La classe quinta della Scuola Primaria di Sarche ha raccolto la testimonianza di Lino Zanlucchi, classe 1955, di Sarche, che ha accettato il loro invito per un confronto all'interno del progetto:
La classe quinta della Scuola Primaria di Sarche ha raccolto le testimonianze di tre signore, nate tra il 1949 ed il 1957 e vissute in paesi diversi della Valle dei Laghi, che hanno accettato il loro invito per un confronto all'interno del progetto:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa quarta scultura: "Questa figura rappresenta l'ostetrica, che giungeva a piedi dalla vicina frazione di Ranzo per aiutare le donne nel dare alla luce i loro bambini. La leggenda narra che li andasse a prendere nella "Val dei Nassi" per poi portarli in paese in un cestino."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 4 e la si può ammirare insieme alle altre:
Il pannello illustrativo del sentiero artistico "Il bosco racconta" così descrive questa seconda scultura: "Margone sorge in una zona carsica povera di acqua, pertanto bisognava provvedere tutti i giorni a reperire questo bene prezioso per le necessità della famiglia e degli animali. Le poche fonti erano distanti e si andava a prendere l'acqua con la "brentola" ben in equilibrio sulle spalle."
Sulla mappa del sentiero questa scultura è identificata col numero 2 e la si può ammirare insieme alle altre:
Tessera attestante che Comai Rosa ha superato l'esame del corso professionale per tagliatore sarto da uomo presso "La moda maschile", Scuola Professionale di Taglio di Milano
Il lavatoio pubblico era presente in ogni paese, talvolta posizionato proprio sul letto di una roggia, altre volte la roggia veniva incanalata con la costruzione di una fontana-lavatoio che permetteva alle donne di fare il bucato in una posizione più comoda come nel caso di questa nella piazza di Fraveggio. Altre volte, in assenza di rogge era l'acquedotto a servire fontane e lavatoi, spesso divisi in sezioni per l'abbeveraggio degli animali, per il lavaggio e per il risciacquo degli indumenti. Con l'arrivo dell'acqua nelle case fontane e lavatoi hanno perso la loro importanza e spesso sono stati abbattuto ma questo di Fraveggio è ancora ben conservato al suo posto.
Maria Cappelletti, detta Faiòta, (1890-1965) ha passato la sua vita a Covelo (TN) prodigandosi per tutti quelli che avevano bisogno. Prima che il suo ricordo vada perso, raccogliamo la testimonianza di chiunque l'abbia conosciuta; pubblichiamo in questo video altre tre voci nella speranza che stimolino altri a condividere i loro ricordi.
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Franca Marcantoni in classe con le sue compagne per il corso di cucito. I corsi per giovani e adulti venivano svolti nei locali della scuola elementare/media e possiamo così vedere qualche particolare di un'aula scolastica del tempo.
In questa foto di classe vediamo che le femmine portano il grembiule nero di fatture diverse mentre i maschi no. Le bambine indossano gli zoccoli mentre i bambini le scarpe. Con loro il maestro Decarli.
Andando alla ricerca di figure femminili del passato, grazie ai ricordi di Elsa Bolognani, abbiamo incontrato Caterina Eccher (nata nel 1893), figura importante per il paese di Vigo Cavedine al tempo in cui la bachicoltura era la principale fonte di sostentamento per molte famiglie. Era lei che portava in paese i seme-bachi e li accudiva fino alla nascita dei bacolini che distribuiva poi alle famiglie interessate alla produzione dei bozzoli.
L'intervista alla signora Amelia è stata fatta su invito di Carlo, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Amelia, classe 1940, ha lavorato alla fabbrica delle noci Bressan di Fraveggio, dal 1955 fino alla chiusura della stessa nel 1965.
Era un lavoro stagionale che occupava fino ad una cinquantina di donne da inizio novembre a fine marzo.
Ci ha raccontato la sua esperienza in lingua italiana ma poi, tornando sull'argomento, siamo passate al dialetto cosicché nell'ultima parte si può sentire la parlata di Vezzano.
In questa fotografia sono raffigurate due donne, la madre Antonia, seduta, e sua figlia, in piedi a fianco a lei.
