"pùtela" si usa per indicare una giovane donna non sposata. Le donne che hanno raggiunto un età tale per la quale è presumibile che la loro situazione di non ammogliata sia permanente vengono chiamate "zitèle" o in tono dispregiativo "zitelóna".
L'uso di "cetìna" (bigotta) col significato di "zitella" deriva dal fatto che, spesso, in passato le donne nubili di una certa età non avevano altro che la religione a cui aggrapparsi.
L'immagine è un ritratto della famiglia Contrini, originaria di Sarche, ritrae la prima e la seconda generazione della famiglia: genitori e figli.
In prima fila, al centro: i genitori Maria e Isidoro , con ai lati la figlia Ester e il figlio Giuseppe;
in seconda fila, da sinistra, i figli: Maria, Quintilia, Edvige e Virginia;
in terza fila, sempre da sinistra, i figli: Aldo e Guido.
Il ritratto rappresenta una famiglia molto numerosa, caratteristica ricorrente nelle famiglie di una volta.
La foto è stata scattata davanti alla loro abitazione, che si trovava nel rione nord-ovest di Sarche, allora chiamato "ghetto".
Luogo e data sono certi, grazie alla scritta riportata sul retro: Sarche, 7-7-45.
Beniamino Bassetti (1889-1956), originario di Santa Massenza, ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
In questa immagine è il terzo in piedi partendo da destra, raffigurato con i compagni d'armi. Molti di loro sorreggono una targa di legno riportante il loro nome, utile ai familiari per poterli riconoscere; su due targhette compare anche la data "1910", motivo per cui la foto potrebbe risalire al periodo precedente la guerra, durante l'obbligo di leva.
Si tratta di una cartolina non viaggiata, periodo stimato: 1910 - 1918.
Flora racconta momenti positivi vissuti a Fraveggio dopo la distruzione della sua casa a Trento il 2 settembre 1943.
Cesarino Bassetti, insegnante di musica di Flora, appare in foto mentre suona la chitarra.
Le foto del rifugio di cui ci racconta Flora sono attuali: la vista sul lago e la valle è ora interrotta dalla vegetazione.
Nato a Cavedine l'1 settembre 1905, morto a Bolzano il 3 febbraio 1982. Compositore di messe e organista del duomo di Bolzano, oltre che polistrumentista e direttore delle bande di Cavedine e Salorno. Per un approfondimento si segnala l'articolo allegato.
Di lui, della sorella Maria, del fratello Ippolito, della mamma Adelina Galletti sono stati conservati dalla famiglia diversi oggetti e documenti, alcuni dei quali sono inseriti nell'Archivio della Memoria.
Le sorelle Lidia, Leopoldina e Gina Tasin in posa per uno scatto durante un bagno nel Lago di Santa Massenza. Da notare la trasparenza dell'acqua.
Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della
Gruppo di persone fanno il bagno nel lago di Santa Massenza. La signora Flora, nel riguardare questo scatto, ricorda l'allegra musica di sottofondo che veniva dall'albergo Conti e le spensierate nuotate che facevano più quelli provenienti dalla città che non quelli dei dintorni. Lei, trasferita da Fraveggio a Trento in tenera età, aveva potuto frequentare con le sue sorelle la piscina comunale di Via Madruzzo, denominata "Cock"e così, quando tornava a Fraveggio per le feste, le vacanze, o come profuga dopo il bombardamento di Trento, poteva farsi una passeggiata fino a Santa Massenza e nuotare in compagnia.
In genere quelli che vivevano sul lago sapevano nuotare ma quelli dei dintorni si accontentavano dei giri in barca o di stare in compagnia a riva a cantare e suonare.
Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della
Carlo col figlio Giancarlo Garbari ed il cognato Eustacchio Piccoli dietro l'aratro. Davanti a guidare il bue c'è un "faméi".
Dietro si vede il carro con la "béna".
Sono nella loro campagna in "Naràn".
L'artistica fontana in pietra di piazza Fiera assomigliava a quella nella piazza centrale di Vezzano ed è stata poi spostata accanto alla canonica di Santa Massenza.
Vediamo due donne che prendono l'acqua alla fontana con due secchi a testa. Una di loro ha appoggiato alla fontana stessa il suo arcuccio (bazilón), utile strumento per trasportare a spalla i secchi quando la fontana non era vicina a casa.
La piazza era alberata ed intorno alla fontana c'era un riquadro di selciato.
La data ultima ipotizzata si basa sul fatto che dopo i lavori all'acquedotto del 1954 solo le case periferiche non erano ancora raggiunte dall'acqua in casa.
Il video è stato realizzato in funzione di un'attività svolta con i bambini della scuola primaria sul tema dell'acqua e riporta esperienze di vita legate all'uso dell'acqua prima dell'arrivo dei rubinetti in casa.
La frase che veniva rivolta al piccolo Attilio "'n òm che lava? Varda che te va via le scarsèle!", anche se detta per scherzo, sottintendeva una netta separazione dei ruoli. La perdita automatica delle tasche, accessorio prezioso per ogni uomo, era una "minaccia" che poteva far pensare e desistere un bambino dal fare lavori da donne.
La risposta del bambino dimostra sicurezza e fiducia nella madre.
In mappa il video è localizzato nel posto dove c'era la fontana citata.
Nel glossario sono spiegati il significato di termini dialettali quali: brentóla, cazza, cassa dela legna, scarsèle, tacàr.
La carta dotale di Giuseppina Bones riporta i beni che "vengono consegnati per conto di padre e di madre nelle mani dello sposo".
Già nell'intestazione questa carta dotale risulta quindi particolare: accanto al padre è nominata la madre, quando solitamente questa è una questione tra uomini dalla quale le donne rimangono fuori.
Altra particolarità sta nelle firme: non appare quella del padre ma quella della figlia, accanto a quella dello sposo e del sarto e perito Desiderio Corradini, che ha stimato i beni in valuta austriaca.
Tutte le firme, come il testo, risultano scritti con la stessa grafia facilmente leggibile.
I termini meno noti sono inseriti nel glossario raggiungibile dalle voci in fondo alla scheda:
9 - piche
11 - manipoli
Era frequente che le giovani andassero a servizio dalle famiglie benestanti. Qui vediamo Olga Morandi nella casa privata in cui è stata a servizio per ben 15 anni a Lavis (1927-1942).
Bones Emilio di Adriano, come indicato dalla scritta e dalla croce da lui stesso fatte a matita, è il primo del terzetto di giovani soldati dell'Impero austro-ungarico pronti per partire per quello che diventerà il primo conflitto mondiale.
Sul retro un accorato saluto ai suo cari, l'ultimo:
"Alla signora Giuseppina Morandi in Vezzano 24/919
Carrissima Sorela ti faccio sapere che oggi parto salutami il Miro [Casimiro] le to pope e che le prega per me tanti saluti al nono (?) ala Carolina alla papà e a te e i zii e dighe al zio carlo che me saluda el Richeto..."
Consultando poi la sua scheda sui caduti della prima guerra mondiale scopriamo che è nato a Vezzano il19/04/1892 e morto il 27/11/1914 a Grödek in Galizia nel reparto AU; 3° TKJ.
I soldati trentini , essendo di madre lingua italiana, erano visti con sospetto dall'esercito austriaco per cui vennero mandati in gran parte in Galizia e molti morirono lì.
Capitano del terzo reggimento in Galizia era
Un'anziana donna, Rita "Clèra", sta lavando i panni sotto casa in un recipiente di legno, la "brenta". Davanti, un secchio di legno, dove mettere i panni puliti da portare alla fontana a risciacquare.
Sarina Miori di Lon, detta ”la boara”, poiché era solita guidare il bue, è qui a Vezzano col suo carro tirata in ghingheri per andare a fare la spesa, insieme alla cuginetta Maria (detta Mariotta).
Natalina Beatrici in Sommadossi rientra a casa con l'arcuccio (in dialetto brentóla o bazilón) in spalla con i secchi pieni d'acqua. Due galline becchettano tranquille sulla strada sterrata.
Il primo acquedotto di Ranzo risale al 1954, prima di allora l'acqua veniva trasportata a spalla con la "brentöla" andandola a prendere alle fontane quando andava bene o alle Masere o addirittura al Tuf.
Sul muro accanto al portico si intravede appena la scritta Via Castel Roman.
Gruppo di quattro giovani infermiere col lungo camice bianco.
In basso a destra è stampigliato il numero 20.
L'ingrandimento in formato 24x30,5 cm, scansionato in questa occasione, riporta sul retro la dicitura: Vezzano - 1. Martinelli
Baldassarre Bassetti, quale tuttore della propria moglie Teresina e della cognata Maria Bassetti, denuncia Gio Batta Bassetti per aver leso i diritti di consortalità e servitù delle sorelle apportando modifiche alla proprietà dominante, quindi gli impone di riportare tutto alla situazione originaria.
Apprendiamo che un locale della casa era adibito a bottega di proprietà delle due sorelle.
Nel documento si nomina il secchiaio, ovvero l'acquaio (italianizzazione della voce dialettale seciàr o secèr).
Le misure sono 34 x 42 cm.
Le condizioni prevedevano che in caso di morte della sposa senza eredi i beni di proprietà del padre e dello sposo ritornassero ai rispettivi propietari, così come anche in quest'altra dote:
Elia Morandi faceva la sarta in casa, mestiere molto diffuso al tempo in cui tutti i vestiti erano capi unici fatti su misura del richiedente. Il posto più spazioso e luminoso della casa era però all'esterno: come vediamo in questo scatto, era lì che Elia lavorava.
All'interno dell'edificio c'era la falegnameria di famiglia, dove si costruivano in particolare carri, ma anche carriole, manici di badili...
Due cugini Gentilini di Vezzano erano impegnati a Scurelle: don Arturo era il parroco e Pio il dottore. Con loro viveva la perpetua Alma Bones, zia di Olga Morandi (classe 1909), e ogni tanto lei l'andava ad aiutare.
Qui, come risulta dall'umoristica didascalia dietro la foto, vediamo "Olga nell'occupazione prediletta".