Malga Pian si trova a Vigo Cavedine ad un altitudine di 836 m. È circondata da un'ampia distesa prativa e da imponenti e secolari castagni, conifere e faggi. La malga, ristrutturata, serve ora come rustico d'abitazione ed è di proprietà della Vicinia Donego, dal monte e dalla selva omonimi, esempio antico di gestione collettiva del territorio.
La fotografia mostra uno scorcio del paese di Cavedine.
Si nota il Santuario della Madonna della Grotta e un gruppo di case situate nel centro storico del paese.
Questa pergamena porta l’augurio per gli sposi, certe altre riportavano una poesia detta “ Campeti”, che era recitata da una bambina/o, nel momento in cui si festeggiavano gli sposi. Generalmente la festicciola si attuava, in casa del marito, dopo la celebrazione del matrimonio in chiesa.
La devozione al Sacro Cuore di Gesù risale ancora nel Medio evo per opera di una mistica Matilde di Magdeburgo in terra tedesca. Dal Tirolo si era affrancata anche nel Trentino e la sua venerazione portò alla pratica del primo venerdì del mese per 9 mesi consecutivi.
La devozione alla Madonna fu intensificata dalle numerose apparizioni che si susseguirono nell’800. Dapprima nel 1830 l’apparizione nella Cappella di Notre Dame a Parigi (madonna nel quadro) con l’elargizione della medaglia miracolosa, poi la venerazione per la Madonna de La Salette apparsa a Massimino e Melania e ancora l’apparizione a Lourdes. In ogni casa c’erano raffigurazioni, immagini, statuette della Madonna.
Con il termine santino si fa riferimento ad un’immaginetta cartacea raffigurante l’icona di un santo o di una santa. Erano conservati nel messale o nel libretto delle Massime Eterne. Un santino era dato a tutti i partecipanti alle funzioni celebrate dal missionario che eseguiva l’omelia oppure in occasione della comunione pasquale. Il santino era predisposto anche dai sacerdoti per la celebrazione della loro prima S.Messa o anniversari vari. I "santini da mort" erano tutti rigorosamente in nero riportanti alcuni dati del de cuius con rispettiva foto. Il frate “dala cerca” (frate francescano che passava per i paese chiedendo elemosina ma anche prodotti della terra) ogni volta che riceveva una derrata in cambio donava al più piccolo della famiglia un santino.
Più che un ricordo dell’anno Santo 1950 era un segno devozionale conservare un po’ di terra proveniente da Roma (la città del papa). Pochi erano coloro che potevano permettersi, anche negli anni ‘ 50 un viaggio a Roma, pertanto la persona che effettuava il viaggio, portava a casa una memoria tangibile quale poteva essere anche un po’ di terra.
Il Rosario è una preghiera devozionale e contemplativa tipica del rito latino della Chiesa cattolica. La preghiera consiste in cinquanta Ave Maria divise a gruppi di dieci dai misteri che contemplano momenti o episodi della vita di Cristo e di Maria. Il conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della "corona del Rosario". Le corone erano di diverso formato e grandezza con appeso un piccolo crocifisso. Ogni donna le portava con sé nella tasca della gonna. Si recitava il Rosario tutti i giorni del mese di maggio (mese dedicato alla Madonna), e anche in ottobre (altro mese mariano), così come tutte le sere si recitava in famiglia. La prima domenica si celebrava la supplica alla Madonna di Pompei. Anche nei momenti di lavoro durante la sfogliatura del “zaldo” (granoturco) si recitava il rosario con le litanie, così pure quando ci si ritrovava a far “filò".
Con il termine santino si fa riferimento ad un’immaginetta cartacea raffigurante l’icona di un santo o di una santa (in questo caso S. Antonio da Padova). Erano conservati nel messale o nel libretto delle Massime Eterne.
Continua scheda C’era la devozione anche per ‘l Bambinel de Praga, in molte famiglie c’era la statuetta del bambinello e si recitava la sua preghiera. Altra venerazione era per Maria Bambina. Anche in questo caso c’era una statuetta racchiusa in una teca di vetro. Molto sentita era anche la devozione per la Madonna di Lourdes, poi ognuno aveva un proprio culto, conservavano l’olio benedetto il giorno di S.Siro, coopatrono del paese, il sale benedetto durante la messa in onore di S.Antonio abate che era fatto mangiare alla bestia ammalata . C’era chi ogni venerdì si recava alla cappella del S.Crocifisso o alla chiesetta di S.Siro.
