Gioco a carte sulle Aree Protette della Valle dei Laghi.
Sono presenti tre file pdf: uno con le carte da gioco, uno con la scatola e uno con varianti di regole del gioco.
Il gioco, già uscito in più ristampe da parte della rete delle riserve del Sarca e del Bondone, può essere stampato e diffuso da chiunque per espressa volontà dei bambini, che l'hanno creato allo scopo di diffondere la conoscenza delle aree protette della Valle dei Laghi, degli ambienti, animali e piante che la caratterizzano, delle azioni che si possono fare per la protezione dell'ambiente.
Indice delle carte da gioco:
p. 1 e 54 - 2 carte jolly con la mappa di tutte le aree protette della Valle dei Laghi
p. 2 - Zona Speciale di Conservazione Laghi e abisso di Lamar
p. 3 - Riserva Locale Prada A B C
p. 4 - Zona Speciale di Conservazione Terlago
p. 5 - Riserva Locale Palù
p. 6 - Riserva Naturale Provinciale - ZSC Torbiera delle Viote
p. 7 - Riserva Naturale Integrale - ZSC Tre Cime Monte Bondone
p. 8 - Riserva Naturale Provinciale - ZSC Lago di Toblino
p. 9 - Riserva Naturale Provinciale - ZSC Marocche di Dro
p. 10 - Zona Speciale di Conservazione Monte Brento
pp. 11-25 - 15 carte piante
pp. 26-40 - 15 carte animali
pp. 41-53 - 13 carte azioni positive
p. 55 - retro delle carte
pp 56-58 - come si gioca
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Per maggiori informazioni visita
A dirla correttamente si tratta di un mazzetto di "Stipa pennata" o "lino delle fate piumoso", pianta perenne poco diffusa in valle, che fiorisce tra maggio e luglio. Le spighette esposte al sole e al caldo si aprono diventando piumose.
Nelle foto si vede lo stesso mazzo nelle due diverse situazioni.
Lo si usa per addobbare i cappelli tirolesi insieme all'immancabile piuma, ma quello che riportiamo qui è il gioco dei "boacéti".
Emanuele Pisoni, classe 1948 di Calavino, lo faceva da bambino con gli amici.
I ragazzi preparavano un mazzetto di quest'erba che cresceva solo in un luogo a Calavino, lo intingevano nella calce conservata nel “calcinèr” e lo lanciavano sul muro di una casa. Si spiaccicava e rimaneva attaccato per breve tempo alla parete come una “boàcia” (escremento di vacca), di qui il nome del gioco. Vinceva chi la faceva rimanere più tempo sulla parete. Gli raccontavano che quelli più vecchi di lui li intingevano proprio nelle "boàce".
Ci conferma questa versione Dolores Zuccatti, classe 1933 di Ciago, che andava con la sua amica Luigia poco sopra il paese a ricercare quest'erba particolare e difficile da trovare, che chiamavano "molina". Ne raccoglievano uno stelo qua ed uno là, finché riuscivano a farsi il loro mazzetto. Rientrate in paese, infilzavano gli spuntoni sporgenti dalle spighe nelle "boàce", che si trovavano frequenti nelle vie sterrate o selciate, e si divertivano a lanciarle lontane.
La bardana è una pianta che fa delle infiorescenze sferiche piene di aculei che si attaccano ai vestiti, usate anche dai bambini, che se le tirano per giocare.
"Pétole" sono dette proprio queste palline attaccaticce ed, in senso figurato, sia quelle persone noiose e importune che ti si appiccicano addosso, sia quelle situazioni dalle quali non riesci a districarti.
Registrazione estemporanea realizzata col cellulare durante una passeggiata per tramandare un giochino che i bambini fanno da tempo immemorabile con la capsula dei papaveri sfioriti per timbrarsi un “orologio” sul polso. Ai più piccoli lo fanno i più grandi o gli adulti che li accompagnano. Mentre si tiene premuta la capsula sul polso si recita per tre volte una breve filastrocca: “Ból, ból bèl, fame deventar bèl.” Staccata la capsula il suo disegno rimane impresso sul polso a mo’ di orologio.
