La neve caduta a dicembre è dura a sciogliersi poiché seguita da temperature rigide.
Versione di Castel Madruzzo di questo proverbio della Valle di Cavedine:
Giancarlo Garbari, Valentino Bressan, Ettore Tomazzolli, Eustacchio Piccoli, con forche e rastrelli, sono tutti sul carro trainato da un cavallo bianco all'uscita di Vezzano verso Naran, dove dovranno occuparsi della fienagione.
Nella foto vediamo una parte della fabbrica Bressan per la lavorazione delle noci, attiva a Fraveggio tra il 1888 e il 1965, che da novembre a marzo dava lavoro fino ad una cinquantina di donne. Qui vediamo alcune di loro impegnate a rompere le noci e dividere i gherigli a seconda della loro qualità.
Alba Chistè racconta come si svolgeva il "Trato Marzo" nel paese di Vigo Cavedine l'1-2-3 marzo di ogni anno.
Si rivolge in lingua italiana ma utilizza anche termini dialettali per dare più risalto ad alcune frasi come "i se trovava" (si trovavano), "per sposar le bèle fiole" (per sposare le belle figlie), "de chi èla, de chi no èla?" (di chi è?, chi sono i suoi genitori? ), "la Alba del Bruno Forto che l'è anca bèla" (Alba di Bruno detto "Forto" che è anche bella), "a chi la dente, a chi no la dente" (a chi la diamo in sposa?), "al Romano Drago che l'è da sposar" (a Romano detto "Drago" che è ancora da sposare), "èl en contrat da far?" (è un contratto da fare?), "e denteghela e denteghela che l'è da maridar" (va bene, che ha ancora da prendere marito).
A febbraio il giorno dura quanto la notte.
"Febreròt" è il diminutivo di "febrèr", usato in questo caso per indicarne la brevità come mese, ma anche per fare la rima.
I bambini sono golosi di nocciole tanto che non aspettano che maturino e già a Santa Maria Maddalena (22 luglio) vogliono aprirle .
Il verbo corretto sarebbe "davèrger", ma in questo caso si sono cambiati la desinenza e l'accento tonico per mantenere la rima.
A San Rocco (16 agosto) le nocciole sono mature, cosicché basta una leggera pressione per farle uscire dall'involucro fogliaceo che le protegge con il suono onomatopeico "scroc". Se non lo fanno bisogna aspettare ancora.
Articolo riguardante la pigiatura di uva Nosiola per Vino Santo uscito il 24 marzo 1978 sul quotidiano "L'Adige".
Si parla del lungo processo di produzione, fatto di molti momenti di attesa. Si fa una nota sulla resa, parlando del fatto che da 5-7 chili di uva si ottiene un litro di Vino Santo.
L'appassimento, che dura 6 mesi, fa sì che del raccolto ne resti un 30% scarso.
Articolo uscito su L'Adige il 1 dicembre 2005 che parla dell'evento Dulcenda, che si svolgeva a Castel Toblino. In particolare si fa riferimento alla produzione di 400 bottiglie, prodotte unendo i Vino Santo dei componenti dell'Associazione dei Vignaioli del Vino Santo: la prima bottiglia fu mandata a papa Ratzinger mentre la seconda andò al Vescovo di Trento, Luigi Bressan.
Articolo di M.E.
Viste le pose e l'abbigliamento l'immagine fa pensare ad un carnevale.
La presenza delle giovani piante in veste primaverile su piazza Fiera e l'abbigliamento stesso delle persone ci portano a datarla negli anni venti.
Almanacco di Emanuele Caldini con interessanti annotazioni metereologiche, agricole e familiari (si sono scansionate solo le pagine annotate).
A p. XI un elenco di tutte le fiere e i mercati del Triveneto e del Tirolo che cadono nei giorni fissi dell'anno; qui in valle si teneva il mercato due volte all'anno a Calavino (primo sabato di ottobre e il lunedì che segue la quarta domenica di quaresima) e a Vezzano (sabato precedente al terza domenica d'aprile e settembre).