Sone colte in un importante momento di lavoro domestico, il ricamo, probabilmente di un lenzuolo.
La madre, che guarda dolcemente la figlia, sembra controllare il lavoro da lei svolto.
"pùtela" si usa per indicare una giovane donna non sposata. Le donne che hanno raggiunto un età tale per la quale è presumibile che la loro situazione di non ammogliata sia permanente vengono chiamate "zitèle" o in tono dispregiativo "zitelóna".
L'uso di "cetìna" (bigotta) col significato di "zitella" deriva dal fatto che, spesso, in passato le donne nubili di una certa età non avevano altro che la religione a cui aggrapparsi.
L'artistica fontana in pietra di piazza Fiera assomigliava a quella nella piazza centrale di Vezzano ed è stata poi spostata accanto alla canonica di Santa Massenza.
Vediamo due donne che prendono l'acqua alla fontana con due secchi a testa. Una di loro ha appoggiato alla fontana stessa il suo arcuccio (bazilón), utile strumento per trasportare a spalla i secchi quando la fontana non era vicina a casa.
La piazza era alberata ed intorno alla fontana c'era un riquadro di selciato.
La data ultima ipotizzata si basa sul fatto che dopo i lavori all'acquedotto del 1954 solo le case periferiche non erano ancora raggiunte dall'acqua in casa.
La carta dotale di Giuseppina Bones riporta i beni che "vengono consegnati per conto di padre e di madre nelle mani dello sposo".
Già nell'intestazione questa carta dotale risulta quindi particolare: accanto al padre è nominata la madre, quando solitamente questa è una questione tra uomini dalla quale le donne rimangono fuori.
Altra particolarità sta nelle firme: non appare quella del padre ma quella della figlia, accanto a quella dello sposo e del sarto e perito Desiderio Corradini, che ha stimato i beni in valuta austriaca.
Tutte le firme, come il testo, risultano scritti con la stessa grafia facilmente leggibile.
I termini meno noti sono inseriti nel glossario raggiungibile dalle voci in fondo alla scheda:
9 - piche
11 - manipoli
Era frequente che le giovani andassero a servizio dalle famiglie benestanti. Qui vediamo Olga Morandi nella casa privata in cui è stata a servizio per ben 15 anni a Lavis (1927-1942).
Un'anziana donna, Rita "Clèra", sta lavando i panni sotto casa in un recipiente di legno, la "brenta". Davanti, un secchio di legno, dove mettere i panni puliti da portare alla fontana a risciacquare.
Sarina Miori di Lon, detta ”la boara”, poiché era solita guidare il bue, è qui a Vezzano col suo carro tirata in ghingheri per andare a fare la spesa, insieme alla cuginetta Maria (detta Mariotta).
Natalina Beatrici in Sommadossi rientra a casa con l'arcuccio (in dialetto brentóla o bazilón) in spalla con i secchi pieni d'acqua. Due galline becchettano tranquille sulla strada sterrata.
Il primo acquedotto di Ranzo risale al 1954, prima di allora l'acqua veniva trasportata a spalla con la "brentöla" andandola a prendere alle fontane quando andava bene o alle Masere o addirittura al Tuf.
Sul muro accanto al portico si intravede appena la scritta Via Castel Roman.
Gruppo di quattro giovani infermiere col lungo camice bianco.
In basso a destra è stampigliato il numero 20.
L'ingrandimento in formato 24x30,5 cm, scansionato in questa occasione, riporta sul retro la dicitura: Vezzano - 1. Martinelli
Baldassarre Bassetti, quale tuttore della propria moglie Teresina e della cognata Maria Bassetti, denuncia Gio Batta Bassetti per aver leso i diritti di consortalità e servitù delle sorelle apportando modifiche alla proprietà dominante, quindi gli impone di riportare tutto alla situazione originaria.
Apprendiamo che un locale della casa era adibito a bottega di proprietà delle due sorelle.
Nel documento si nomina il secchiaio, ovvero l'acquaio (italianizzazione della voce dialettale seciàr o secèr).
Le misure sono 34 x 42 cm.
Le condizioni prevedevano che in caso di morte della sposa senza eredi i beni di proprietà del padre e dello sposo ritornassero ai rispettivi propietari, così come anche in quest'altra dote: