Luoghi

  • Aula all'aperto di geologia

    L’aula all’aperto di geologia è stata realizzata all’interno del progetto SI.VAL (acronimo di Sazio Immersivo Valle dei Laghi) - educazione all’aperto, insieme all’aula di archeologia ed a quella di natura, nell'anno scolastico 2023/24, grazie alla collaborazione di Ecomuseo della Valle dei Laghi, Istituto comprensivo della Valle dei Laghi, Comunità della Valle dei Laghi, Comune di Vallelaghi, con finanziamento Caritro. Le classi seconda e terza della Scuola Primaria di Terlago, la classe quarta della Scuola Primaria di Vezzano, un gruppo opzionale delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado di Vezzano, l’esperta geologa Angela Castagna sono i protagonisti che hanno progettato e realizzato i contenuti dell’aula, selezionato quelli da porre sui pannelli e condiviso altro materiale nell’aula virtuale ospitata dall’Archivio della Memoria della Valle dei Laghi, collegata all’aula fisica tramite qr-code. Con dei percorsi di presentazione creati ad-hoc per ogni età, agli studenti è stata introdotta la geologia del Trentino e in particolare della Valle dei Laghi e la formazione dei pozzi glaciali. Questo ha dato modo a tutti i ragazzi coinvolti di poter ampliare ed approfondire le loro conoscenze di Scienze della Terra e soprattutto della geologia della Valle in cui vivono. Sui pannelli ci sono informazioni che partono dalla geologia del Trentino e dei punti di interesse geologico del Trentino in generale e della Valle dei Laghi in particolare ed infine informazioni sui pozzi glaciali ed Antonio Stoppani. Alla fine di ogni colonna c’è un simpatico gioco pensato dai ragazzi. I pannelli propongono inoltre un collegamento anche alle altre aule così da presentare il paesaggio e l’ambiente della Valle dei Laghi dai punti di vista geologico, archeologico e naturalistico e invitano alla riflessione sul futuro che vorremmo. Un’attenzione particolare è stata rivolta all’accessibilità attraverso l’uso della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) ed una breve presentazione è stata fatta anche in lingua inglese. Accanto ai pannelli, delle sedute con tronchi naturali ed un bug hotel completano l’arredamento dell’aula. Essa può essere utilizzata dalle scuole per la didattica outdoor, che vede nell’ambiente naturale un contesto di apprendimento privilegiato, ed anche da famiglie e viaggiatori, come punto di arrivo o di partenza per esplorare il territorio circostante. Nell'aula virtuale collegata trovano spazio gli stessi contenuti dell'aula fisica ed altri riguardanti la Valle dei Laghi su questa tematica:
  • Calchèra a Calavino

    Questa classica fornace per la produzione della calce, semi interrata, si trova nella parte bassa del Gaggio dei Pini a monte della località Cesuron e a Nord della strada dei brozzi. La parte superiore esposta è protetta da una recinzione in legno. Per capirne il funzionamento e conoscere altre "calchère" della valle si rimanda alla voce del glossario collegata a questa scheda.
  • Pozzo 8 - "Bus dei Poiéti"

