali, testimonia il passaggio del ghiacciaio dell'Adige che lo ha trasportato e abbandonato qui col suo scioglimento oltre 15000 anni fa.
Si trova sulla destra della strada che porta ai Laghi di Lamar poco dopo Vallene.
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo: "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n. 6 1879/80 p. 70 così descritta dallo stesso ing. Apollonio:
"Sotto il labbro della conca si scorge la generatrice quasi circolare di un altro bacino trapanato dall'acqua ed è certo che il pozzo di Projeti si estende ancora [...] Sfortunatamente non s’' è potuto completare gli scavi perchè il materiale gettato giù per quel valloncello fortemente inclinato cominciava già a precipitare sullo stradone rendendo mal sicuro il passaggio e danneggiando le campagne sottostanti; non si dubita però che l'onorevole Municipio di Vezzano compreso ormai dall'interesse anche materiale che possono avere quei pozzi per il villaggio, voglia ultimare un lavoro condotto a buon porto da una piccola Società che deve sobbarcarsi a tante altre spese; e voglia ridurre alcun poco anche le vie d'accesso di maniera che sien comodamente praticabili per qualunque forestiero che volesse visitarli. [...] Nel pozzo glaciale dei Pojeti a 4.00 m. di profondità sotto il piano d’ interrimento si trovò dalla parte del monte varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. [...] Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo: "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n. 6 1879/80 p. 70 così descritta dallo stesso ing. Apollonio: "Fatti i rilievi dello stato anteriore pubblicato per cura della Società nell’Annuario dell’anno 1878 s'incominciò nello scorso autunno lo scavo della marmitta indicata da Stoppani come la più bella, e detta dai terrieri “El bus della Maria matta, e dopo due settimane di lavoro la si poteva vedere nella sua integrità che qui si verrà esponendo. [...]
La superficie della roccia è nuda e la cavità del pozzo vi è incisa netta, ben delineata, colle labbra all’intorno ben arrotondate nella forma rappresentata dagli spaccati qui uniti; solo osservasi una squarciatura nello strato superficiale, la quale partendo dal punto più depresso del labbro inferiore e seguendo la direzione da valle a monte con un’inclinazione di forse 80 gradi (vedi la pianta segnata nell’Annuario dell’anno 1878) costituiva il canale emissario. La sezione orizzontale del pozzo presa sul piano di interrimento misurava 7.50 metri nel senso longitudinale e 6.80 metri nel senso trasversale della valle: il volume del detrito scavato fu calcolato a 50 metri cubi e quello della roccia trapanata dall'acqua e dai massi perforatori di 120 metri cubi. Lo strato superiore dell’interrimento constava di sabbia, scheggie e massi calcarei franati dal monte e dal ciglio superiore della marmitta dopo la sua formazione, lo strato inferiore invece era composto di un terriccio calcareo assai fino il quale racchiudeva qualche ciottolo e qualche pezzo di pietra calcarea. Sul fondo della marmitta si trovò una ventina di ciottoli di varia grandezza, il maggiore dei quali ha un peso di circa 30 chilogrammi. La maggior parte di questi ciottoli appartiene alle roccie cristalline e fra di esse vi predomina il porfido della valle superiore dell’Adige e della valle Avisana. La superficie interna delle pareti diremo verticali è assai regolare, sagomata a linee curve molto morbide e lavorata come se fosse battuta colla martellina fina. Il fondo della marmitta invece è irregolare ed ha una prominenza nel mezzo precisamente là ove dovrebbe essere più incavato (vedasi la sezione trasversale). Quest’anomalia dipende in primo luogo dalla maggior durezza e compatezza del terzo strato, poi dalla esistenza di canali e fessure fra i piani di combaciamento del secondo, terzo e quarto strato dai quali l’acqua scappava direttamente dalla marmitta diminuendo la forza motrice rotatoria e con essa l’azione erodente della cascata, scavando invece maggiormente il fondo in prossimità delle fessure. Queste circostanze, la mancanza di massi perforatori di un certo volume, e forse uno spostamento laterale sfavorevole della cascata, furono certamente i motivi per cui il pozzo Stoppani non potè raggiungere quella perfezione o quella profondità che tutti s’aspettavano vedendolo prima che si effettuasse lo scavo.”
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "I pozzi glaciali di Vezzano" IN: Annuario SAT n.5 1878/79 p. 280.
Essendo i rilievi fatti prima dello scavo sono precisi sulla parte esposta e ipotetici sulla parte coperta dal terreno. Ecco come ne parla nello stesso articolo l'autore, D.E.G.:
"La parete superiore del pozzo è leggermente incavata, forse per la corrosione della roccia prodotta dall’acqua: calando una verticale dal margine superiore sullo spianato si ha una distanza di metri 1,60 dal piede della verticale alla base della parete. In quanto alla profondità del pozzo nulla di certo si può asserire, ma dalla configurazione ed inclinazione delle pareti si può arguire che non sia inferiore ai 5 nè superare gli 8 metri. Lo schizzo dà uno spaccato ideale del pozzo, col macigno perforatore in fondo. Dall’inclinazione delle pareti sembra altresì che la cavità non sia rigorosamente verticale, ma si protenda un poco nella direzione della valle."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 175.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "La figura C, offre una sezione ideale dello stesso pozzo, che serve precisamente a mostrare i rapporti cogli strati calcarei che compongono la montagna. La porzione superiore vuota, che realmente sì vede, si prolunga colla porzione inferiore riempita, che ora non si vede, e di cui ho immaginato io e la profondità e il masso arrotondato che vedesi disegnato sul fondo, siccome quello che dovrebbe aver servito al trapanamento."
Illustrazione utilizzata a corredo dell'articolo "Le marmitte dei giganti" IN: Annuario della Società degli alpinisti tridentini 1877. Milano: Tipografia Editrice Lombarda 1878 p. 174.
Così ne parla lo Stoppani nell'articolo citato: "Essa non può sfuggire all’attenzione di chicchessia, che dalla via che esce a mezzodì di Vezzano, o da questo stesso paese, guardi la montagna nuda di bianco calcare che si leva a piano inclinato dietro il caseggiato sul lato d’oriente.
A un centinaio di metri, o forse meno, sopra il piano del villaggio si vede come una caverna che accenna a sprofondarsi verticalmente nella roccia. [...] La parte interna ed accessibile della marmitta, a monte dov'è più alta, presenta una profondità di cinque o sei metri, riducendosi a valle a circa mezzo metro soltanto. Termina con un fondo piano formato da un terreno mobile, cioè da un terriccio, certamente d’origine glaciale, che riempie tutta la marmitta fino a quell'altezza, celando sotto di sè la profondità del pozzo.
Perciò il fondo delle marmitte di Vezzano si presenta come un praticello erboso, [...] La figura B, eseguita sopra un semplice schizzo da me preso di passaggio, presenta il pozzo glaciale
di Vezzano, come lo si vede guardandolo un po’ da vicino dietro il paese"
Si tratta di 8 pannelli ben illustrati, realizzati in occasione del recupero e miglioramento di tutto il sentiero.
Posizionati lungo il sentiero nel 2004, sono andati naturalmente deteriorando, finché anche gli ultimi sono stati tolti nel 2022 e sostituiti con nuovi pannelli.
- "Alla scoperta delle marmitte dei giganti" introduce la nuova mascotte del sentiero (un simpatico gigante intento a cucinarsi il pasto in una grande marmitta di pietra), la figura di Antonio Stoppani e la sua scoperta. Si trovava alla partenza della diramazione Nord-Est del percorso, accanto al campo da tennis
- "Antichi fiumi di ghiaccio" presenta l'ultima glaciazione ed i suoi effetti in Valle dei Laghi. Si trovava tra il campo da tennis ed il pozzo 6 (Lusan).
- "Le tracce di antichi ghiacciai" spiega l'origine dei pozzi. Era posizionato accanto all'ingresso del pozzo 3 (Stoppani).
- "L'acqua che incide la pietra" mostra gli effetti dell'acqua sulla roccia ed era posizionato sul sentiero che porta al pozzo 7 (San Valentino) lungo il quale si vedono molti esempi di erosione.
- "Le tracce della storia" presenta la figura di San Valentino e la chiesetta a lui dedicata. Era posto sulla discesa verso il pozzo 7 (San Valentino) da dove si domina la chiesetta.
- "Il leccio" presenta il clima quasi mediterraneo della zona e questa pianta che lo contraddistingue. Era situato presso la piazzola di sosta all'imbocca della discesa verso il pozzo 8 (Poiéti).
- "Bus dei Poiéti" presenta l'utilizzo preistorico da parte dell'uomo ed era posizionato accanto all'ingresso del pozzo 8 (Poiéti).
- "Le tracce della storia: Gli Schützen ed il tiro al bersaglio" si trovava accanto ai ruderi dell'Imperial Regio Casino di Bersaglio ed è stato il primo ad essere sostituito quando esso è stato ricostruito nel 2012.
Si tratta di tre pannelli 60x100 cm, molto illustrati, con poco testo bilingue italiano-inglese, che sono andati a sostituire i vecchi pannelli ormai deteriorati.
"Bus dei Poiéti" presenta l'utilizzo preistorico da parte dell'uomo ed è posizionato accanto all'ingresso del pozzo 8. Bus dei Poiéti.
"L'acqua che incide la pietra" mostra gli effetti dell'acqua sulla roccia ed è posizionato sul sentiero che porta al pozzo 7. San Valentino lungo il quale si vedono molti esempi di erosione.
"Le tracce di antichi ghiacciai" spiega l'origine dei pozzi ed è posizionato accanto all'ingresso del pozzo 7. San Valentino.
Questo brano è tratto dal testo "Le prime letture" in cui Antonio Stoppani spiega ai bambini come sono fatte e dove si trovano le "marmitte dei giganti", racconta poi del ruolo delle cascate e dei ghiacciai per spiegarne l'origine.
Nel riportare "Notizie diverse" Paolo Orse scrive:
"POZZI GLACIALI ABITATI NELL' ETA NEOLITICA. A conferma di quanto fu altra volta esposto sulla abitabilità dei pozzi glaciali da famiglie neolitiche (Bullettino, anno IX, pag. 42-48), e più specialmente di quelli di Vezzano presso Trento, merita di essere segnalata la scoperta, avvenuta nelle abbondanti terre di ripulimento tratte dal Pozzo Stoppani a Vezzano, di un bel coltello siliceo a sezione triangolare (lungo cent. 4, 25 ), e di una elegantissima cuspide di freccia, molto stretta e lunga (mill. 45) (tipo simile alla figurata nel Bullettino, anno X, tav. IX, 3, 4), lavorata a fine ritocco, oggetti trovati e posseduti dal sottoscritto."
Pubblicità dell'albergo Stella d'Oro che punta sui pozzi glaciali per richiamare i turisti.
Trascrizione:
Eccellente cucina sì italiana che tedesca. - Vini squisiti, pronto servizio, e modici rezzi. - Si possono alloggiare 26 forestieri in altrettante stanze, arredate con eleganza. - Rimessa e stallo. - Deposito di Vino Santo di proprio prodotto.
A 10 minuti di distanza dall'Albergo si trovano famosi Pozzi glaciali detti anche Marmitte dei giganti, (interessante fenomeno dell'epoca glaciale), illustrati e messi a nudo per cura della Società degli Alpinisti Tridentini.
In occasione della sistemazione definitiva del sentiero del Parco glaciale « Antonio Stoppani » di Vezzano, l’asportazione della vegetazione dai pozzi, la ripulitura degli stessi fino al numero 8, la posa della segnaletica dell’itinerario, è stato scritto questo articolo che lo descrive.
Questo articolo è stato scritto in occasione dell'inaugurazione del sentiero rinnovato con lavori riguardanti il recupero ed il miglioramento di tutto il sentiero, la pulizia del bosco e dei pozzi glaciali, la realizzazione di nuovi punti sosta con tavoli e panchine, il posizionamento di alcuni pannelli illustrativi con una mascotte: un simpatico omone barbuto, intento a cucinare il suo frugale pasto in una grande pentola di pietra.
Coi suoi circa 15 metri di profondità e 11 di diametro il "Bus dei Poiéti" è fra i maggiori d'Europa. È costituito da due marmitte una accanto all'altra di diversa profondità ed è stato scavato a partire dal 1878 a cura della SAT sotto la direzione dell'ing. Annibale Apollonio ed in seguito a cura del Museo Tridentino di Scienze Naturali sotto la direzione del vezzanese Nereo Cesare Garbari, tra il 1966 e il 1975.
Tra i materiali di deposito vennero rinvenuti reperti archeologici riferibili all'età del Bronzo Medio (3.500 anni fa circa): ossa umane e di animali, cocci di vasi, oggetti di selce, residui di cibo.
Una scala metallica permette di scendere in fondo al pozzo dove è sempre presente una pozza d'acqua e si possono osservare tra l'altro i rotondi sassi porfirici portati dal ghiacciaio. Accanto al cancello d'entrata è presente una bacheca esplicativa.
Approfondimento sui reperti
Annibale Apollonio nel 1880 scrisse che vi furono rinvenute "varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso.
Questo coccio possiede le radici di un ansa con occhiello assai piccolo, e confrontato coi cocci rinvenuti negli avvanzi delle abitazioni lacustri di Mantova, esso mostra la medesima forma e composizione, tuttavia si ritiene che sia di epoca assai più recente ed abbia servito da crogiuolo (vedi la fig. N. 9).
Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze.
Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento. Questo vaso ha la forma di un anfora, è alto 32 centimetri largo 35, ha uno spessore di 5 millimetri e va ingrossando verso il fondo a 9 millimetri.
Esso è composto di una pasta simile a quella dei cocci suddescritti, è lavorato a mano, e pare cotto al fuoco. Mancano le due anse solite a questo genere di vasi, e vi sono sostituiti invece sei piccoli becucci sul colmo del ventre ai quali venivano fissate probabilmente le corde per poterlo portare (vedi la fig. N. 7).
Gli altri due vasi che non si poterono ricomporre, sembrano simili alle nostre pignatte usuali, sono formati della medesima sostanza degli altri, hanno color mattone, e sono lavorati a mano e cotti al fuoco. Si rinvenne poi una pietra schistosa sagomata precisamente come le anime dei ferri da stirare di vecchio sistema ridotta probabilmente da qualche ciottolo trovato nelle vicinanze (vedi fig. N. 10).
Dagli oggetti ritrovati si deve dedurre che quegli scavi hanno dato rifugio o sepoltura ad uomini di un età remota e potrebbe essere che i cocci avessero relazione colle abitazioni lacustri; varrebbe quindi la pena che qualche archeologo si facesse a studiarli ed a ricercare eventualmente le traccie di tali abitazioni nei laghi di Castel Toblino e St. Massenza."
Polo Orsi nel 1883 aggiunge: "trovai anche il frammento di un vero manico ad occhiello con tre solchi longitudinali, un coltello di selce cupa, e due sottilissime e belle lame arcuate, lunghe cm. 4 a 5, una delle quali con delicati ritocchi in testa. ... La presenza dell’ uomo nell’ età litica è ivi affermata dai vasi, dagli oggetti di selce, dagli avanzi dei pasti. ... Dei due vasi trovati al pozzo dei Pojeti, o per meglio dire messi insieme da un numero considerevole di cocci, l’ uno è a forma di doppio cono tronco unito alla base, alto m. 0,31, con diametro di m. 0,33 al maggiore rigonfiamento, e di m. 0,13 alla base. Intorno al colmo del ventre s’ inalzano 6 od 8 piccole anse verticali. Il secondo, mancante circa della metà, è alto cm. 20, pare di forma cilindrica od insensibilmente rigonfia, ed è munito di due anse orizzontali; l’ orlo superiore è cinto da un cordone intaccato da impressioni lineari fatte collo stecco. "
Perfettamente costruito, di forma tipicamente "penetrante", cioè che si restringe a cono verso il basso. Conserva sul fondo tre grossi ciottoli porfirici portati dal ghiacciaio atesino che hanno probabilmente contribuito a scavare il pozzo stesso. Tutt'intorno sono presenti segni evidenti dell'azione corrosiva dell'acqua, come si vede anche nell'imbocco del pozzo, spiegati brevemente in un pannello illustrativo tematico. Altro pannello spiega l'origine dei pozzi.
Suggestivo il panorama che da questo pozzo si gode sulla Valle dei Laghi; in primo piano la chiesetta di San Valentino in agro, da cui il pozzo prende il nome:
Il più vicino al teatro di valle, a ridosso del campo da tennis, è stato lasciato al naturale. Ci permette di capire come si presenta un pozzo senza l'intervento di scavo.
Per una decina di anni si poteva trovare qui ricostruito, da parte dei bambini della locale scuola primaria, un "villaggio dei folletti" insieme a due dei loro libretti della Biblioteca del bosco di Vezzano. Molti bambini col tempo ci hanno lavorato e così sono arrivati anche un orso, un pannello illustrato per la protezione della natura, una bacchetta magica nuove case e molti folletti in giro per il bosco, fino alla loro naturale decomposizione.
Successivamente all'escavazione, le pareti di questo pozzo sono state attaccate dagli agenti atmosferici che le hanno in parte ricoperte di una struttura calcarea tutta bucherellata a nido d'ape, acquisendo così una specificità che lo caratterizza rispetto agli altri pozzi.
Perfettamente costruito e visibile dal paese è stato il primo pozzo glaciale scoperto in Italia. Lo scopritore fu Antonio Stoppani nel 1875 e per questo a lui è stato dedicato questo pozzo e l'intero parco glaciologico col sentiero che lo attraversa.
L'ingegner Annibale Apollonio con la S.A.T. eseguì nel 1878 rilievi e schede grafiche ipotizzandone lo svuotamento che realizzarono nel 1879 scoprendo così che il fondo non era a scodella come ipotizzava.