Un'altra versione della filastrocca è contenuta al n. 7 del fascicolo
Numeroso gruppo di bambini e ragazzi sulla neve con i loro slittini costruiti in casa e palle di neve.
I più piccoli portano i pantaloni corti.
Dietro si vede una parte del paese di Ranzo.
Sullo sfondo, il Gazza completamente spoglio da vegetazione si presenta come un ghiaione.
Anche una volta cani e gatti erano spesso compagni di giochi dei bambini.
Altro gioco molto usato era "scondilever", ossia nascondino, lo si faceva liberamente in giro per il paese entrando ed uscendo da case e fienili, nascondendosi tra i numerosi attrezzi agricoli presenti ovunque, come ad esempio sotto la "bèna" che si vede nella foto. La "bèna" era una grande contenitore che si metteva sul carro per trasportare il letame o altri materiali.
La strada interna della parte alta del paese era ancora sterrata.
Il Dòs del Merler, situato di fronte al paese di Ciago, prende il suo nome da questa pietra scolpita non si sa quando, anche gli anziani nati nel XIX secolo dichiaravano che quella tavola da gioco l'avevano sempre vista lì.
I bambini e ragazzi che portavano al pascolo i loro animali nella zona si fermavano a fare una partita a tria, "merler" in dialetto, usando come pedine oggetti naturali.
Altro gioco presente sulla stessa roccia veniva fatto usando le nocciole che venivano fatte rotolare come bilie per raggiungere una serie di coppelle. Sembrano essere queste le incisioni più antiche, poiché le coppelle erano proprie delle culture preistoriche, anche se il loro significato rimane misterioso.
Nel 1943, o 1948, uno di quei ragazzi pastori, di indole solitaria, ha inciso il suo nome e la data accanto alla tavola da tria: Oliviero Perini.
È così dunque che sulla stessa roccia troviamo tre incisioni rupestri di epoche e significati diversi.
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Questa pietra è stata riportata su un sito tematico nel quale possiamo ricavare altre informazioni e vedere molte altre trie:
Questo "giornalino" raccoglie i risultati di ricerche, interviste e studi d'ambiente, che hanno impegnato gli alunni del plesso di Calavino nel corso dell'anno scolastico 1981/82, e, alcune classi, anche negli anni precedenti. È dedicato agli anziani del paese che hanno collaborato con molta disponibilità a questa ricerca.
È stato scritto con macchina da scrivere, illustrato con disegni al tratto dei bambini e distribuito in fotocopia.
Fascicolo scritto con la macchina da scrivere, illustrato con disegno al tratto dai bambini e riportante alcuni interessanti documenti a corredo della ricerca svolta sia su testi, sia incontrando anziani testimoni.
Grazie alla collaborazione dei gruppi culturali Nereo Cesare Garbari del Distretto di Vezzano, La Roda, Retrospettive, Centro Studi Judicaria, Ecomuseo della Valle dei Laghi, Piccola Nizza de Trent, del gruppo Pensionati e Anziani di Vezzano, di molti privati e del patrimonio fotografico degli autori, la nascita del Comune di Vallelaghi ha visto la pubblicazione di questo libro fotografico. Le numerose foto storiche, accompagnate da brevi didascalie e introduzioni ai capitoli tematici, permettono di conoscere peculiarità e similitudini fra le 11 frazioni che compongono il neo comune favorendo così lo sviluppo di uno spirito di appartenenza ad un'unica comunità dei cittadini provenienti dai tre comuni fusi di Terlago, Vezzano e Padergnone.
Diverse foto pubblicate su questo volume sono disponibili nell'Archivio della Memoria per il riutilizzo.
Un bimbo muove i primi passi nel cortile di casa aiutato da un girello di legno. Sullo sfondo i campi terrazzati che contraddistinguono l'ambiente di Ranzo.