Si segnalano i riferimenti salienti:
- 24 febbraio: "Raccolta strope", ovvero dei legacci ottenuti dai rami di salice, usati per legare le vigne ai pali
- 29 febbraio: pagamento di corone 31.70 per legname da pergola
- 1 marzo: evidentemente Todeschini possedeva una carrozza che veniva usata come mezzo pubblico
- 18-20 marzo: come indicato a p. XV, il 19 marzo a Trento c'era il mercato di prodotti rurali
- 23-28 marzo: potatura delle parti
- 13-14 aprile: potatura delle viti
- 29 aprile: "Spedito a Noemi [la figlia] un botticello di lit.[ri] 30 vino"
- 14 maggio: "Irrorazione fichi, peri e pomi con nicotina": il tabacco fungeva da insetticida
- 16-18 maggio: acquisto dei bachi da seta
- 25 maggio: "Tiziano zolfora": la solforazione (o solforatura o inzolfatura) è un'operazione consistente nel cospargere gli organi verdi delle piante di preparati a base di zolfo per combattere malattie crittogamiche.
- 1 giugno: "Spedito cesto a Gisella [l'altra figlia di Emanuele] con 60 uova e piselli"
- 3 giugno: "Giacomo [...] rincalza patate e fagiuoli": "rincalzare" significa accumulare terra al piede di una pianta per sostenerne la crescita.
- 4 giugno: "Tempo bellissimo. Giacomo zolfora parti e campo poi travaza vino. L'uva del campo principia fioritura"
- 17 giugno: "Piantano frasche fagiuoli parti": le frasche venivano usate come sostegno per le piante di fagioli
- 4-5, 8-11 aprile, 19, 23 giugno: commovente notare come questa agenda pensata per il commercio agrario diventi anche una sorta di diario personale.
- 20 giugno - 8 luglio: probabilmente Emanuele andò a trovare le figlie a Trento, in occasione della nascita dei nipoti
- 9 luglio: "Vendo a Stefano Pisoni il frumento per cor[one] 90. Vedi 15/8 saldato."
- 25 luglio: "L'uva bianca del campo principia maturenza", poi sono riportate le date delle annate precedenti nelle quali è maturata l'uva
- 4 ottobre: "Vendemmia bianca e consegna alle Sarche"
- 12 ottobre: "Maria [la moglie] va a Vezzano e vende il teroldico alla ditta Cembran di Lavis a cor[one] 12 l'Et.[tolitro] franco Lavis"
- Le ultime pagine sono tutte dedicate alla vendemmia.
Queste foto dimostrano come anche in tempi recenti a Padergnone si lavoravano a mano le barbatelle, ossia le talee della vite ( "calmi" nel dialetto locale). Se il lavoro in campagna era solitamente prerogativa degli uomini, le fasi da svolgere "in casa" erano di competenza delle donne.
In inverno gli uomini si occupavano della potatura delle viti; i tralci ("sarmentèi") venivano tagliati in pezzi di circa 40 cm, privati delle gemme e conservati in locali umidi.
In febbraio-marzo erano le donne ad innestare ("calmar") per mezzo di appositi coltelli i tralci nel portainnesto.
Gli innesti venivano poi sistemati in casse, coperti da segature, e posizionati in stanzoni riscaldati con fornelli a segatura, dove stavano per circa 40 giorni, nei quali spuntavano radici e foglioline.
Nella prima foto, del maggio 1988, vediamo Agnese Pedrini impegnata nel ("descasar") ripulire dalle segature gli innesti, dietro vediamo le casse impilate. Nella seconda foto, fatta nello stesso momento, vediamo la sorella Anna che pianta gli innesti, anche se questo era un lavoro solitamente maschile. Mentre in origine questi impianti venivano fatti sul limitare dei boschi di Padergnone, in quegli anni, in cui la produzione era già cresciuta, lo si faceva nelle campagne di Riva del Garda, dove c'erano ampi spazi; ora si va nel Veronese.
Le piantine dovevano poi essere curate fino all'autunno, quando gli uomini le estirpavano facendo attenzione a non danneggiare le radici e le portavano a casa.
Toccava poi alle donne selezionarle e legarle in mazzi da 25 pronti per la vendita, che avveniva soprattutto in autunno-primavera. Quelle invendute, come vediamo nella terza foto dell'aprile 1993, venivano di nuovo selezionate, gli si tagliavano le radici e si ripiantavano insieme ai nuovi innesti: erano i cosiddetti "rimessi".
Ora il lavoro viene svolto con l'ausilio di macchine, in serre; è tutto programmato in base alle richieste, più o meno sanno già le quantità e le qualità da preparare un anno per l'altro.