La fotografia ritrae il coro di Stravino in uno scatto del 1932 davanti alla porta di ingresso della chiesa.
In piedi da sinistra verso destra: ignoto, Alfonso Berteotti, "Nane Vedovel", don Pietro Zeni, ignoto, Bortolo, Oreste "Scienza" e Celeste "Furia".
Seduti nella fila centrale da sinistra verso destra: Rodolfo "Dofa", Egidio Berteotti, Poldo Chemotti, Simone Pederzolli "Galiaz", Oliveto D., Lino "Bataia".
In basso da sinistra verso destra: Aldo Ceschini e accanto Severino Ceschini.
Nella fotografia sono presenti un gruppo di coscritti di Stravino, presumibilmente nati nel 1935.
I giovani vestono l'abito delle festività ed indossano il caratteristico cappello decorato con i fiori.
Andando alla ricerca di figure femminili del passato, grazie ai ricordi di Elsa Bolognani, abbiamo incontrato Caterina Eccher (nata nel 1893), figura importante per il paese di Vigo Cavedine al tempo in cui la bachicoltura era la principale fonte di sostentamento per molte famiglie. Era lei che portava in paese i seme-bachi e li accudiva fino alla nascita dei bacolini che distribuiva poi alle famiglie interessate alla produzione dei bozzoli.
Il superamento della visita di leva, che rendeva i giovani abili al servizio militare, costituiva un rito di passaggio alla vita adulta. Evento importante dunque, che andava festeggiato. Il cappello ornato di fiori e piume era il simbolo che i giovani portavano in questa occasione e che veniva tradizionalmente addobbato dalle loro coetanee.
Dietro di loro possiamo vedere due "bene" appoggiate alle case, contenitori in rami intrecciati per il trasporto con il carro di merci e del letame.
All'epoca i bambini venivano battezzati il giorno stesso o quello immediatamente seguente la nascita. Le partorienti, considerate impure, non potevano partecipare alla cerimonia e i neonati venivano solitamente portati in chiesa da un'altra donna della famiglia. Nella foto la bambina è ritratta in braccio alla nonna Pasquina ed è accompagnata dalle sorelle.
Si noti il prezioso tradizionale porta enfant da cerimonia bianco nel quale la bimba, tutta vestita di bianco, era ben protetta per la sua prima uscita da casa.
Lo zio, che si era avvicinato al mondo della fotografia quando era militare ad Addis Abeba, emigrato in Belgio si era comperato la macchina fotografica e così quando rientrava a Lasino fotografava i suoi familiari. Spesso dobbiamo ai nostri emigrati le testimonianze fotografiche dei nostri antenati.