Nelle abitazioni di una volta si potevano trovare diverse immagini sacre:
- l’immagine del Sacro Cuore molto venerato e collocato sopra il desco (prima di sedersi e mangiare rivolti all’immagine c’era un momento di raccoglimento per ringraziare)
– l’immagine di San Gaetano che si pregava per la divina provvidenza
– l’immagine della Madonna o della Sacra Famiglia, quadro che era posto sopra la testiera del letto
- l’immagine di Sant'Antonio abate (patrono del bestiame) inchiodata sulla porta della stalla.
Anche gli artigiani, nelle loro botteghe, possedevano l’immagine del loro santo protettore, come ad esempio San Giuseppe per i falegnami, S. Crispino per i calzolai, ecc…
Lo indossava la donna quando si recava in chiesa. Tassativamente era di colore nero. Il più frequente era il velo a forma di triangolo ma si poteva trovare anche il velo lungo intarsiato di ricami. Si custodiva nel cassetto del comodino con la corona e il libretto delle Massime Eterne
Libro per seguire la celebrazione della S. Messa. Ogni donna possedeva un libretto che portava con sé durante la funzione sacra della mattina. Conteneva le preghiere del mattino e della sera. Invocazioni ai santi e le litanie.
Posta a fianco della testiera del letto conteneva l’acqua santa. Prima di coricarsi e al momento di alzarsi era usanza cristiana farsi il segno della croce utilizzando l’acqua santa contenuta nella piletta. L’acqua era benedetta il Sabato Santo e conservata gelosamente in una bottiglietta. Di volta in volta questa si introduceva nella conchiglia formante la piletta. Le pilette erano di fattura molto aggraziate, sulla parte superiore, piatta, riportavano decori a smalto o in bassorilievo riproducenti immagini sacre. Un forellino permetteva di attaccarle alla parete.
Il crocifisso da tavolo, prevalentemente da camera. Si utilizzava quando il sacerdote veniva in visita al malato e si poneva assieme a due candelabri su un tavolino predisposto per l’occasione.
La processione del Santo patrono veniva celebrata nel giorno esatto della ricorrenza, il 10 agosto; vi partecipavano anche gli abitanti dei paesi vicini, in particolar modo quelli di Lon, che rimpinguavano anche il coro. La confraternita che portava il Santo portava una tunica blu con sopra una bianca e sopra una mantellina blu.
Si notano le case in sassi a vista e la strada sterrata. La casa sulla sinistra ha la soffitta aperta sul lato strada con stretto balcone, vi si nota la presenza del fieno.
Sull'angolo della stessa si vede il braccio di sostegno delle linee elettriche aeree con i cinque isolatori di corrente in ceramica.
Nella seconda foto, in effetti scattata per prima, si vede che la processione era arrivata all'altro capo del paese; al capitello di San Rocco si girava per rifare il percorso a ritroso. In primo piano entra nell'immagine una pianta di fico.
Lo scatto ritrae un evento particolare avvenuto presso la vecchia canonica del paese di Stravino. Il luogo è dove c'era l'unico ristorate di Stravino, ora chiuso. Il ricordo della precedente funzione dell'edificio è mantenuto nella denominazione della "caneva" usata nella manifestrazione "Stravino Stravinario", organizzata ogni ultimo fine settimana di luglio dalla Pro Loco di Stravino: "la vecia canonega".
Sul balcone sono presenti personaggi allora importanti in valle come gli autisti e un certo signor Folgaresi.
L'occasione di festa era in occasione dell'ingresso in paese di don Luigi Mascotti.
La fotografia ritrae un gruppo di donne nei pressi della vecchia via Rosmini a Stravino. Si noti la strada in selciato, tipica anche dei centri storici di altri paesi limitrofi. Sullo sfondo è possibile notare il capitello di San Rocco.
All'epoca i bambini venivano battezzati il giorno stesso o quello immediatamente seguente la nascita. Le partorienti, considerate impure, non potevano partecipare alla cerimonia e i neonati venivano solitamente portati in chiesa da un'altra donna della famiglia. Nella foto la bambina è ritratta in braccio alla nonna Pasquina ed è accompagnata dalle sorelle.
Si noti il prezioso tradizionale porta enfant da cerimonia bianco nel quale la bimba, tutta vestita di bianco, era ben protetta per la sua prima uscita da casa.
Lo zio, che si era avvicinato al mondo della fotografia quando era militare ad Addis Abeba, emigrato in Belgio si era comperato la macchina fotografica e così quando rientrava a Lasino fotografava i suoi familiari. Spesso dobbiamo ai nostri emigrati le testimonianze fotografiche dei nostri antenati.