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  • Pozzo 8 - "Bus dei Poiéti"

    Coi suoi circa 15 metri di profondità e 11 di diametro il "Bus dei Poiéti" è fra i maggiori d'Europa. È costituito da due marmitte una accanto all'altra di diversa profondità ed è stato scavato a partire dal 1878 a cura della SAT sotto la direzione dell'ing. Annibale Apollonio ed in seguito a cura del Museo Tridentino di Scienze Naturali sotto la direzione del vezzanese Nereo Cesare Garbari, tra il 1966 e il 1975. Tra i materiali di deposito vennero rinvenuti reperti archeologici riferibili all'età del Bronzo Medio (3.500 anni fa circa): ossa umane e di animali, cocci di vasi, oggetti di selce, residui di cibo. Una scala metallica permette di scendere in fondo al pozzo dove è sempre presente una pozza d'acqua e si possono osservare tra l'altro i rotondi sassi porfirici portati dal ghiacciaio. Accanto al cancello d'entrata è presente una bacheca esplicativa. Approfondimento sui reperti Annibale Apollonio nel 1880 scrisse che vi furono rinvenute "varie ossa umane e d’animali. Fra le ossa umane c’era la parte superiore d’un cranio dolicocefalo assai bello e regolare ma molto piccolo. Le ossa animali erano spezzate trasversalmente in pezzi lunghi otto o dieci centimetri probabilmente allo scopo di estrarne la midolla. Vicino a queste ossa si trovò un coccio di vaso grosso 16 millim. composto della stessa pasta di quelli trovati nel pozzo Stoppani soltanto un po’più fina e rossiccia verso la superficie esterna del vaso. Questo coccio possiede le radici di un ansa con occhiello assai piccolo, e confrontato coi cocci rinvenuti negli avvanzi delle abitazioni lacustri di Mantova, esso mostra la medesima forma e composizione, tuttavia si ritiene che sia di epoca assai più recente ed abbia servito da crogiuolo (vedi la fig. N. 9). Al medesimo livello, ma alla distanza di circa 4 metri verso la valle, si scavarono altre ossa umane e di animali, ed in vicinanza un centinaio di cocci di varie forme e grandezze. Esaminati attentamente questi frammenti si riconobbe appartenere essi a tre vasi differenti uno dei quali si è potuto ristaurare completamente, ed è ora depositato nel Civico Museo di Trento. Questo vaso ha la forma di un anfora, è alto 32 centimetri largo 35, ha uno spessore di 5 millimetri e va ingrossando verso il fondo a 9 millimetri. Esso è composto di una pasta simile a quella dei cocci suddescritti, è lavorato a mano, e pare cotto al fuoco. Mancano le due anse solite a questo genere di vasi, e vi sono sostituiti invece sei piccoli becucci sul colmo del ventre ai quali venivano fissate probabilmente le corde per poterlo portare (vedi la fig. N. 7). Gli altri due vasi che non si poterono ricomporre, sembrano simili alle nostre pignatte usuali, sono formati della medesima sostanza degli altri, hanno color mattone, e sono lavorati a mano e cotti al fuoco. Si rinvenne poi una pietra schistosa sagomata precisamente come le anime dei ferri da stirare di vecchio sistema ridotta probabilmente da qualche ciottolo trovato nelle vicinanze (vedi fig. N. 10). Dagli oggetti ritrovati si deve dedurre che quegli scavi hanno dato rifugio o sepoltura ad uomini di un età remota e potrebbe essere che i cocci avessero relazione colle abitazioni lacustri; varrebbe quindi la pena che qualche archeologo si facesse a studiarli ed a ricercare eventualmente le traccie di tali abitazioni nei laghi di Castel Toblino e St. Massenza." Polo Orsi nel 1883 aggiunge: "trovai anche il frammento di un vero manico ad occhiello con tre solchi longitudinali, un coltello di selce cupa, e due sottilissime e belle lame arcuate, lunghe cm. 4 a 5, una delle quali con delicati ritocchi in testa. ... La presenza dell’ uomo nell’ età litica è ivi affermata dai vasi, dagli oggetti di selce, dagli avanzi dei pasti. ... Dei due vasi trovati al pozzo dei Pojeti, o per meglio dire messi insieme da un numero considerevole di cocci, l’ uno è a forma di doppio cono tronco unito alla base, alto m. 0,31, con diametro di m. 0,33 al maggiore rigonfiamento, e di m. 0,13 alla base. Intorno al colmo del ventre s’ inalzano 6 od 8 piccole anse verticali. Il secondo, mancante circa della metà, è alto cm. 20, pare di forma cilindrica od insensibilmente rigonfia, ed è munito di due anse orizzontali; l’ orlo superiore è cinto da un cordone intaccato da impressioni lineari fatte collo stecco. "
  • Il sentiero geologico Antonio Stoppani

    Il sentiero geologico Antonio Stoppani unisce una serie di pozzi glaciali, noti anche col nome di "marmitte dei giganti", generati lungo le falde inferiori del versante nord-occidentale del Monte Bondone in corrispondenza dell’abitato di Vezzano, La loro origine è dovuta all’azione dell’ultima glaciazione, chiamata “Würmiana”, iniziata circa 110.000 anni fa e terminata circa 12.000 anni fa, quando l'antico ghiacciaio atesino scorreva nella nostra valle. Secondo le più comuni spiegazioni potrebbero essere stati scavati sia dall'acqua che scorreva sotto il ghiacciaio, sia da quella che vi scorreva sopra, infiltrata nel corpo del ghiacciaio con moto vorticoso attraverso alti pozzi naturali verticali, chiamati "inghiottitoi" o "mulini". È intitolato ad Antonio Stoppani, poiché fu lui che per primo comprese l’origine glaciale dei pozzi nel 1875 e li descrisse poi nella sua opera "Il Bel Paese: conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d'Italia" . La S.A.T. eseguì nel 1878 i rilievi sul primo pozzo scoperto e dedicato a Stoppani (n.3) e nel 1879 gli scavi, subito seguiti da quelli del "Bus dei Poieti" (n.8), continuati nel 1906 e tra il 1966 e il 1975. La realizzazione del "Parco glaciologico A. Stoppani", ad opera del del Museo Trentino di Scienze Naturali, risale al 1971. Diversi sono poi stati i lavori successivi di manutenzione, messa in sicurezza, segnaletica e le attività di valorizzazione da parte del Comune, dell'Agenzia del Lavoro, della Pro Loco, dell'A.P.T., del MUSE, della Rete delle Riserve della Sarca, dell'Ecomuseo... Il sentiero, ben segnalato e curato dal Comune di Vallelaghi, permette di raggiungere i primi 8 pozzi; i pozzi n 9 e n 10 (Van 1° e Van 2°) non sono stati svuotati e serviti dal sentiero geologico, anche se ritenuti di notevoli dimensioni e nel n. 9 sono stati trovati reperti che indicano sia stato abitato o utilizzato come rifugio in epoca preistorica, come il 3 e l'8. Per chi ama vivere il territorio si consiglia la visita all'intero sentiero geologico, qui sono proposte due diversi punti di partenza:
  • Retrospettive (1993/10)

    Periodico culturale della Valle di Cavedine. Seconda edizione.
  • Retrospettive (1993/9)

    Periodico culturale della Valle di Cavedine
  • Retrospettive (1990/3)

    Periodico culturale della Valle di Cavedine