    Coi suoi circa 15 metri di profondità e 11 di diametro il "Bus dei Poiéti" è fra i maggiori d'Europa. È costituito da due marmitte una accanto all'altra di diversa profondità ed è stato scavato a partire dal 1878 a cura della SAT sotto la direzione dell'ing. Annibale Apollonio ed in seguito a cura del Museo Tridentino di Scienze Naturali sotto la direzione del vezzanese Nereo Cesare Garbari, tra il 1966 e il 1975. Tra i materiali di deposito vennero rinvenuti reperti archeologici riferibili all'età del Bronzo Medio (3.500 anni fa circa): ossa umane e di animali, cocci di vasi, oggetti di selce, residui di cibo. Una scala metallica permette di scendere in fondo al pozzo dove è sempre presente una pozza d'acqua e si possono osservare tra l'altro i rotondi sassi porfirici portati dal ghiacciaio. Accanto al cancello d'entrata è presente una bacheca esplicativa. Approfondimento sui reperti Annibale Apollonio nel 1880 scrisse che vi furono rinvenute "varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. Questo coccio possiede le radici di un ansa con occhiello assai piccolo, e confrontato coi cocci rinvenuti negli avvanzi delle abitazioni lacustri di Mantova, esso mostra la medesima forma e composizione, tuttavia si ritiene che sia di epoca assai più recente ed abbia servito da crogiuolo (vedi la fig. N. 9). Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento. Questo vaso ha la forma di un anfora, è alto 32 centimetri largo 35, ha uno spessore di 5 millimetri e va ingrossando verso il fondo a 9 millimetri. Esso è composto di una pasta simile a quella dei cocci suddescritti, è lavorato a mano, e pare cotto al fuoco. Mancano le due anse solite a questo genere di vasi, e vi sono sostituiti invece sei piccoli becucci sul colmo del ventre ai quali venivano fissate probabilmente le corde per poterlo portare (vedi la fig. N. 7). Gli altri due vasi che non si poterono ricomporre, sembrano simili alle nostre pignatte usuali, sono formati della medesima sostanza degli altri, hanno color mattone, e sono lavorati a mano e cotti al fuoco. Si rinvenne poi una pietra schistosa sagomata precisamente come le anime dei ferri da stirare di vecchio sistema ridotta probabilmente da qualche ciottolo trovato nelle vicinanze (vedi fig. N. 10). Dagli oggetti ritrovati si deve dedurre che quegli scavi hanno dato rifugio o sepoltura ad uomini di un età remota e potrebbe essere che i cocci avessero relazione colle abitazioni lacustri; varrebbe quindi la pena che qualche archeologo si facesse a studiarli ed a ricercare eventualmente le traccie di tali abitazioni nei laghi di Castel Toblino e St. Massenza." Polo Orsi nel 1883 aggiunge: "trovai anche il frammento di un vero manico ad occhiello con tre solchi longitudinali, un coltello di selce cupa, e due sottilissime e belle lame arcuate, lunghe cm. 4 a 5, una delle quali con delicati ritocchi in testa. ... La presenza dell’ uomo nell’ età litica è ivi affermata dai vasi, dagli oggetti di selce, dagli avanzi dei pasti. ... Dei due vasi trovati al pozzo dei Pojeti, o per meglio dire messi insieme da un numero considerevole di cocci, l’ uno è a forma di doppio cono tronco unito alla base, alto m. 0,31, con diametro di m. 0,33 al maggiore rigonfiamento, e di m. 0,13 alla base. Intorno al colmo del ventre s’ inalzano 6 od 8 piccole anse verticali. Il secondo, mancante circa della metà, è alto cm. 20, pare di forma cilindrica od insensibilmente rigonfia, ed è munito di due anse orizzontali; l’ orlo superiore è cinto da un cordone intaccato da impressioni lineari fatte collo stecco. "
  • Pozzo 7 - "San Valentino"

    Perfettamente costruito, di forma tipicamente "penetrante", cioè che si restringe a cono verso il basso. Conserva sul fondo tre grossi ciottoli porfirici portati dal ghiacciaio atesino che hanno probabilmente contribuito a scavare il pozzo stesso. Tutt'intorno sono presenti segni evidenti dell'azione corrosiva dell'acqua, come si vede anche nell'imbocco del pozzo, spiegati brevemente in un pannello illustrativo tematico. Altro pannello spiega l'origine dei pozzi. Suggestivo il panorama che da questo pozzo si gode sulla Valle dei Laghi; in primo piano la chiesetta di San Valentino in agro, da cui il pozzo prende il nome:
  • Pozzo 6 - "Lusan"

    Il più vicino al teatro di valle, a ridosso del campo da tennis, è stato lasciato al naturale. Ci permette di capire come si presenta un pozzo senza l'intervento di scavo. Per una decina di anni si poteva trovare qui ricostruito, da parte dei bambini della locale scuola primaria, un "villaggio dei folletti" insieme a due dei loro libretti della Biblioteca del bosco di Vezzano. Molti bambini col tempo ci hanno lavorato e così sono arrivati anche un orso, un pannello illustrato per la protezione della natura, una bacchetta magica nuove case e molti folletti in giro per il bosco, fino alla loro naturale decomposizione.
  • Pozzo 5 - "Covei de Lusan"

    Successivamente all'escavazione, le pareti di questo pozzo sono state attaccate dagli agenti atmosferici che le hanno in parte ricoperte di una struttura calcarea tutta bucherellata a nido d'ape, acquisendo così una specificità che lo caratterizza rispetto agli altri pozzi.
  • Pozzo 4 - "Ronch"

    Di modeste dimensioni e con i bordi non ben conservati come negli altri.
  • Pozzo 3 - "Antonio Stoppani" - "Bus dela Maria mata"

