Bozzolo di scarsa qualità prodotto da un baco da seta ammalato o morto prima di terminarne la costruzione. Questi bozzoli non venivano consegnati all'essiccatoio ma lavorati in casa per la produzione di seta rozza.
In senso figurato lo si dice di chi ha poca voglia di lavorare.
Il baco da seta si costruisce un bozzolo con un unico filo di seta lungo dai 300 ai 900 metri impiegandoci 3 - 4 giorni . Dentro il bozzolo, completamente protetto da parassiti e predatori, il baco diventa crisalide.
Dopo circa 12 giorni, se il bozzolo non viene utilizzato per la produzione della seta, esce la farfalla.
Il periodo larvale del baco da seta dalla durata complessiva di circa un mese è scandito da una successione di momenti di vita attiva, noti come le cinque età, e di momenti di riposo, le quattro dormite o “mute”. È chiamato "magnarìa" il periodo della quinta età, che dura 8-9 giorni, in cui i bachi mangiano moltissimo per prepararsi alla costruzione del bozzolo.
Non ci è dato sapere se in italiano vie è un termine corrispondente.
In senso figurato assume altro significato:
Antonia Zuccatti, classe 1931, ci racconta la sua esperienza di bambina e giovane donna nell'allevamento dei bachi da seta ("cavaléri") fino alla vendita dei bozzoli ("galéte"), utilizzando anche termini dialettali specifici, citando le località (Ronc, Sorac, Gèra) dove andava a raccogliere le foglie di gelso ("morar") per alimentarli, descrivendo la fatica ed i sacrifici che dovevano affrontare.
Descrive poi le altre fonti di sostentamento e di reddito provenienti dalle coltivazioni di viti, patate, frumento, granoturco, dall'allevamento di mucche, vitelli, capre, galline e conigli, accennando all'attività lavorativa del marito Angelo in malga.
In fondo alla scheda si può accedere ai termini dialettali che Antonia ha utilizzato e che sono inserti nel glossario di questo archivio.
In senso figurato si dice di persona di poco sveglia (córt de gabàna, endré), poiché se l'insetto, crepuscolare e notturno, si trova in ambiente luminoso si disorienta e si muove sbattendo in giro.
Il lavoro svolto un tempo nei campi e la fienagione vengono qui descritti dai nonni intervenuti in classe prima della scuola primaria di Vezzano all'interno del progetto memoria svolto con Ecomuseo.
Veniva usata per legare gli animali alla mangiatoia, inserendo la parte terminale nell'apposito foro sul "ciòc dela magnadòra" in modo che oltrepassasse il legno così da fermarsi dall'altra parte.
Parte di una mangiatoia in legno in disuso che ci permette di vedere i fori nel legno davanti ("ciòc dela magnadòra") in cui veniva inserita la catena a cui erano legati mucche e buoi.
Capestro per due buoi con cavicchio in ferro collegato all'anello del capestro da una catena. Tutto il resto è in cuoio. L'anello in corda di cuoio intrecciata è rinforzato da un rivestimento in cuoio.
Attrezzo formato da una tavoletta metallica con lamine sporgenti da un lato e cinghia di pelle dall'altro. La cinghia veniva inserita nella mano e sfregando gli animali con le lamine di ferro si toglieva loro lo sporco dal mantello.
Legatura di cinghia e fune in cuoio che veniva posta intorno alle corna del bue e fissata con una "cavicèla" nella parte anteriore del timone con la funzione di permettere al bue di frenare quando il carro spingeva avanti il timone.
È formata da due cinghie in cuoio da porre intorno alle corna (cornére) unite a un corda in cuoio intrecciato formante tre anelli (anèi) ed un cavicchio di legno fissato con una corda ad un anello.