Inverno

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  • Ricordi di Elvira Depaoli seguendo il calendario

    L'intervista alla signora Elvira è stata fatta su invito di Nicholas, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio. Come si vede dall'indice, molte sono le esperienze raccontate da Elvira, classe 1947, tra vita di campagna, religiosità, vita ed eventi del paese, alimentazione. Riportiamo a parte il suo racconto sulla vita nel "cason gris". In fondo alla scheda trovate i termini dialettali utilizzati da Elvira ed inseriti nel nostro glossario; se non capite qualche altra parola provate ad utilizzare la ricerca libera.
  • Se te voi patir le pene del'inferno va' sul pont dele Sarche de inverno.

    Il fiume Sarca entra nella Valle dei Laghi a Sarche portando con sè frescura che in inverno diventa gelo. Nella foto è visibile il ponte in questione:
  • Dala Candelòra dal'inverno sén fòra

    La Candelora (2 febbraio) è la festa della Presentazione di Nostro Signore Gesù Cristo al Tempio; è chiamata così perché nella celebrazione liturgica si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme. Superata questa data il freddo dell'inverno sta per finire.
  • Neve "ai alberoni"

    Olga Morandi con la figlia Maria Carla in braccio sono ferme a bordo strada circondate dalla neve. Ben visibili gli ippocastani che hanno dato il nome al luogo, un carro parcheggiato e la salita al doss poi trasformata in scalinata, una slitta appoggiata al deposito della legna.
  • Paràr via la néf e copàr la gènt l’è mistéri fati per gnènt

    Perchè la neve si scioglie e le persone muoiono da sole
  • Se 'l fiòca su la fòia, fa 'n inverno che fa vòia

    Se nevica quando gli alberi non sono ancora spogli è segno che sarà un inverno senza precipitazioni
  • La néf dizembrina tut l'inverno la confina

    La neve che cade in dicembre, con le basse temperature che seguono, permane per tutto l'inverno. La fotografia è tratta da questo contenuto:
  • Lavorazione artigianale delle barbatelle

    Queste foto dimostrano come anche in tempi recenti a Padergnone si lavoravano a mano le barbatelle, ossia le talee della vite ( "calmi" nel dialetto locale). Se il lavoro in campagna era solitamente prerogativa degli uomini, le fasi da svolgere "in casa" erano di competenza delle donne. In inverno gli uomini si occupavano della potatura delle viti; i tralci ("sarmentèi") venivano tagliati in pezzi di circa 40 cm, privati delle gemme e conservati in locali umidi. In febbraio-marzo erano le donne ad innestare ("calmar") per mezzo di appositi coltelli i tralci nel portainnesto. Gli innesti venivano poi sistemati in casse, coperti da segature, e posizionati in stanzoni riscaldati con fornelli a segatura, dove stavano per circa 40 giorni, nei quali spuntavano radici e foglioline. Nella prima foto, del maggio 1988, vediamo Agnese Pedrini impegnata nel ("descasar") ripulire dalle segature gli innesti, dietro vediamo le casse impilate. Nella seconda foto, fatta nello stesso momento, vediamo la sorella Anna che pianta gli innesti, anche se questo era un lavoro solitamente maschile. Mentre in origine questi impianti venivano fatti sul limitare dei boschi di Padergnone, in quegli anni, in cui la produzione era già cresciuta, lo si faceva nelle campagne di Riva del Garda, dove c'erano ampi spazi; ora si va nel Veronese. Le piantine dovevano poi essere curate fino all'autunno, quando gli uomini le estirpavano facendo attenzione a non danneggiare le radici e le portavano a casa. Toccava poi alle donne selezionarle e legarle in mazzi da 25 pronti per la vendita, che avveniva soprattutto in autunno-primavera. Quelle invendute, come vediamo nella terza foto dell'aprile 1993, venivano di nuovo selezionate, gli si tagliavano le radici e si ripiantavano insieme ai nuovi innesti: erano i cosiddetti "rimessi". Ora il lavoro viene svolto con l'ausilio di macchine, in serre; è tutto programmato in base alle richieste, più o meno sanno già le quantità e le qualità da preparare un anno per l'altro.
  • Pistaaa!

    Parte del paese di Ciago in versione invernale. Dietro il paese si vede un tratto di costone bianco libero da alberi, ideale per i temerari bambini e ragazzi che lo frequentavano con i loro slittini per lo più costruiti in casa. Si può notare che le case in grande maggioranza hanno finestre prive di scuri e sulle soffitte hanno i "bochéri" aperti. Su una delle case sul poggiolo c'è un classico gabinetto all'aperto; è negli anni '60 che vengono realizzati i bagni dentro le case. Sotto il paese non c'è ancora traccia della variante al paese che viene costruita nella seconda metà degli anni '70.
  • Località "Lavini" innevata

    La zona che ora ospita il parco giochi e diverse case era allora tutta campagna. Si notano due covoni nella neve. Sullo sfondo il Gazza.
  • Giochi sulla neve

    Numeroso gruppo di bambini e ragazzi sulla neve con i loro slittini costruiti in casa e palle di neve. I più piccoli portano i pantaloni corti. Dietro si vede una parte del paese di Ranzo. Sullo sfondo, il Gazza completamente spoglio da vegetazione si presenta come un ghiaione.
  • Bambina sullo slittino

    Una bambina è seduta sullo slittino, con cappotto, calze, muffole e cuffia di lana. Notare il bambino che le è accanto in pantaloncini corti nonostante la presenza della neve, abitudine diffusa un tempo, cosicché si diceva ai bambini: "fin a Nadal fret no 'l fa, braghe d'istà, dopo Nadal fret pasà... braghe d'istà". [Fino a Natale non fa freddo perciò si usano i pantaloni estivi, dopo Natale il freddo è passato perciò si usano i pantaloni estivi]