Carlo col figlio Giancarlo Garbari ed il cognato Eustacchio Piccoli dietro l'aratro. Davanti a guidare il bue c'è un "faméi".
Dietro si vede il carro con la "béna".
Sono nella loro campagna in "Naràn".
Dietro la ragazza in bicicletta possiamo vedere la scritta [ALBERG]O DUE LAGHI - VINO SANTO.
Là dove si serviva il rinomato vino santo era d'uso un tempo farlo ben presente ai viaggiatori con scritte in evidenza.
Queste foto dimostrano come anche in tempi recenti a Padergnone si lavoravano a mano le barbatelle, ossia le talee della vite ( "calmi" nel dialetto locale). Se il lavoro in campagna era solitamente prerogativa degli uomini, le fasi da svolgere "in casa" erano di competenza delle donne.
In inverno gli uomini si occupavano della potatura delle viti; i tralci ("sarmentèi") venivano tagliati in pezzi di circa 40 cm, privati delle gemme e conservati in locali umidi.
In febbraio-marzo erano le donne ad innestare ("calmar") per mezzo di appositi coltelli i tralci nel portainnesto.
Gli innesti venivano poi sistemati in casse, coperti da segature, e posizionati in stanzoni riscaldati con fornelli a segatura, dove stavano per circa 40 giorni, nei quali spuntavano radici e foglioline.
Nella prima foto, del maggio 1988, vediamo Agnese Pedrini impegnata nel ("descasar") ripulire dalle segature gli innesti, dietro vediamo le casse impilate. Nella seconda foto, fatta nello stesso momento, vediamo la sorella Anna che pianta gli innesti, anche se questo era un lavoro solitamente maschile. Mentre in origine questi impianti venivano fatti sul limitare dei boschi di Padergnone, in quegli anni, in cui la produzione era già cresciuta, lo si faceva nelle campagne di Riva del Garda, dove c'erano ampi spazi; ora si va nel Veronese.
Le piantine dovevano poi essere curate fino all'autunno, quando gli uomini le estirpavano facendo attenzione a non danneggiare le radici e le portavano a casa.
Toccava poi alle donne selezionarle e legarle in mazzi da 25 pronti per la vendita, che avveniva soprattutto in autunno-primavera. Quelle invendute, come vediamo nella terza foto dell'aprile 1993, venivano di nuovo selezionate, gli si tagliavano le radici e si ripiantavano insieme ai nuovi innesti: erano i cosiddetti "rimessi".
Ora il lavoro viene svolto con l'ausilio di macchine, in serre; è tutto programmato in base alle richieste, più o meno sanno già le quantità e le qualità da preparare un anno per l'altro.
Anna Pedrini ha imparato presto a lavorare le barbatelle a Padergnone ed ha potuto mettere a frutto questa sua competenza guadagnandosi un po' di soldi con il lavoro stagionale a Monticelli Brusati in provincia di Brescia, dove la vediamo impegnata nel lavoro di innesto con le sue colleghe.
A settembre, Angelina, Giannina, Olga, Santa, Rita, Valeria, Angelo e Bepi in pausa durante la vendemmia.
Il carro era il mezzo di trasporto del tempo e le ceste, di diversa forma e dimensione, prodotte artigianalmente, erano i contenitori usati per qualsiasi prodotto.
In primo piano si notano i broccoli.
La fotografia ritrae un gruppo di persone durante la trebbiatura. La fotografia riporta la seguente didascalia sul retro: "la machina da bàtter del Toni Galiaz, 1929".
Da sinistra: Dosolina, Toni, Egidio e Marsilio presso la casa dei "Galiazi" a Stravino.
Piccolo gruppo familiare intento alla pulitura di un mucchio di prezzemolo ammassato sul cassone di un'Ape Car. L'operazione consisteva nella sottrazione delle foglie secche o marce e il raggruppamento delle piante in mazzetti, che venivano poi venduti nei mercati cittadini.