    Perfettamente costruito e visibile dal paese è stato il primo pozzo glaciale scoperto in Italia. Lo scopritore fu Antonio Stoppani nel 1875 e per questo a lui è stato dedicato questo pozzo e l'intero parco glaciologico col sentiero che lo attraversa. L'ingegner Annibale Apollonio con la S.A.T. eseguì nel 1878 rilievi e schede grafiche ipotizzandone lo svuotamento che realizzarono nel 1879 scoprendo così che il fondo non era a scodella come ipotizzava. Diversi i reperti che testimoniano l'utilizzo del pozzo da parte dell'uomo preistorico: Annibale Apollonio nel 1879 parla di "due frammenti di un vaso" che "pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco", Paolo Orsi nel 1890 scrive di avervi trovato e conservare "un bel coltello siliceo a sezione triangolare (lungo cent. 4, 25 ), e di una elegantissima cuspide di freccia stretta e lunga (mill. 45), lavorata a fine ritocco" Prima della scoperta di Stoppani il pozzo era chiamato dai locali "Bus dela Maria mata" e una leggenda era ad esso collegata, cosicché ancor oggi è più conosciuto con quel nome. Una versione rivista per i bambini è inserita nella collana della Biblioteca del bosco di Vezzano che per una decina di anni si poteva trovare e leggere direttamente in questo pozzo insieme ad un altro libretto che, senza pretesa scientifica, illustrava ai bambini la formazione dei pozzi. --- Approfondimento: Nel 1880 così lo descrive Apollonio : "Esso è scavato nel macigno calcareo durissimo di formazione liassica, a strati regolari grossi un metro e più ed inclinati di 48 gradi verso l’orizzonte nella direzione da mattina a sera. La superficie della roccia è nuda e la cavità del pozzo vi è incisa netta, ben delineata, colle labbra all'intorno ben arrotondate nella forma rappresentata dagli spaccati qui uniti; solo osservasi una squarciatura nello strato superficiale, la quale partendo dal punto più depresso del labbro inferiore e seguendo la direzione da valle a monte con un’inclinazione di forse 30 gradi (vedi la pianta segnata nell’Annuario dell’anno 1878) costituiva il canale emissario. La sezione orizzontale del pozzo presa sul piano di interrimento misurava 7.50 metri nel senso longitudinale e 6.80 metri nel senso trasversale della valle: il volume del detrito scavato fu calcolato a 50 metri cubi e quello della roccia trapanata dall'acqua e dai massi perforatori di 120 metri cubi. Lo strato superiore dell’ interrimento constava di sabbia, scheggie e massi calcarei franati dal monte e dal ciglio superiore della marmitta dopo la sua formazione, lo strato inferiore invece era composto di un terriccio calcareo assai fino il quale racchiudeva qualche ciottolo e qualche pezzo di pietra calcarea. Sul fondo della marmitta si trovò una ventina di ciottoli di varia grandezza, il maggiore dei quali ha un peso di circa 30 chilogrammi. La maggior parte di questi ciottoli appartiene alle roccie cristalline e fra di esse vi predomina il porfido della valle superiore dell’Adige e della valle Avisana. La superficie interna delle pareti diremo verticali è assai regolare, sagomata a linee curve molto morbide e lavorata come se fosse battuta colla martellina fina. Il fondo della marmitta invece è irregolare ed ha una prominenza nel mezzo precisamente là ove dovrebbe essere più incavato (vedasi la sezione trasversale). Quest’ anomalia dipende in primo luogo dalla maggior durezza e compatezza del terzo strato, poi dalla esistenza di canali e fessure fra i piani di combaciamento del secondo, terzo e quarto strato dai quali l’acqua scappava direttamente dalla marmitta diminuendo la forza motrice rotatoria e con essa l’azione erodente della cascata, scavando invece maggiormente il fondo in prossimità delle fessure. Queste circostanze, la mancanza di massi perforatori di un certo volume, e forse uno spostamento laterale sfavorevole della cascata, furono certamente i motivi per cui il pozzo Stoppani non potè raggiungere quella perfezione o quella profondità che tutti si aspettavano vedendolo prima che si effettuasse lo scavo." e ancora: "Nel pozzo glaciale Stoppani ad 1.50 m. sotto il piano d'interrimento si trovarono due frammenti di un vaso probabilmente della forma d'una catinella del diametro di circa 30 cent. formati di un tritume grossolano di roccie cristalline impastate con poca argilla, di color nerastro. Lo spessore di quei pezzi è di 6 millimetri e desso va ingrossandosi al fondo e sull'orlo superiore. Il vaso pare lavorato a mano e non è cotto al fuoco (vedi fig. N. 8).
  • Pozzo 2 - "Fiorenz"