Diversi i reperti che testimoniano l'utilizzo del pozzo da parte dell'uomo preistorico: Annibale Apollonio nel 1879 parla di "due frammenti di un vaso" che "pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco", Paolo Orsi nel 1890 scrive di avervi trovato e conservare "un bel coltello siliceo a sezione triangolare (lungo cent. 4, 25 ), e di una elegantissima cuspide di freccia stretta e lunga (mill. 45), lavorata a fine ritocco"
Prima della scoperta di Stoppani il pozzo era chiamato dai locali "Bus dela Maria mata" e una leggenda era ad esso collegata, cosicché ancor oggi è più conosciuto con quel nome.
Una versione rivista per i bambini è inserita nella collana della Biblioteca del bosco di Vezzano che per una decina di anni si poteva trovare e leggere direttamente in questo pozzo insieme ad un altro libretto che, senza pretesa scientifica, illustrava ai bambini la formazione dei pozzi.
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Approfondimento:
Nel 1880 così lo descrive Apollonio : "Esso è scavato nel macigno calcareo durissimo di formazione liassica, a strati regolari grossi un metro e più ed inclinati di 48 gradi verso l’orizzonte nella direzione da mattina a sera.
La superficie della roccia è nuda e la cavità del pozzo vi è incisa netta, ben delineata, colle labbra all'intorno ben arrotondate nella forma rappresentata dagli spaccati qui uniti; solo osservasi una squarciatura nello strato superficiale, la quale partendo dal punto più depresso del labbro inferiore e seguendo la direzione da valle a monte con un’inclinazione di forse 30 gradi (vedi la pianta segnata nell’Annuario dell’anno 1878) costituiva il canale emissario.
La sezione orizzontale del pozzo presa sul piano di interrimento misurava 7.50 metri nel senso longitudinale e 6.80 metri nel senso trasversale della valle: il volume del detrito scavato fu calcolato a 50 metri cubi e quello della roccia trapanata dall'acqua e dai massi perforatori di 120 metri cubi. Lo strato superiore dell’ interrimento constava di sabbia, scheggie e massi calcarei franati dal monte e dal ciglio superiore della marmitta dopo la sua formazione, lo strato inferiore invece era composto di un terriccio calcareo assai fino il quale racchiudeva qualche ciottolo e qualche pezzo di pietra calcarea.
Sul fondo della marmitta si trovò una ventina di ciottoli di varia grandezza, il maggiore dei quali ha un peso di circa 30 chilogrammi. La maggior parte di questi ciottoli appartiene alle roccie cristalline e fra di esse vi predomina il porfido della valle superiore dell’Adige e della valle Avisana.
La superficie interna delle pareti diremo verticali è assai regolare, sagomata a linee curve molto morbide e lavorata come se fosse battuta colla martellina fina.
Il fondo della marmitta invece è irregolare ed ha una prominenza nel mezzo precisamente là ove dovrebbe essere più incavato (vedasi la sezione trasversale).
Quest’ anomalia dipende in primo luogo dalla maggior durezza e compatezza del terzo strato, poi dalla esistenza di canali e fessure fra i piani di combaciamento del secondo, terzo e quarto strato dai quali l’acqua scappava direttamente dalla marmitta diminuendo la forza motrice rotatoria e con essa l’azione erodente della cascata, scavando invece maggiormente il fondo in prossimità delle fessure.
Queste circostanze, la mancanza di massi perforatori di un certo volume, e forse uno spostamento laterale sfavorevole della cascata, furono certamente i motivi per cui il pozzo Stoppani non potè raggiungere quella perfezione o quella profondità che tutti si aspettavano vedendolo prima che si effettuasse lo scavo." e ancora: "Nel pozzo glaciale Stoppani ad 1.50 m. sotto il piano d'interrimento si trovarono due frammenti di un vaso probabilmente della forma d'una catinella del diametro di circa 30 cent. formati di un tritume grossolano di roccie cristalline impastate con poca argilla, di color nerastro. Lo spessore di quei pezzi è di 6 millimetri e desso va ingrossandosi al fondo e sull'orlo superiore. Il vaso pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco (vedi fig. N. 8).
Di dimensioni molto ridotte, è appena accennato ma comunque importante per mostrarci un pozzo glaciale ai primi stadi di formazione. Sulla roccia alla sua base sono evidenti fori prodotti dall'erosione dell'acqua.
Vengono particolarmente descritti i pozzi n. 3 e n. 8 ed i lavori di pulizia fino ad allora eseguiti. L'articolo è corredato da schizzi illustrativi del "Bus dei Poieti" (pozzo n.8) .