È una pianta erbacea molto resistente anche in climi freddi e aridi. Raggiunge il metro di altezza e produce fiori a grappolo di colore bianco o rosa. Pur non essendo un cereale veniva coltivato per la produzione di farina dai suoi semi, piccoli e triangolari. Insieme alla farina di frumento veniva usata per fare il pane ed insieme alla farina di mais per fare la polenta taragna.
Veniva coltivato per produrre la farina gialla per fare la polenta (anche con l'aggiunta di farina di orzo e di "formentón", ossia grano saraceno) e la "mòsa", ma si sfruttavano anche le altre parti della pianta:
- con la trinciaforaggio (“machina dala pastùra”) si tagliavano le cime alle piante quando erano ancora verdi, per dare da mangiare agli animali;
- con le brattee secche (sfoiàzi) si facevano i materassi, ogni anno si lavavano le fodere dei materassi e si cambiavano le foglie; con le foglie vecchie si faceva il letto alle mucche;
- le brattee secche venivano usate anche per costruire bamboline;
- con la “cassèla” si tagliavano gli steli secchi ("strami") per fare il letto alle mucche (farlèt);
- i tutoli ("sgasegòtoi") si usavano per accendere il fuoco, si mettevano tra le lucaniche appese a stagionare e talvolta si mettevano nei muri in "maltampaia".
Trave di legno doppiamente ricurvo che veniva posto sul collo di una coppia di buoi allo scopo di trainare il carro o l'aratro.
Nella parte centrale era collegato al timone con la "véta".
Davanti aveva due passanti in ferro per le "cornére" che venivano fissate intorno alle corna dei buoi.
Ai lati e sotto quattro anelli ai quali si attaccavano le "tavèle" ("canàgole") che passavano sotto il collo dei buoi.
Questo "giöf" era colorato di azzurro; il colore è stato consumato là dove appoggiava sul collo dei buoi e nella parte centrale dove era fissata la "véta" .
Attaccati al "giöf" sono rimasti i passanti in ferro per le "cornére" e una "tavèla" in ferro che passava sotto il collo del bue.
Il nome scientifico dell'albicocco è "Prunus armeniaca L.". Originario della Cina è arrivato in Europa nel periodo romano attraverso l'Armenia, di qui il vocabolo "armelin", sia per la pianta che per il frutto; in ambedue i casi il termine è maschile.
Il gelso era un tempo una pianta molto diffusa sul territorio, indispensabile per l'allevamento dei bachi da seta. Era soprattutto coltivata sui bordi dei campi ed all'inizio dei filari di vite.
Ora ben poche vecchie piante permangono sul territorio; fa eccezione il parco dei cento gelsi realizzato dall'ASUC di Cavedine sul Gaggio.