    Si trova vicino al primo, è di dimensioni maggiori e di morfologia più definita. Prende il nome della località.
  • Pozzo 1 - "In formazione"

    Di dimensioni molto ridotte, è appena accennato ma comunque importante per mostrarci un pozzo glaciale ai primi stadi di formazione. Sulla roccia alla sua base sono evidenti fori prodotti dall'erosione dell'acqua.
  • Il sentiero geologico Antonio Stoppani

    Il sentiero geologico Antonio Stoppani unisce una serie di pozzi glaciali, noti anche col nome di "marmitte dei giganti", generati lungo le falde inferiori del versante nord-occidentale del Monte Bondone in corrispondenza dell’abitato di Vezzano, La loro origine è dovuta all’azione dell’ultima glaciazione, chiamata “Würmiana”, iniziata circa 110.000 anni fa e terminata circa 12.000 anni fa, quando l'antico ghiacciaio atesino scorreva nella nostra valle. Secondo le più comuni spiegazioni potrebbero essere stati scavati sia dall'acqua che scorreva sotto il ghiacciaio, sia da quella che vi scorreva sopra, infiltrata nel corpo del ghiacciaio con moto vorticoso attraverso alti pozzi naturali verticali, chiamati "inghiottitoi" o "mulini". È intitolato ad Antonio Stoppani, poiché fu lui che per primo comprese l’origine glaciale dei pozzi nel 1875 e li descrisse poi nella sua opera "Il Bel Paese: conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d'Italia" . La S.A.T. eseguì nel 1878 i rilievi sul primo pozzo scoperto e dedicato a Stoppani (n.3) e nel 1879 gli scavi, subito seguiti da quelli del "Bus dei Poieti" (n.8), continuati nel 1906 e tra il 1966 e il 1975. La realizzazione del "Parco glaciologico A. Stoppani", ad opera del del Museo Trentino di Scienze Naturali, risale al 1971. Diversi sono poi stati i lavori successivi di manutenzione, messa in sicurezza, segnaletica e le attività di valorizzazione da parte del Comune, dell'Agenzia del Lavoro, della Pro Loco, dell'A.P.T., del MUSE, della Rete delle Riserve della Sarca, dell'Ecomuseo... Il sentiero, ben segnalato e curato dal Comune di Vallelaghi, permette di raggiungere i primi 8 pozzi; i pozzi n 9 e n 10 (Van 1° e Van 2°) non sono stati svuotati e serviti dal sentiero geologico, anche se ritenuti di notevoli dimensioni e nel n. 9 sono stati trovati reperti che indicano sia stato abitato o utilizzato come rifugio in epoca preistorica, come il 3 e l'8. Per chi ama vivere il territorio si consiglia la visita all'intero sentiero geologico, qui sono proposte due diversi punti di partenza:
  • La roggia di Calavino

    È indicata talvolta con questo nome anche la roggia di Valle che segue la strada della Val di Cavedine raccogliendo poca acqua fino ad arricchirsi sul territorio di Lasino con l'apporto di alcune sorgenti. Entrata a Calavino riceve subito l'acqua della sorgente del Bus Foran (o Foram, ramale chiamato anche "Roggia Grande"); vediamo la cascata, che forma appena uscita dalla sorgente, passare sotto la strada per immettersi nella roggia di Valle. Subito dopo riceve l'acqua della sorgente di Menétoi, o meglio il troppopieno dell'acquedotto potabile che va a servire l'alta val di Cavedine dal 1972. In paese la alimentano poi altre piccole sorgenti minori. All'imbocco della val de Canevai riceve le acque del piccolo alveo della sorgente di Palù, poi quelle del Rio Freddo (o Rifré o Lifré) ed infine da una pittoresca cascata il fosso di Barbazan che arriva dal territorio di Padergnone. La forra dei Canevai è caratterizzata da giochi d'acqua, cascate, profonde pozze. Il sentiero che ne segue il tracciato è stato realizzato dal Comune verso il 1990. Dopo aver alimentato le vasche della pescicoltura, con un'ultima curva a gomito, sfocia nel lago di Toblino.

Qui sono mappate le risorse di interesse geologico presenti nell'Archivio della Memoria della Valle dei Laghi: